Trentasette.
È qualche minuto prima dell'alba.
Le tende scure sono scostate, ed il cielo che sovrasta il deserto inizia a tingersi di sfumature azzurre nel silenzio perfetto delle prime ore del mattino. Non c'è abbastanza luce per distinguere altro che non sia il profilo di due corpi vicini distesi sulla schiena, che si muovono appena.
Max è sveglio da un'ora. Be', in realtà è sveglio da giorni.
Anita è abbastanza sicura che non chiuda occhio da martedì, quando è trapelata la notizia più sconvolgente della stagione e, all'improvviso, tutte le carte in tavola sono cambiate.
Lewis Hamilton, il Re Mida della Formula uno, è positivo e non in senso buono.
Quando il risultato del tampone è stato reso noto, i giornalisti hanno montato su un caso mediatico senza precedenti. E questo non è mai un bene per nessuno.
Tranne per il fatto che significa, fra le altre cose, che il neocampione del mondo non potrà partecipare al Gran Premio del Sakhir. Il suo diretto rivale, il favorito assoluto, l'ostacolo più ingombrante fra lui e la vittoria, è fuori dai giochi. E poco importa che qualsiasi possibilità di avvicinarsi al titolo sia sfumata, il desiderio di vincere è una dipendenza impossibile da sedare.
D'altra parte, l'assenza del Re comporta anche che tutti si aspettino di vedere la vettura 33 tagliare per prima il traguardo.
Il terribile Max Verstappen, da sempre nell'occhio del ciclone, ha un grosso bersaglio rosso sulla schiena e più di un collega che non vede l'ora di farlo fuori. Ha fatto il suo per mesi, indisturbato, e tutt'un tratto è la stagione di caccia.
Ma Max non ha paura.
Col team ha ostentato una calma che non gli appartiene, mentre alla stampa ha mostrato la solita faccia tosta, quella di chi letteralmente morirebbe pur di non dare alcun tipo di soddisfazione. Freddo, calcolatore, assolutamente distaccato.
Che vengano a prendermi se proprio devono. Ha dichiarato, durante la conferenza stampa. Be', che ci provino almeno.
La dura e cruda verità è che a Max piace da morire essere l'uomo da battere. Gli piace che gli altri riconoscano il suo valore e che lo elevino a metro di paragone. Gli piace essere temuto, sembrare imprevedibile e far parlare di sé. Soprattutto, Max adora che sia chiaro a chiunque che l'unica cosa che si frappone fra lui e un titolo mondiale sia Lewis Hamilton, il pilota più vincente di sempre. E questo non è un segreto, lo sanno tutti.
C'è qualcosa che sa solo Anita, però.
Nulla è gratuito a questo mondo, ed il prezzo da pagare per essere com'è Max è molto alto.
Il peso delle aspettative non lo schiaccia, ma lo controlla in modo molto più subdolo. È come un'iniezione di adrenalina, come una droga. Una volta che gli si diffonde dentro non c'è verso di fermarlo. Lo manda su di giri, gli rende impossibile staccare la spina, riposare.
Lo tiene sveglio la notte.
E se già normalmente gli è difficile infilare più di quattro o cinque ore di sonno nervoso e discontinuo nell'arco della stessa giornata, quella settimana ha passato ogni notte con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto della sua camera d'albergo, tanto che adesso ne conosce ogni palmo, ogni centimetro.
Salire in macchina di solito aiuta, ma quel weekend ha fatto più danni che altro.
Anita, per parte sua, oberata dalle nuove mansioni, ha cercato di essere presente, di aiutarlo come poteva. C'è quasi impazzita, insieme a lui.
Ha inghiottito l'orgoglio, si è fatta urlare contro e mandare al diavolo, ma non se n'è mai andata. Nonostante fosse stanca morta, ha passato con lui ogni notte, sveglia per lo più, quando riusciva a non crollare, ad ascoltarlo e a cercare di tamponare la frustrazione di essere dietro ad uno che fino a ieri guidava la macchina più merdosa della pista e che ora magicamente era il nuovo favorito.
