Undici.
Il sogno è sempre lo stesso, ma l'atmosfera si è fatta più cupa. La sala da ballo è immersa in un silenzio spettrale nonostante la moltitudine di persone che la circondano, festanti, con in mano calici grondanti Champagne. L'unico rumore che rimbomba in tutta la stanza è il suono dei suoi tacchi sul pavimento di cristallo. Ha l'allarmante sensazione di essere alla ricerca di qualcuno, ma non riesce a ricordarsi chi sia, e continua a percorrere in lungo e in largo la sala, incapace di riconoscere il volto di nessuno. Poi, il suo sguardo allaccia un paio di glaciali occhi azzurri, e si sveglia.
Il suo primo viaggio di lavoro come editor impiegata Red Bull è su un volo di linea deserto diretto a Budapest, che parte da Londra molto presto, la mattina del giovedì. Ormai è luglio inoltrato e la temperatura è più mite, nonostante le nuvole oscurino comunque il sole, regalando un'atmosfera pacifica e soffusa.
Paul è ancora il suo superiore ma, adesso che anche lei ha un contratto, lo percepisce meno come un cuscinetto fra lei e tutti gli altri, e questo ha alleggerito la situazione. Le cose fra loro due sono meno strane, pur essendo ancora parecchio confuse, ed Anita si chiede perché non riescano a comunicare a parole bene come riescono a farlo con i loro corpi.
Questo weekend, in ogni caso, Paul è rimasto a Milton, e il sedile accanto al suo sull'aereo è occupato da Lynn, molto più equilibrata e allegra, e con cui per certo non finirà per fare sesso in ogni caso.
La ragazza bionda è stata molto felice della decisione di Anita di accettare il posto. Non ci sono molte donne in azienda ed è bello avere qualcuno nel proprio team con cui fare fronte comune. Nel corso delle ultime settimane hanno iniziato a conoscersi meglio, e la sua compagnia le è incredibilmente piacevole, come una boccata d'aria fresca.
"Mi dispiace che tu ti sia unita a noi proprio quest'anno." Le dice Lynn, spensierata, mentre lavora sulle grafiche del sito. Approfitta perfino del volo aereo per cercare di tenersi al passo con le consegne. "Adoro venire in Ungheria, vado sempre alle terme quando veniamo qui."
Chiacchierano per tutta la durata del viaggio, e anche una volta atterrate, mentre un taxi le accompagna in albergo. Letteralmente non smettono mai di parlare. Anita pensa che Lynn sia un po' logorroica, ma accetta di buon grado questo sottofondo costante, se può tenerla occupata e impedirle di annegare nei suoi pensieri. Sono diverse notti che non dorme bene, e il rimuginare è la ragione principale per cui non lo fa. Una delle ragioni principali, quanto meno.
Non può che sentirsi sollevata, però, quando arrivate alla reception, le loro strade si separano.
"Ci sei per la conferenza?" le chiede la collega.
Anita si stringe nelle spalle prima di girarsi e dirigersi verso l'ascensore: "Non che adesso io possa evitarlo."
"Ti abituerai" risponde Lynn, rivolgendole un sorriso caloroso che traspare anche dalla mascherina. "Non è una brutta vita."
No, pensa Anita, decisamente non è una brutta vita.
L'ascensore ha un jingle fastidioso, e si ferma ad ogni piano nonostante nessuno sia davanti alle porte quando queste si spalancano al centro del corridoio.
Quando arriva al quinto piano, la prima cosa che fa è andare in bagno a sciacquarsi il viso, per cercare di lavare via i residui che il sonno ha lasciato appiccicati alle sue palpebre. Lo scorrere dell'acqua ha un effetto calmante sui suoi nervi, e dopo pochi minuti si sente già un po' meglio.
Il senso di inquietudine però permane, e sa bene che in queste circostanze c'è una sola cosa che la aiuta davvero.
Anita trascina il suo bagaglio fino allo sgabello reggi valigia e apre la zip con un colpo secco, facendo cadere per terra gran parte dei suoi vestiti. Si lascia sfuggire un grido frustrazione, e rovista con la mano alla ricerca del pacchetto di sigarette che ha portato con sé.
Quando finalmente avverte la forma familiare fra le sue dita, sente un'ondata di sollievo avvolgerla.
La stanza purtroppo, pur essendo accogliente e ben arredata, ha solo una stretta finestra rettangolare, da cui si intravede una parte del parcheggio. Anita di solito preferisce avere un balconcino in camera, per poter fumare indisturbata in vestaglia e ciabatte, ma non può avere grandi pretese.
Nemmeno si cura della scia di distruzione che ha già disseminato all'ingresso della stanza: dopo aver infilato la chiave magnetica nella tasca posteriore dei jeans, spalanca la porta e imbocca il corridoio che ha appena percorso.
