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Ventitré.

"Ani? Tutto okay?" le chiede Rebecca, allarmata, con la forchetta ancora a mezz'aria.

È successo tutto nel giro di una manciata di secondi.

Lei resta con il cellulare in mano qualche istante, completamente assente, con lo sguardo perso nel vuoto e la bocca semi aperta. È immobile, ma il suo cervello lavora alla velocità della luce. Uno strano brivido le risale dal fondo della schiena fino al collo, un impulso elettrico che le rende impossibile stare ancora ferma.

Ad Anita non serve sapere cosa sia successo per decidere il da farsi. Tutte le buone intenzioni maturate nei giorni precedenti sono andate a farsi benedire. Ha capito nel momento esatto in cui ha sentito il suo nome che Max è ben lontano da non essere più un suo problema. Ci è dentro fino al collo.

Non le importa della distanza, delle difficoltà e della follia del gesto.

Alza lo sguardo, decisa, e guarda Rebecca in quel modo che non ammette obiezioni.

"Hai ancora qui la macchina?" le chiede, alzandosi in piedi. Lo fa così in fretta che per poco non ribalta la sedia. "È per Max, c'è bisogno di me" aggiunge, mordendosi a sangue l'interno della guancia.

L'amica appoggia la forchetta contro il bordo del piatto, sospirando. Conosce Anita abbastanza bene per sapere che non c'è modo di dissuaderla e che, anche se le dicesse di no, lei sarebbe in grado di farsi trecento chilometri in autostop pur di arrivare lì. Lì dove deve essere.

"Vado a prendere le chiavi."


Non più di dieci minuti più tardi sono entrambe in macchina, dirette in Toscana, al circuito del Mugello. Nonostante non sia la sua auto, Anita ha insistito per guidare perché non avrebbe sopportato di passare le successive tre ore in attesa, guardando il passaggio sfilare, senza poter fare nulla per accorciare le distanze. Così, almeno, si dice, può illudersi di avere il potere di fermare il tempo.

Ha inviato un messaggio a Lynn prima di partire, breve e conciso: Sono in viaggio, sto arrivando.

Vorrebbe scrivere anche a Max, ma si trattiene suo malgrado. Potrebbe solo peggiorare le cose.

Una volta messo in moto, Rebecca non accenna a dire niente, non accende nemmeno la radio per riempire il silenzio esploso nell'abitacolo stretto. Le è bastato guardare Anita in faccia per rendersi conto di quanto seria fosse la situazione, e di quanto la sua amica fosse angosciata. Oserebbe dire che non l'ha mai vista così, da com'è tesa e taciturna sembra sia una questione di vita o di morte.

Condividere con Rebecca le immagini che le frullano in testa sarebbe impossibile. Ci sono sensazioni spiacevolmente intense e vivide, c'è il ricordo di quella sera, le parole di lui così stridenti con la sua immagine impassibile.

"Se vivi per qualcosa, per quel qualcosa sei disposto a dare tutto, anche la vita. Se non basta, sei fregato."

La paura del fallimento, il risentimento, la separazione. La rabbia cieca e folle che lo spinge là dove la ragione non può più salvarlo. Probabilmente niente può, nemmeno lei.

Si domanda cosa stia succedendo di tanto grave da aver spinto Lynn a chiedere di lei pur sapendo che lei e Max non si parlano da settimane.

Resisti, resisti. Non fare cazzate, sto arrivando. Pensa e, per la prima volta in tutta la sua vita, prega.

Anita va ben oltre i limiti di velocità cercando di recuperare minuti preziosi, finché non imboccano l'autostrada. Cerca di calcolare quanto tempo le ci vorrà per arrivare a Scarperia ed entrare nell'Autodromo, quanti danni potrebbe fare Max nel frattempo, quanti potrebbe riuscire ad evitare. Guarda dritto davanti a sé, assorta, con la mente affollata da mille pensieri, il cuore in tumulto.

"Grazie Rebe" dice dopo un po', senza staccare gli occhi dalla strada. "È un favore immenso, ti sarò debitrice a vita."

"Puoi ben dirlo" le risponde Rebecca, sporgendosi in avanti per accendere l'aria condizionata. È contenta che Anita abbia spezzato il silenzio per prima, perché adesso si sente nella posizione di avanzare proposte e fare domande. È pur sempre la sua macchina. "E ovviamente vorrei capire cosa sta succedendo, perché francamente, Ani, più che un favore immenso mi sembra una follia."

