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Trentaquattro.


//Inizio con l'avvisarvi che per questioni di lunghezza spropositata, il capitolo è stato diviso in due parti. Questa è quella più corposa. Enjoy!

Tell me I'm not going home
And I'll stop waiting by the phone


Lunedì è quando Anita prende un volo di linea Istanbul-Londra e passa tre quarti del viaggio con un bambino che piange nelle orecchie e scalcia contro il suo sedile. Nonostante abbia passato la notte a rigirarsi nel letto senza chiudere occhio, non c'è verso di prendere sonno. Quando l'aereo atterra e lei riaccende il telefono, non ci sono nuovi messaggi, e quella sera, dopo cena, nessuna chiamata.

Giovedì è quando esce per ultima dall'ufficio, a tarda sera, stretta nel suo cappotto scuro, lo stesso di quella cena in Germania da cui sembra passata una vita. Mentre percorre i pochi isolati dalla fabbrica al suo appartamento, compone un numero ed aspetta in silenzio, fino a che non scatta la segreteria. Giovedì è l'ultima volta che lascia un messaggio dopo il bip.

Sabato è quando Lynn le chiede se voglia andare a Monaco con lei per il fine settimana. Andrà da Dan e Anita non vuole essere di troppo, ma non può lasciarsi sfuggire quest'occasione. Quando bussa due porte più in là, all'appartamento con la vista più bella del Principato, nessuno corre ad aprirle, e finisce col fare il terzo incomodo ad una cena molto divertente. Dorme sul divano, abbozzolata in una coperta morbida che ha un profumo accogliente ma sconosciuto, mentre sente Lynn e Daniel parlare, ridere e gemere e poi nient'altro. Sabato chiama tre volte consecutive, ma al secondo squillo butta giù.

Mercoledì è quando il telefono squilla alle sette del mattino, facendola sussultare e precipitarsi giù dal letto col cuore all'impazzata. È Nicole, che la invita ad un imminente colloquio con Christian prima di partire per il Bahrein. Più tardi, è lui a congratularsi con lei e Paul per il loro ottimo lavoro, informandoli che l'accordo con il nuovo sponsor è andato a buon fine. La prima persona a cui vorrebbe dirlo, questa volta, non aspetta nemmeno che il telefono squilli per buttare giù. Mercoledì è l'ultimo giorno che lo chiama.


Anita e Max non si parlano da più di dieci giorni.

In tutti questi mesi di questo anno frenetico e straziante, mai, nemmeno una volta, ha percepito così dolorosamente il peso del suo silenzio. Forse perché prima poteva cullarsi all'idea che lui fosse fatto così, che non volesse legami con lei come non ne voleva con nessun altro, mentre ora sa cosa significa.

Perché dopo il suo ultimo ritiro hanno parlato, lui si è aperto e lei lo ha visto per quello che è davvero. E se c'è qualcosa che terrorizza Max, è sapere che qualcuno conosce tutti i suoi punti deboli.

Anita se lo aspettava, che sarebbe scappato. Quando si è girato in pista durante il Gran Premio, il suo cuore ha perso un colpo. Non è sicura di potersi abituare al pensiero latente ma costante di poter perdere la persona che ama ogni volta che lui sale su quella macchina infernale. Quando si è resa conto che era illeso e che poteva continuare, anziché essere sollevata, ha avuto ancora più paura.

Max diventa incontrollabile quando teme che le cose non andranno come previsto. Diventa impulsivo, disattento, si incattivisce. Dopo aver perso tutte quelle posizioni, Anita ha avuto davvero paura che andasse così forte da schiantarsi contro le barriere.

Un tempo avrebbe detto che lo faceva perché era un ragazzino arrogante del cazzo che non aveva mai imparato a perdere. Adesso sa che la storia è diversa. Ha visto le bruciature di sigaretta. Ha visto le lacrime.

Sa che ha tutta un'altra natura, la paura di Max.

Mi vorrai anche se non sarò il migliore?

Questo le ha detto, la notte del primo novembre, con la schiena al muro e il viso arrossato solcato dalle lacrime, mentre lei cercava di tenerlo insieme ed impedirgli di esplodere in mille pezzi come una supernova.

Anche se non sarò il migliore?