Non incontra nessuno, durante il breve tragitto che la separa dal giardinetto davanti alla struttura, il che è davvero strano, considerato che team e piloti dovrebbero essere tutti in dirittura d'arrivo.
Una volta all'esterno, individua un angolino riparato con una panchina di legno, che le sembra perfetto. È una bella giornata, tutto sommato, ed è ancora abbastanza presto.
Prima che abbia anche solo l'occasione di sedersi, vede una figura scendere le scale a due a due, in lontananza, e avvicinarsi a grandi falcate verso di lei. Nonostante la distanza, la riconosce quando è poco più di un puntolino con il berretto.
Anita avverte una strana sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco, come se qualcuno le avesse tirato un pugno con tutte le sue forze, ma cerca di ignorare il fastidio.
"Ehi" dice Max, affrettandosi finché non è ad una decina di passi da lei, la mascherina ancora in mano.
Indossa dei pantaloni corti ed una polo scura, che gli cade a pennello evidenziandone la figura. Ha il viso arrossato e sembra trafelato, come se avesse percorso tutta la strada dalla sua stanza a quel punto correndo. Non il massimo per quello che dovrebbe essere un'atleta professionista.
Anita lo guarda, perplessa, il pacchetto di sigarette ancora in mano, fra le dita.
"Ehi?" gli fa eco, con le sopracciglia aggrottate, interrogativa. Lui resta fermo per una manciata di istanti, senza avvicinarsi e senza aggiungere altro.
"Ti stavo chiamando, prima." Dice, alla fine, indicando dietro di sé con il pollice.
Per chiamarmi si suppone ti ricordi come mi chiamo. Pensa Anita, ma quello che dice è:
"Cos'è, adesso ci parliamo?"
Max si sistema la visiera con la mano sinistra, e si calca il cappello più a fondo sulla testa, per prendere tempo.
"Ho già fatto la figura del coglione a sufficienza." Dice, mordicchiandosi il labbro. Non sembra davvero in imbarazzo, né tantomeno dispiaciuto, ma sembra in qualche modo sincero, come se stesse facendo una mera constatazione dei fatti.
Anita abbassa lo sguardo e sfila una sigaretta dal pacchetto, per poi riporlo in tasca, con accuratezza.
Max la fissa, ipnotizzato, senza sapere cosa fare con le sue mani.
"Puoi ben dirlo" rincara la dose lei, e si infila la sigaretta fra le labbra, armeggiando con le tasche dell'impermeabile per trovare l'accendino. Tiene lo sguardo basso, ma ha la netta sensazione che lui la stia fissando.
"Volevo solo dirti che, ora che sei davvero una dipendente, per lo meno..."
Anita ferma l'accendino a mezz'aria, con un'espressione a dir poco contrariata dipinta sul viso. Stava andando tutto così bene.
"Perché, solo i veri dipendenti meritano rispetto?" afferma, con tono sarcastico, provando a far scattare l'accendino.
Max si rende subito conto della gaffe, e si strofina il palmo della mano sulla fronte. Nonostante siano lontani, lei riesce a percepire il suo corpo nello spazio e si sente in qualche modo schiacciata da lui e dalla sua presenza.
"Quello che intendevo dire" riprova, la lingua appoggiata per un attimo al labbro superiore. "è che siamo partiti con il piede sbagliato."
Lo scatto fa partire la scintilla, che si accende in una piccola fiamma, che Anita accosta alla punta della sigaretta, per prendere una boccata di fumo.
"Cos'è, Verstappen, vuoi diventare il mio amico del cuore?" ribatte lei, rivolgendogli un sorriso canzonatorio.
Non sa perché si stia accanendo così tanto con lui. O meglio, è difficile non farlo quando lui non ha perso occasione di tormentarla e questa è la prima volta che le parla come se fosse una persona.
Max, d'altro canto, non sembra colpito dalla sua risposta, come se non si aspettasse nulla di diverso, come se fosse abituato ad essere trattato così.
"No" le dice, come se fosse ovvio, alzando gli occhi al cielo. "Solo che potremmo evitare di risponderci di merda senza motivo, non trovi?"
Anita continua a fumare, studiando il ragazzo e i suoi movimenti, misurati ed essenziali. Non si capacita di come riesca a sembrare impassibile anche in una situazione del genere. Per un attimo le ritorna alla mente il suo sogno, e lui che la faceva volteggiare sulla pista, trattenendola con le sue mani, quasi infantili, come si trattiene qualcosa che si è già perso.
Quando incrocia di nuovo i suoi occhi azzurri, Max è di nuovo Max, ed è molto spazientito.