Anita tamburella con le dita sul volante, mormorando fra sé e sé qualcosa, mentre supera una BMW e osserva la lancetta del tachimetro schizzare pericolosamente a destra oltre i 150.

"È complicato"

"Abbiamo tempo, molto tempo" le fa notare. Sono partite da meno di un'ora.

"Meno di quanto immagini" risponde lei, sospirando. "Sto cercando di capire cosa non va da settimane e sono sempre punto e a capo."

"La versione breve?"

Anita si prende un istante per processare le informazioni, per ripensare alle poche frasi sconnesse che le ha detto Lynn al telefono. Le torna in mente Spielberg, il plexiglass crepato, il suo viso paonazzo e l'aura di distruzione che lo accompagnava.

"Max è uscito fuori pista durante la gara, e non è uno che prende bene le sconfitte." Mormora. Si rende conto, a dirlo ad alta voce, che suona terribilmente infantile e riduttivo, perciò prova a circostanziare. A giustificare la sua reazione. "Non è la prima volta che succede. Perde veramente il controllo."

Non sortisce l'effetto sperato.

"Non mi avevi detto che era un tipo violento, Ani" replica Rebecca, preoccupata, inarcando le sopracciglia. "Queste sono cose serie."

Il suo cuore perde un colpo, sprofonda facendosi strada dentro al suo petto.

"Non è violento con le persone, di solito almeno" si ritrova a bisbigliare a mezza bocca, sapendo bene di non aver migliorato la situazione. Se non avesse mai visto Max in pista non avrebbe mai pensato che avesse problemi a gestire la rabbia. "È un perfezionista, non è mai contento. E quando ci sono dei problemi entra completamente nel pallone. Non so cosa sia successo di preciso, ma deve essere grave."

Nessuna delle due aggiunge niente per un po', e la strada scivola silenziosa sotto i loro occhi per un bel pezzo. È Rebecca a parlare per prima.

"Continuo a pensare che potrebbe non essere la migliore delle idee, ma ormai siamo qui. Ci stiamo andando. Spero per te che ne valga la pena"

Anita volta il viso verso di lei per la prima volta, ed il suo tono è rassegnato.

"Lo spero anche io."


*


Stupidamente, aveva pensato che la parte più difficile sarebbe stata arrivare al circuito, attraversando tre regioni e sfidando i limiti di velocità per arrivare in tempo.

In tempo per cosa, poi?

Per quanti scenari abbia dipinto nella sua testa, con i colori della catastrofe e della distruzione, nulla poteva prepararla a quello che si trova davanti una volta messo piede nel paddock.

Arrivano nel momento peggiore in assoluto, poco dopo la fine della cerimonia di premiazione, quando il via vai è frenetico e il flusso di persone meno contenuto. Anita punta diretta verso il motorhome, quasi correndo, come se l'asfalto sotto i suoi piedi bruciasse ad ogni passo, e Rebecca fatica a starle dietro, teme quasi di perderla.

Prova anche a chiamarla, ma in quel momento Anita non sente niente, è interamente circoscritta nella sua bolla di ansia e preoccupazione. Tutto quello che sente, cerca e pensa è Max.

Il cuore accelera all'improvviso quando i suoi occhi sono catturati dal profilo familiare del box della Red Bull. Sente quasi sollievo, per un istante, prima che Lynn le si pari davanti sbarrandole la strada.

"Finalmente sei qui" le dice, con voce stridula, allungando la mano per toccarle il braccio nudo. Percepisce l'urgenza del momento, ne è impaurita quasi. Anita lancia un'occhiata preoccupata al di là delle spalle della collega. Uno degli schermi è frantumato al centro, come se qualcosa ci si fosse scontrato con violenza, mandandolo in pezzi. Accanto c'è una sedia rovesciata che nessuno ha avuto il coraggio di rimettere al suo posto.

Pochi istanti dopo Rebecca la raggiunge, trafelata, e si guarda attorno alla ricerca di una faccia amica. Nessuno sembra in vena di convenevoli, il momento è delicato.

È Horner ad avvicinarsi, con un'espressione indecifrabile sul viso, per dirle che Alex ha avuto il suo primo podio e che questo ha contribuito a peggiorare la situazione.

"Non l'ha presa bene"

Anita annuisce brevemente, prima di girarsi verso l'amica e dirle di aspettarla lì. Chiude gli occhi, inspira, si fa coraggio.

Poi si dirige dritta nella tana del leone, disarmata.

Pensa alla prima volta che è andata da lui dopo una brutta qualifica a Silverstone, alla leggerezza e spontaneità con cui aveva seguito i suoi passi tonanti lungo quello stesso corridoio. Spaventata, sì, ma speranzosa.

