Ventisei.
//Fossi in voi mi preparerei.
I say it hurts to know you'll leave
But I'm scared to show how much it meansAnd I know what I want
But I know what I'll lose
Finding this is hard
Fighting this is new
Tell me why good things die
Stay the night'Cause I need this more than I knew
More than I'd like, more than you do
(What's good, Fenne Lily)
Quando la calma perfetta della notte è squarciata da una Vantage scura e lucidissima che la abbaglia con i fari, Anita non ha paura. Anche se è completamente sola e si trova nell'ultimo posto al mondo in cui una ragazza sola vorrebbe trovarsi alle tre del mattino. Nonostante l'abbiano cresciuta nella paura di situazioni simili non si stringe nella giacca, non chiude i pugni, non trattiene il fiato.
Sa che è lui.
Il solo pensiero le provoca un brivido che le scivola lungo la schiena, ma è un brivido piacevole.
Osserva l'auto accostarsi silenziosissima al marciapiede dall'altra parte della strada. È elegante in modo quasi sinistro, come un predatore notturno che si muove fra le ombre alla ricerca dell'istante perfetto per attaccare. La portiera si apre con uno scatto secco, costringendola a trattenere il fiato per un istante.
Ed Anita sa anche che è ingiusto fare un paragone, perché le situazioni non si equivalgono e le persone coinvolte non hanno nulla in comune l'una con l'altra, ma non può fare a meno di ricordare il suo primo giorno a Milton, Paul che si presenta alla sua porta per salvarla, scende dalla sua sicura auto compatta e le avvolge la schiena con il braccio in modo protettivo, come in un film romantico di quart'ordine.
Ricorda il senso di sollievo e sicurezza che aveva provato a sentire la sua voce sconosciuta all'orecchio, fra le lacrime, rispondere al primo squillo. Le era sembrato, d'istinto, qualcuno su cui poter contare.
In fin dei conti, si dice, si era sbagliata di grosso. Alla prima difficoltà, il Meraviglioso Harris se l'era battuta e non ci aveva pensato due volte a lasciarla in balìa del caos, in un nuovo paese, col suo nuovo lavoro. Tutto per dello stupido sesso fantastico che avevano fatto qualche volta, e poi mai più.
Quando Max scende dall'auto, con i pantaloncini corti e una maglietta stropicciata indossata al rovescio, Anita si chiede se non sia questa, in fondo, una persona su cui contare.
Non qualcuno di responsabile e coscienzioso, capace di dire la cosa giusta al momento giusto, ma qualcuno che in mezzo a tutti i suoi casini guida per venti chilometri per venire a recuperarti in un altro Stato. Qualcuno che considera stare con te così importante da metterti davanti a qualsiasi cosa.
Ancora una volta.
Nonostante tutto.
Lo guarda strofinarsi il viso stanco con le mani, prima di appoggiarsi al tettuccio dell'auto e fare un gesto con il mento, come per invitarla ad entrare.
Sente nel petto, all'altezza del cuore, una stretta fastidiosa.
E decide deliberatamente di ignorare le settimane di silenzio, i sotterfugi, il suo ingiustificato nervosismo a Spa, la sua reticenza a parlarle della sua famiglia e delle cose importanti per lui. Quando ha deciso di presentarsi a Monaco per il compleanno di Max (contro il parere di Rebecca, per inciso), Anita non aveva certo intenzione di tendergli un'imboscata per parlare di questo. Non ha sinceramente voglia di tirare fuori di nuovo certe cose, né di pensare per l'ennesima volta a quando lui le ha detto "questa cosa deve finire".
Sorvola perfino su cose più recenti, come la loro notte a Milton, quella in cui lui l'ha baciata di nuovo e hanno condiviso i centimetri, o la domenica del Gran Premio di Sochi, quando dopo essersi cercati a lungo lui è salito sul suo jet senza nemmeno salutarla. Non solleva le domande che le premono di più, i dove vai quando sparisci, a cosa pensi quando ti perdi e non mi guardi.
Pensa solo a quel momento.
Agli occhi di Max, curiosi e vibranti, che la squadrano da testa a piedi, concentrandosi sulla bottiglia che le spunta dalla borsa, sul suo sorriso imbarazzato e incerto, sui suoi capelli biondi come il grano scossi da un filo di vento. È bello in modo spontaneo e casuale, protetto dalla penombra, in quel modo che lo rende impossibile da afferrare.
La maniera in cui lui piega la bocca, impercettibilmente, le fa contorcere lo stomaco. E lì, forse, probabilmente, si rende conto dell'ovvio, anche se non riesce ad ammetterlo ad alta voce.
Le basta allacciare il suo sguardo per capire che è fregata.
"Ma che sei venuta a fare, Ani?" le chiede lui, per spezzare il silenzio. Ed il tono che usa è canzonatorio, come se volesse prenderla in giro, anche se nella voce c'è una sfumatura dolce che smorza il tutto.
Anita alza gli occhi al cielo, muovendosi verso di lui e raggiungendolo in un paio di passi.
"Volevo farti una sorpresa"
Anche Max si muove verso di lei, inconsciamente, accostando la portiera e chiudendo le distanze.