"Oppure puoi fare come cazzo preferisci." Sbuffa, con una smorfia.
"Ne vuoi una?" chiede Anita, porgendogli improvvisamente il pacchetto che aveva sepolto nella tasca dell'impermeabile. Max aggrotta le sopracciglia e la guarda, confuso, spostando lo sguardo da lei al pacchetto, e viceversa. Il labbro superiore gli trema, e per un istante la maschera si sposta, ma poi si ricompone.
"Non posso" dice, semplicemente, ma non sembra convinto. Anita non sa se Max fumi o meno, ma sa per certo che sta lottando contro sé stesso per non sfilarle l'intero pacchetto dalle mani.
"Come non detto." Conclude lei, e si appoggia al muro con la schiena, espirando un'altra piccola nuvola di fumo.
"Adesso devo andare." Mormora Max, distogliendo lo sguardo da lei, come se fosse improvvisamente troppo luminosa.
Se il suo comportamento a Spielberg le era sembrato quanto meno bizzarro, Anita è sconcertata dalla loro conversazione. Non riesce a credere che la persona che l'ha umiliata il suo primo giorno di lavoro, sia venuta con la coda fra le gambe a chiederle di intrattenere un rapporto più civile.
Sembra troppo ragionevole. Troppo poco Max Verstappen.
Il ragazzo le fa un cenno con il mento, a cui lei risponde con un breve saluto con la mano libera. Non appena lui le volta le spalle però, Anita richiama il ragazzo per nome, e lui si ferma sul posto prima di ruotare il viso verso di lei.
"Max?"
"Sì?"
C'è qualcosa nel suo tono di voce, che Anita non riesce a decifrare.
"È stato Horner a dirti di venire qui a dirmi tutte queste stronzate?" chiede.
Non sa esattamente come le sia venuta fuori una cosa del genere, ma deve essere veramente un'ipotesi divertente, perché Max si lascia scappare una risata spiacevole, prima di ritornare sui suoi passi.
Le si avvicina, questa volta molto di più, fino a che non arriva a poco più di un metro da lei. Ora che sono così vicini, Anita può vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente, la barba fresca di rasatura e può addirittura sentire l'odore di Max.
"Ti riesce così difficile credere che io possa essere un essere umano decente?" sputa lui, stringendo i pugni lungo i fianchi. Il suo tono è sprezzante, e la bocca contratta. Gli occhi sono stretti in due fessure, e si tingono di una sfumatura cupa e minacciosa, mentre si puntano in quelli di lei.
Immagini del primo Gran Premio passano in rapida rassegna nel cervello di Anita. Lo scherno, l'indifferenza, e poi la rabbia, cieca e indomabile.
Anita non conosce Max Verstappen abbastanza per sapere se è davvero pazzo o no, o se ci sia una ragione dietro a questi suoi comportamenti apparentemente ingiustificabili. Diavolo, non conosce Max Verstappen abbastanza nemmeno per sapere se le piace o no.
Una cosa però è per lei lampante. Il ragazzo che le sta davanti è in perpetuo equilibrio instabile. All'esterno può sembrare calmo, ma basta un niente per farlo scattare.
"Penso tu debba decisamente darti una regolata." Dice Anita, spegnendo la sigaretta contro il bordo del cestino. Lui fissa insistentemente la mano di lei, mentre fa pressione con le dita contro il metallo.
Apre la bocca, e sta davvero per dire qualcosa.
Anita gli legge in viso che sta per sfogarsi su di lei, tirando fuori cose perfide ed esagerate che la faranno piangere, come se fosse pronto a sbranarla.
Passano secondi interminabili, ma non succede niente.
Niente di niente.
E quella è l'ultima volta che si parlano, fino a domenica.
//Spazio autrice (sì, come no)
Ben ritrovate amiche con un nuovo aggiornamento notturno. Scusate se il capitolo è un po' più breve del solito, ma ho avuto un weekend molto intenso e ho pensato di dividerlo a metà. Sono estremamente soddisfatta, perché è difficile per me scrivere scene particolarmente ampie di solito ed è la prima volta che porto un capitolo che si regge quasi interamente su una scena.
Cosa ne pensate so far del comportamento di Max? Riuscite ad immedesimarvi in Anita? Personalmente lei è molto diversa da me, e molto di rado sono d'accordo con i suoi comportamenti, ma è un po' il bello della storia, a mio parere!
L'altalena emotiva è solo agli inizi, nel prossimo capitolo avremo una "guest star" molto importante e spero davvero di riuscire ad inserirla al meglio.
Ancora un grazie infinito a tutte voi che mi seguite, che votate e commentate. Vi abbraccio tutte, una ad una.
Vostra sempre, T.
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