15. Re Orso
Alle prime luci dell'alba Majo si destò e, presa tutta la sua roba, uscì dalla casetta in cui era stata ospite.
Silenziosa, per non svegliare le cugine di Acantha, notò come il letto di quest'ultima fosse intatto ad indicare che non era rientrata per la notte.
Non se ne stupì.
Si indispettì però per l’improvvisa tristezza che la assalì.
Espirando fuori l'aria e accogliendo sul viso il freddo gelido del mattino in arrivo, prese posto su uno dei grossi massi che delimitavano la casa e tirò fuori i due cristalli.
Non le piaceva affatto dover partire scarica di energie ma non aveva avuto scelta.
Avrebbe di gran lunga preferito compiere l’incantesimo la sera prima ma il Clan aveva organizzato una festa per salutarli.
Arthur, circondato dal Capo Emir e dai suoi figli, tra cui il maggiore e suo erede nel ruolo di Capo, aveva discusso seriamente di confini, riconoscimenti e altra roba politica che Majo aveva preferito non conoscere.
Circondata dalla gentile gente del Clan Erbana, aveva invece bevuto e ascoltato le loro storie di fate e gnomi, di piante carnivore e animali sacri.
Si era ripromessa di pensare all’incantesimo appena finita la festa, così che avrebbe potuto riposare tutta la notte ma quando si era conclusa, anche se non era troppo tardi, si era sentita esausta; le doleva la testa, sia per la forte bevanda che era stata costretta a bere ma soprattutto perché si era sforzata a sopportare quella chiassosa socialità a cui non era abituata.
Stesa tra le calde coperte, si era addormentata quasi subito, con ancora nelle orecchie la preghiera di incoraggiamento che il Capo Emir le aveva donato, quando si era recata da lui per congedarsi:
“Che la tua via sia dritta e priva di dubbi.
Sii fiduciosa della tua magia, abbi fede e pazienza.
La calma ti guidi quando ogni cosa sembrerà ingarbugliata.
Sii saggia;
coraggiosa davanti al buio, non lasciarti accecare dalla luce.
Ciò che deve accadere, accadrà” le aveva lasciato un bacio sulla fronte e le aveva detto addio.
Si alzò in piedi, pronta.
Con il bastone, disegnò un piccolo e doppio cerchio nella terra e dentro il simbolo di contenimento, rappresentato da un doppio rombo. Posizionò con cura i due cristalli nel mezzo, che brillavano di luce propria.
Attivò la pietra di ametrino ed eseguì l'incantesimo: lasciò che i due cristalli fossero avvolti dalla luce viola per quasi venti minuti prima che il contenimento fosse concluso con successo.
L’effetto fu immediato.
Sentì sparire i pesi che la opprimevano: al fianco destro e al petto.
Ripose i due preziosi oggetti nella sacca mentre il suo stomaco borbottava forte.
“Majo!” chiamò la voce del Principe.
“Buongiorno” lo salutò.
“Hai visto Xander?” chiese e lei negò con il capo.
“L’ho visto di sfuggita alla festa e poi è scomparso. Non c’era quando mi sono addormentato e nemmeno ora al mio risveglio. Non capisco dov’è finito” disse, accigliato.
“Sono abbastanza sicura che sia rimasto con Acantha. Nemmeno lei è tornata a casa” disse Majo.
Arthur la guardò incredulo.
“Ma cosa dici? Lo escludo. Non è possibile. Deve essere successo qualcosa” insisté, preoccupato.
“Non agitarti. Arriverà presto. Lo sa che dobbiamo partire” lo tranquillizzò.
Un fastidioso dolore bruciante colpì Majo sul petto. Si convinse che fosse un riflesso della sensazione lasciata dai cristalli.
Informò il Principe che aveva appena risolto la questione dell’influenza fastidiosa degli oggetti magici ma Arthur si limitò ad annuire, senza aggiungere altro. Passandosi una mano tra i capelli, sbuffando di impazienza, si guardava intorno.
Il villaggio si stava svegliando e a poco a poco il Clan degli Erbana si preparava a ravvivare il grande fuoco che la sera prima era stato alto e ardente, fantastico protagonista della scena.
Si sarebbero presto riuniti tutti lì per la colazione di gruppo che, come per tutti i pasti, consumavano insieme per tradizione.
Arthur corse in quella direzione e, alzando lo sguardo, Majo lo vide raggiugere Acantha e parlarle. Si avvicinò anche lei ma non si unì alla conversazione tra i due, prendendo invece posto attorno al fuoco e accettando una scodella dal suo vicino.
“Majo, è successo qualcosa a Xander: lo sapevo!” esordì Arthur, piano, accovacciandosi accanto a lei.
