20.Too late to apologize
Harry.
La vita a volte è una puttana, il karma non esiste e l'amore è un sentimento così frivolo e ingiusto che ti colpisce quando meno te lo aspetti. Le persone quando parlano di anima gemella si aspettano una persona che combacia perfettamente con noi stessi, ma la vera anima gemella è la persona più importante che con il tempo noi incontreremo, che abbasserà tutti i nostri muri e ci amerà fino alla morte. E un tempo credetti di aver trovato la mia pace con Elena, il mio cosiddetto equilibro, ma in realtà con lei era soltanto una falsa, un amore non vero, e forse ero troppo cieco per non accorgermene. E mentre con Elena avevo amato il suo corpo, con Madelaine ogni giorno imparavo ad amare ogni parte del suo carattere, le sue piccole sfaccettature. Il nostro amore aveva superato ogni problema, e ancora una volti, eravamo finito per dimostrarci quel sentimento che lentamente stava logorando ogni parte del nostro cuore. Ed era bello provare un qualcosa di così forte, ma di anche così tanto brutto, poiché non saprei cos'avrei fatto senza di lei. Le accarezzai i capelli, spegnendo la sigaretta nel posacenere, stampandole un bacio sulla fronte, cadendo tra le braccia di Morfeo con il suo viso angelico nei miei sogni.
Aprii gli occhi qualche ora dopo, sicuro che Elena fosse ancora in viaggio, e mi alzai, coprendo il corpo della ragazza, infilandomi i boxer della notte precedente, prendendo dal cassetto dei calzini, un paio di mutande, un jeans e una t-shirt bianca. Mi chiusi in bagno, dopo averle baciato la fronte. Aspettai che il getto d'acqua fosse caldo e dopo aver tolto l'unico indumento che copriva il mio corpo, mi ci fiondai all'interno, lasciando che quel calore risanasse i miei muscoli addormentati. Oggi avevo deciso di prendere il giorno libero, cosicché potessi passare tutto il tempo con Madelaine, cercando di capire il suo comportamento nei giorni passati, e forse ci sarei riuscito anche prima, se solo non mi avesse negato l'accesso in quella sua corazza, e non lo aveva fatto solo con me, ma con tutti. E avrei lasciato correre, se poi a distanza di giorni non avrei rischiato di trovarla in fin di vita. E non potevo perdere la mia luce, non volevo ritornare nell'oscurità. Uscii dalla doccia, ricoprendo la vita con un asciugamano, usandone un secondo per i capelli. E una volta concluso di infilare anche la t-shirt, aprii la porta, ritrovando due occhioni azzurri che mi osservavano. Stringeva il piumone all'altezza del seno e mi avvicinai, afferrandole la mano da sotto la coperta, stampandole poi un bacio a stampo sulle labbra. Lei mi guardava con un uno sguardo del tutto assente, come se quella luce che aveva stretto il mio corpo per tutta la notte, si fosse spenta. Fu un contatto così freddo, senza emozione, e mi allontanai. Speravo solo che non si fosse pentita di quel nostro piccolo accordo, speravo solo che non cambiasse idea. E inaspettatamente circondò il mio collo con il suo bacio, abbassando il mio viso, tanto quando bastasse per baciarmi. Questo sì che potevo definirlo bacio, un bacio così bello da poter far splendere il Sole in questa giornata di pioggia.
«Questo si che posso definirlo un buongiorno.»