La verità, le ha detto Max a denti stretti, la notte del venerdì, mentre si rigirava, incapace di trovare una posizione abbastanza comoda, è che non c'entra niente quanto sei bravo. L'unica cosa che conta davvero è avere o non avere il culo su una Mercedes.
L'orologio digitale sul comodino segnava le tre, le tende erano tirate e l'oscurità avvolgeva ogni cosa. Lei gli ha afferrato il braccio con la mano, da sopra alle lenzuola, quasi temendo di sentirlo sgusciare via.
Ti ricordi Silverstone? Ha detto, con la voce impastata dal sonno. Mi avevi detto che non avevi vinto, ma che lo avresti fatto. Ed è successo. Una settimana dopo.
Lui si è concentrato sulle cose sbagliate, come al solito.
Quindi dai per scontato che non vincerò domenica? Ha chiesto, con una punta di sconforto nella voce. Le si è stretto il cuore a sentire la sua voce piccola. Per un attimo si è chiesta se non fosse sul punto di piangere.
Dopo mille tentativi fallimentari di tenerla fuori dalla sua vita, ad un certo punto, non saprebbe dire con esattezza quanto, è successa una cosa inaspettata. Max ha iniziato a fidarsi di lei.
Non ho detto questo, Max. Ha proseguito Anita, spostandosi sul fianco ed allungandosi fra le ombre per farglisi più vicina, con il cuore in gola. Ti sto dicendo che non serve che Lewis Hamilton non ci sia o che gli scoppino tutte le ruote o che gli diano un milione di secondi di penalità per vincere. Tu lo puoi battere. Tu lo hai già fatto. Ti sto dicendo di non credere a quelli che dicono che è la tua migliore possibilità.
Lui ha individuato il suo viso molto più facilmente, con gli occhi abituati all'oscurità. Le ha sfiorato la guancia con il dorso delle dita e lei ha pensato che avrebbe rinunciato a dormire per sempre se questo le avesse garantito di poter essere accarezzata così da Max fino alla fine dei suoi giorni.
L'ha baciata molto forte, dopo, e questo è servito a mandarla avanti fino alla fine del weekend.
Se Max è abituato a non dormire restando funzionale, in qualche modo, per Anita la storia è molto diversa. La stanchezza le appiccica le palpebre e la fa sbadigliare in continuazione. Il suo consumo di caffeina è salito in picchiata, al punto che è costantemente tachicardica e le mani le tremano in modo incontrollato. È stremata, irrequieta e intrattabile. Se ne sono accorti tutti ma nessuno ha avuto il coraggio di farglielo notare.
In attesa che il sole sorga, domenica mattina, l'unica cosa a cui riesce a pensare è che è grata che la settimana sia finita. A prescindere dal risultato della gara, quella sera precipiterà sul materasso della sua stanza e dormirà per dieci o dodici ore di fila, anche a costo di perdere l'aereo per Abu Dhabi.
Sente Max muoversi al suo fianco, e si irrigidisce. È esausta e non ha affatto voglia di sentire altre lamentele e paranoie su cosa succederà e su come Charles Leclerc gli rovinerà sicuramente la gara perché è uno stronzo. Si sente orribile anche solo a pensare ad una cosa del genere, ma la deprivazione del sonno gioca brutti scherzi.
"Sei sveglia?"
Sbadiglia, in risposta, mentre si stiracchia nella penombra della stanza. La sua schiena fa un crac secco, e Anita si lamenta contro il cuscino.
Max ridacchia. E quel suono, che dovrebbe tranquillizzarla, in realtà un po' la innervosisce, perché come osa ridere e scherzare quando lei sta sacrificando ogni briciolo di riposo e di sanità mentale per farlo sentire meglio? Che razza di stronzo.
È quasi pronta a rispondergli per le rime, lanciandogli qualche frecciata velenosa, quando lui allunga un braccio verso di lei, come per farle una carezza. È a malapena un leggero tocco sulla spalla, ma ha il potere di tranquillizzarla istantaneamente.
"Ani, puoi dormire, lo sai vero?" la rimprovera, ma lo fa in un modo diverso dal solito, quasi dolce.
Non le ha chiesto di rimanere perché non lo avrebbe mai fatto, ma Anita sa che è grato.