Quando ha tagliato il traguardo sesto, a Istanbul, dopo aver perso la pole per un soffio, Anita lo ha aspettato, nel paddock. Ansiosa e preoccupata. Voleva solo stringerlo fra le braccia, dirgli che era un campione, che non era successo niente, che quel numero del cazzo non significava proprio niente.

Lui l'ha superata con una spallata, la faccia dura e senza traccia di emozioni. Non si è voltato nemmeno una volta a guardarla, come se lei fosse fatta di fumo e lui ci fosse semplicemente passato attraverso. Furioso. Imperscrutabile.

Lo ha chiamato, ovviamente. Più volte. Gli ha lasciato una tonnellata di messaggi.

Ma Max non ha mai risposto. Né quel giorno, né quelli a venire.

E Anita ha iniziato a chiedersi se non avrebbe fatto meglio a stare fuori dalla sua vita, come si erano detti all'inizio. Perché ora il silenzio fra loro fa male.

Cazzo, se fa male.

Si è occupata di alcune storie promozionali per l'evento Red Bull in occasione del giorno del Ringraziamento. Ha passato ore a modificare il layout perché il dannato Paul non era mai soddisfatto e vedere Max in quei filmati non ha fatto altro che darle la nausea. Non ha idea di come reagirà quando lo avrà davanti. E la cosa accadrà molto presto.

Il suo jet potrebbe atterrare in qualsiasi momento. La porta in fondo al corridoio potrebbe spalancarsi e rivelarlo con il suo borsone scuro, cupo e concentrato come sempre. Potrebbe bussare alla uno uno tre. Entrare nella sua stanza con il volto rischiarato. Chiederle perdono in ginocchio e rifugiarsi fra le sue braccia.

Ad Anita piace sognare, ma non è un'illusa. Sa bene che niente di tutto questo accadrà mai. Per quanto ne sa potrebbe anche aver chiesto di stare in un albergo separato, pur di non vederla e non avere nulla a che fare con lei.

Nessuno sano di mente vorrebbe trovarsi ad avere una discussione con Max Verstappen, ma la verità è che lui più che altro è uno che dal conflitto e dal confronto scappa a gambe levate.

Cerca di distendere i nervi con un bagno caldo rilassante nella vasca immensa del suo bagno, con sali e schiuma e tutti i crismi, ma dopo un'ora di ammollo è riuscita solo a causarsi una crisi incontrollata di pianto.

Dopo tutte le cose che sono successe, finisce così Max? Davvero?

Inoltra a Paul i copy definitivi per le storie dell'indomani. Va a letto solo dopo aver controllato se ci sono notizie o messaggi i Max, nonostante il suo cuore conosca già la risposta.


Il venerdì mattina le cose non iniziano bene.

Ed Anita in qualche modo ha la certezza che Max non abbia dormito lì: da quando lo conosce non si è mai perso una colazione in hotel a base di sovreccitazione ed energy drink.

Guarda il caffè e il posto vuoto di fronte a sé con una sensazione di nausea crescente. Ha un nodo allo stomaco, come se tutta la sua tensione si fosse accumulata lì. Come se il suo corpo, prima di lei, sapesse che qualcosa di brutto stava succedendo, era appena successo o stava per accadere.

L'elenco delle sue paranoie si allunga, quando intravede nella sala colazioni un ragazzo vestito di blu, che non è quello che stava aspettando.

Alex la saluta con un cenno allegro della mano, e lei gli risponde con un sorriso a denti stretti che non raggiunge gli occhi. Per quanto sappia di essere veramente pessima a celare le sue emozioni, spera che dai suoi occhi non traspaia che si sente morire, un po'.

Prova a concentrarsi su quello che sta facendo, inspira profondamente e raccoglie le sue forze per aggiungere una bustina di zucchero al suo cappuccino, e mescolare con la palettina in cerchi concentrici, bucando la schiuma. Si lascia ipnotizzare dalla spirale scura che si forma, del tutto simile a un vortice, pronto a risucchiarla.

Il rumore che fa la sedia di fronte alla sua quando si scosta dal tavolo le ricopre ogni centimetro di pelle di brividi. Il panico le invade il petto. Possibile?

"Posso?" dice la voce, ma è tutto sbagliato. Non è l'accento giusto, il tono giusto, non è nemmeno la parola più adatta. Cosa peggiore: non è Max.

La sensazione di ansia cresce quando Anita incrocia gli occhi di Paul, che non aspetta una risposta affermativa per accomodarsi.