Dopo quello che è successo fra loro non ha molte speranze che Max possa gradire rivedere la sua faccia. Specie in un momento simile.

Bussa con le nocche contro la superficie fresca della porta e resta in attesa qualche istante, ma non succede nulla. Non si aspettava certo che la invitasse ad entrare, ma sperava almeno di suscitare una reazione. Alza il pugno per riprovarci, quando la porta si spalanca all'improvviso, e Anita vede Max per la prima volta in più di due settimane.

Ha un'espressione in viso che non crede sarà mai in grado di dimenticare.

Ogni linea del suo volto, da quella della mascella, a quella del naso dritto e degli zigomi alti, è piegata in modo ostile, secondo una geometria crudele e affascinante. La tensione è totale, feroce e perfetta.

Ma la cosa peggiore, come ogni volta, sono i suoi occhi. Due gemme preziose di una freddezza abbagliante, che le scavano dentro e le bruciano la pelle senza bisogno di fiamme.

"Max...io..." inizia a dire lei, ma non va avanti. La figura di lui occupa interamente la cornice della porta, la sovrasta, la intimorisce. Le parole non le vengono, si accavallano l'una sull'altra nel tentativo disperato di fare la cosa giusta.

"Ci vuole coraggio" sputa, velenoso, piegando la bocca in una smorfia costruita.

"Max, ascoltami." Si affretta a dire Anita, quasi nel panico. Il suo battito cardiaco è così forte che le rimbomba nelle orecchie, le ingarbuglia i pensieri.

"Qual è il tuo problema? Ti senti in colpa?" nel suo tono c'è tutto. Il disprezzo, la collera, la sfida.

Lei resta con le labbra appena schiuse, colpita nel profondo.

"Fai bene, cazzo se fai bene. È tutta colpa tua." Stabilisce lui. Non accetta repliche.

Si risolve tutto a questo, alla fine. Ferire ed essere feriti.

Anita vorrebbe essere meno emotiva, essere capace di mantenere salda la maschera di indifferenza come fa Max, guardarlo negli occhi e smontargli le sicurezze un mattoncino alla volta, metterlo in ginocchio senza muovere un dito. Invece sente l'impulso violentissimo di scagliarsi contro di lui, di urlargli contro con cattiveria "mi sono fatta trecento chilometri per venire ad aiutarti ed è così che mi ripaghi, sei disgustoso".

Anche se di disgustoso, in lui, non ci trova proprio niente.

Il problema è proprio quello.

Anche così, anche adesso, non può impedirsi di pensare che le è mancato. Non sono state le sue parole a toglierle il fiato, ma la consapevolezza che sarebbe stata felice di addossarsi tutte le colpe dell'universo pur di arrogarsi il diritto di averlo accanto.

Guarda Max dritto negli occhi, prima di rispondere. Blu nel blu. E questo, inevitabilmente, cambia il senso di quello che voleva dirgli.

"Puoi dire e pensare quello che vuoi." Mormora, con voce scossa. "Dammi la colpa se ti fa sentire meglio, Max. Ma sono venuta per te."

Per un attimo, il viso del ragazzo si distende in un'espressione sorpresa e confusa e qualcos'altro che lei non riesce a definire. Il nervosismo si appiana, il labbro inferiore gli trema. È difficile capire cosa gli passi per la testa, ma in quel breve istante, le sembra di leggerci dentro stanchezza e delusione e paura.

Paura di cosa?

Anita è pronta a ricevere indietro una risposta crudele, una stoccata nel centro del petto. Forse quasi ci spera, perché renderebbe più facile restargli a un passo di distanza senza provare il desiderio folle di toccarlo.

Quello che succede, invece, è assolutamente inaspettato.

Il corridoio silenzioso alle sue spalle si anima all'improvviso, con grida e schiamazzi, mentre passi pesanti si fanno strada fino alla soglia. Qualcuno alle sue spalle urla: "Sei tu la ragazza?"

Il viso di Max, davanti a lei, impietrisce. Sembra abbia visto un fantasma.

"Sei sorda? Sei tu la ragazza?"

È allora e solo allora che Anita si gira su sé stessa, interrompendo il contatto visivo con l'olandese, per trovarsi davanti una figura spiacevolmente nota, piombata direttamente dai suoi peggiori incubi.

Jos Verstappen non è molto alto, ma incute un timore impareggiabile, quasi folkloristico. Vedendo la faccia di Max è abbastanza chiaro che suo padre debba essere il suo personalissimo uomo nero, il mostro sotto al suo letto e nel suo armadio.