"Di solito funziona meglio se non chiami quello che dovevi sorprendere per venirti a prendere."
"Non serve lamentarsi, ormai sei qui" mormora lei, scuotendo le spalle. Si sente un po' nervosa, come ogni volta che lui è troppo vicino. Non sa perché.
Saranno i tratti spigolosi e fieri del viso, l'espressione severa che assume.
Sarà il modo in cui la guarda, come se lei annullasse ogni cosa attorno e focalizzasse tutta la luce su di sé.
"Ormai sono qui" ripete lui, mordendosi il labbro inferiore fra i denti. Si tende verso di lei, inclinandosi col busto e le sfiora il fianco con la mano. Anita sente la terra mancarle sotto i piedi. Serra le palpebre, pronta a sentire le labbra di Max sul suo collo, sulla sua bocca, dappertutto. Le vuole. La mano di lui scivola lungo la sua gamba fasciata dal vestito, accarezzandola, e afferra qualcosa prima di aggiungere: "Questa è per me?"
Anita lascia andare un sospiro seccato, che somiglia di più ad un mugugno. Non ha bisogno di abbassare lo sguardo per vedere le dita di lui serrate attorno al collo della bottiglia di Champagne.
"Non lo so, devo ancora pensarci. Non so se te la meriti." Borbotta lei, imbronciata. Avrebbe preferito qualcosa di diverso, anche se conoscendolo poteva aspettarselo. Lui scioglie la presa, e si fa indietro di appena un passo, per guardarla meglio.
"È il mio compleanno, adesso sono un uomo."
Gli occhi di Anita scintillano come pietre preziose nella notte, e il suo tono di sfida è l'unico suono udibile.
"Ti piacerebbe."
Max serra la mascella per frenare un sorriso divertito.
"Sali in macchina, ti faccio vedere."
Ed è uguale a qualsiasi altro bisticcio che hanno avuto, ma allo stesso tempo è diverso. C'è una tensione più violenta dietro, dentro, dappertutto.
È la stessa tensione che li spinge nell'auto, che preme il piede di Max sull'acceleratore e il dito di Anita sul bottone dell'ascensore. Questa tensione riempie le pareti del soggiorno della casa di La Condamine, si espande in ogni angolo come una bolla d'aria, non lascia scampo.
Tutto è esattamente identico all'ultima volta che lei è stata lì. L'appartamento non ha perso quell'aria costruita e preimpostata che la intimorisce, quell'ordine studiato che riesce a mantenersi solo perché nessuno ci abita davvero. Non da marzo a dicembre per lo meno.
Max le fa strada lungo il corridoio, lasciandosi alle spalle una scia di luci accese, fino a raggiungere la porta a vetri che dà sulla veranda. La vista sul porto ha qualcosa di magico ed irripetibile, con il bagliore della luna che riverbera sull'acqua ed i palazzi avvolti nel silenzio della notte. Le loro sagome una accanto all'altra sono le uniche figure umane nel campo visivo.
"Prendo due calici." dice, ed è come svegliarsi da un sogno.
Quando Max sparisce all'interno, Anita riesce a tirare una boccata d'aria fresca. Chiude gli occhi, appoggiandosi alla balaustra di marmo, e ascolta piccoli rumori familiari provenire dall'interno. Un armadietto che si apre, un cassetto che si chiude, il rumore del tappo che viene via, il clangore di due bicchieri che si scontrano.
È difficile venire a patti con come si sente. Non vorrebbe trovarsi in nessun altro posto al mondo, ma non può fare a meno di chiedersi quando finirà. Quanto durerà.
È un pensiero sciocco, si dice. Perché anche se non conosce la risposta, può immaginarla. A prescindere da quello che succederà quella notte, lei e Max continueranno ad essere due estranei. Non sono amici, non sono amanti. Sono solo due persone che per qualche assurda ragione continuano a cercarsi in mezzo alla folla, e Anita non sa se saranno mai più di questo. Se saranno mai più vicini di così.
Il rumore della porta a vetri che si sposta alle sue spalle la riscuote dai suoi pensieri.
"L'ho già aperta" mormora una voce ruvida alle sue spalle. "Spero non ti dispiaccia"
Anita si gira appena con la testa, per vedere il braccio del ragazzo tenderle un bicchiere.
Lo afferra con tre dita e lo inclina leggermente in avanti, facendolo toccare leggermente con quello che tiene Max.
"Tanti auguri"
Il sorriso che si apre sul viso di lui è più largo di quanto non si aspettasse.
Poggia le labbra contro il cristallo del calice, inspira l'odore inebriante dello Champagne e si abbandona al contatto delle bollicine contro la sua lingua. Questo, in qualche modo, le infonde coraggio.
"Mi aspettavo di trovarti in grandi festeggiamenti" dice, allontanando il bicchiere dal viso.
Max fa una piccola pausa prima di risponderle, facendo ondeggiare il liquido prima di poggiare il calice sul parapetto, in mezzo a loro.
"Non quest'anno" mormora semplicemente, laconico.