"Non sono stanca" trova il modo di dire lei, con la voce gracchiante, mentre si sfrega gli occhi arrossati con i palmi aperti delle mani. E non è davvero una bugia, perché stanca non è affatto la parola più adatta a descrivere come si senta. Devastata, forse.
Prosciugata.
"Fai schifo a mentire"
Il materasso si piega sotto il peso del corpo di Max, quando lui le si fa più vicino. Anita batte le palpebre, cercando di incontrare il suo sguardo, ma lui la precede. Si china su di lei, chiudendo lo spazio vuoto fra di loro, e la bacia.
Ci vuole una frazione di secondo per capire che non è un bacio normale.
La pressione è decisa, il tempismo famelico.
È un gesto urgente, che tradisce un bisogno inconfessabile, profondo e viscerale.
Con gli occhi, al buio, la cerca. La sua bocca la morde, la lambisce e la accarezza, scuotendola dall'interno. Con le mani attorno al suo viso e fra i suoi capelli, cerca di imprimersi dentro di lei, quasi temesse di sentirla dissolversi nel vento come la sabbia del deserto. Così comunica Max, senza parlare.
Ed è così chiaro, nel mondo che ha di stringerla a sé. Puro come solo le cose vere sanno essere.
Il desiderio di tenersi, misto alla paura di perdersi.
Le dice mi dispiace se sono così, le dice grazie perché non te ne frega niente. Le dice so che vorresti andare via ma, per favore, resta.
Ed Anita risponde alle preghiere. Resta. Ricambia. Vuole e prende.
Il modo in cui si allacciano, al buio, la fa sentire forte. Invincibile. Come se, di riflesso, insieme a lui anche lei potesse fare qualsiasi cosa.
Una piccola parte del suo cervello, quella più razionale, quella affidabile, quella che dovrebbe decisamente ascoltare, le urla di stare attenta e che è una reazione strana da parte sua e che qualcosa non va. Mentre un'altra, quella che va avanti per inerzia a botte di caffeina, semplicemente, la mette a tacere. La schiaccia in un angolo, dove non può interferire.
Perché è così bello perdersi in Max.
Quando le labbra di lui si spostano dalla sua bocca, scivolando giù per il collo e lungo la clavicola, per un attimo il cervello di Anita si spegne del tutto e lei si abbandona completamente al contatto.
Tira su una mano per sfiorare il petto nudo e caldo di lui, per spingerlo su di sé. Ne vede solo il contorno, la sagoma scura che la sovrasta, e questo rende la sensazione tattile ancora più violenta. Le toglie il respiro.
Dimentica tutto, quando si tratta di Max.
Quando lui sovrappone la sua mano a quella piccola di lei, e la riporta sul cuscino con fermezza, nella sua testa non c'è spazio per pensieri complessi, pensieri che non siano ti voglio, ho bisogno di te, Maxmaxmaxmax.
Le blocca entrambi i polsi, continua ad accarezzarle il collo con il naso, le labbra, la punta della lingua.
All'improvviso, qualcosa, un campanello d'allarme, si accende.
"Max?" chiama, mentre lui libera una mano per sollevarle la maglietta sul seno.
"Sì?" mormora, sulla pelle, facendola tendere e ricoprire di brividi.
Le lascia un bacio sullo sterno. Uno più a sinistra. Poi uno appena sotto l'areola. La morde, un po'. Non c'è alcuna traccia di possesso, nei suoi gesti. Sembra piuttosto un qualche tipo di venerazione.
"Cosa stai facendo?"
Lo sussurra, o almeno pensa di sussurrarlo, perché la sua voce è molto più acuta e stridula del normale.
"Cosa ti sembra che stia facendo?" la rimbecca lui, strofinando la punta del naso sul suo addome. Sembra così innocente, quando lo chiede.
Ed è una domanda retorica che la scombussola da capo a piedi e le fa provare una scarica di adrenalina che la sveglia più di qualsiasi caffè. Il modo in cui il suo corpo risponde al tocco di Max ha qualcosa di incredibile. Sa cosa le piace, dove le piace ed esattamente come le piace. Le mani di Max sono le sue mani.
