Ventotto.
Quando sente il rumore del getto d'acqua della doccia, Anita capisce che è il momento di andare. Si riveste frettolosamente raccattando i suoi vestiti dal pavimento e si dà una rapida occhiata alle spalle, prima di aprire l'armadio socchiuso e tirarne fuori il copri abito nero appeso sulla gruccia.
Max non la troverà lì quando uscirà dal bagno, ma non troverà nemmeno il vestito, e questo è il suo modo per dirgli che forse andrà con lui a questa stupida cena di Lewis per le novantuno vittorie. Né sì, né no. Forse.
Che è il massimo che può promettergli, anche se sa benissimo che ci andrà, alla fine, nonostante sia confusa ed infastidita dal suo comportamento.
Dopo essersi lavata e legata i capelli in una di quelle code tiratissime che vede sempre a Lynn, Anita apre la zip per rivelare il completo che l'assistente del pilota ha scelto per lei, e non è niente di tutto ciò che si aspetta.
A casa di Max, aveva scoperto, erano rimaste decine di cose della sua ex che a quanto pare non era mai voluta tornare a riprendere e di cui lui non si era mai sbarazzato. C'erano abiti lunghi, corti, diversi paia di scarpe col tacco e qualche accessorio, tutti in apparenza costosi e mai utilizzati. Lei stessa li aveva presi in prestito anche se erano particolarmente sobri, nessuno era adatto al suo fisico o sembrava donarle particolarmente. Le piaceva indossarli e fare finta di essere qualcuno che non era.
Il vestito che ha davanti, al contrario, sembra essere pensato appositamente per lei. Ha il collo alto e le maniche a tre quarti, un colore sgargiante e una stampa geometrica a rombi. Anita sfiora il tessuto lievemente rigido con i polpastrelli, prima di sfilarlo dalla custodia, quasi in ammirazione. Appena dietro al vestito c'è una giacca nera lunga, dalla cui tasca anteriore spunta una busta bianca contenente l'invito.
Mentre si infila le scarpe, il telefono le vibra sul tavolo, e deve cercare di trattenersi per non correre a prenderlo immediatamente. Aspetta qualche istante, poi con le mani che tremano sblocca lo schermo e ci trova un suo messaggio, come da copione. Un po' detesta il modo che ha Max di fare il bello e il cattivo tempo e di dettare il ritmo nei loro scambi, come se una volta stemperato il suo nervosismo anche quello di lei dovesse essersi volatilizzato.
Max
Passo a prenderti?
Lei socchiude le palpebre, pensando bene a cosa rispondere. Poi la bocca le si apre in un sorriso vittorioso, mentre pigia i tasti e scrive: ci vediamo lì.
La cena di Lewis per le novantuno vittorie si tiene al piano sedicesimo dell'hotel in cui alloggia il team Mercedes, dall'altra parte della strada rispetto al loro. È un edificio moderno, alto e slanciato, con una grande vetrata nella porzione centrale e l'ascensore a vista. Alla reception le basta mostrare la busta intestata per essere indirizzata verso la sala adibita, e il fatto di essere riuscita ad accedere senza bisogno della presenza di Max le dà una botta di adrenalina impareggiabile.
La suola delle scarpe fa un po' di rumore contro il pavimento lucido della hall, cancella il nervosismo, aumenta l'eccitazione. Ormai è lì, tanto vale divertirsi.
Quando le porte dell'ascensore si stanno per chiudere, un ragazzo alto con i capelli lunghi le blocca con la punta della scarpa stringata in pelle, e le si sistema accanto senza proferire parola. Preme il bottone con il numero sedici ed aspetta in silenzio, mentre un jingle fastidioso si diffonde nella cabina.
Anita prova a sbirciare furtivamente nella sua direzione, cercando di capire chi possa essere senza dare troppo nell'occhio, e distoglie lo sguardo di tanto in tanto per evitare che sia troppo palese che lo sta fissando.
