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23. Le Spade del Dio

Marciarono, il giorno seguente, concedendosi poche e brevi pause.
Il tempo era tornato ad essere invernale e il vento gelido aveva reso rosse guance e nasi. Il cielo, attraversato da grosse nuvole grigie, rimase privo dell'azzurro e del sole.

Celyo si offrì di portare Gwen sulle sue spalle quando non riusciva a sopportare più la marcia:
“Risparmiate le energie e rimanete concentrati su quello che dovete fare ” disse ad Arthur e Xander.

Si incaricò anche di molti compiti di Majo: la costrinse a togliere il cappello e azzerare la sua attenzione percettiva, per cominciare; accendeva lui il fuoco magico, attivava la barriera protettiva attorno a loro quando si fermavano, regalò energia a Gwen e si occupò della sua ferita.
Majo lo lasciava fare, grata del suo aiuto.

Il Mago discusse anche molto con i due ragazzi riguardo al compito che li attendeva. L’agitazione stava iniziando a salire e Celyo li incoraggiò e tranquillizzò:
“La vostra battaglia l’avete già vinta: quella contro voi stessi e che vi ha resi degni delle armi del Dio. Non dovete temere nulla. Lasciatevi guidare dalle Spade e tutto andrà bene. Non potete fallire!” disse, tra le altre cose.

Quando non confortava, prestava cure e lanciava incantesimi, Celyo rimaneva tutto il tempo accanto a Majo. La abbracciava, la teneva per mano, la incoraggiava e lodava, la faceva ridere e, soprattutto, la teneva lontana dagli altri, ancor di più da Xander.
Il Cavaliere discuteva con gli altri, si isolava con Amarok e meditava con la Spada in mano ma, i suoi occhi si soffermavano spesso su Majo e lei non riusciva a non ricambiare.
E quegli sguardi intensi, carichi di cose non dette e di desideri da voler realizzare, toccavano Majo allo stesso modo di una  carezza sul viso e la avvolgevano al pari di un abbraccio.

Il fratello coglieva tutto questo e interveniva. La sua presenza era perciò per Majo molto positiva.
Facendole da scudo e occupandosi del resto, lei ebbe tutta la calma e la concentrazione necessaria per terminare finalmente il suo Disegno Magico.
Aveva deciso cosa inserire e, di conseguenza, aveva creato l’incantesimo su misura.

Celyo fu prezioso anche perché li informò sulla situazione ad Antaria. Lui aveva evitato di passare dalla città, o comunque dai suoi paraggi, usando il passaggio magico ma sapeva che essa era barricata e chiunque si era avventurato all’interno non ne era più uscito.
Antaria tutta, era diventata una roccaforte a protezione del Bene e del Male che indisturbati diffondevano le loro essenze.

Tutti concordi decisero che, appena entrati, si sarebbero divisi e ognuno avrebbe assolto il proprio compito.

Arthur e Xander avrebbero raggiunto i loro obiettivi;
Majo, insieme ad  Amarok, avrebbe disegnato il suo Cerchio Magico e atteso le Spade per avviare l’incantesimo;
Celyo e Gwen, ben nascosti, avrebbero guardato loro le spalle: Celyo avrebbe caricato di magia le frecce di Gwen e insieme si sarebbero occupati di eliminare chiunque avesse cercato di intralciarli.
Non avrebbero dato pace alle Anime corrotte colpendole con quel tipo di magia, come invece poteva fare quella delle Spade o la magia di equilibrio di Majo ma, non avevano scelta.

E alla fine, ben protetta da alte mura, Antaria apparve davanti ai loro occhi.
Interamente avvolta da una nebbia grigia, aveva un aspetto inquietante.

Si avvicinarono più che poterono e, posizionati in cerchio, si salutarono prima di entrare e dare inizio al piano, mentre il sole si preparava al tramonto.

“Grazie a tutti voi. Facciamo il nostro meglio e rimettiamo tutto a posto” disse Majo, senza guardare nessuno in viso.

