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Ventisette.

Mi sembra di morire quando parli di me in un modo che odio
Aiutami a capire se alla fine di me vedi solo il buono


La pelle è rovente sotto le sue mani, la curva dei fianchi pericolosa e dolcissima. Gli occhi si concedono una pausa dal mondo, un momento di ristoro nella luce screziata del mattino.

Quando Max crede che lei si sia addormentata, segue con la punta dell'indice le concavità del suo viso, del collo, delle clavicole. Percorre il suo corpo in lungo e in largo, fino quasi a consumarla, come se cercasse di impararla a memoria. Non sembra una carezza, piuttosto lo studio di una traiettoria.

Il modo più veloce per arrivarle al cuore.

Anita si lascia cullare da quel gesto lento e ripetitivo, anche se lotta con tutta sé stessa per non cedere alla tentazione di assopirsi. Cerca di restare sveglia, così si gode ancora per un po' quel momento inatteso di tenerezza spontanea. Così non deve risvegliarsi in un letto vuoto, con Max che non è più questo ragazzo appassionato, delicato e bellissimo, ma è solo Max. Imperscrutabile, distaccato, irruento.

Ogni movimento, d'altra parte, spezzerebbe l'incantesimo, così se ne sta lì immobile e silenziosa.

Le ore che hanno preceduto il mattino sono state decisamente troppo brevi, ma sono bastate ad accenderle dentro una consapevolezza nuova, che cambia tutte le carte in tavola. Ha perso qualsiasi contatto con la realtà, qualsiasi percezione del tempo e dello spazio. Al di fuori del perimetro del letto il mondo potrebbe anche aver cessato di esistere e non se ne sarebbe accorta. Nemmenole interessa, a dirla tutta.

I loro corpi si sono mossi come se si fossero esplorati infinite volte prima di quel momento, come se si fossero ritrovati, piuttosto che incontrati. L'ha stupita il modo in cui ha sentito il suo profilo esile combaciare perfettamente con ogni angolo di lui, senza bisogno di richieste o chiarimenti. Ed è strano per lei essere compresa e capita con il solo contatto fisico.

È stato intenso, aggressivo e disperato, ma non le era mai capitato di sentirsi così giusta, dopo. Come se tutto fosse tornato al suo posto.

Sperava, ingenuamente, che questo senso di pace si protraesse nel tempo, che Max fosse l'eccezione e non la regola.

Invece, quando le mani di lui si fermano all'altezza del suo petto, per stringerla a sé, tutto quello che Anita prova è un senso di angoscia latente, una preoccupazione che non riesce in alcun modo a scacciare. Non ne è stupita, le succede sempre quando capita qualcosa di positivo. È naturale, non pensi di meritarlo e cerchi tutte le possibili fregature che possono conseguirne.

E, soprattutto, non vuoi mai che le cose belle finiscano, anche se lo fanno sempre.

È Max ad addormentarsi per primo, alla fine, quando ormai la città si sta risvegliando e il cielo si dipinge di colori brillanti. Anita solleva la mano per accarezzare appena l'avambraccio ruvido e pallido di lui, risalendo fino al gomito e appena più su, dove sfiora con i polpastrelli due piccoli segni, lisci e rotondi, che catturano la sua attenzione.

Vorrebbe osservarli meglio, ma teme di svegliarlo, così si sfila dalla sua stretta agevolmente e segue la scia di vestiti che si sono lasciati alle spalle raccattando una maglietta a maniche corte, fino a raggiungere la sua borsa afflosciata sul divano. Ci rovista dentro per qualche secondo, finché non incontra la sagoma conosciuta del suo personale veleno preferito.

Cerca di aprire la porta a vetri che dà sulla veranda senza fare troppo rumore e si accende una sigaretta tenendola in equilibrio fra le labbra, mentre osserva il panorama. Il cielo di Monaco è di una sfumatura di azzurro luminosa, che le ricorda certe giornate afose della sua infanzia, e non sembra neppure essere la fine di settembre, la fine dell'estate. C'è già fermento nelle strade, mentre la città si sveglia placidamente, un passo alla volta.

Anita fuma a grandi boccate, inspirando profondamente, cercando disperatamente di rilassarsi. Ha addosso questo strano senso di inquietudine che le si è appiccicato addosso e non la lascia andare.