Solo una volta arrivati a destinazione, quando le loro spalle si scontrano nel tentativo di uscire sul pianerottolo, lui si volta verso di lei, abbassandosi gli occhiali, e le chiede, in tono perplesso: "Ci conosciamo?"
Una risposta del genere dovrebbe prenderla in contropiede, ma non accade.
"Direi di no" ridacchia lei, infatti, ricambiando lo sguardo intensamente e porgendogli il gomito. "Sono Anita Grossi"
"Dio, Signore, grazie" mormora fra sé e sé il ragazzo, prima di sorriderle e rivolgersi a lei nella sua lingua. "Sono Antonio, Giovinazzi dico." Poi si indica il viso coperto dalla mascherina, ruotando l'indice in senso orario. "Con tutta sta roba in faccia non mi riconosce nemmeno mia madre."
Chiacchierano brevemente, prima di raggiungere la sorveglianza, che controlla ancora una volta la validità dell'invito e li lascia passare oltre, fino ad una sala piuttosto ampia, con un grande lampadario di design e diversi tavoli sparpagliati. Alcuni invitati dall'aria poco familiare hanno già preso posto e chiacchierano fra loro, eleganti e composti, ma per quanto si sforzi di cercarlo nel mucchio, lui non c'è.
Ha una strana sensazione di déjà-vu che le fa sfarfallare il cuore nel petto.
Il viso le si piega in una smorfia scontenta, parti di lei avrebbero voluto che Max la vedesse entrare al fianco dell'altro e studiare le sue reazioni di fronte all'equivoco. È una cosa infantile, se ne rende conto, ma non riesce a non pensarci. Il modo in cui lui le ha voltato le spalle, quando ha menzionato la possibilità assurda di uscire con un pilota che nemmeno conosce, la fa illividire.
Antonio al riscuote dal torpore, sventolandole la mano aperta davanti alla faccia.
"Vado a salutare il mio collega, ci vediamo dopo, sì?"
Anita annuisce, disorientata, e fa cenno al maître all'ingresso per chiedergli di indicarle il guardaroba, ma viene immediatamente intercettata da una figura conosciuta, decisamente stupita di vederla lì.
"Ani?"
Oh be', accidenti.
Lei si morde il labbro inferiore, cercando di alleviare la tensione mentre raccoglie tutte le forze per mostrarsi del tutto a suo agio. Cosa che non è.
"Ciao Alex" lo saluta lei, di rimando. Un cameriere le porge un bicchiere di champagne, e lei lo afferra sovrappensiero, facendo ondeggiare la coda con fare disinvolto.
"Non sapevo ci fossi anche tu" rimarca il pilota, con le sopracciglia sollevate per la sorpresa. Anita si stringe nelle spalle, scuotendo la testa, mentre con lo sguardo scandaglia i presenti e cerca di individuare la testa bionda di Verstappen. Dev'essere lì da qualche parte.
"È una lunga storia, credimi"
Il suo tono è cortese, ma fermo.
"Stai benissimo stasera, è strano vederti vestita così" prosegue il pilota, appoggiandole la mano sull'avambraccio con fare confidenziale e squadrandola da capo a piedi.
Non si ferma lì, va avanti per un pezzo a parlarle di cose, anche se Anita non lo sta ascoltando minimamente perché ha appena instaurato un contatto visivo con la persona che stava cercando. Sente le viscere attorcigliarsi e stringersi in una morsa che le spezza il fiato.
Max indossa una camicia bianca, stirata perfettamente, appena sbottonata alla base del collo. Ha i capelli ancora umidi, scompigliati, e la sta guardando con quei suoi occhi fiammeggianti che la sconquassano dall'interno. Alla sua destra si staglia il profilo di Daniel Ricciardo, elegante in maniera casuale, con il busto quasi completamente ruotato verso qualcuno che Anita non riesce a distinguere.
