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Venticinque.

Se qualcuno dovesse descrivere il dominio Mercedes usando un solo circuito, quello sarebbe l'Autodromo di Sochi. 5848 metri, 18 curve, un minuto e trentacinque secondi. Al Gran Premio di Russia nessuno al di fuori delle frecce argento è mai stato in grado di fare meglio. Lewis Hamilton è il campione in carica, il quattro volte favorito.

Niente di nuovo, insomma.

È la fine di settembre di uno degli anni più strani del nuovo millennio, e tutto il team Red Bull è piuttosto preoccupato circa le sorti della Scuderia. Delusione e malcontento sono all'ordine del giorno e ormai è chiaro che alla fine dell'anno più di qualche testa salterà. Contro ogni pronostico, la macchina non si è dimostrata abbastanza competitiva nemmeno nelle gare precedenti, e su un circuito così la sconfitta è assicurata. Un disastro annunciato.

Neppure i risultati vagamente promettenti della prima sessione di prove libere sono riusciti a far tranquillizzare Christian Horner, che ha trattenuto tutta la squadra in un meeting di quattro ore il venerdì pomeriggio. Questo, a quanto pare, ha poco a che fare con i risultati di Max e molto a che vedere con il fatto che davanti a lui si sia piazzato proprio Daniel Ricciardo, il suo ex compagno di squadra, per giunta alla guida di una Renault.

Dopo averli visti sfilare uno ad uno, a capo chino, verso la saletta riunioni, Anita ha chiesto ulteriori spiegazioni a Lynn, che si è stretta nelle spalle scuotendo la testa energicamente, con quel modo che ha sempre di parlare dei suoi superiori come sei fossero dei bambini capricciosi e incorreggibili: "Fidati, non vuoi saperne di più, sono uno peggio dell'altro."

Lei ha annuito in risposta, tutt'altro che convinta, con la fronte corrucciata e lo sguardo basso. Essendo arrivata da poco non è al corrente delle vecchie faide, anche se ne ha percepito il peso e le implicazioni.

Certo, la situazione del team la impensierisce, ma ci sono cose più urgenti di cui il suo cervello deve occuparsi al momento. Pensieri intrusivi che non può in alcun modo silenziare, che le affollano la mente da ore impedendole di concentrarsi sul suo lavoro.

Un'ossessione, una malattia.

Il fatto è che Max, quella mattina, l'ha baciata.

Si sono incontrati sul terrazzino della sala colazioni, mentre lei fumava una sigaretta e lasciava la cenere piovere giù fino al parcheggio. Era la prima volta che si vedevano dopo aver dormito insieme e, nonostante non fosse successo nulla, non poteva negare che per lei avesse significato qualcosa.

La naturalezza con cui lui aveva fatto aderire i loro corpi, il modo in cui le aveva prestato il fianco, le poche parole dell'ultimo messaggio che si erano scambiati.

Dimenticare sarebbe stato più semplice, ma Anita non sapeva se fosse possibile. Soprattutto, non lo voleva.

Quella mattina lui aveva addosso una felpa scura, gli occhi vagamente cerchiati e le mani nelle tasche. Non c'era imbarazzo fra loro, solo una certa sensazione di sospensione, come se entrambi avessero immaginato a lungo il loro incontro, ma senza avere idea di cosa si sarebbero detti. O come si sarebbero comportati.

È strano soprattutto perché parti di lei sentono di appartenere a Max a prescindere da tutto, anche quando non si parlano. Ed è una cosa che fa paura, anche perché non stanno insieme.

Non sono niente.

Niente che vada oltre l'aver voglia mista a bisogno di tenersi sempre nel campo visivo, mai più lontano degli specchietti retrovisori.

"Sapevo che ti avrei trovato qui." ha detto Max, avvicinandosi, non osando toccarla. Ed il suo tono era tranquillo, come se fosse una semplice constatazione. È sempre stato bravo a celarle i suoi stati d'animo, a coprire emozioni violente con una patina di indifferenza.

"Ti stavo aspettando" ha risposto lei, voltandosi verso di lui con la sigaretta in equilibrio fra le labbra e la sua maglietta a fasciarle il torso, cogliendolo in fallo. La usa spesso, da quando l'ha trovata sul cuscino. Lui è così sfuggente che lei è incredula che le abbia lasciato tenere qualcosa di suo.

Max non si è scomposto, ma dai suoi occhi si vedeva che la cosa lo aveva colpito.

"Pensavi che sarei venuto da te?" ha chiesto, e la sua voce era incerta.

"Oh no, Max, non lo pensavo" ha mormorato Anita, in uno sbuffo di fumo. Non è mai stata troppo brava a giocare a carte, ma è una maga nell'arte del bluff. "Ne ero sicura."