Non sa per quanto tempo resti lì a piedi nudi, affacciata al parapetto, con lo sguardo puntato verso l'orizzonte lievemente increspato dalle onde del mare, ma i mozziconi si accumulano nel posacenere, si impilano gli uni sugli altri come le sue insicurezze, mentre lei registra le informazioni a sua disposizione e cerca di incasellarle in ordine preciso, per dare un senso a tutto quanto.

Contro ogni possibile parere e logica, è andata a letto con Max Verstappen.

E adesso è più sicura che mai che non potrà mai avere una relazione solo sesso con lui. Che non le basterà mai.

Nonostante non sia sicura che lui le faccia più bene che male, e viceversa, non le capitava di sentirsi così da anni. Mescolata all'intesa sessuale, all'attrazione magnetica e primitiva che percepisce fra loro, Anita ha sentito anche qualcos'altro, un bisogno più profondo, un legame che li ha spinti a stringersi, a cercarsi nel buio, sussurrarsi ti prego non fermarti.

La cosa è più seria di quanto non pensasse, le fa paura e la fa agitare. Non deve succedere di nuovo, non deve succedere mai più.

"Pensavo te ne fossi andata."

Anita salta su per la sorpresa quando sente la voce provenire dall'interno, alle sue spalle, e lascia cadere la sigaretta ancora accesa. Trattiene il respiro, si prepara a veder crollare tutti i suoi castelli di carta.

"Io devo allenarmi" prosegue lui, invece, con voce assonnata. Suona tutto fin troppo normale. Lei non resiste all'impulso di girarsi a guardarlo, un errore fatale che rende più difficile restare razionali e attenersi ai piani. "Resti?"

Resti?


Anita, effettivamente, resta a Monaco per quattro giorni, prima della partenza per la Germania.

L'adrenalina e il brivido della novità rendono tutto spontaneo ed eccitante. Le implicazioni passano in secondo piano, nessuno dei due sembra metterle in conto. Vivono il momento fino a quando possono, si consumano come due candele, vogliono tutto e lo vogliono subito.

Mangiano insieme lasciando briciole ovunque, guardano documentari true crime, fanno il bagno dopo una corsa e hanno decine di orgasmi condivisi. Arrivano a sera stanchi morti, ma nonostante questo ogni notte, verso le tre, Max la sveglia con uno strattone, le passa i vestiti e la trascina in strada. Girano in auto di notte per Monaco, bruciano ogni curva, seguono la costa, avanti e indietro.

Ed è bellissimo.

Ma spaventoso.

E probabilmente irrinunciabile perché è queste due cose insieme.

Una notte, dopo aver accostato in un punto imprecisato della Grande Corniche, si sono stesi di schiena sul prato. Anita glielo ha praticamente imposto, stringendogli la coscia con la mano, mormorando Max cosa succede mi fai paura. Lui aveva il fiato corto, il petto gli si alzava ed abbassava rapidamente come dopo una lunga corsa.

L'ha guardata senza vederla, si è lasciato guidare fuori. Sembrava molto turbato ma non ne hanno parlato, non lo fanno mai. È come un tacito accordo, essenziale per mantenere i loro precari equilibri.

Max teneva la testa poggiata sul grembo di lei, che gli accarezzava piano i capelli biondi come il grano, nel silenzio. È rimasto così per un po', poi ha iniziato a rilassarsi e sciogliere la tensione, ha allungato una mano per sfiorarle il fianco, fino a risalire dove la pelle era nuda e ricoperta di brividi.

In quel momento, Anita ha pensato che il cuore avrebbe potuto scoppiarle di gioia.

"Max?"

Lui si è lamentato, stringendo gli occhi: "Perché ti sei fermata?"

Lei ha ripreso ad accarezzargli le tempie, la fronte, le orecchie. Inizia ad essere preoccupata dal comportamento quanto mai insolito del ragazzo, ma non sa come approcciarlo. Negli ultimi giorni si è mostrato stranamente allegro e sorridente, ma in modo costruito.

"A cosa stai pensando?"

"A niente, Ani. Ho la mente libera da qualsiasi distrazione." Ha mormorato lui, per tutta risposta. Lei si è tirata su, con i gomiti, di modo da riuscire a guardarlo in faccia. Ha gli occhi arrossati e stanchi, la bocca socchiusa. È sempre difficile riuscire a capire cosa gli frulli in testa, ma questo non fa altro che incuriosirla di più.

"Perché mi hai trascinata qui?"