Celyo la abbracciò forte;
Arthur e Gwen si strinsero e si baciarono con dolcezza, sussurrandosi parole rassicuranti;
Xander, accucciato a terra, testa contro testa con Amarok, si guardavano negli occhi, complici.

Le Spade sguainate, l’arco pronto, la Magia del Cielo già attiva, ognuno si avvicinò al proprio compagno.

Xander, appena dietro Majo, poggiò una mano sulla sua testa.
“Sta attenta” sussurrò.

Majo chiuse gli occhi a quel tocco, mettendo a tacere la voglia di voltarsi e abbracciarlo.

“Andiamo!” esclamò Celyo e, decisi e pronti, attraversarono l’alto cancello d’entrata, già aperto.

Il silenzio tombale, innaturale, piombò loro addosso.
Il fischiare del vento, il fruscio delle foglie, i versi degli animali nascosti, non si udirono più.

Dopo pochi passi, quando ancora erano in gruppo, dai loro nascondigli, ad accoglierli, sbucarono in massa uomini, donne e bambini: a quattro zampe, sporchi e scarmigliati, gli occhi dall’iride bianca con  la pupilla piccola e rossa, i denti che digrignavano di rabbia.
Attorno ai loro corpi, la nube nera del Male aleggiava.

Xander si fece avanti, la Spada puntata verso di loro che brillava, bianca.
E quelli indietreggiarono, ringhiando.

Senza preavviso, una donna balzò in avanti urlando in modo animalesco e Xander, pronto, la colpì appena al fianco con la sua arma, per difendersi dal suo attacco. Lei si ritrasse come se si fosse scottata e, rotolando per terra, urlò il suo dolore, fino a che di quella agonia morì.
Scapparono via tutti gli altri, a nascondersi.
Ma alcuni rimasero uccisi dalle frecce di Gwen e dalla Magia di Celyo, a scoraggiare ancor di più un nuovo attacco.

Con la via di nuovo libera, si divisero, lanciandosi sguardi di intesa.

Xander e Arthur diressero la corsa verso il castello, notando quanto la città fosse cambiata: non più ordinata, pulita e sicura ma, sporca alla vista e all’olfatto; gli edifici cadenti, sfasciati e abbandonati.

Davanti al castello, invece delle guardie, trovarono quattro giovani ragazzi dalle lunghe tuniche bianche con rifiniture dorate. I capelli biondi, quasi bianchi, come gli occhi e la pelle che, diafana li faceva somigliare a dei fantasmi, sorrisero quando li videro.

“Ci dispiace molto ma non potete entrare. Nessuno può. Sono gli ordini” dissero con voce soave, in coro.

“Mi dispiace molto ma, o ci portate dal Re e dalla Principessa, o vi ammazzo” disse Arthur, puntando la sua Spada contro di loro.

Uno dei ragazzi avanzò, sorridendo e scuotendo il capo. Aprì le braccia ai suoi lati, ponendosi come scudo umano. Arthur lo trafisse con la Spada ma, questa volta, non servì purtroppo da esempio. Gli altri non vollero tradire l’ordine ricevuto e imitarono il gesto del compagno.
Uno affianco all'altro, crearono una barriera coi loro corpi. Furono trafitti dalla Spada dell’Oscurità.

Rimasti soli, Xander e Arthur avanzarono nel castello, deserto e silenzioso.
Si fermarono davanti al grande e decorato portone che nascondeva la sala del trono. Sicuri che i loro obiettivi fossero lì, si guardarono, sorridendosi.

“Andrà bene. Abbiamo le Spade: successo assicurato, dicono Majo e Celyo” disse Arthur, ruotando il collo e tirando fuori l’aria.
“Sai, credo che chiederò a Celyo di diventare il mio Consigliere. Mi piace e, se non posso avere Majo, avrò lui” decise.

“Sono d’accordo” annuì Xander, sciogliendo i muscoli delle gambe, liberandosi dal nervosismo.

