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11- Avocado and Mint mask

Confusione.

Confusione significa una riunione o distribuzione di più elementi in maniera errata o senza criterio; quindi: disordine, scompiglio, tumulto o almeno questo è quello che puoi trovare su qualunque dizionario online digitando questa parola.

Per me confusione significa realizzare di essere stato da un momento all'altro escluso dal mondo e buttato come un fazzoletto usato in un mondo nero senza risposte e pieno di dubbi.
Sì lo so, ho una visione abbastanza drammatica ma ammettiamolo, quasi poetica.

La confusione è quella sensazione che proviamo una volta diplomati e veniamo gettati in un mondo pieno di domande, di perchè, di quesiti a cui nessuno sa rispondere e ci troviamo davanti ad un bivio con milioni di strade da scegliere, quella è confusione.

Rimaniamo confusi quando una persona che amiamo ci prende tra le sue mani e ci getta lontana dalla sua vita facendoci rotolare nel buio insieme alle domande che spesso ci tormentano dopo una rottura, domande come perché lo ha fatto? Cosa ho fatto io di male? Ero abbastanza?

La confusione la si prova anche quando un professore inizia a spiegare un argomento nuovo e tu rimani indietro in questa stanza buia vedendo molto bene la stanza dove sono tutti quelli che stanno capendo ma consapevole di non poterli raggiungere perché ti manca un passaggio intermedio per capire l'argomento, incapace di crearti un ponte per raggiungerli.

E confusione la provi anche quando per tutto il tempo rimani nella convinzione che una povera indigena non sappia parlare la tua lingua, ma tutto ad un tratto, questa, decide di darti un calcio in culo facendoti cadere nella stanza nera della confusione con solo una parola.

"Grazie"

Dove diamine è il telecomando che Adam Sendler usava nella sua storia quando voleva mandare indietro o avanti il suo film? Perché nessuno mi sta dando questo telecomando? Scrittrice? Bella mia torna indietro di qualche secondo.

Dunque, ricapitolando, visto che qui nessuno mi sta dando un fottuto telecomando e visto che nella vita ormai ho capito che bisogna arrangiarsi, io le ho portato da mangiare, lei non parlava, come non ha parlato per tutto il tempo, si è sempre e solo limitata a dire le sue cose nella sua lingua. Le ho dato le mele, e anche lì è stata zitta, un sasso, poi mi ha fatto tenerezza, perché a quanto pare ho un cuore, dunque le ho portato il mega-gatto, lei ancora una volta è stata zitta, come una quercia, mi giro, e lei mi ha detto grazie.

Dunque i casi sono due; o me lo sono immaginato, il che è possibile viste le cose che lo stress arriva a darti, o questa ragazza mi ha preso per il culo tutto questo tempo.

Mi blocco sulla soglia della porta e lentamente mi giro verso la ragazza la quale è seduta a terra con in braccio il suo fossa e un piccolo sorriso sulle labbra, il sorriso di chi sa di essere riuscita a fottermi per tutto questo tempo.

"Come scusa?" Chiedo e Mahinete inclina le labbra in un leggero sorriso prima di tornare a fare la solita faccia confusa da colei che non capisce la mia lingua.
"he aha? (che cosa)" La guardo mentre inclina leggermente la testa di lato fingendo di non capirmi e parlandomi nella sua lingua.

"Bella, senti, puoi prendere in giro chiunque ma non me, come dice Dua Lipa, se pensi che io sia nato ieri beh ti sbagli, ora parla" Dico puntandole un dito contro e lei alza le spalle innocentemente prima di appoggiare il suo braccio peloso sulla bestia.

Sarò sincero è molto difficile rimanere concentrato con lei ma allo stesso tempo guardare le sue gambe che sono più pelose delle mie.


"Mahinete" La richiamo visto che non si degna di guardarmi negli occhi.
"Ashton" Dice lei in risposta ed io stringo i pugni, che avesse imparato il mio nome lo sapevo già.
"So che sai parlare" Dico io di nuovo e lei sorride prima di alzare il suo piede destro indicandomi le catene.

"Libera" Dice lei scandendo bene le sillabe della parola e guardandomi in tono di sfida.

Ed io che pensavo fosse una povera indigena che neanche capiva come infilarsi un paio di mutande.
Che idiota che sono.

"Se ti libero tu mi parlerai?" Chiedo e lei guarda le catene per poi muovere le labbra senza emettere suoni cercando per la parola giusta.