Lui ha piegato la bocca in una smorfia, alzando gli occhi al cielo come se avesse appena chiesto una cosa ovvia.

"Non c'entra un cazzo dove siamo, Ani. Non vorrei essere in nessun altro posto, con nessun'altra persona."

Lei ha trattenuto a stento un sorriso, guardando verso il cielo. Custodisce quelle due frasi in un piccolo cassetto della memoria, quello delle cose che probabilmente non sentirà mai più.

"Mi piace quando lo dici ad alta voce."

"Non sono bravo con questa cosa dei sentimenti" si è giustificato allora Max, senza smettere di accarezzarle la pelle.

Le sue mani sono scivolate fino al suo ombelico ed hanno indugiato sull'orlo della gonna, sicure, decise, applicando la giusta pressione. Anita ha chiuso gli occhi, rievocando le sensazioni che le provoca il suo tocco, . Non è mai stata vicina al paradiso come due ore prima, in quella stessa posizione.

"Max?" lo ha richiamato, in fretta, prima di pentirsi.

"Mmh, ?"

"Non voglio che questo finisca." Ha sussurrato, a mezza bocca.

Lui si è tirato su, come scottato.

"Credo sia ora di tornare a casa."

Il giorno dopo ha preso un aereo da Nizza ed è tornata a Milton. Si sono salutati con la promessa di rivedersi a Nürburg, ed Anita ha pensato per tutto il viaggio allo sguardo che aveva Max quando l'ha accompagnata all'imbarco, a come l'ha abbracciata un po' più forte, prima di lasciarla andare.


*


La pioggia scrosciante che accoglie i piloti e i loro team in Germania non è delle più rassicuranti. Horner è abbastanza convinto che la sessione di prove libere del venerdì sarà annullata, ma ovviamente non possono divulgare nulla sui loro canali fino a che non sarà ufficiale.

Quando Anita e Lynn arrivano sul suolo tedesco non sono così sorprese dal freddo e dal cattivo tempo ma, non appena varcano la soglia dell'albergo, c'è qualcosa di ben più imprevisto ad aspettarle.

Sono prese da una fitta conversazione su Kevin (lui e Lynn hanno rotto definitivamente, alla fine) e su quanto brutto sia stato per la sua collega dover andare a riprendersi tutte le cose che aveva lasciato al suo appartamento, quindi ci mettono un po' a notarlo.

O meglio, Anita lo nota solo perché in quel preciso istante il telefono le vibra in tasca e ci trova dentro un messaggio che dice: sono qui.

Ed effettivamente Max, bagnato come un pulcino, siede proprio di fronte a loro, su una delle poltroncine di pelle della hall, con le mani giunte e i gomiti appoggiati sulle cosce.

Lynn fa per liquidarlo con un breve gesto della mano, ma lui si alza e viene loro in contro, scrollandosi una pioggia di goccioline dalle spalle della giacca.

"Ehi" dice Anita, sistemandosi nervosamente i capelli dietro l'orecchio. Non sa come comportarsi, quanta importanza dare a quello che è successo fra loro.

"Ce ne hai messo di tempo" le risponde lui, semplicemente.

Lei annaspa, alla ricerca di qualcosa da dire che non la comprometta davanti alla sua collega.

"Sei in ritardo per la conferenza stampa o sbaglio?"

Max aggrotta la fronte, ma poi sembra capire le sue intenzioni, perché un ghigno gli si dipinge sotto la mascherina.

"Può essere, ma credo proprio che dovranno aspettarmi per iniziare, no?" stabilisce, concludendo con una strizzata d'occhio.

Anita sente il battito accelerare, e nasconde le mani sotto ai polsini della giacca per smorzare la tensione. Lo fulmina con lo sguardo. Perché deve renderle tutto più difficile?

"Ci vediamo dentro" conclude lei, deglutendo, e Max annuisce, prima di sparire lungo il corridoio alle sue spalle. Si morde l'interno della guancia, prima di girarsi verso l'amica, che tiene le braccia incrociate al petto e la guarda con espressione criptica.

"Ti posso spiegare" prova, accennando un sorriso, ma la voce le viene fuori stridula. Non se la berrà mai.

"Sei andata a letto con lui?"

Lei apre la bocca, ma non riesce a rispondere. Qualsiasi cosa dicesse, adesso, la comprometterebbe.

"Oh mio Dio, Anita" scandisce Lynn perentoria, portandosi le mani sulla fronte visibilmente frastornata. "Quale parte del mio discorso non era chiara?"