E Madelaine sorrise, stringendo il piumone sul seno. Avrei voluto toglierle quel lenzuolo, solo per poter ammirare il suo corpo, solo per poter lambire la sua pelle con dei succhiotti, solo per poter ricordare quel momento, ogni qualvolta Elena avrebbe desiderato il mio corpo. Ogni volta in cui sarei entrato dentro di lei, avrei immaginato il seno di Madelaine al posto di quello della mia attuale fidanzata. Continuai a baciarle il viso, il collo, le labbra, fin quando non sentii una mano stringere la mia, e mi staccai, osservando i suoi occhi aprirsi e con il solo sguardo implorarmi di fare qualcosa. Lentamente infilai il primo dito al suo interno, osservando le sue labbra socchiuse emettere un piccolo gemito. La guardai, mentre mi facevo spazio tra le sue strette pareti vaginali. La sua mano stringeva il mio bicipite e iniziai a muovere il secondo dito dentro e fuori, con un ritmo abbastanza regolare. E dopo pochi minuti venne, ascoltai il suo cuore battere velocemente contro il mio, le sue mani stringere il mio bacino. Madelaine si alzò dalle mie gambe, sorridendo e chiudendosi nel bagno. Quando sentii il rumore dell'acqua scorrere, mi alzai, andando in cucina, deciso a preparare la colazione. Cucinai delle uova strapazzate, accendendo la macchinetta del caffè e versando del succo di frutto in un bicchiere di vetro. Apparecchiai la tavola, posizionando le posate e il resto sul tavolo, sentendo i leggeri passi di Madelaine scendere le scale. La vidi e nonostante indossasse solo un mio vecchio maglione e avesse i capelli legati in una croccia, la ritrovai bellissima. E se solo Elena non avesse rovinato quell'armonia, ogni mattina avrei trovato il corpo nudo di Madelaine accanto al mio, e forse tra qualche anno anche i nostri figli correre tra i corridoi di casa, ma sapevo che questo non sarebbe successo, poiché tra qualche mese mi sarei sposato con la persona per cui non provavo nessun sentimento, oltre al risentimento. E ritornai in me solo quando la mano fredda di Madelaine fu sulla mia gote, spostava il suo sguardo dai miei occhi alle labbra, e non ci pensai due volte a baciarla. Lo avrei fatto tante di quelle volte, così tanto da consumarle, se solo il nostro tempo insieme fosse infinito, ma non lo era. Elena sarebbe tornata il giorno dopo e non poteva spendere parte del nostro tempo per attimi che avrei recuperato la sera stessa e se ci fosse stato il tempo, anche quella dopo. Strinsi la sua mano nella mia, tentando di scaldare il suo corpo in parte freddo. E il modo in cui mi guardava, mi toccava, parlava con me, mi amava, capisco che il nostro amore era reale, un amore che sarebbe durato anche nel tempo, un amore infinito che nessuno avrebbe mai dimenticato, un amore che avrebbe lasciato dei segni indelebili nel cuore di entrambi.
«Combatterò per il nostro amore, Madelaine.»
«Sempre e per sempre, nonostante tutto.»
E la presi in braccio, le sue mani intorno al mio collo, i piedi contro il mio bacino. Sentivo il mio cuore battere così forte, e temetti che da un momento all'altro si fermasse, solo per riprendere a battere più forte di prima. Non sorridevo così tanto da tempo, non sentivo di trovarmi nel mio paradiso personale da tanto tempo, e il mio cuore esplose quando vidi il suo sorriso aprirsi, susseguito da una rumorosa risata. Sorrideva per causa mia, sorrideva grazie a me, e non vi era cosa più bella di questo. Sentivo di poter abbattere ogni ostacolo, e fanculo alle uova in cottura, fanculo al citofono che suonava intensamente, fanculo a Elena, fanculo ad ogni persona fosse contro di noi, fanculo a tutti, Madelaine era tutta la mia vita e avrei potuto urlarlo al mondo intero. Ci ritrovammo stesi sul divano, abbracciati, la sua testa sul mio petto, e non vi era altro posto in cui sarei voluto stare, se non tra le sue braccia. Madelaine era considerata da tutti pazza, squilibrata, ma era solo ferita, tanto da cadere se qualcosa la traumatizzasse così tanto, ma ci sarei stato io ad aiutarla, a ritornare la stessa persona amante del pianoforte.
Ma non sapevo che sarebbe stato una delle imprese più difficili da compiere e l'avrei capito successivamente. E forse l'amore aveva offuscato così tanto i miei sentimenti, non vedendo quanto Madelaine fosse cambiata internamente ed esteriormente, quanto sotto quella sua corazza fosse diventava acerba e colma di angoscia, quanto il nostro stare insieme fosse dannoso per entrambi e per il mondo fuori dalla nostra bolla. In quel momento tutto era giusto sotto i nostri occhi, le nostre mani intrecciate erano l'unica sicurezza che reamente possedevo. Le aveva donato me stesso, come lei stava facendo con me. Lei aveva un qualcosa di me che mi apparteneva, io avevo un qualcosa di lei che le apparteneva. Quando le mie labbra furono per l'ennesima volta sulle sue, i pensieri negativi si dissolsero completamente.