"S-segreto" Dice poi piano ed incerta ed io la guardo confuso.

"Segreto? Cosa vuoi dire?" Chiede e lei corruccia la fronte.

"No Luke" Dice poi ed io capisco.

"Io ti libero tu mi parli ma non lo posso dire a Luke" Dico per chiarire e lei annuisce.

"Prometti che non tenterai di scappare?" Chiedo e lei annuisce lentamente per poi allungare il suo piede sporco e con pezzi di terra sotto le unghie lunghe verso di me.
"Prima di tutto tieni giù quel coso, mi disgusta, vado a prendere le chiavi fai la brava" Dico guardando disgustato il suo piede sporco mentre lei alza gli occhi al cielo abbassando quel coso per poi guardarmi in attesa.

Mi giro chiudendomi la porta alle spalle perché l'ultima cosa che voglio è che quel fossa mi giri per casa e mi caghi sul divano.


Mi dirigo verso la mia camera, quella che ormai è diventata di Michael e busso due volte prima di entrare e trovare Michael allacciarsi le scarpe nere di tela seduto sul letto con una borsa sportiva accanto a sé, il ragazzo gira il capo verso di me guardandomi abbastanza irritato.


"Non avevo detto entra" Dice ed io alzo le spalle prima di dirigermi verso il mio comodino dove tengo tre cose; preservativi che sono penso scaduti ormai, cibo perché di notte mi viene fame e infine cose che penso siano ben nascoste ma che in realtà tutti verrebbero a cercare qui.
Come una piccola chiave.

"Dove stai andando? Sono solo le sei di sera, non è presto per il tuo turno di lavoro?" Chiedo guardando lo schermo del suo computer che indica l'ora, il ragazzo annuisce per poi alzare le spalle.

"Il capo mi ha chiamato per fare qualche ora in più, da quel che ho capito il museo oggi chiude prima per delle pulizie speciali nella sala egizia" Dice lui ed io annuisco mentre i suoi occhi verdi si fermano sulle chiavi.


"Cosa stai facendo?" Chiede ed io guardo la chiave argentata e poi lui per poi sorridere leggermente, ecco cosa succede quando mento, sorrido.

"Emh, Mahinete sente che la catena le stringe troppo, le fa male dunque la allento un pochino" Dico io inventandomi la prima cosa che mi viene in mente e Michael afferra la sua borsa con dentro probabilmente la divisa del lavoro per poi guardarmi confuso.


"E come te lo ha detto?" Chiede lui ed io ingoio la mia saliva rumorosamente, e come me l'ha detto? Ashton come te lo ha detto?

"Gesticolando, non si sta facendo tardi per te? E Rebecca dove è?" Chiedo cambiando argomento e lui alza le spalle.

"Non saprei, ti serve aiuto?" Chiede poi ed io scuoto la testa.

"No, faccio da solo, buon lavoro" Dico poi sbrigativo e lui annuisce.
"Buon qualsiasi cosa tu stia facendo Ashton, per favore al mio ritorno voglio trovare la casa intatta e senza escrementi di animali in giro" Dice avvertendomi e capendo la mia bugia e forse le mie intenzioni ed io annuisco.


"Altra cosa, pensi che quello strambo di oggi ritornerà?" Chiede prima di uscire dalla camera ed io annuisco.

"Sì, verrà penso ogni giorno per studiare Mahinete" Rispondo e lui non dice niente ma annuisce per poi andare via e lasciarmi casa libera, è ora della verità.


Lentamente infilo la chiave nella piccola serratura vicino alla caviglia di Mahinete, e sento i suoi occhi nocciola su di me quando faccio sbloccare la chiusura aprendo il lucchetto e rendendola libera e in grado di strapparmi gli occhi con le unghie dei suoi piedi.

Inspiro profondamente togliendo le catene e allontanandole dal suo corpo, i miei occhi rimangono fissi al suolo, troppo spaventati a guardarla e vedere la sua faccia prima che mi stacchi qualche organo, chiudo gli occhi per un secondo quando lei sposta leggermente la sua gamba portandola vicino al suo busto e rannicchiandosi ma continuando a fissarmi.

"Okay, sei libera" Dico piano e sottovoce e la ragazza rimane in silenzio, io indietreggio da lei lasciandole il suo spazio e garantendomi una distanza di sicurezza nel caso mi attacchi, lei o la bestia la quale sta riposando tranquillamente sul letto di Michael.