Anita guarda l'uomo con le sopracciglia aggrottate, stringendo le mani in due pugni in maniera istintiva.

"Quale ragazza?"

"Quella che ha fatto tutto questo show." Sputa l'uomo, con una cattiveria inaudita, spalancando le braccia. "Allora, sei tu? È a te che dobbiamo questo schifo?"

Anita sente il cuore pomparle con forza nel petto, e il sangue affluirle sulle guance.

"Sono venuta a sistemarlo, piuttosto." Dice, incespicando nelle parole.

Jos stringe gli occhi azzurri, luccicanti ed affilati come rasoi, e le riserva una risata amara che le fa accapponare la pelle.

"Hai idea di cosa ci sia in ballo? Di quanti cazzo di soldi ci stai facendo perdere?"

Mentre le parla muove un passo in avanti, minaccioso, ed istintivamente lei si ritrova ad arretrare. Con il retro della scarpa tocca qualcosa.

"Temo di non capire"

"Adesso ti spiego bene, allora" sbraita l'uomo, rosso in viso, perdendo completamente la pazienza.

Con il fiato sospeso, Anita sente una mano stringersi attorno al suo polso e tirarla con forza dentro la stanza. Le ci vogliono diversi secondi per capire che a farlo è stato Max.

Il ragazzo, dopo essere stato in silenzio per tutto lo scambio, le si è parato davanti, come uno scudo, ed ora fronteggia suo padre a un passo di distanza.

"Tienila fuori da questa cosa" sibila. Anita non può guardarlo in faccia, ma vede l'espressione allibita di Jos e sente la presa stretta delle sue dita affusolate attorno al polso.

"Max, sei tu che non riesci a tenerla fuori." Lo rimprovera aspramente suo padre, puntandogli il dito indice direttamente contro il petto. Si inclina verso di lui finché le loro fronti non si toccano. "Fai un'altra cazzata del genere Max e ti faccio pentire di essere nato."

Anita scioglie il pugno e tenta di afferrare la mano di Max, che le sta stringendo il polso con tutte le sue forze, fino a farle male, come se fosse l'unico appiglio per lui in mezzo a un mondo che va a rotoli.

Lei serra le palpebre, atterrita, e spera che finisca tutto in fretta. Prima di andarsene, Jos prende Max con entrambe le mani dalla maglia e lo scuote come un fantoccio, gridandogli cose mostruose in una lingua che non capisce. Questa volta Max non reagisce, ma la mano di lui non la lascia mai.

E lei lo tiene, perché non sa cosa altro fare.

Quando Jos va via, restano ancora un paio di minuti in quella posizione. Lei sconvolta, lui rassegnato. Il peso che porta sulle spalle sembra essere incommensurabile, lo schiaccia e lo fa sembrare minuscolo. Anche in quel momento lotta contro sé stesso, cerca da qualche parte il coraggio per girarsi a guardarla, e quando lo fa ha i denti serrati, il viso paonazzo e gli occhi lucidi.

Ha perso ogni filtro, si lascia leggere come un libro aperto, e dice una cosa che non ha mai detto, che la logora più di tutto, più di ogni rifiuto, di ogni silenzio.

"Mi dispiace per mio padre." Mormora, e con la sua voce anche Max sembra andare in pezzi.

Così Anita lo abbraccia, per ricomporlo.


//Spazio aiutrice (incredibile)

Che dire! Aspettavo questo momento da moltissimo tempo e devo dire che sono abbastanza soddisfatta del risultato e delle tempistiche. Come vi avevo già anticipato, ci stiamo avvicinando sempre di più al cuore delle cose. Siamo a circa una decina di capitoli dalla fine, anche se mi sono venute in mente delle idee interessanti che potrebbero stravolgere il progetto per l'ennesima volta.

Sono tutta orecchie per le vostre impressioni. Dopo un capitolo del genere è doveroso parlarne! Grazie a tutte voi per esservi premurate di sapere come stessi: per fortuna sono negativa e da qualche giorno di nuovo a piede libero per quanto possibile.

Grazie per i commenti, i voti, le letture, che mi fanno sempre immensamente felice. Mad Max sta raggiungendo numeri stratosferici ed è tutto merito vostro.

Alle nuove suggerisco di seguirmi per non perdersi gli aggiornamenti su quando pubblico i nuovi capitoli, e rinnovo l'invito a scrivermi per qualsiasi curiosità o commento: i feedback sono sempre importanti. A presto!

Vi abbraccio,

Vostra sempre T.


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