Arthur gli poggiò una mano sulla spalla:
“Occupiamoci di questo e poi penseremo al resto. Non la lasceremo andare via” disse, lo sguardo serio e deciso.

Xander sorrise e anche lui ricambiò la presa sulla sua spalla.
“Sono pronto! Tu sei pronto?” chiese.

“Prontissimo!” rispose Arthur.

Insieme spinsero la pesante porta ed entrarono nella sala del trono.
Illuminata da centinaia di candele e dal fuoco nel grande camino, la sala era spoglia e ridotta male. Alcune finestre avevano i vetri rotti, il lungo tappeto rosso, che segnava la via fino al trono, era sdrucito e sporco come le pareti, annerite dal fumo e rosse di, pareva, sangue.

Sul trono, ad aspettarli, c’era Re Giacomo.
Ma non era più lui.
Dall’aria minacciosa, vestito di un’armatura nera, li guardava avanzare con gli occhi rossi scintillanti, senza tradire emozioni.
Intorno a lui, una forte aura nera vorticava.

La Principessa Danya, se ne stava seduta sulle scale che portavano al trono.
Si alzò quando li vide e sorrise.
Anche lei era diversa.
Vestita di bianco candido, i capelli biondi nascosti da un velo ricamato, diresse il suo sguardo innamorato e bianco latte su Arthur.
Anche lei aveva intorno una forte aura luminosa e, con i piedi nudi che si intravedevano e che non toccavano il suolo, veleggiò verso il Principe.

Xander, che aveva occhi solo per il Re, avanzò intanto verso di lui con decisione.

“Mio Principe, sei venuto!” disse la principessa con una voce soave e delicata che non era quella di Danya.
“Guardami: sono più buona e bella di prima. Farò tutto ciò che mi ordinerai. Non sono la moglie e tua regina perfetta? Ora non potrai rifiutarmi di certo” si esibì in una giravolta, si inchinò a lui e, rialzandosi, rimase in attesa a rimirarlo con adorazione.

“Andavi bene anche prima Danya. Eri dolce e simpatica. Eri una cara amica” rispose Arthur, triste.

“Ma adesso sono meglio. Posso essere tua moglie, non solo amica. Ho capito: sarò come tu mi vuoi” sorrise, sbattendo gli occhi.

“Non ti amavo prima; meno che mai adesso. Mi dispiace di essere stato causa del tuo dolore e soprattutto di litigio con tuo padre. Ti chiedo perdono, liberandoti” disse il Principe.

E mentre lei lo guardava sorridente e beata, ripetendo: “Fa di me ciò che vuoi”, il Principe Arthur, facendo appello allo Spirito dell’Orso sopito dentro di lui per trarne forza, la trafisse nel cuore con la Spada dell’Oscurità.
Essa, ormai ricolma del suo coraggio, della sua volontà e della sua bontà d’animo ma anche della sua ferocia e del senso di vendetta per coloro che, per la debolezza di lei avevano sofferto ed erano morte, sporcò tutto quel dannoso Bene.

Danya cadde a terra, sempre con il sorriso sulle labbra. Il suo corpo perse la luminosità e una nube bianca e vorticante, con al centro un globo nero, uscì da quel contenitore, liberandosi in alto, distruggendo il soffitto e raggiungendo il cielo.

Xander, difronte al Re, a testa alta, sostenne il suo sguardo e gli puntò contro la Spada.
Lui battè un pugno sul bracciolo dorato del suo scranno e con voce forte e tonante, ordinò:
“Inchinati al tuo Re, Cavaliere!” gli occhi che sprizzavano scintille di rabbia.

“Non sei il mio Re, né il Re di nessun altro!” disse Xander, con disprezzo nella voce.
“Non sei degno di portare la corona! Non sei stato in grado di governare e proteggere il tuo popolo e hai preferito abbandonarti al Male piuttosto che lavorare su te stesso e superare con coraggio le avversità. Non hai il mio rispetto” ruggì, l’istinto del Lupo che si risvegliava nel suo cuore.