"Grazie" Dice la ragazza nel momento in cui i nostri occhi si incontrano ed io abbozzo un leggero sorriso nervoso, i suoi occhi nocciola mi stanno scrutando in silenzio, ogni centimetro della mia pelle brucia sentendo i suoi occhi inesperti e selvaggi su di me.

"Tu sai parlare la mia lingua?" Chiedo lentamente e lei si stringe le gambe al petto prima di annuire leggermente.
"Tu capisci ogni cosa di quello che dico?" Chiedo poi sempre scandendo le sillabe e cercando di usare il meno possibile il mio accento australiano.
"No" Dice poi lei fredda ed io annuisco, effettivamente neanche le persone normali capiscono quello che dico quando comincio a parlare veloce.


"Cosa non capisci?" Chiedo poi guardandola negli occhi e lei inclina la testa leggermente come per sforzarsi a ricordare facendo cadere una ciocca di capelli castani sulla sua faccia.
"Cosa essere cazzo?" Chiede lei con l'innocenza di una bambina piccola ed io mi trattengo dal scoppiare a ridere per poi fare dei gesti con le mani, e ora come lo spiego?


"Ragazzo colorato dire cazzo, sempre" Dice poi lei lentamente facendo fatica a formulare la frase ed io annuisco, maledetto Michael e le sue imprecazioni.
"Significa quando sei arrabbiato, ma non dirlo okay?" Dico io e lei annuisce lentamente.

"Chi ti ha insegnato?" Chiedo poi rimanendo rigido e pronto alla fuga e la ragazza abbassa lo sguardo non guardandomi negli occhi.
Aspetto qualche secondo dandole il tempo di pensare alla sua risposta ma noto poi le sue dita giocare con la sua piccola gonna fatta di stracci.


"Mahinete" La richiamo e lei sente la mia voce ma non vuole ascoltarmi.

Rimango in silenzio e la guardo nel suo piccolo angolo dove si sente sicura, tra la finestra ed il termosifone, osservo le sue gambe sporche di terra, la sua pelle che sembra più scura di quanto sia in realtà per via del fango ormai raffermo anche sui suoi vestiti.
Osservo i suoi occhi così spaventati e fragili ora ma così invincibili e fieri quando è uscita da quella foresta mentre illuminava ogni cosa attorno a sé. 


L'ho portata via dal suo mondo, l'ho rapita da quello che lei chiamava casa e contro la sua volontà l'ho portata in questo nuovo mondo dove ogni cosa, anche un frigorifero la spaventa a morte.

"Perchè Puru?" Chiedo poi decidendo di provare a metterla a suo agio, la ragazza alza lo sguardo e punta i suoi del colore del legno d'acero prima su di me e poi sul suo fossa dal manto nero lucido.

"Puru significare ehm..." Inizia per poi bloccarsi e guardarsi in giro, la osservo mentre il suo sguardo si blocca sulla mia maglietta per poi indicarla, non capendo la guardo e osservo la mia maglietta tinta unita blu.

"Blu?" Chiedo e lei annuisce illuminandosi.
"Puru significare Blu" Dice lei ed io mi volto verso il mega gatto il quale mi sta guardando con i suoi occhioni blu intensi come una notte illuminata di stelle, o forse come una notte illuminata dalla sua padrona.

"Bel nome, mi piace" Dico sorridendo per poi rilassarmi e assumere la sua stessa posizione ovvero con le gambe rannicchiate al petto, la ragazza mi osserva mentre mi muovo come lei per poi accennare un breve e quasi invisibile sorriso per poi smettere e guardare altrove, come se si fosse resa conto di aver compiuto un errore.

"Come fai a illuminarti?" Chiedo poi lentamente e lei abbassa lo sguardo.
"Nata così" Dice poi alzando le spalle ed io cerco di ricollegare scientificamente le cose, potrebbe davvero avere una produzione sovrannaturale di proteine presenti nel suo corpo.


"Come fai ad illuminarti?" Chiedo e lei alza le spalle.
"Mi arrabbio" Dice poi e io annuisco, un sovraccarico di adrenalina forse?

Osservo la ragazza mentre continua a giocare nervosa con i suoi vestiti cercando in ogni modo di evitare i miei occhi ed io inspiro profondamente.


"Chi ti ha insegnato a parlare?" Chiedo di nuovo ma ancora una volta lei rimane zitta e con gli occhi puntati altrove ma non su di me.

La osservo mentre sposta il suo sguardo verso la finestra e guarda fuori come ha sempre fattore tutti questi giorni così sorrido prima di avvicinarmi a lei facendola sussultare ed irrigidire.

