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Capitolo IV: Destino

Lunedì mattina.
Susan si era svegliata presto per recarsi nella caffetteria dove lavorava, e ci avrebbe messo circa 15 minuti per arrivarci in autobus.
Come il giorno prima, non ricordava nulla degli eventi riguardanti la sera in cui incontrò Hunter a casa di suo padre.

La caffetteria era un posto ben curato e di classe: vi erano diversi tavoli che all'ora di pranzo offrivano ottime e varie portate per chi ne abbisognasse; i tavoli per la colazione erano più piccoli e disposti in fila dietro alla grande vetrata sull'ingresso, ed era a quei tavoli che Susan lavorava principalmente, prendendo le ordinazioni e consegnando poi le richieste dei clienti.

Mancava circa un ora a mezzogiorno, e i tavoli erano quasi tutti pieni da, chi più chi meno, avventori intenti a gustare un caffè o un tè, accompagnati da freschi cornetti ripieni, che addolcivano l'aria con il loro aroma.
Fu in quel momento che un altro tavolo fu occupato da un ragazzo, e Susan, naturalmente, si avvicinò per chiedere cosa egli gradisse.
Il ragazzo pacatamente e con garbo, rispose di voler una cioccolata calda con panna.
Dopo un minuto Susan tornò con una bella tazza strapiena di cioccolata, ricoperta da un ingente quantità di panna montata, avvolta da un leggero strato di cacao.
Prima il ragazzo non diede alcuno sguardo al volto della giovane cameriera, sembrava pensieroso. Ma quando ella gli porse ciò che egli aveva ordinato, lui la guardò per ringraziarla, ma si bloccò di colpo.
Susan era un po' suggestionata dalla reazione del cliente, il quale distolse subito lo sguardo per gustare la cioccolata.
Allora lei si voltò e tornò al lavoro.
Di tanto in tanto sbirciava quello strano ragazzo; lo vedeva teso, guardingo, e quando ebbe finito di bere lasciò i soldi sul tavolo e se ne andò di corsa. Susan andò a raccoglierli e li mise in cassa, la mancia invece la tenne lei. "Mi sembra di averlo già incontrato..." pensò.

Non appena Hunter uscì dalla caffetteria venne avvolto da un turbinio di pensieri, riguardanti alla situazione che si era creata, ed a quello che sarebbe potuto accadere. Rimase sul ciglio della strada qualche secondo e, dati due sguardi ai due lati di essa, la attraversò rapidamente, allontanandosi dalla vista del bar. Dopo non molto decise di non dare così tanta importanza all'accaduto.

Erano passate quasi cinque ore, e Susan aveva terminato da poco il suo turno. Hunter invece stava tornando da un incontro con alcuni membri dell'assemblea che regola i rapporti sociali tra umani e maghi.
Si pensa spesso al caso, alle coincidenze, eppure tutti i maghi sanno che queste due cose non esistono; comprendono il mondo molto meglio degli umani, e sono al corrente dell'esistenza del Fato e della fortuna. È per questo motivo che quando Hunter si imbatté nuovamente in Susan quel giorno, reagì con uno snervato: -ora basta!-
E, prendendola per un braccio, aprì su un muro di fianco un portale con l'altra mano, e la trascinò al suo interno.

Susan non comprese subito cosa stette accadendo, e quando si ritrovò nel soggiorno della casa di Albert, iniziò a barcollare, e svenne di colpo.
Hunter la posò sul divano e chiamò Albert.
-Cos'hai fatto adesso?- disse lui sorpreso di vederlo.
-Tua figlia-
-Susan- lo corresse Albert.
-Susan... L'ho incontrata, letteralmente, venerdì mattina; poi sabato sera, c'eri anche tu; ed infine oggi, due volte...-
Rimasero entrambi a guardarla. Poi Hunter proseguì:
-Sai bene dove voglio arrivare-
Albert abbassò lo sguardo e si sedette sul divano, vicino a sua figlia. Le accarezzò i capelli.
-Lo so... Sai, tempo fa un altro con il dono della Vista l'aveva trovata, ma riuscimmo ad impedire che diffondesse la notizia-.
-Ma io non ho notato niente. O meglio, nulla di rilevante: c'era qualcosa che aveva attirato il mio sguardo su di lei, ma non vidi realmente nulla- disse Hunter.
-Le facemmo una collana incantata per l'occultamento dell'aura- continuo Albert, e sfilò delicatamente la collana dal collo della ragazza -ecco, guarda ora...-.
Il colore degli occhi di Hunter mutò da verde ad azzurro, ed il suo sguardo si concentrò su Susan.
Rimase basito al vedere l'aura magica di Susan così tanto potente. Era talmente luminosa che rimase quasi accecato.
-Mi dispiace Albert, davvero-
Albert iniziò a piangere, e Hunter cercò di consolarlo meglio che poté.
-Ascolta, prima di giungere a conclusioni affrettate, è meglio che sia prima esaminata accuratamente...- aggiunse il ragazzo.
-Hai ragione- confermò Albert.
-Se ti crea qualche problema, posso occuparmene io- disse Hunter.
Albert lo guardò negli occhi e disse: -Sei la persona di cui mi fido di più... Ma giurami sul tuo onore che non le accadrà nulla!- e lo guardò con sguardo serio.
Hunter guardò la ragazza e rispose: -Ti prometto che farò tutto ciò che sarà necessario, ma nel modo più giusto possibile. Però il compito di spiegarle la situazione credo spetti a te...-
Albert annuì. -Ti farò sapere quando potrai occuparti di lei-.
-D'accordo, avrò un sacco di impegni da disdire- aggiunse Hunter in modo ironico, per smorzare la situazione.
L'uomo rise dolcemente. -Beh, se non ci riesce il mago più potente del mondo a gestirla, chi potrebbe farlo?-.
-Credo che potrei diventare il secondo più potente- ripose Hunter, volgendo lo sguardo verso Susan, che continuava a dormire sul divano.

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