"I template sono pronti" la informa, inumidendosi appena le labbra nella sua tazza di tè nero. "Sono molto buoni, dovresti darci un'occhiata prima di scendere ai box"

"Sì" gli risponde debolmente, tamburellando con le dita sulla ceramica. Poi aggiunge, con un po' più di convinzione: "Lo farò senz'altro."

Si chiede perché il suo collega sembri così desideroso di chiacchierare ed interagire con lei, dopo essere stato rifiutato e letteralmente messo al muro da Max, ma in una certa misura gli è grata. Perché se parla con lui può fare a meno di continuare a torturarsi con le domande che le frullano in testa dalla notte di due settimane prima, quella che ha passato seduta fuori dalla porta della stanza del pilota in attesa che lui le aprisse.

Sarebbe bastato un solo spiraglio, non chiedeva tanto. Giusto il tanto da sapere che stesse bene.

Quando parlano dei programmi per il weekend, Anita si sforza di non pronunciare il nome di Max nemmeno una volta e fa male rendersi conto di quanto sia difficile. Si sente patetica, e triste. Svuotata, soprattutto.

Ha le mani strette attorno alla tazza, con le nocche sbiancate, quando si lascia sfuggire un: "È già arrivato?"

Non le serve dire Max, per intendere Max.

Paul si rabbuia istantaneamente, aggrottando le sopracciglia folte, che si incontrano al centro della sua fronte: "È già al circuito" dice. "Pensavo lo sapessi."

La sensazione di vuoto si accentua, e Anita si chiede come faccia ad essere così schiacciante la percezione di non avere niente dentro.

Quindi è vero. Max è lì, in Bahrein. È al paddock. Non ha risposto ai suoi messaggi, non l'ha chiamata, non è venuto da lei. Ha davvero deciso di chiudere con lei, senza nemmeno guardarla in faccia? E per quale cazzo di ragione? Perché non è riuscita a rimettere a posto la sua vita con una bacchetta magica?

Il battito cardiaco accelera, più rapidamente di una monoposto da campionato. Le viscere si contorcono e si stringono in una morsa inarrestabile mentre si morde l'interno delle guance fino a farle sanguinare.

Il vuoto si riempie, ma di qualcosa che non avrebbe mai voluto provare nei suoi confronti. E ogni angolo di lei brucia, di rabbia, di risentimento e anche di qualcos'altro, che non osa nemmeno ammettere con sé stessa.

Non può fare a meno di pensare che sia così ingiusto. Avrebbe voglia di urlare.

Forse, però, deve essere diventata più brava a schermare le sue emozioni, perché Paul la guarda solo lievemente preoccupato, come se non riuscisse a cogliere quanto in realtà lei sia furiosa.

Si sporge verso di lei, con fare confidenziale, e le rivela un altro piccolo particolare.

"Christian mi ha fatto cambiare le prenotazioni all'ultimo secondo. È con Jos."

La tazza le scivola dalle mani e va in frantumi sul pavimento, schizzando il contenuto da tutte le parti. L'incendio divampante che imperversava nel suo petto viene spento istantaneamente dalla notizia, come una secchiata d'acqua gelida.

Max è con Jos. Con suo padre.

Le manca l'aria.

Dopo il disastro in Turchia? Tutto è presto dolorosamente chiaro.

"Ani, cara, stai bene? È tutto okay?"

Ma lei non ascolta. Ha già la mascherina sul naso e si dirige a grandi passi verso la reception.

Ha bisogno di andare da lui. Di andarci ora.

Non le importa se Jos non gradirà l'intrusione in questo suo momento didattico. Non le importa nemmeno se loro due al momento non si parlano o se Max ha deciso di chiudere con lei e non ne può più di questa ragazza petulante e ostinata che si accende per nulla e che gli sta sempre fra i piedi.

Ha bisogno di vederlo. Ha bisogno di toccare Max, e sapere che non ci sono altre bruciature.

Le prove inizieranno fra circa due ore, dovrebbe essere nel pieno del warm-up. Anita passa il tragitto a pregare di sbagliarsi, anche se la ricomparsa di Jos non fa altro che confermare il sospetto di una regressione. Si sono fatti bene, ma a cosa ha portato? A niente di buono in ogni caso. Così Max si sta staccando. Sta rinunciando a lei.