Il ragazzo biondo le viene in contro a grandi falcate, con il petto gonfio e la mascella serrata, senza interrompere il contatto visivo. Se i loro occhi potessero parlare non sarebbe un bello spettacolo per nessuno dei presenti.
"Eccoti!" esclama, quando Max li raggiunge, simulando un'allegria che non prova. Non riesce a capire perché lui sembri così contrariato. Alla fine si è presentata lì, come voleva. La risposta del ragazzo non tarda ad arrivare, e si cala come un'accetta nello spazio che li divide.
"Sembri sorpresa di vedermi" ghigna.
Nonostante Verstappen non lo abbia degnato di uno sguardo, la mano di Alex abbandona presto il braccio di Anita, ed il ragazzo indietreggia, a disagio. Max la sta guardando in un modo che non le piace per niente, e il suo linguaggio del corpo la manda in confusione. Non riesce a capire come possa essere lo stesso ragazzo che l'ha stretta con tutte le sue forze fra le coperte, appena un paio d'ore prima.
"Potrei dire lo stesso" lo rimbecca lei, stringendo gli occhi in due fessure.
"Francamente non pensavo saresti venuta davvero." Puntualizza.
Deve trattenersi con tutte le sue forze per non saltargli al collo. Si morde l'interno della guancia fino a sentire in bocca il sapore del sangue.
"Non me lo sarei persa per niente al mondo." Sibila, poi si gira verso Alex e gli si rivolge direttamente per la prima volta, sotto lo sguardo attonito di Max. "Hai visto Lewis? Volevo andare a congratularmi con lui di persona."
La prima cosa che pensa, è che Lewis Hamilton al di fuori della pista è molto diverso dal sei volte campione del mondo con cui le è capitato di incrociarsi più volte, sui circuiti.
Senza casco e senza tuta, con la sua camicia di seta lucida e le treccine, ha un'aria improvvisamente meno minacciosa e le fa subito simpatia. Le viene difficile sovrapporre l'immagine di lui che chiacchiera bonariamente con un ragazzino dagli occhi chiari con quella del pilota senza remore che schiaccia tutti gli ostacoli sul suo cammino come fossero formiche.
Anita si alliscia la gonna e si sistema le maniche del vestito, prima di avvicinarsi, come se effettivamente questo potesse servirle a darsi un tono davanti al secondo pilota di Formula Uno più vincente della storia. Anche se, probabilmente, ciò che stupisce di più Lewis è proprio la spudoratezza con cui lei gli si avvicina, lo chiama e dichiara: "Mi hanno detto che è a te che devo fare i complimenti, è corretto?"
Sono in mezzo alla sala, sotto gli occhi di tutti, eppure non è niente di plateale. Le parole di Anita sembrano coglierlo impreparato, così Lewis si acciglia e fa un sorriso un po' tirato che traspare anche al di là della mascherina.
"Così dicono!" gli viene fuori. Sfrega i palmi fra loro, e la osserva ancora un istante prima di aggiungere, più rilassato: "Pensano che io abbia organizzato una festa e glielo lascio credere, anche se in realtà ha fatto tutto Toto"
"Resta comunque una festa per te" gli fa notare lei, ricambiando il sorriso.
"Immagino di sì" concorda, piegando la testa di lato. Sotto la luce soffusa del lampadario, Anita conviene che quello che ha detto a Max, per quanto fosse solo una provocazione senza senso, è vero. Hamilton è davvero un bell'uomo, con i tratti del viso dolci e un paio di occhi scuri molto intensi.
"Non volevo essere maleducata, comunque" prosegue. "Mi chiamo Anita"
Lewis tiene le distanze, guardingo, e lei si chiede quanto spesso debba capitargli di trovare completi sconosciuti alle sue feste.
"Non sei una giornalista, vero?"
Anita ride, portando una la testa indietro con una mano al petto mentre l'altra regge il bicchiere di champagne ancora pieno. Può sentire chiaramente molti occhi su di sé, ma non se ne cura.