Io e lei.
Un noi, per noi infinito, ma che non sarebbe durato abbastanza a lungo.
Un mese dopo.
Madelaine.
Mi alzai dalla tomba della mia migliore amica, lasciandole quel mazzo di fiori che le mie mani sbriciolavano sotto la mia poca forza. Le lacrime cadevano dai miei occhi e sentivo il mondo cadere dalle mie mani, la terra lacerarsi sotto miei piedi. Posai le labbra sulla foto di Annie accanto alla lapide, uscendo dalla cappella, dirigendomi verso quella di mia madre. Un mese da quando Annie non era più accanto a me, un mese di nulla assoluto, se non qualche chiamata con Liam. La lapide era vuota al mio arrivo, come se a nessuno importasse che una ragazza meno di qualche tempo prima, fu investita e morta qualche giorno dopo. Mi fermai quando vidi un uomo con un cappotto nero fermo sulla tomba di mia madre, una rosa stretta tra le sue mani, e lentamente mi avvicinai, fermandomi al suo fianco. Mi inchinai, infilando quel fiore dai petali color sangue nel vaso.
«Manca tanto anche a me tua madre, Madelaine.»
Non vedevo Christian da quella volta in ospedale e infondo speravo soltanto di parlare con lui, poiché nonostante tutto, era comunque mio padre. L'unico affetto ancora rimasto. E sapevo di poter stare ancora per poco con Harry, poiché era dura dover stare con la persona che ami e con cui non starai mai. Era dura vedere quel bambino crescere nel ventre di Elena e non avrei retto ancora per molto.
«Mi dispiace tanto per la tua amica, figlia mia.»
E lessi la sincerità in quei suoi occhi così uguali ai miei e sorrisi tristemente, incurvando leggermente l'angolo delle labbra. Mi strinse la mano per confortarmi e rimanemmo in quella posizione. Alzai il viso quando una lacrima cadde sulla mia mano e alzai il viso, osservando il blu delle sue iridi lucide. Mi avvicinai e lui mi strinse leggermente tra le sue braccia, sorpreso. Non lo avrei fatto se non avessi visto i suoi occhi lucidi, non ne avrei avuto il coraggio, e mi piaceva questa nuova sensazione, forse poiché non abbracciavo mio padre da anni. Forse Christian era davvero cambiato, e nonostante quei ricordi terribili, sentivo di dover tornare con la mia famiglia, la mia metà persa nel cammino della mia vita. Una volta seduti su una delle tante panchine posizionate in mezzo a quel posto così solitario, lui parlò.
«Molte cose sono cambiate Madelaine, ma il mio amore paterno per te no. Sei mia figlia, sangue del mio stesso sangue. Ho sbagliato a provocare tutto quel dolore sulla tua pelle, a marchiare la tua pelle con quelle cicatrici. Senza tua madre tutto è cambiato, la mia vita, ed è arrivato il momento di andare avanti, lasciare il passato alle spalle e ritornare ad essere una famiglia. So che sarà difficile perdonarmi, ma pensaci. Sono tuo padre e non voglio perdere gli anni più belli della tua vita.»
E fummo interrotti dal suono di un clacson e quando mi voltai, vidi un Range Rover nero aspettare davanti l'uscita del cimitero, e confusa, mi alzai. E prima che potessi camminare verso Harry, mio padre afferrò la mia mano, aprendo il palmo, posando in mezzo il suo biglietto da visita. Lo sguardai e mi sorrise.
«Chiamami quando vuoi. Ti devo parlare di alcune cose importanti e voglio che tu sappia la verità.»
E detto questo si strinse nel suo giubbotto e ritornò nella cappella della mia mamma. Camminai a testa bassa, pensando a cosa dovessi sapere, alla verità che purtroppo ancora mi nascondeva. Infilai il biglietto da visita nella tasca posteriore del pantalone, entrando in auto. E quando incontrai gli occhi di Harry, un cipiglio gli incurvava il viso, le braccia incociate sul petto, in attesa di spiegazioni. Ma infondo doveva aspettare una reazione da mio padre, non sarei potuta stare per sempre nella sua grande casa, non con Elena, non con quel bambino in grembo, non con tutti quei piccoli problema che minacciavano da tempo il nostro rapporto. Prima o poi avrei rattaccato le mie cose e mi sarei trasferita da mio madre, cercando di dimenticare ogni cosa mi tenesse legata a Harry.