“Acantha ha detto che non sa dove sia. Se n’è andato ad un certo punto della serata. Era agitato e confuso ed è corso via lasciando il posto ad Amarok” la informò.
“Cosa? Non è possibile. Lo saprei!” si alzò in piedi Majo.
Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo famiglio.
Non sentiva niente.
“Mi ha chiuso fuori!” esclamò, riaprendo gli occhi e fissandoli sul Principe.
“Cosa vuol dire?” si accigliò lui.
“Forse niente. Forse Amarok è in giro per la foresta a girovagare con i suoi simili e per questo mi ha chiusa fuori” disse, confusa da quella novità.
Si fidava di Amarok, ma il suo cuore non potè fare a meno di agitarsi.
“O forse è successo qualcosa!” esclamò Arthur, con forza. “Prendiamo la nostra roba e andiamo a cercarlo. Ora!” disse, in un tono che non ammetteva repliche.
Decisero di inoltrarsi a piedi; i cavalli sarebbero stati inutili nel folto della foresta. Non dissero niente a nessuno e sgattaiolarono via.
Camminarono in silenzio per un lungo tratto, Arthur in testa, fino ad un cespuglio di rovi bello carico di more.
“Arthur, fermati!” esclamò Majo, che faticava a stargli dietro.
“Non sai nemmeno dove stai andando” lo afferrò per un braccio, quando lo raggiunse.
“È che ho uno strano presentimento. Mi sento strano! Inquieto” disse, massaggiandosi lo stomaco.
Strappò alcune more e le mangiò.
“Staranno bene, vedrai” rassicurò Majo.
Provò di nuovo a sentire Amarok, ma non ci riuscì.
Anche lei raccolse un bel po' di more, conservandole in un piccolo sacchetto.
Aveva mangiato troppo poco dopo l’incantesimo.
“Andiamo! Di qua!” esclamò Arthur all’improvviso e ripartì spedito, una folle luce negli occhi.
Majo lo seguì, sconcertata. Non capiva cosa stava accadendo al Principe. A grandi passi, spostando i cespugli rumorosamente, seguendo con sicurezza una strada che pareva conoscere bene, quasi correva.
“Ci siamo quasi” disse, con sicurezza.
“Di qua!” corse verso sinistra.
“Ancora un altro poco” informò.
Parlava da solo e, a quanto ne dedusse Majo, era alla ricerca di qualcosa di preciso.
Non stava più cercando Xander e Amarok.
Ad un certo punto lo perse di vista per rivederlo poco dopo correre verso qualcosa. Majo si affrettò ad uscire da quel groviglio di piante, che crescevano incontrollate ai piedi degli alti faggi, in cui era incappata e fece appena in tempo a vederlo entrare in una grotta.
In fretta, lo seguì.
C’era la magia lì dentro.
Majo la percepì. Somigliava all’energia Naturale degli Erbana ma era meno dolce, più selvaggia e bruta.
La grotta era silenziosa e profonda, composta da una serie di sale, che si snodavano in un percorso stretto e buio. Grazie alla sua magia, Majo poté vedere in quel buio, ravvisando segni di artigli sulle pareti: quattro solchi diagonali. La firma di un orso senza dubbio.
Si spaventò per Arthur e iniziò a correre per raggiungerlo.
La corsa terminò in un ampia sala che ospitava al centro un masso enorme, una seduta a forma di goccia.
Arthur era seduto lì, scomposto, svenuto.
Sul capo, come un cappello, aveva il teschio di una testa di Orso.
Majo si avvicinò a quel trono di pietra, spaventata.
Poteva vedere il petto di Arthur muoversi.
Capì che stava vivendo un viaggio interiore.
Rimase al suo fianco, in silenzio, in attesa.
Non poteva interferire.
Ma era difficile starsene a guardare. Arthur presto iniziò a mugugnare, sussultare e tremare.
Si avvicinò di più a lui, in pena. Sperò che nulla andasse storto.
Lei e Xander non avevano avuto a che fare con un viaggio mistico ma avevano potuto contare sull’appoggiò reciproco, oltre che a quello di Amarok. Anche quando si erano separati, Xander comunque non era rimasto da solo.
Lui invece non aveva nessuno. Sarebbe riuscito a vedersela con sé stesso contando solo sulle sue forze?
Un topo squittì nel silenzio e scorazzò tra i suoi piedi. Presa alla sprovvista, si spaventò. Perse l’equilibrio e si poggiò involontariamente sulla spalla di Arthur.
Majo entrò nella sua esperienza mistica.
Tutto intorno era buio. Vide Arthur tra le braccia di un Orso, alto almeno tre metri: era spaventoso e lo stringeva nella sua morsa ferrea.