Dove sei? Digita, parlando a voce alta con sé stessa, nel tentativo di tirare le fila dei suoi pensieri. Quando non riceve risposta, lo chiama. E non lo fa solo una volta, ma a tappeto finché non è nel paddock.

Al trentesimo tentativo, risponde.

"Smettila di chiamare"

Ma non è Max a parlare.

È allora che lo vede, dieci metri più avanti, con il cellulare premuto all'orecchio e la faccia più spaventosa che lei abbia mai visto. Il contatto visivo è una miccia esplosiva.

Jos Verstappen le viene in contro a grandi passi, fino ad arrivarle a meno di un metro di distanza e, nonostante non sia molto alto, è stranamente imponente davanti a lei, così esile e spaurita. I tratti del viso, già duri, sono trasfigurati in una maschera di rabbia.

"Ancora tu? Devi stare lontana da Max, ragazzina" le intima, puntandole l'indice calloso contro il petto. Il tono di voce è alto, quasi alterato, come se stesse cercando in ogni modo di mantenere una parvenza di calma, fallendo miseramente.

"Dov'è lui?" ripete Anita, semplicemente. La voce non le trema, nonostante senta le ginocchia molli e la bocca completamente secca. Ha paura di Jos, perché come non averne? Ma, soprattutto, ha paura per Max. Perché lui suo padre non lo vede in questo modo, non l'ha mai fatto.

"Sei sorda, ragazzina? O solo stupida?" sbraita l'uomo, con gli occhi che luccicano come lame di coltelli. Sotto alla mascherina ha di sicuro un ghigno cattivo stampato sul volto.

Anita sostiene il suo sguardo, incrociando le braccia al petto. Tiene il mento alto, non si lascia intimorire. La voce è salda e forte quando dice: "Ho bisogno di sapere dov'è Max."

Lui annulla le distanze fra loro, e lei sa che sono troppo vicini.

"No. Tu hai bisogno di andare via. Da quando sei nella sua vita hai fatto solo danni." Le sue parole sono dense di odio e colpiscono Anita nel centro delle sue insicurezze. Non le è difficile immaginare quanto poco gli basti per distruggere mentalmente una persona. "Fai un favore ad entrambi e levati di mezzo. È un weekend importante."

Le lacrime le pungono gli occhi ed ogni cellula del suo corpo vorrebbe ascoltare il consiglio di Jos Verstappen e togliersi di mezzo. Dileguarsi. Sparire per sempre dal paddock e dalla vita di Max.

Fa per aprire bocca, ma questa volta non ne esce alcun suono. Solo un lamento flebile e strozzato che la fa arrossire.

Jos ride di lei.

È davvero frustrante, ma nonostante ciò, ci riprova.

"Voglio solo sapere se sta bene." dichiara, ed è la cosa più sincera che abbia mai detto a voce alta.

Per questo fa incazzare Jos ancora di più della sua insistenza e delle pretese di vederlo. I toni della conversazione si stanno facendo accesi, e più di un ingegnere si affacciato per controllare che fosse tutto okay.

"Certo che sta bene, da quando sta con me. Stai insinuando qualcosa, stronzetta del cazzo?"

Ormai sta praticamente urlando, ed è rosso di rabbia. Le prende il bavero della polo e la strattona violentemente, cogliendola di sorpresa. Per poco non perde l'equilibrio. "Queste stronzate puoi anche evitarle, se vuoi scoparti qualcuno ficcati in un altro box e gira a largo da qui, puttana."

Anita è assolutamente ammutolita.

Non è mai stata trattata così. Da nessuno.

Non ha mai avuto così tanta paura.

"Va tutto bene?" dice una voce conosciuta, e per quanto Paul sia una spina nel fianco Anita è sollevata che sia venuto in suo soccorso.

Quando le poggia una mano sulla spalla, due lacrime le rotolano giù dalle guance per il sollievo, come se avesse strappato in una botta un cerotto dolorosissimo.

"Signor Verstappen, la prego di fare due passi indietro."

Mentre molla la presa, gli occhi di Jos fiammeggiano come torce nella notte, e lei può tracciare con precisione la linea di tutte le somiglianze che ha con suo figlio. E le differenze. Si dice. Soprattutto quelle.