Ha cercato di mantenere la calma in quel breve lasso di tempo, ma il suo cuore ha accelerato in modo incontrollato quando i loro sguardi si sono agganciati. Ci sono tante cose che vorrebbe chiedergli, tanti punti su cui devono chiarirsi. Razionalmente, dovrebbero farlo.

Si sono guardati e solo guardati per un tempo infinito, e mentre si parlavano con gli occhi, si cercavano con le mani. Sono molto diversi Anita e Max, agli antipodi per certi versi. Nessuno dei due, però, è certamente una persona razionale.

È pericoloso il modo in cui Anita sente di potergli perdonare tutto, anche se non sono niente.

Non è possibile dire chi abbia mosso il primo passo per annullare la distanza fra di loro. Si sono attratti come due calamite, incapaci di resistere al bisogno di toccarsi anche allora, alla luce del sole.

Si sono baciati, fugacemente, con urgenza, come se un bacio potesse restituire quello che si erano tolti, riavvolgere il tempo e cancellare i dubbi. Scomposti, allacciati, irrefrenabili.

Era il suo modo per dirgli: quella sera, lo volevo davvero. Ci credevo davvero.

Il suo modo per chiedergli: lo vuoi anche oggi?

Anita ha pensato a quel bacio per tutto il giorno.

Non saprebbe dire come, ma è riuscita a strappargli la promessa che ne avrebbero parlato a cena, anche se il meeting va per le lunghe e Anita non è nemmeno sicura che riuscirà a vedere Max prima del mattino successivo.

Lo aspetta nel motorhome, con il pc sulle ginocchia e una tazza fumante di caffè tra le mani, che sa di buone intenzioni e occasioni uniche.

Cerca di tenersi impegnata, sistemando il piano editoriale e rispondendo ad una valanga di mail che si sono accumulate nelle settimane precedenti, ma si sente piuttosto distratta e continua a guardare il suo cellulare in attesa di un qualche cenno.

Un movimento fugace appena fuori dalle vetrate cattura la sua attenzione per un istante, facendole sollevare lo sguardo appena in tempo per catturare la figura di un ragazzo, che non somiglia per niente a quello che sta aspettando.

Le sue sopracciglia si alzano e si incontrano al centro della fronte, dalla sorpresa.

Daniel varca la soglia con passo svelto e molleggiato, con i ricci scuri scossi dal vento e il viso sereno ma serio, in qualche modo. Quando sono abbastanza vicini, la bocca gli si apre in un sorriso caloroso che traspare anche dalla mascherina, anche se gli occhi restano un po' più bui del solito.

"Ehi, Ani"

Lei gli sorride istintivamente, ricambiandolo, con la mascherina che le pende dall'orecchio sinistro. Allunga anche la mano per salutarlo, sinceramente felice di vedere una faccia amica. Non sono molto in confidenza, ma Daniel è probabilmente una delle persone più genuine che ha conosciuto da quando lavora in Formula Uno, e le fa sempre piacere averlo intorno.

"Ciao Dan!" gli risponde, con enfasi, chiudendo il pc e poggiandolo sulla sedia accanto. Poi aggiunge, in tono dispiaciuto, come se fosse scontato: "Max è ancora in riunione, mi dispiace."

Il ragazzo resta un attimo fermo sul posto, senza dire niente, e da come il suo viso si tende in una smorfia Anita capisce che deve esserci qualcos'altro sotto.

"A dire il vero..." inizia lui, soppesando bene ogni parola e provando a istituire un contatto visivo con lei. "Cercavo te." Si passa una mano fra i capelli, scompigliandoseli nervoso. "Possiamo parlare?"

La prima risposta possibile, è la tachicardia.

Anita ha sempre avuto qualche problema con queste formule di cortesia e con l'ansia derivata dal non conoscere l'argomento di conversazione. Anche se, parlando di Dan, non le vengono in mente molte cose che potrebbe avere da chiederle. Giusto due.

E non sa quale delle due conversazioni abbia meno voglia di affrontare.

Annuisce piano, guardandosi intorno, circospetta. Per fortuna sono quasi tutti in riunione, Lynn è girata di schiena, poco lontana, e si sta preparando un caffè prima di tornare a lavoro. Prega solo per la sua sanità mentale che non si volti prima di vederli sfilare fuori dal motorhome, una dietro l'altro, vicinissimi.

Fanno un paio di passi all'esterno, fino a girare l'angolo per proteggersi da sguardi indiscreti. Il clima è freddo e molto umido, la pelle le rabbrividisce sotto l'impermeabile.

"Cosa succede?" si ritrova a chiedere, ansiosa, lanciando una lunga occhiata verso Daniel.

Lui scuote le spalle, scoprendo in un istante tutte le sue carte.