«Perché lui è qui?»
Ingranò la marcia, uscendo dal parcheggio, infilandosi nel traffico francese. Sperai soltanto che quel momento terminasse in fretta, che tutta quella situazione sarebbe finita in fretta, non volendo sentire nulla e nessuno, forse troppo stanca anche per farlo. Volevo soltanto pensare a tutto, a Liam, alla storia con Colton, a Luke, Harry, riflettere su chi poter sacrificare sulla scacchiera, e sapevo già in partenza che Harry era la mia ancora, il mio re e non avrei potuto sacrificare tutto il nostro rapporto senza aver provato a lottare. Ma il tempo scorreva, le mie forze si esaurivano e avrei dovuto farlo.
«Perché sei qui?»
«Non ti permettere a cambiar discorso, Madelaine.»
Il suo pugno sbattette contro il manubrio. Perché ti comporti così Harry? Perché fai questo? Cosa pretendi di ottenere? In quel momento sentii caldo, nonostante fuori il tempo non fosse dei migliori e ogni speranza di uno spiraglio di luce annebbiato dalla fitta nebbia. Mi guardò per dei secondi interminabili e quando la sua mano strinse la mia, mi tranquillizzai. E capii che Harry era l'unica persona in quella scacchiera che non avrei mai potuto sacrificare, lui era ed è una parte importante della mia vita, quella parte che rendeva il mio cuore meno freddo, quella speranza di poter finalmente amare senza limiti. La sua mano strinse la mia e alzai gli occhi da esse, osservando i suoi occhi verdi.
«Non voglio perderti Madelaine. Sei così importante per me.»
E avrei voluto dirgli quanto lui fosse bello in quel momento, quanto quell'amore che provavo per lui era reale e forte, quanto mi distruggesse vederlo con Elena, ma rimasi in silenzio, sperando che leggesse nei miei occhi tutto quello che avrei voluto dirgli. Lo squillo del suo IPhone interruppe quell'atmosfera così piacevole e abbassai lo sguardo osservando il nome Elena brillare. Sentii un groppo in gola e tutte quelle farfalle nello stomaco morire, quando il dito di Harry premette il tasto verde. La sua mano stringeva la mia gamba, mentre parlava a monosillabi con la donna. Tutta quella speranza cadeva e ogni giorno convincevo me stessa che il nostro amore non fosse infinito, ma che fosse finito già da tempo, ed eravamo noi che non lo avevamo ancora capito, e mi voltai verso il finestrino, desiderando solo che non vedesse i miei occhi lucidi. Continuava a stringere la mia gamba, mi asciugai il viso, stringendo la sua mano.
«Quindi mia madre sta mangiando da noi. E ci sarà un amico di Luke. Ho preso Madelaine. Okay, ci vediamo dopo.»
E riattaccò. Restammo in silenzio e mi beai di quella tranquillità. Lasciai che la sua mano mi accarezzasse il ginocchio, mentre posavo la testa sul finestrino, sentendo il sapore delle lacrime arrivare sulle labbra. Cercai di non farmi notare, ma quando i singhiozzi si unirono a quelle gocce salate fu difficile per lui non farlo. Fermò il Range Rover in una strada deserta, spense il motore e con due dita voltò il mio viso verso di lui. Asciugò le lacrime con i pollici, stringendomi tra le sue braccia.
«Fa male non poterti amare alla luce del Sole, ma solo nell'oscurità del tuo letto. Fa così male.»
Mi tenne stretta contro il suo petto, sussurrandomi di non piangere, che vedermi soffrire lo tormentava, ma nonostante mi parlasse in quel modo, sapevo che stava mentendo. E ora che sapevo che tra noi non ci potrebbe mai essere nulla, il cuore affondava in quel lago di catrame. La sua ancora stava cadendo, affondando con esso.
«Ti amo così tanto, Madelaine. Smettila di piangere. Tutto andrà bene.»
Bugiardo.
Bugiardo.
«Fa male vederti così per colpa mia, fa così male.»