Adirato, il Re si alzò e afferrò la lama della Spada della Luce con l’intento di sottrargliela. Ma ciò che ottenne fu che non riuscì a staccarsene e un dolore lancinante iniziò ad attraversarlo a poco a poco, con lentezza ma implacabile.
Xander stringeva con forza l’elsa e, assecondando il movimento della Spada, affondò in avanti.
La lama, avanzando inesorabile, toccò con la punta il suo petto.
Essa, ormai ricolma del suo senso del sacrificio, della protezione e della generosità ma anche del senso di ingiustizia, della rabbia verso l’egoismo e l’inettitudine di quell’uomo, che aveva portato a far soffrire e morire tanti innocenti, pulì l’eccesso di Male.

L’uomo urlò terribilmente e cadde in ginocchio, mentre la nube nera e vorticante, con al centro un globo bianco, uscì dal suo corpo, verso l’alto, rompendo il soffitto e liberandosi nel cielo.

Con le Spade che brillavano di nero e di bianco, cariche dell’atto appena compiuto, i due amici di guardarono fieri di se stessi e l’uno dell’altro. Si abbracciarono, liberi dal peso di quel compito che aveva oppresso il loro animo.

Dedicarono un solo sguardo ai corpi vuoti, privi di vita, di Re Giacomo e la principessa Danya poi corsero fuori dal castello per raggiungere Majo e consegnarle le armi.

Fuori c’era scompiglio.
Nel cielo vorticavano impazzite le nubi del Bene e del Male, attraversate da lampi e distanti l’una dall’altra.
Giù, sotto di loro, si erano divise le persone, nelle due fazioni. Guardavano in alto e contemplavano la loro nube di appartenenza, ipnotizzati.

Gwen e Celyo raggiunsero Arthur e Xander.
“Ce l’avete fatta!” li lodò la ragazza, abbracciando entrambi, il fiato corto per la corsa.

“Ottimo lavoro!” disse Celyo, mentre apriva un passaggio.

Urla dolorose si levarono intanto dalla gente radunata sotto i vortici che, avevano aumentato il loro turbinio.

“Presto, buttateci dentro le Spade! Arriveranno subito da Majo” parlò con urgenza Celyo, urlando per sovrastare il rumore roboante dei vortici  impazziti sopra di loro.

“No! Dobbiamo portargliele noi” lo contraddisse Xander.

La terra tremò, destabilizzandoli, poi due altri vortici apparvero più distanti, nel cielo.

“Non c’è tempo! Kirio e Genevieve sono stati convocati. Lasciatele dentro il passaggio. ORA!” ordinò, urlando, Celyo.

I ragazzi obbedirono, dopodiché Celyo li guidò in un posto sicuro da dove poterono vedere Majo.
La Strega era al centro di un gigantesco Cerchio Magico.
Sopra di lei, in alto e uno di fronte all’alta, c’erano Kirio il Demone del Male e Genevieve l’Elfa del Bene.

Celyio puntò i palmi delle mani verso sua sorella e creò una grande bolla protettiva attorno a lei.
Cadde a terra, in ginocchio e, iniziò a piangere quando concluse il suo lavoro.

Xander, spaventato dal suo atteggiamento, lo afferrò per i vestiti e lo alzò di peso.

“Perché stai piangendo? Cosa succede?” urlò, gli occhi di fuori dall’angoscia.
“Celyo, rispondi!” lo squotè.

Ma lui continuò a piangere e non rispose, nemmeno quando si aggiunsero alla richiesta Arthur e Gwen.

Con un grande sforzo il ragazzo cercò la sua stabilità, conscio che non poteva crollare proprio in quel momento.
Doveva fare come Majo: essere forte e andare avanti ad ogni costo.
Nemmeno lui avrebbe mollato!

“C’è qualcosa che devo dirvi…” cominciò, pulendosi il viso con la manica della maglia.

Intanto, nel cielo, Genevieve e Kirio avevano dato inizio alla loro danza d’amore.


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