Il Principe si divincolava con tutte le sue forze, digrignando i denti.
Majo lo incitò con il pensiero, spettatrice di quella scena.
Arthur colpì con un calcio l’animale e quello lo lasciò andare, sprigionando un ruglio potente.
Con agile mossa, Arthur sfoderò la spada e guardando l’Orso negli occhi, lo trafisse nel cuore, senza esitazione.
Un suono più acuto, un bramito, si liberò ora dall’Orso, che rimase ancora in posizione eretta.
Arthur, affannato, si allontanò da lui di qualche passo, la spada sporca di sangue in mano, lo sguardo fiero.
L’Orso, si posizionò a quattro zampe e piegò il capo in giù, sottomesso.
Majo si sentì fiera di lui.
Era sceso in profondità dentro se stesso e aveva raggiunto le sue verità. Ci sarebbe voluta una ulteriore fase di accurata riflessione, ma aveva accettato la sfida e ne era uscito vincitore. Il suo cuore già era pronto alle sfide che la sua posizione di potere avrebbe messo sul suo cammino.
Majo poteva sentire il cuore di Arthur pulsare emozionato per il peso di tutte quelle responsabilità.
Senza volerlo, inevitabilmente, inviò il suo incoraggiamento, il suo supporto.
Capì che lo raggiunse.
Sentì la sua gratitudine.
Poi Majo venne sbalzata fuori dalla visione. Tornò con prepotenza nella caverna, accanto al corpo di Arthur.
Rimase in attesa, sbuffando di apprensione fino a quando, con un sussulto, il Principe si svegliò.
Alzatosi in piedi di scatto, il cranio dell’Orso cadde dal suo capo e si frantumò in mille minuscoli pezzettini.
Affannato e in lacrime, Arthur si accasciò a terra e, quando Majo lo raggiunse la abbracciò forte.
“Grazie, Majo” disse afferrandole la testa e baciandola sulla fronte.
“Non ho fatto niente, Arthur. Sei stato bravissimo” rispose, commossa.
“Ho sentito che eri al mio fianco, che credevi in me. Questo mi ha aiutato molto. È stato bello sentirti: sei straordinaria! Ora ho capito davvero cosa intende Xander” sorrise.
“Siete voi quelli straordinari, Arthur” disse, sincera.
Trovava incredibile il loro essere forti e determinati, consapevoli dei loro ruoli e pronti a difendere i loro affetti e ideali ad ogni costo. Erano due ragazzi speciali, più di lei, perché non potevano contare altro ché sulle loro forze umane; niente magia.
Capì perché il Dio li aveva scelti.
“Ce la fai ad alzarti?” chiese Majo e lui annuì.
Insieme uscirono dalla caverna. Abbandonarono il buio in favore della luce, accogliendo con gioia il gelido vento sul viso in contrasto con l’aria soffocante della grotta.
In fretta Majo tornò alla realtà della loro situazione e, mentre Arthur si riprendeva invece più lentamente, seduto su un tronco d’albero caduto, si concentrò a sentire Amarok.
Di nuovo non lo sentì.
Cosa stai combinando Amarok?
“Non so, forse dovremmo tornare al villaggio e aspettare che Amarok decida di tornare da solo. Se non vuole farsi trovare, non lo troveremo mai” disse, guardandosi intorno per cercare di capire quale fosse la strada giusta per il ritorno.
“Lo so che sta bene. Se fosse successo qualcosa di grave, lo saprei” aggiunse, anticipando la domanda che sapeva stava per farle Arthur.
Lui non rispose, indeciso.
Un chiaro rumore, qualcuno che correva tra le foglie secche, giunse alle loro orecchie.
“È Amarok! Lo sento di nuovo” sorrise raggiante, Majo.
Arthur sospirò di sollievo, mentre una forte luce dorata si rifletté tra il verde e il marrone della natura intorno. Reggendosi al tronco di un albero, sfinito e sudato, apparve Xander.
“Finalmente! Ma cosa è successo? Dove sei stato?” si avvicinò Arthur, visibilmente preoccupato per le sue condizioni.
“Io non lo so” rispose accigliato, spostando lo sguardo da lui a Majo.
“Non so dove siamo stati. Mi ha chiuso fuori da ogni cosa. Non ho visto e sentito niente” rivelò, affannato.
Arthur, sorreggendolo di peso, lo aiutò a sedersi e lo rassicurò. “Prendi fiato, poi torneremo al villaggio. Sarai affamato e assetato, immagino” disse.
“No. Sto bene, in realtà. Solo confuso e un po' stanco fisicamente” rispose, passandosi una mano tra i capelli ripetutamente , tanto che il ciuffo rimase rialzato.