Anita non si accontenta della risposta, cerca di andare più a fondo. Anche se questo significa dover scavare all'intero di una ferita che sembra fare male.
"Daniel dov'è?"
Lui stringe gli occhi in due fessure: "In barca con la tizia che si scopa al momento, credo"
C'è una velata nota d'astio nelle sue parole, e la cosa la sorprende alquanto. Non solo Daniel è la cosa più vicina ad un amico che Max possieda, ma lui non è il genere di persona che esterna apertamente le proprie emozioni e sembra stranamente ben disposto a comunicare.
"Geloso?" chiede poi, alzando le sopracciglia con un sorrisetto.
Anita porta di nuovo il bicchiere alle labbra, e distoglie lo sguardo per evitare di incrociare il suo, intento a fissarla senza fare nulla per dissimulare.
"Negativo" scuote la testa lui. "Solo che c'erano dei piani e ne avevo bisogno, almeno stasera."
Il silenzio scende in fretta quando sono le quattro del mattino e nessun rumore fa da sfondo alla loro conversazione solitaria sui tetti di Monaco.
"Che piani avevi?" non può fare a meno di chiedere. E non sono affari suoi. Niente di quello che riguarda Max sono affari suoi.
La risposta arriva subito, come una doccia fredda. Schietta, sincera, senza filtri.
"Perdermi. Evadere da questo posto, dalla mia testa, una sera soltanto." Le risponde lui, stringendosi nelle spalle con fare rassegnato. "E invece qui c'era mio padre, con Victoria. Va sempre così, in un modo o nell'altro."
Sembra impossibile, a pensarci, ma è la conversazione più sincera e sentita che abbiano mai avuto sull'argomento. Anita allunga la mano fino a poggiare il palmo sul dorso di quella di Max, senza nemmeno pensarci.
"Io sono qui"
Lui la guarda, intensamente.
E non dice niente.
Non serve.
Quello che accade in seguito, Anita lo rammenterà per anni in modo molto sommario. Non sa se sia colpa della stanchezza o della bottiglia di Champagne da duecento euro, ma ricorda quei momenti meno di quanto vorrebbe, perché da quel momento in poi è stato tutto diverso.
Allora non lo sapeva, non osava sperarlo.
Max le prende il mento fra le dita e lo inclina verso l'alto, di modo da guardarla dritta negli occhi.
Leggimi, sembra dire. Capiscimi.
Il bacio che le arriva sulle labbra è diverso da tutti i precedenti. È carico di bisogni e debolezze, un bacio che chiede piuttosto che prendere.
E Anita è confusa da questo suo nuovo modo di approcciarla, così guardingo e misurato che non sembra appartenere a Mad Max.
Con le mani arriva alla maglietta, la stringe, si avvinghia. Il suo pugno sente il cuore di Max battere così forte contro la sua cassa toracica da temere di spezzargli le ossa e schizzare via. Il corpo di lui risponde al contatto in modo istantaneo, aderendo al suo in ogni centimetro di pelle scoperta.
Gli sfiora i capelli biondi scompigliati, con la lingua gli lambisce il bordo inferiore delle labbra. E più uno dei due è lieve, più l'altro è smanioso. Sono in lotta continua, anche adesso.
Max approfondisce il bacio, la spinge contro la balaustra e con le mani le cinge le cosce, sollevandola e facendola sedere di fronte a lui. Anita lo vuole e lo desidera come non ha mai voluto e desiderato nessun altro in tutta la sua esistenza. Si annulla al contatto con la sua pelle bollente, le sue mani sicure, il suo tocco deciso. Dimentica per fino il suo nome.
Con la mano destra lui le accarezza il lembo di pelle scoperta appena sotto al vestito e, nonostante il momento, è un gesto delicato ed intimo che le fa schizzare l'adrenalina alle stelle.
Adesso, o mai più.
Si stacca da lui, che reagisce a quell'interruzione con un lamento, quel tanto che basta per raggiungere il suo orecchio.
Il silenzio è rotto solo dai loro respiri strozzati e dai battiti dei loro cuori combacianti.
"Ti voglio, ora" dice Anita.
E Max mantiene tutte le promesse, anche quelle che non ha mai fatto ad alta voce.
//Spazio autrice (here we are again!)
Buona sera a tutte. CHE DIRE, ho riletto una decina di volte prima di pubblicare e non mi sono ancora ripresa.
Ho avuto una settimana orribile, ma per fortuna nel weekend sono riuscita a riposarmi e oggi sono tornata con uno dei miei capitoli preferiti della selezione. Spero sarete pronte per ciò che arriva ora, io vi avevo avvisate.
Come al solito, leggete votate e commentate, mi fa sempre piacere sapere cosa pensate dei capitoli e confrontarmi con voi. Vi ringrazio per i numeri astronomici che Mad Max ha raggiunto: il prologo è oltre le 600 letture, assurdo! xx
Non vedo l'ora di sapere che ve ne pare, mi siete mancate tantissimo! Il prossimo capitolo arriverà il prima possibile, forse già questo weekend, ma non prometto nulla.
Vostra sempre, T.
ps. la storia è iscritta ad un contest, trovate info sulla mia bacheca!
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