"È per Max."

A sentire il suo nome, il cuore di Anita fa una capriola. Ripensa al bacio che le ha lasciato sulla bocca quella mattina, quando si sono salutati. A quanto erano morbide le sue labbra contro le sue spaccate dal freddo. Al mezzo sorriso che crede di aver intravisto prima che si separassero.

"La scorsa settimana, dopo il casino con Jos, è sparito per ventiquattr'ore. Ha staccato il telefono, non era in casa. L'ho cercato dappertutto, non avevo idea di dove fosse." inizia a dire lui, portando le mani dietro la testa. Sembra molto serio, e questa immagine cozza un po' con quella sempre gioviale che lei gli aveva associato. "Senti, so che è assurdo e che probabilmente mi sbaglio, cerca di non fraintendermi."

Daniel si ferma un momento, come se non sapesse bene come andare avanti, e lei inarca le sopracciglia annuendo leggermente per invitarlo a continuare. Un pensiero devastante le si annida nel cuore.

Lui lascia andare un sospiro, prima di parlare.

"Era con te?"

Anita sente un peso sollevarsi dal petto. Ha fretta di rispondere, vuole rassicurarlo.

"Era a Milton, sì" mormora.

Anche Daniel sembra nettamente sollevato all'idea, e lei lo trova molto sincero nella preoccupazione che mostra nei confronti di Max. Le conferma un po' l'impressione che aveva sempre avuto su di lui e sul loro rapporto.

"E...com'era? Stava bene?" prova ad indagare.

Anita ripensa alla sua parlata trascinata, alla bocca impastata dall'alcol e ai suoi occhi spenti. A posteriori si rende conto di essersi concentrata molto poco sui dettagli preoccupanti di quella sera, persa e catturata com'era dal bisogno di lui, dal desiderio di baciarlo e sentirlo vicino, sempre più vicino.

I suoi occhi devono oscurarsi, sotto il peso di quei pensieri, perché sente la sua mascella serrarsi.

"Lo prendo per un no" sospira Daniel.

Il modo in cui lui incassa le spalle, rassegnato, fa pensare ad Anita che lui sia a conoscenza di molti risvolti che lei ignora, e la vede come la sua prima vera occasione di capire e conoscere di più Max. Prima che possa provare a scavare un po' più a fondo però, Daniel la incalza con un'altra domanda, che prova con tutte le sue forze a non fare ma che resta chiaramente sottintesa.

"Non sta a me chiederti altro, Ani. Non so cosa ci sia fra voi e non mi interessa saperlo."

Mentre parla, gesticola molto, spostando il peso da un piede all'altro, con l'adrenalina ancora in circolo.

"Solo...stai attenta" le dice, e per un attimo le sue parole si sovrappongono a quelle che Lynn le aveva rivolto dopo il suo ritorno da Monaco quando ancora, per qualche assurda ragione, cercava di non arrendersi al fatto che si sentisse dannatamente attratta da lui. "Per il tuo bene, e per il bene di Max."

Il tono di Daniel è paterno, in qualche modo, rassicurante. Nonostante le sue parole non lo siano per niente.

"Cosa stai dicendo?"

"Lui è instabile. Una maledetta bomba ad orologeria. Quest'anno sta cercando di mantenere la calma e lo sta facendo anche per te. Fidati Ani, non lo hai visto al suo peggio. Non ci sei andata nemmeno vicina." Le si avvicina di un passo, di modo da poterle toccare la spalla con la mano. Lei ha la netta sensazione che questa conversazione sia cruciale e definitiva. "Tu mi piaci. Non voglio che nessuno dei due si faccia male."

Anita non ha tempo né modo di ribattere, perché Daniel deve vedere qualcosa alle sue spalle che lo turba e gli spezza il fiato. Il suo viso torna molto espressivo e sorridente, ma in modo costruito. La saluta con una pacca sulla spalla e torna sui suoi passi, senza aggiungere altro, lasciandola sola e con più domande di prima.


Il Gran Premio di Russia è andato meglio del previsto, e questo ha influito positivamente sull'umore di Max Verstappen. Anita non ne è sicura e non si vorrebbe sbilanciare, ma crede addirittura di averlo visto sorridere, sul podio, durante la premiazione, appena un gradino sotto Valtteri Bottas ma appena un gradino sopra Lewis Fenomeno Hamilton.

Sono quelle piccole rivincite che a Max piace prendersi, specie quando è assolutamente certo che avendo la stessa macchina lo guarderebbe dall'alto in basso molto più spesso.

Cerca lo sguardo di Anita, fra la folla, con difficoltà, ma quando lo incontra non lo lascia andare.

Il che è un po' una metafora di come stanno andando le cose fra di loro.

Con il freno tirato per lunghi tratti, a tavoletta il resto del tempo.