Probabilmente è questo a mandarla così fuori di testa. Non ha mai scopato con qualcuno che la conoscesse così. Quando lui si sposta fra le sue gambe, lei si lascia andare ad un lamento di frustrazione.
Che tempismo di merda, sinceramente.
Anita odia fare la parte della persona responsabile, principalmente perché lei non lo è per niente.
"Max, c'è la gara"
Lui continua imperterrito a lasciarle baci umidi sulla pelle, come se l'informazione nemmeno lo riguardasse. Sembra di ottimo umore, e la cosa la stupisce e la spaventa al tempo stesso.
"Non rilevante."
Suggella le sue parole con un altro bacio, questa volta appena sopra al bordo degli slip scuri di lei, facendole inarcare la schiena. Se pensa che basti così poco per spezzare la sua buona volontà, ha assolutamente ragione.
"Max" ripete, portandogli entrambe le mani fra i capelli e sortendo l'effetto opposto a quello sperato.
Non ha fretta, non è impaziente come al solito. Sembra avere tutto sotto controllo, tutto il tempo del mondo.
"È il mio nome." Conferma lui, accarezzandole il fianco con la mano ed infilando la punta delle dita sotto al tessuto. Anita riesce a sentire il suo corpo in procinto di scivolare in una bolla di piacere, e sa che non c'è modo di tornare indietro.
"Max" lo blocca, con più decisione, puntellandosi sui gomiti per recuperare centimetri preziosi e allontanarsi brevemente dalla portata delle sue labbra.
C'è più luce, adesso. Il sole è sorto quasi del tutto, ed il cielo è un'esplosione di colori.
L'unico di cui lei importi, però, è il particolare punto di azzurro che hanno gli occhi cristallini di Max, mentre la studiano, seri. Ci vede passare attraverso, in un lampo di lucidità, la paura di aver superato un limite invisibile, di essersi imposto troppo, e nel modo sbagliato. Le mani si fermano, ma non interrompono il contatto.
"Non possiamo." Gli ricorda lei, mordendosi il labbro inferiore nel tentativo di calmarsi. In fondo è stato lui a chiederglielo, diverse settimane prima. Niente sesso nei weekend di gara. Mai e in nessun caso. Era stato molto chiaro, su questo punto.
Per quella che sembra un'eternità, non c'è alcun suono nella stanza che non sia il rumore pesante dei loro respiri affannati. Poi lui batte le palpebre, ed i suoi occhi sono di nuovo imperscrutabili.
"Ti sbagli" le dice, con le labbra appena dischiuse. Anita aggrotta le sopracciglia, al massimo della confusione. "Tu puoi eccome."
Le lascia un bacio sull'inguine. Il cuore le batte così forte che potrebbe scoppiarle nel petto.
Quando prova a parlare, lui le preme l'indice sulle labbra finché non riesce ad aprirle.
"Basta parlare. Mi stai facendo venire mal di testa"
Anita gli fa il verso, ma dura poco, perché Max non si ferma finché dentro alla bocca di lei non c'è spazio per niente che non sia il suo nome.
//Spazio autrice (non ve lo aspettavate eh)
Quando ho messo giù le idee per questo capitolo, all'inizio, non avevo minimamente preventivato di scrivere questa scena. Doveva esserci solo un brevissimo accenno, poi una cosa tira l'altra e mi sono detta: non lo fai mai, non ne parli mai. Perché no?
Come vi dicevo, arrivati a questo punto della storia meglio spararsi tutte le cartucce, raccontare la storia fino in fondo, per intenderci. E non so cosa ne penso, ma sono felice di averlo fatto. Il prossimo capitolo, che doveva originariamente essere il 37, sarà densissimo di avvenimenti e non posso nemmeno promettervi che li conterrà tutti. Inizio a pensare che questa ff non vedrà mai la fine, e che ci saranno infiniti capitoli fra il penultimo e l'ultimo.
Dovrete sopportarmi ancora per un po'.
Arrivati a questo punto: sbizzarritevi nei commenti, leggete, votate e fatemi sapere la vostra. Qui, o su instagram, dove mi trovate come @itstods_wattpad. Ancora grazie a tutte le vecchie lettrici e alle nuove arrivate.
Vi mando un abbraccio infinito,
Vostra sempre T.
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