"No, direi di no" nega, prima di aggiungere: "In teoria sono in compagnia, ma in pratica eccomi qui."
Lewis perde tutta la sua ritrosia e inclina lievemente il busto verso di lei, la fa più vicina, fino a che non si sporge per dirle qualcosa, a bassa voce, che suona molto come un: "E quale cavaliere lascerebbe una splendida ragazza da sola?"
Anita abbassa la mascherina quel tanto che basta per poggiare il bordo del bicchiere alle sue labbra, e sorridere al suo interno. Un po' si sente lusingata, un po' stranita.
"Un cavaliere decisamente stupido"
Lo sguardo di lui la lascia per qualche istante, e scandaglia i dintorni alle sue spalle, fino a fermarsi in un punto, su cui si sofferma finché il viso non gli si incupisce, come se avesse trovato la risposta alle sue domande e non gli fosse piaciuta granché.
"Non ho difficoltà ad immaginare chi sia" dice Lewis, e la sua voce ha una sfumatura un po' amara.
Anita è sul punto di rispondere con una battuta, per riequilibrare la situazione, quando un uomo biondo con una giacca scura dal taglio improbabile si avvicina a Hamilton per salutarlo, dandogli una pacca sulla spalla. Lei sgrana gli occhi, sconcertata dalla fortuna che ha avuto.
Notando la sua reazione, Lewis tiene l'amico per il gomito e lo spinge a voltarsi a guardarla, per poi procedere con le dovute presentazioni.
"Oh, Seb, questa è Anita, dovrebbe essere qui con..."
Com'è solita fare in queste situazioni, lei non gli dà nemmeno occasione di finire la frase, e si rivolge direttamente al nuovo arrivato.
"Tu sei Sebastian Vettel, il pilota Ferrari, giusto?" domanda, risoluta.
"Ancora per poco" è la sua risposta.
Lei trattiene a stento un sorriso, e infila la mano nella tasca della giacca.
"So che potrà sembrarti assolutamente assurdo, ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me..."
Dopo aver videochiamato suo padre, che per poco non ha un infarto, Anita si dirige verso la toilette per darsi una sistemata prima dell'inizio della cena vera e propria. Il riflesso che le restituisce lo specchio è ancora piuttosto ordinato, anche se le si sono formate delle rughe d'espressione sulla fronte.
Ha bevuto un paio di bicchieri, si sente stanca e leggera. Alla fine la serata si sta rivelando in qualche modo piacevole, anche se non riesce a smettere di pensare a Max nemmeno per un minuto. Inizialmente aveva pensato che sarebbe stato divertente metterlo alla prova e provare a ripagarlo con la sua stessa moneta, ma non ha sortito l'effetto sperato.
Non lo trova da nessuna parte, sembra essersi volatilizzato.
Rimpiange di non avere con sé una sigaretta; forse la nicotina l'aiuterebbe a sciogliere il nugolo di tensione che le si sta accumulando dentro. Con la coda dell'occhio osserva l'interno della sala e nota che quasi tutti hanno preso posto, anche se nessuna nuca le sembra appartenere all'unica persona di cui le importi sul serio.
Quando fa per rientrare, lo fa sovrappensiero, senza guardare dove va. È così che si scontra con la figura alta e slanciata di Daniel, che le rimbalza contro e la afferra per il polso per evitarle di cadere.
"Oh mio Dio" esclama lei, cercando di riacquistare l'equilibrio. "Scusa Dan, non so dove ho la testa"
Alza lo sguardo per incontrare quello del ragazzo, malferma sulle gambe, e rimane folgorata da quello che vede.
"È uno scherzo?"
Immediatamente dietro di lui, a distanza di appena un passo, c'è Lynn in persona, fasciata in un elegante abito rosso fuoco senza maniche. Le due rimangono a fissarsi a dir poco esterrefatte per una manciata di secondi, mentre Daniel indietreggia con l'espressione di chi sa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e vede la fuga come l'unica soluzione praticabile.