Arricciò il naso e annusò Arthur.
“Perché puzzi di Orso?” disse.
Arthur scoppiò a ridere.
“Intanto che ti riprendi, ti racconto cosa mi è appena successo!” si illuminò. Chiaramente non vedeva l’ora di raccontarglielo.
Majo si avvicinò e prese posto accanto a loro, ascoltando i loro scambi ma senza intervenire. Poggiandosi con la schiena ad un albero, si tolse il cappello per chiudere fuori ogni cosa; chiuse anche gli occhi, per cercare di recuperare qualche poco di energia.
“Ancora non ho capito bene la cosa. Come hai detto tu quando è successo a te, c’è tanto su cui riflettere, ma una cosa l’ho compresa bene: sarò un Re che soffrirà ma che raggiungerà degli obiettivi positivi” disse Arthur, annuendo fiero. “Credo” aggiunse poi, accigliandosi.
Xander scoppiò a ridere. Nel frattempo aveva ripreso colore.
“Ho sentito che non sarò solo. Ma questo era ovvio. Ci sarai tu, come Primo Cavaliere…” continuò Arthur, lanciato nel suo discorso, mostrando l’indice.
“Solo se pensi che lo meriti davvero“ lo interruppe Xander.
“Ti hanno visto tutti combattere, sei il migliore. Il Maestro d’ Armi ti loda sempre; i ragazzi ti ascoltano e ti ammirano: Te lo meriti. E non lo farei mai solo perché sei mio amico” ribatté.
Alzò poi il medio accanto all’indice e aggiunse : “E poi avrò Majo come mia consigliera” sorrise.
“Ti ho già detto di no” Majo si irritò.
“Ti convincerò alla fine, lo so. Ho sentito una forza femminile al mio fianco, nel futuro, molto forte. Non puoi essere che tu” rispose, sicuro.
“Impossibile! Riguarderà la tua Regina” disse Majo.
“Impossibile! Non mi sposerò. E lascerò tutto ai miei nipoti” rispose, serio.
“Impossibile!” disse Xander. “Troveremo Gwen, dopo aver risolto questo casino, così come avevo deciso di proporti prima di conoscere Majo. Vi sposerete e avrete tanti bambini” si alzò.
Anche Majo si alzò. Si avvicinò a Xander e, afferrato per le vesti, lo costrinse ad abbassarsi per poterlo guardare negli occhi.
“State bene?” chiese ai suoi occhi, scrutando intensamente e con attenzione.
“Sto bene” rispose. Bruscamente si liberò dalla presa.
“Amarok ancora meglio” aggiunse.
“Andiamo, allora. Dobbiamo ritrovare la strada del ritorno” disse Majo.
Scavò nella saccoccia a recuperare altre more.
“Attento!” si urlarono contro, nello stesso momento, i due ragazzi.
Majo alzò la testa, ma non vide pericoli. La sua vista fu oscurata dal petto di Arthur, che le era di fronte e non poté voltarsi perché bloccata dal corpo di Xander, appiccicato alla sua schiena.
Avevano sfoderato le spade ed entrambi avevano colpito. Xander alle spalle di Arthur e viceversa.
Quando si spostarono, Majo capì perché l’avevano protetta in quel modo.
A terra, trafitti, c’erano due Goblin: i nemici numero uno delle Streghe.
Curiosità, in breve, sulla figura dell’orso:
🐻È associato al mondo dello spirito e in particolar modo alla caverna – anima.
🐻Richiamare il potere dell’orso accresce la forza interiore e il coraggio, facendosi percepire come persone forti a cui portare rispetto.
🐻La calma e la solitudine associate al potere totem dell’orso, permettono di ascoltare la propria voce interiore che possiede tutte le risposte per la risoluzione di qualsiasi problema.
🐻In uno dei principali poemi dell’India antica, sembra che il figlio di Vishnu, chiamato anche Re degli Orsi, fosse proprio un Orso. Un essere molto intelligente, di grande esperienza e conoscenza, necessarie per una buona gestione di un regno.
( 🐻 E Re Artù di Camelot? HA molto a che fare con gli orsi )
🫅🏼
Il destino del nostro Principe è scritto tutto nel suo nome:
Arthur= Custode dell’Orsa.
Hariman= uomo delle armi, guerriero.
Bernardo= forte come un orso.
Pen – arktos = testa di orso.
⚔️ E il nostro Cavaliere non è da meno, ovviamente:
Xander = protettore.
Cataldo = forte e valoroso in battaglia.
D’Arenà = anagramma di Andrea, un uomo che arde, virile, indomito.
😜
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