"Sydney" Dico poi lentamente indicando fuori dalla finestra e lei rimane in silenzio ascoltandomi.

"Quella è Sydney" Dico io e lei inclina la testa leggermente rilassando le spalle nonostante la mia presenza.

"Isola?" Chiede poi ed io sorrido leggermente.

"Città" La correggo e lei ripete lentamente la parola che le ho appena detto sottovoce per memorizzarla.

"Cosa essere città?" Chiede poi ed io le indico i grandi palazzi.
"Aggregato di costruzioni più o meno pianificato" Dico io ricordando a memoria una delle prime lezioni del professor Hendrix.

"A-a-agr-aggr.." Inizia Mahinete a ripetere facendo fatica ed io sorrido fermandola.


"No, no, scusa, quello è difficile, diciamo che la città, è una grande isola grigia" Dico inventandomi una definizione sul momento e lei ci pensa per poi guardare fuori.
"isola grigia" Dice poi lei lentamente.


"Triste" Dice poi ed io annuisco.

"Lo penso anche io, Sydney è parecchio triste, ero convinto che venendo qui sarei stato bene perché del resto tutti quando si trasferiscono a Sydney iniziano una nuova vita, nuovi amici, nuove esperienze e tutti si innamorano con questa grande città, ma io credo che sia troppo grande" Dico onestamente e forse troppo velocemente osservando le macchine avvolte da una leggera oscurità data dai primi minuti dopo il tramonto.

"P-Perso" Dice lei guardandomi ed io la guardo confuso, osservo mentre le sue mani si avvicinano a me per poi indicarmi leggermente e ripetersi.

"Sentire perso, grande isola, troppo grande" Dice lei ed io ci penso qualche istante per poi sorridere quasi ironicamente, una ragazza indigena che ha cominciato a parlarmi da meno di dieci minuti mi ha appena dato l'aggettivo più azzeccato di sempre?

"Sì, puoi dirlo forte, sono perso" Dico io alzando le spalle e lei annuisce.

"io essere persa" Dice poi per poi guardare Puru.

"Io sempre stata persa" Dice ed io la guardo confuso mentre lei alza le spalle esattamente come ho fatto io per poi sorridere leggermente.

"Ti piace fare le spallucce eh?" Chiedo divertito e lei alza ancora le spallucce facendomi ridere leggermente.
"Okay okay, ora basta sembra che tu abbia le convulsioni" Dico io ridendo e lei mi guarda confusa ed io alzo gli occhi al cielo.

"Okay, una parola alla volta" Dico e lei annuisce sorridendomi leggermente.

"Ormai penso di avere capito che non ti va di parlare con me sul tuo passato o chi sei veramente dunque ti lascio in pace" Dico per poi alzarmi lentamente e la ragazza guarda prima la finestra e poi me in silenzio, guardo il fossa ancora sdraiato sul letto il quale ha i suoi occhi blu su di me come per accertarsi che io non ferisca la sua padroncina.

Mi allontano dalla ragazza la quale sale di nuovo sul piccolo cornicione interno della finestra appollaiandosi lì come un piccione curioso, osservo i suoi capelli ricci caderle davanti alla faccia mentre rimane affascinata dalle luci della grande città.

Sto per chiudere la porta alle mie spalle quando un senso di colpa mi colpisce, perché dovrei chiuderla dentro una stanza? Alla fine non è mia prigioniera, non la sto rapendo per un riscatto, lei è qui per farmi un favore, è una mia ospite.

"Emh, Mahinete, lascio la porta aperta, se vuoi puoi farti un giro, se vuoi, se no puoi chiudere la porta e fare le tue cose, come vuoi" Dico io cercando di essere il più cauto possibile e lei mi guarda per qualche istante in silenzio così io mi schiarisco la voce e me ne vado lasciando la porta aperta e dirigendomi verso la cucina.

Mi guardo attorno, ho una certa fame, ma sono anche abbastanza stanco, ecco a voi il dilemma degli universitari, ogni volta che abbiamo fame siamo anche troppo stanchi per prepararci qualcosa di complicato dunque ci ritroviamo davanti ad una scelta di vita, o tonno in scatola, o cibo d'asporto per i più ricchi di noi o schifezze combinate insieme nel tentativo di creare una ricetta che non faccia totalmente cagare.