"È complicato" balbetta la ragazza, evitando lo sguardo inquisitorio della collega. "Possiamo non parlarne qui?"

Lynn la prende per mano, trascinandola verso l'ascensore.

"Sì, ma sta volta devi dirmi tutto."

Raccontare a Rebecca di Max era stato molto più semplice, perché la sua amica non aveva nessuna idea precisa di chi fosse e lo conosceva solo dalle sue parole, con una prospettiva molto specifica e personale. Lynn, invece, conosce bene Verstappen ed ha una sfilza di aneddoti che lo riguardano da far accapponare la pelle, alcuni dei quali, si dice Anita, non possono che provenire da Daniel Ricciardo.

È più difficile, in un certo senso, spiegarle come si sente in sua presenza, le sensazioni che lui le suscita e le ragioni per cui non riesca a stargli lontana.

Lei però la ascolta, la interrompe poco e gradualmente perde il piglio scettico che aveva assunto all'inizio della conversazione. Quando Anita si zittisce, nascondendo il viso fra le mani, si sente prosciugata.

"Adesso capisco." Dice Lynn, dopo qualche minuto di pausa, senza aggiungere altro.

"Cosa?" chiede lei, con la voce attutita dalle mani.

"Come Daniel mi parlava di Max" si spiega, gesticolando. Poi socchiude gli occhi, e guarda un punto imprecisato sulla parete. Il viso le si addolcisce e le viene un tono molto emozionato, imbevuto di nostalgia, come se stesse ricordando un episodio specifico sepolto nella memoria. "Anche quando era arrabbiato con lui, non riusciva ad essere duro nei suoi confronti, era sempre protettivo. Sono anni che mi chiedo cosa accidenti avesse visto in quel ragazzo che nessuno di noi aveva notato."

"Il problema è che nessuno conosce Max, perché Max non vuole essere conosciuto da nessuno."

Lynn allunga la mano, fino a stringere quella di Anita nella sua.

"Penso ancora quello che ti ho detto a Milton" le dice, guardandola dritta negli occhi. "Ma credo anche che quando ci sono di mezzo i sentimenti è assurdo pensare di controllarli con la ragione. E nonostante come sia andata a finire, se tornassi indietro, sceglierei Daniel altre mille volte."


Al via, domenica pomeriggio, gli animi sono molto agitati. È uno dei primi Gran Premi dell'anno con un po' di pubblico, hanno avuto solo una sessione di libere per provare il passo gara e in seconda fila Verstappen, alla sua destra, vede il profilo rosso della macchina del suo peggior rivale. La Ferrari quest'anno sta avendo grossi problemi di potenza, ma Leclerc è una mina vagante e la paura di un contatto fra i due è più che legittima.

Prima di scendere in pista, Marko ha espressamente intimato a Max di non fare stronzate che potrebbero mettere a rischio la sua gara e il campionato costruttori. Il che è più facile a dirsi che a farsi, conoscendolo.

Anita siede alla sua solita postazione, fra Paul e Lynn, con il pc davanti aperto sul comunicato da rilasciare alla fine del Gran Premio e le cuffie premute sulle orecchie ad attutire tutti i rumori attorno. Distoglie lo sguardo dallo schermo luminoso, quando le auto si posizionano in griglia dopo il giro di formazione.

Sente solo la voce dell'ingegnere di pista che impartisce gli ultimi ordini.

Il cuore le martella nel petto come se fosse lei in persona a dover gareggiare e tutta la sua vita dipendesse da quello. Ripensa alla sua ultima notte a Monaco, allo sguardo vuoto e freddo di Max, alla brusca sterzata che aveva fatto prima che lei lo convincesse a fermarsi.

Poi le luci si accendono, una in fila all'altra, e si spengono tutte insieme.

Porta le mani al petto, stringendole forte fra loro.

Ti prego, non fare casini.

E non solo non ne fa ma, mentre il pilota monegasco perde posizioni, lui guadagna decimi preziosi e si avvicina sempre più ad Hamilton, un giro dopo l'altro. Al dodicesimo, dopo un errore di Bottas, Hamilton passa in testa e Max gli tiene il fianco.

Come se la stesse ascoltando, le arriva all'orecchio la voce di lui.

Visto? Dice.

Fidatevi di me.

Anita è felice di indossare la mascherina, perché può sorridere liberamente.