Lei si chiede se e quanto sia sano questo modo che hanno di scoprirsi, alla ricerca di spigoli comuni in cui incastrarsi, fatto di alti e bassi continui, un passo avanti e tre indietro, consci e incuranti del rischio che comporta fare di un'altra persona il centro del tuo universo.

Anita lo ha sempre saputo che Max Verstappen le avrebbe rovinato la vita. Lo sapeva quando lo ha visto la prima volta a Milton Keynes, quando lui le ha offerto un vestito bellissimo e una sigaretta sui tetti di Monaco, quando ha risposto al suo messaggio quella notte e quando le si è addormentato affianco in quel posto orrendo che lei chiama casa.

Quello che Anita non ha mai messo in conto, almeno prima di parlare con Daniel, è che potrebbe essere lei quella che rovinerà la vita di Max.


*


Le cose, ancora una volta, non sono andate come aveva previsto.

Anita ha sempre pensato di essere una persona molto metodica e organizzata, una di quelle in grado di pianificare tutto nel più minimo dettaglio. Qualcosa, però, ad un certo punto deve aver iniziato ad andare storta, portandosi dietro a mo' di valanga tutta una serie di imprevedibili conseguenze.

È così che si ritrova nel cuore della notte sulla banchina dei taxi all'aeroporto di Nizza, con una borsa di pelle afflosciata sulla spalla da cui spunta il collo di una bottiglia di Champagne appena acquistata, e un'espressione afflitta che urla in ogni centimetro del suo viso: ma perché tutte a me?

L'atmosfera è rischiarata da una lunga fila di lampioni ed Anita si ripara dall'oscurità sotto il cono di luce proiettato da uno di questi. Non vorrebbe chiamare, ma è tardissimo e non c'è anima viva a cui chiedere un passaggio fino a Monaco. Nessuno poteva prevedere che avrebbero cancellato l'ultimo treno, giusto?

Le tue idee sembrano sempre geniali, prima di metterle in atto.

Sospira, prima di tirare fuori il telefono dalla tasca e digitare il numero sulla tastiera. Tanti cari saluti al tempismo. Tanti cari saluti alla sorpresa.

"Pronto?" chiede una voce assonnata dall'altro capo del telefono, e poi aggiunge: "Ani?"

Il cuore le accelera nel petto, quando sente la sua voce graffiarle l'orecchio. È difficile e travolgente abituarsi a Max che le risponde al cellulare, Max che la chiama col suo nome.

"È così imbarazzante, cazzo" dice lei, più a sé stessa che al ragazzo assonnato che le ha appena risposto. E le pesa molto pronunciare le parole che seguono, come se temesse in una reazione spropositata da parte sua. "Sono a Nizza" dichiara, mordicchiandosi il labbro. "Ci sono delle possibilità che tu sia libero e mi venga a prendere?"

Anita si stringe nella giacca leggera, mentre uno sbuffo di vento le fa svolazzare l'orlo della gonna sulle gambe. Sente gli occhi chiudersi per la fatica.

"Cosa significa che sei a Nizza?"

Max ha la voce impastata e stanca. Come dargli torto. Sono le due e quaranta del mattino, ed è il giorno del suo compleanno.

"Quello che ho detto." Risponde lei, spazientita. "Sono a Nizza e fa freddo e buon compleanno Max Verstappen."

Si morde l'interno della guancia mentre gli parla. Strofina la punta della scarpa contro l'asfalto fresco. L'aeroporto è deserto a quest'ora.

"Non ti muovere." Dice Max.

E Anita pensa: non ho intenzione di andare da nessuna parte.


//Spazio autrice (rediviva)

Dopo dieci giorni, rieccomi. Scusatemi per il ritardo abominevole ma la scorsa settimana è stata a dir poco infernale e questo capitolo mi ha fatta penare. In più c'è stato di mezzo il mio compleanno (sigh) e non sono riuscita a lavorarci quanto dovevo.

Nel piano originale questa doveva essere circa la prima metà del capitolo, ma più andavo avanti e meno mi sembrava coerente accorpare due parti con temi e toni così diversi. Ovviamente: verrà più lunga di quanto non pensassi, dubito fortemente di riuscire a stare in 7-8 capitoli.

Il dialogo fra Anita e Dan è molto molto importante, e ci sono molti indizi che potrebbero farvi intuire cosa sta per succedere. In mezzo a tutto questo dramma, il prossimo capitolo sarà pieno di cose belle, ma sarà solo la calma prima della tempesta. Perciò vi avviso, penso impazzirete.

Col capitolo ventisei ci vediamo fra una settimana (circa) da oggi. Leggete, votate, commentate se vi va. Mi siete mancate un sacco.

Vostra sempre, T.


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