Asciugai per la millesima volta i miei occhi e respirai profondamente, pronta a fingere. Scesi dall'auto, accarezzando il pelo liscio del cane che scodinzolava felice di vederci. Strinsi i pugni, chiudendo gli occhi, sorridendo falsamente una volta che entrammo dentro casa. E quando vidi Colton, lo guardai stranamente, domandandomi il motivo per cui lui fosse qui, ma Anne interruppe i miei pensieri, ricoprendomi di domande e altre puttanate simili. Sentivo i suoi occhi su di me e una volta finito con tutti i saluti, salii le scale, desiderando solo che l'acqua calda risanasse i miei nervi.
Con tutto quello che stava accadendo, sarei impazzita da un giorno all'altro. Troppe pressioni, troppe delusioni e troppi cuori spezzati. Aprii il cassetto, afferrando dalla bustina una pastiglia, sorseggiando dell'acqua dopo. Il calmante mi avrebbe aiutata a tranquillizzarmi.
Mi infilai sotto la doccia e posai la testa sulle mattonelle. Massaggiai la cute con lo shampoo al gelsomino, il corpo con il bagnoschiuma e una volta risciacquato tutto, avvolsi entrambi intorno ad un asciugamano. Quando aprii la porta, per poco il cellulare non mi cadde a terra dallo spavento. Colton era seduto sul mio letto, con la mia biancheria intima sul viso.
«Che cazzo ci fai qui?» sussurrai, togliendogli le mie mutandine dalle sue luride mani. Lo guardai male, chiudendo la porta a chiave, e infilai le stessa biancheria su per le gambe. Tolsi l'asciugamano, sentendo il suo sguardo sul mio seno, ma non mi vergognai di mostrare qualcosa di così mio a lui. Mi aiutò a indossare il reggiseno e mi aprii l'armadio, afferrando il vestito bianco brillantato.
«Volevo solo salutare il mio nuovo gioco.»
Spostò i miei capelli, baciando il collo, infilando una mano in mezzo alla mie gambe. Gli afferrai la mano prima che toccasse il pube e mi voltai. Lo guardai e la mia mano si connesse sulla sua gote. Lo spinsi sul letto e mi allontanai, chiudendo la porta del bagno dietro di me. Lentamente asciugai i capelli, prendendo più tempo di quanto in realtà me ne servisse, truccandomi leggermente alla fine. Era anni che non indossavo il vestito bianco e nonostante la mia crescita, mi andava a pennello. Infilai le ballerine, sistemando i capelli lisci sulle spalle. Uscii dal bagno, osservando il volto di Colton seppellito nel cuscino.
«Alzati dal mio letto, Colton. Dobbiamo scendere.»
«Mi sono preso la libertà di prendere una sigaretta. Me la devi.»
E quando mi vide, i suoi occhi si illuminarono e la sua bocca si spalancò leggermente. Sorrise, scuotendo la testa, infilando la sigaretta nella tasca del pantalone e afferrando la mia mano.
«Non ti allontanare da me, Madelaine. Siamo legati da un qualcosa che va oltre il semplice aiuto reciproco, e non sto parlando di amore.»
Rimasi confusa e interdetta al suono delle sue parole. Non riuscivo a capire il significato di quella frase e sorrise, facendomi segno di uscire. Lo guardai di sottecchi mentre scendevamo le scale, il modo in cui quella maglietta bianca gli fasciava il torace scolpito e poco prima di attraversare il salone, si voltò verso di me e mi stampò un leggero bacio sulle labbra.
Che cosa nascondi Colton?
Harry.
Rimasi folgorato dalla sua bellezza quando Madelaine entrò nel salotto. Quel vestito bianco le stava benissimo e mia madre non aspettò un minuto di più per complimentarsi con lei. Ad Anne Cox era sempre piaciuta Madelaine e da quando tempo prima le avevo confessato i miei sentimenti per lei, l'aveva adorata ancora di più. E se non ci fosse stata Elena sotto i piedi, sarei andato e l'avrai baciata davanti a tutti, le avrei detto quanto l'amassi e quanto ogni giorni risvegliava emozioni ormai perse da tempo.
«Non la guardare così. Sembra che tu voglia scoparla.»