"Cosa ci fai qui?" sillaba Anita, a mezza voce, gesticolando come un'ossessa. Non riesce a credere ai suoi occhi. Per quel che ne sa Lynn e Daniel non hanno contatti da quando lui ha firmato con la Renault e credeva anche che fosse finita piuttosto male fra loro.
La collega, in evidente difficoltà, mima un dopo ti spiego con le labbra per poi allacciare la mano a quella del pilota australiano e trascinarlo all'interno. Lei li segue a ruota, tallonandoli.
Quando varcano nuovamente la soglia della sala, gli unici posti vuoti sono quelli in un tavolo in penombra, piuttosto lontano da quello dove Lewis, Valtteri e Toto Wolff brindano allegramente. Si siedono, incredibilmente a disagio, e restano in silenzio per un bel pezzo. La sedia accanto a quella di Anita resta vuota per gran parte della cena.
Si sente delusa, stanca, e scontenta. Ha un mal di testa lancinante. A quanto pare tutti sanno cose di cui lei non è informata, e tutti fanno cose senza degnarsi minimamente di prenderla in considerazione. E, soprattutto, perché diavolo Max la voleva lì, se lui nemmeno c'è?
Mentre annega i suoi dispiaceri in un sorbetto particolarmente alcolico (deve ammettere che forse versarci dentro tutto quello champagne lo ha allungato un tantino, ma è davvero buono), sente una mano posarsi sulla sua spalla. Serra le palpebre, pronta a girarsi per incenerire l'ennesimo seccatore con lo sguardo, ma si blocca quando la mano scende lungo la sua clavicola per fermarsi mollemente sul suo petto.
Abbassa lo sguardo, la riconoscerebbe ovunque.
"Hai finito?"
"Di fare cosa?" replica, stizzita.
"Di fare di tutto per farmela pagare" dice Max, ed è allora che lei alza la testa per guardarlo dritto in faccia. "Ho capito, sono un coglione. Non serve continuare a rimarcarlo, è assodato."
Le labbra di Anita si schiudono, come se dovesse dire qualcosa, ma non succede. Le occhiaie sul viso di lui sono più pronunciate che mai, sembra stanco in modo definitivo.
"Tregua?" le porge la mano, aspettando che lei la stringa. Il contatto con la sua pelle è piacevolmente caldo, rassicurante. Le ricorda cose a cui non vorrebbe smettere mai di pensare.
"Potevi dirmelo, che ci tenevi" bisbiglia allora, guardandolo di sottecchi. Vorrebbe impedire al suo cuore di martellarle così forte nel petto, ma è semplicemente l'effetto che Max ha su di lei. "Non mi dici mai niente."
"Ti va di prendere un po' d'aria?" il sussurro le arriva direttamente all'orecchio, causandole un brivido inatteso lungo la schiena. Poi si rivolge a Daniel e Lynn con un vogliate scusarci, non divertitevi troppo, la prende per mano e la guida fuori dalla sala.
L'aria tedesca, nelle sere di ottobre, è pungente e li investe con forza quando si immettono sul terrazzino adiacente. Anita incrocia le braccia al corpo, per cercare di trattenere il calore il quanto più possibile, mentre Max le sta davanti, ma le dà la schiena. La luce ovattata della luna illumina il suo profilo e proietta ombre scure e allungate sul pavimento.
"Chiedimi qualcosa" la voce di lui è a malapena un sussurro distinguibile dal fischio del vento in sottofondo.
"Cosa?"
"Qualsiasi cosa"
Stupore, confusione e incredulità si mescolano indissolubilmente. Sono quattro mesi che si conoscono, eppure mai in tutto questo tempo, nemmeno una volta, Anita si è sentita in grado di poter capire qualcosa in più su di lui.
Le domande le si affollano nella mente. Ci sono così tante cose che vorrebbe chiedergli, così tanti dubbi rimasti insoluti, che non basterebbero dieci ore per sbrogliarli tutti. Da dove cominciare? Non ne è sicura, ma quando parla di nuovo spera con tutta sé stessa di non aver sprecato un'occasione importante.