"Oggi il menù propone pomodori, prosciutto una specie di pasta per burrito che ha comprato Michael e quello cos'è? Oh una crema per i brufoli di Rebecca, ma perché diamine mi deve lasciare queste schifezze in frigo?" Dico afferrando le uniche cose commestibili per poi chiedere il frigorifero e ritrovarmi davanti due occhi marroni ed un mono ciglio a pochi centimetri dalla mia faccia.

"Oh Gesù pieno di misericordia, mi hai fatto prendere un colpo" Dico urlando alla ragazza la quale rimane immobile guardandosi attorno e guardo specialmente le cose che ho nelle mie mani, la guardo confuso mentre avvicina il viso al mio cibo cominciandolo ad annusare come un cane da tartufo.


"Hey hey hey, non odorare le mie cose" Dico poi leggermente infastidito, uno po' perché mi è apparsa all'improvviso nell'oscurità ed un po' perché non mi piace il fatto che una delle sue caccole possa finire nel mio prosciutto.

"Hai fame?" Chiedo poi e lei alza le spalle, okay penso che non abbia ben capito questo gesto e che ne stia abusando.
"Spallucce non vuol dire si, vuol dire; non lo so" Dico poi e lei alza di nuovo le spalle ed io alzo gli occhi.

"Presumo tu abbia fame, oggi preparo un burrito, che di burrito non ha niente con pomodori, prosciutto e se ti piace c'è un'ottima crema all'avocado e menta nel frigo che Rebecca ama spalmarsi sulla faccia nell'illusione che possa farle sparire i brufoli" Dico io cominciando a tagliare i pomodori e Mahinete non dice nulla.

Rimaniamo in silenzio mentre io preparo la cena e lei invece gironzola attorno a me seguita dal suo fedele gatto il quale sembra molto interessato al mio prosciutto, sorrido quando sento la ragazza sussurrare qualcosa da sola o toccare oggetti per poi fare versetti stupiti.
Non so se la trovo adorabile per la sua stupidità ed ingenuità o se mi fa venire il nervoso perché sta toccando ogni cosa e si continua a muovere avanti ed indietro dandomi la nausea.

"Ho tre domande" Dice poi una voce estranea facendoci sussurrare ad entrambi e facendomi quasi perdere un dito con il coltello che ho in mano.

Sposto lo sguardo su Rebecca la quale è in piedi in corridoio con le braccia incrociate.


"Domanda uno; che ci fa lei fuori dalla stanza? Domanda due; Perché sta mangiando la mia maschera all'avocado? Domanda tre; c'è un burrito non burrito anche per me?"

Sia io che Mahinete rimaniamo in silenzio, io con il coltello e metà pomodoro in mano e lei invece con le mani sporche di maschera facciale.


"Non volevo lasciarla chiusa, aveva fame e sì posso fartene uno" Dico in sequenza e Rebecca storce il naso avvicinandosi ai burriti non burriti.
"Hai per caso usato prosciutto scaduto? C'è una puzza di morte assurda qui dentro" Dice la ragazza disgustata ed io guardo il mio cibo per poi guardare Mahinete la quale seduta a gambe incrociate sul tavolo sta leccando il barattolo della confezione di Lush credo.

"È lei quella puzza di morte che senti, e ringrazia che ha mangiato quella crema almeno il suo alito non saprà più di inferno ma avrà almeno una piccola essenza di menta" Dico io e Rebecca la guarda disgustata mentre non i suoi piedi sporchi rimane sul tavolo.


"Mi dispiace ma se lei deve rimanere io la restauro" Dice poi Rebecca legandosi i capelli in una coda alta.
"Aspetta tu cosa? Perché ti sei fatta la coda che significa? Rebecca?" Chiedo leggermente preoccupato ma la ragazza alza una mano verso di me per zittirmi.

"Metti nello stereo Pretty Woman, abbiamo del lavoro da fare" 


Hey Everybody

NEVICAAAAA!!!!!

Sono troppo felice, stamattina mi sono svegliata con la neve fuori dalla finestra e una tonnellata di vomito e cacca molle del mio cane dentro casa.
Il mio magico natale.

Vabbè, il mio cane ora sta meglio, o per lo meno ha smesso di dipingermi casa di marrone, ed io purtroppo mi sono alzata troppo tardi per vedere la neve creata nella notte e ho visto quello che ha lasciato la pioggia, sad.

A parte questo, che a voi non importa sicuramente, spero stiate passando un buon periodo natalizio, ieri ho ultimato le spese di Natale, I'm so happy and Broke.
Tutto qui, spero il capitolo vi piaccia, buona vita a tutti.

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