E forse era così, cara Elena. Avrei fatto mille volte l'amore con Madelaine, avrei marcato il territorio ogni giorno, poiché creatura più bella di lei non c'era. E si sa che se queste non vengono trattate da tali, ci sarà sempre qualcuno migliore di te che lo farà. Ed era cosa stava succedendo ora; il ragazzo amico di Luke stava cercando di oltrepassare il confine.
E chiusi gli occhi, staccando la mia mano da quella di Elena, uscendo dal salone, andando da Niall.
«Le cameriere possono iniziare a servire, Niall.»
E mi voltai, osservando gli occhi del ragazzo sconosciuto guardare di sottecchi il sedere alla mia Madelaine. Non sembrava accorgersene, forse troppo presa a parlare con mia madre. E avrei voluto così tanto mandarlo via da casa mia a calci in culo, urlargli contro di smetterla e tirargli un pugno in faccia, ma mi limitai solo a fulminarlo con lo sguardo.
Ritornai nella stanza e quando tutti ci sedemmo intorno alle sedie, notai che Colton era seduto accanto a Madelaine. Le parlava, in silenzio, e la ragazza alzava gli occhi dal vestito, annuendo lentamente. Avrei tanto voluto sapere di cosa stavano parlando e quando la prima portata fu servita ad ognuno di noi, iniziammo a mangiare in silenzio.
«I tuoi genitori come stanno, Colton? E' da tanto che non li vedo.»
«Non credo riuscirà più a vederli insieme Mr Styles. Hanno divorziato due anni fa.»
«Mi dispiace figliolo.»
«Per quanto mi riguarda meglio così. Mio padre sta bene con la sua nuova moglie, mia madre si sta per risposare. Sempre meglio che vederli litigare.»
E osservai Madelaine alzare il volto, incontrando gli occhi di Colton, ributtando lo sguardo nel piatto difronte a sé. Sentivo che Colton stava trattenendo qualcosa, come se ci fosse un segreto da non poter dire. Ma si sa che i segreti non durano a lungo, che prima o poi la verità si scoprirà sempre, nonostante i tentativi di nasconderla.
«E quando saranno le nozze con Mr Grey?»
E mi voltai, osservando lo sguardo assente di Madelaine, la forchetta ferma a metà aria e il coltello stretto nell'altra mano. La tensione era palpabile nell'aria e di sottecchi vidi Colton girare lo sguardo su Madelaine, mormorare un «Scusate.» e portare donna che amo fuori dalla porta e ancora una volta dalla mia vita.
Fulminai Elena con lo sguardo e la stessa cosa fece mia madre. Non riusciva mai a tapparsi la bocca e dal sorriso sul suo viso, potevo capire che lo aveva fatto apposta. Guardai fuori dalla finestra, osservando due figure muoversi e urlare. Potevo sentire la sua delusione, la sua rabbia e lasciai il fazzoletto al lato del tavolo e sotto gli occhi di tutti uscii. E vidi mia madre sorridere.
«Non stava a me parlartene Mad, ma stava a lui dirti la verità.»
«Quindi noi due siamo fratellastri. Io, tu, perché non me lo hai detto prima che?»
«Ricorda Madelaine ognuno lo ha fatto per i propri scopi, non badando alle conseguenze.»
E in quel momento urlai il suo nome e il suo sguardo fu subito sul mio. Vedevo il mascara colare dalle sue ciglia, le lacrime che rigavano le sue guance, e mi sentii male per lei. Sentivo gli occhi di tutti su di noi, ma non mi importava. La strinsi tra le mie braccia, sapendo che ciò l'avrebbe consolata.
«Non doveva farlo. Sono passati solo cinque anni dalla morte della mia mamma, non può voltare pagina. E' troppo presto.»
Le accarezzai i capelli, dicendo a bassa voce a Colton di lasciarci soli. E così fece. Madelaine mi strinse tra le sue braccia, piangendo nel calore delle mie braccia. Le baciai la fronte, mentre a tentoni cercavo di rifugiarci un posto in cui stare più appartati. Attaccai le nostre labbra in un bacio a stampo, ascoltando i suoi singhiozzi affievolirsi.
L'amavo così tanto che per salvare lei, avrei preso il suo dolore per farlo mio e mi sarei distrutto sotto i suoi occhi. Perché l'amore è questo: salvarsi l'uno l'altro.
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