"Cosa ti è successo a Monaco?" chiede, alla fine. Le sembra un buon punto per ricominciare a mettere a posto tutti i tasselli. "Quella notte. Tutte quelle notti."
"Non mi è successo niente, Ani." Risponde Max, con un filo di voce, passandosi una mano fra i capelli. Anita sente un moto di delusione montarle dentro, non capisce perché indurla a fargli domande per poi eluderle come sempre. Solo che poi aggiunge: "È letteralmente la mia vita. Io funziono così."
"Quindi ti svegli di notte e? Guidi come un pazzo? Cerchi di schiantarti e buttarti giù da un dirupo?"
Le sue domande sono incalzanti e lo trafiggono come lame, non riesce a frenarle. Qualcosa in lui si frantuma, ed è un dolore quasi fisico, che la investe di riflesso e la spinge ad avvicinarsi, toccargli la spalla, infondergli conforto.
"Non dormo bene prima delle gare" sussurra. Gira lievemente la testa verso di lei, che così riesce a scorgergli meglio il viso. È serio e tirato. "Succede da quando ero piccolo."
Le sue parole la colpiscono. Non solo Max non parla mai della sua infanzia, ma Anita crede che sia la prima volta in assoluto che lo sente menzionare qualcosa di accaduto prima dei quindici anni.
"Come mai?"
"Non lo so." Prosegue lui, annaspando, e non serve chiedersi se ne abbia mai parlato con qualcuno. "So solo che qualcosa mi mangia vivo, da dentro, e l'unica cosa che mi rilassa è salire in macchina."
L'intensità del momento è così forte che è costretta a distogliere lo sguardo da lui.
"Dormire con qualcuno ti aiuta?" mormora lei.
Gli angoli della bocca si piegano all'ingiù.
"In realtà no. Mi sveglio comunque, più volte. Niente sembra evitarlo."
Anita stringe la presa, sulla sua spalla, anche se non riesce a spiegarsi chi stia reggendo, se lui o sé stessa, che oscilla sotto il peso di questa confessione, di questa piccola ammissione di debolezza che li rende legati inscindibilmente, più del sesso, del desiderio, di qualsiasi sentimento.
È sul punto di dire qualcosa, quando Max parla di nuovo, con la voce che si spezza.
"È solo che se ci sei, quando mi sveglio, è più sopportabile."
Il suo cuore perde un colpo, e poi un altro, e se non fosse arpionata a lui così saldamente di sicuro crollerebbe a terra in men che non si dica. Si rimangia tutto quello che stava per pronunciare, è superfluo. C'è solo una cosa che ha senso dire.
"Andiamo via da qui."
//Spazio autrice (it's me!)
Buonasera e ben ritrovate su questi schermi con un nuovo -lunghissimo- capitolo in meno di tre giorni. Non pensavo sarei riuscita a scrivere così tanto in questa settimana, ma volevo ad ogni costo darvi un capitolo entro domani, visto che nel weekend probabilmente sarò molto impegnata.
CHE DIRE.
Ho amato ogni parte di questa serata, ogni cameo, ogni battutina, ogni momento di rivelazione. Max si apre per la prima volta, siamo pronti ad andare più a fondo? I prossimi capitoli potrebbero essere cruciali per scoprirlo.
La fine è più vicina che mai. Mancano solo sei GP. I capitoli sono anche meno, mi sa.
Leggete, commentate, votate se vi va. Aspetto sempre di confrontarmi con voi, e specie oggi mi sembra necessario farlo. Un saluto va anche alle nuove lettrici che si stanno approcciando solo adesso a Mad Max. Sono ormai quasi cinque mesi che quest'avventura prosegue, non riesco a credere sia andata avanti così tanto.
Vi abbraccio tutte, dalla prima all'ultima. Dopo domani test, pronte? xx
vostra T.
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