La gara prosegue, anche se con qualche ritiro e qualche intoppo. La superiorità della Mercedes è così lampante da non lasciare troppe speranze nemmeno al più ottimista dei piloti. L'olandese tiene salda la seconda posizione e taglia il traguardo appena davanti all'unica persona di cui riesce a festeggiare tutti i successi.

Lewis Hamilton, dopo sessanta giri, conquista la sua novantunesima vittoria ed entra nell'Olimpo dei più grandi piloti di sempre. È una giornata epocale.

Dopo la cerimonia di premiazione, memore di quanto successo in Russia, Anita aspetta Max alle spalle del podio. Lui le viene in contro a passo di marcia, trafelato, con il cappello calcato in testa ed il viso arrossato dalla fatica. Gli occhi azzurri gli luccicano con l'intensità di una rete elettrificata.

Le prende le spalle con entrambe le mani, chiudendole le vie di fuga. Abbassa la mascherina blu quel tanto che basta per permettere alle sue labbra di lambire il lobo del suo orecchio.

"Ti voglio, ora." Dice, e questo basta.


Fumano una sigaretta insieme, dopo, affacciati alla finestra della suite di Max. Lui tiene il telefono in mano, concentrato, mentre Anita si avvolge stretta nella giacca a vento, che indossa direttamente sulla pelle nuda e ricoperta di brividi. C'è silenzio fra loro, ma non se la sente di riempirlo con cose banali. È ancora avvolta dalla nuvola di piacere che si sono dati, che attutisce ma non seda il bisogno che ha di tenerlo vicino, anche senza toccarlo.

"Vuoi venire con me alla cena di Lewis?" le chiede lui, a bruciapelo, alzando di scatto lo sguardo verso di lei.

Anita si acciglia, confusa. Qualsiasi cosa ci sia fra loro è sempre avvenuta a porte chiuse, e per quanto la riguarda nessuno dovrebbe nemmeno sapere che lei e Max hanno un rapporto fuori dal lavoro. Un piccolo campanello di allarme le si accende in testa. Non riesce a credere che Max sia così tranquillo di portare una qualsiasi impiegata Red Bull ad un evento così esclusivo.

"Non sono sicura sia una buona idea, a dire il vero" gli risponde, cauta. Spegne la sigaretta sul bordo del posacenere scuro, sbriciolando la cenere sulla punta.

È il turno di Max di aggrottare le sopracciglia.

"E sentiamo, perché? Quando ti ricapita una cosa del genere?" il tono che usa è freddo e le sue parole la colpiscono come uno schiaffo. Fra tutte le ragioni che è riuscita a trovare per convincersi che frequentare il pilota potesse essere una buona idea, non ha mai pensato di farlo per avere occasioni del genere.

"Non so" risponde, piccata. "Magari potrei uscire direttamente con Hamilton. Mi sembra un buon partito e, sinceramente, è veramente bello."

Max distoglie lo sguardo, visibilmente infastidito, e le volta le spalle muovendosi nella stanza.

"Come ti pare, io ci vado lo stesso, con o senza di te." Sputa, tagliente, muovendosi verso il bagno. "Nell'armadio c'è il vestito, poi fai come vuoi."


//Spazio autrice (come no dai)

BUONASERA! Dopo due giorni di revisione, finalmente, ecco il capitolo. Ovviamente, serve che lo dica? Era tutto fuori programma, ma è ormai così parte della storia che non potevo rinunciare a nessuno di questi momenti. Fra Sanremo e Mad Max, questa settimana ho dormito davvero pochissimo, quindi spero ne sia valsa la pena.

Qualcosa bolle in pentola e siamo sempre più vicini allo scoppio di una bomba. Gli elementi ci sono già tutti ed il campionato si avvicina alla fine. Pronte alla nuova stagione?

Leggete, votate, commentate se vi va. Ogni forma di confronto mi rende sempre molto felice, perché mi aiuta a crescere e mi permette di vivere ancora un pochino nel mondo di questa storia, quindi anche i messaggi privati sono sempre aperti. xx

Mad Max è vicinissimo alle 9000 letture. Un traguardo enorme ed impensabile, ed è merito vostro.

Ci vediamo la prossima settimana (spero!) con il successivo. (Ci va o non ci va a sta cena? poche lagne Ani dai).

Vostra sempre, T.

ps. canzone preferita di sanremo 2021? xx




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