Paul guarda Anita negli occhi, evidentemente allarmato, e prende un respiro profondo prima di schiarirsi la voce.

"Abbiamo bisogno di parlare con Max. Sono questioni di lavoro, per il brand." Il suo tono è incredibilmente autorevole, professionale. Non lascia spazio per ribattere.

Il cuore di Anita sprofonda nel pavimento dalla gratitudine. Non è vero. Lo sta facendo per lei. Sta facendo tutto questo per lei.

"Bene" risponde, telegrafico. "Ma fate in fretta. Non abbiamo tempo da perdere."

Jos è un concentrato di collera, ma è costretto a girarsi e fargli strada.

Paul prende Anita per mano. Lei non vorrebbe illuderlo che significhi qualcosa, ma ci si aggrappa con forza e disperazione come ad una scialuppa di salvataggio.

Max è chiuso a chiave nella sua stanzetta quadrata. Ha già la tuta, si sta allacciando le scarpe. Quando la porta si spalanca lui a malapena alza lo sguardo. È concentrato, in una bolla. Sta già pensando alle prove, alla qualifica, alla gara.

Anita si sofferma sul suo viso, ed il suo cuore perde un battito. Per il rotto della cuffia non inciampa, dallo spavento. Sembra svuotato, un mero involucro senza sogni e speranze.

Lo scalpiccio cattura la sua attenzione, e i due si guardano per la prima volta in due settimane.

"Ciao Max" esordisce Paul, amichevole. "So che fra un po' ci sono le prove, ma abbiamo bisogno di te per alcune specifiche degli sponsor. Ti rubiamo poco tempo, promesso."

Lui fa un breve cenno affermativo con il capo, senza scomporsi troppo. Le cose fra lui e Paul sono tese, dopo il Portogallo, e il tono calmo del più grande sembra metterlo davvero in allarme.

Se non sta facendo lo stronzo, deve essere successo qualcosa di serio.

Jos è ancora sulla porta, che li scruta sospettoso con le braccia incrociate, come se non credesse fino in fondo alla storiella di Paul ma non avesse modo di dimostrarlo.

Max, per fortuna, sembra cogliere la palla al balzo, perché si rivolge immediatamente al padre.

"Papà, tranquillo, aspettami pure ai box. Mi sbrigo con questa scocciatura e ti raggiungo."

Il tono è piatto, misurato. Prima di salire in macchina Max è calmo come un monaco, ma qualcosa nella sua voce tradisce un'incertezza di fondo. Jos non sembra cogliere questa sfumatura, perché accetta di buon grado e sparisce con passi rumorosi lungo il corridoio.

Anche dopo che è andato via l'espressione sul viso di Max, però, non cambia. Sta studiando Paul attentamente, come un felino in gabbia. I suoi occhi saettano fino alle mani intrecciate dei due.

"Quindi è questa la grande notizia?" dice, sprezzante. "Meraviglioso Harris? Di nuovo? Dio, Ani, ti facevo più sveglia di così."

Anita si libera dalla presa salda di Paul con un gesto del polso. Non riesce ad essere cattiva con Max come lui vorrebbe. Ha solo bisogno di guardarlo negli occhi e sapere che è tutto okay.

"Vado, vi...lascio soli." Balbetta Paul, improvvisamente a disagio. "Ragazzi, cinque minuti."

Ed esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo.

Max e Ani.

Da soli, insieme, di nuovo. Da dove cominciare? E hanno solo cinque minuti.

"Max" inizia lei, ma non trova il modo di continuare. Fa un passo verso di lui, ma si scosta, come bruciato.

"Stammi lontano." Dichiara. "Sei marcia Ani, sei tremenda." Le parole che le riserva sono terribili, dure, sanno di bile. "Non stai bene col cervello. Cos'altro puoi volere? Ti ho detto tutto e tu..."

Anita sente l'urgenza di fermarlo, di interrompere il vomito di parole. Non vuole sentire le cattiverie che si sono annidate nel suo cuore, non vuole che soffra perché è l'unico modo che conosce di amare.

"Max, smettila" dice, mettendo le mani avanti. "Non sto con Paul e non ho la minima intenzione di tornare con lui. Non oggi, non domani, mai." Si accerta di mantenere il suo sguardo. "Non vuoi sapere perché eravamo insieme. Fidati."

Sente le lacrime accumularsi agli angoli degli occhi, pronte a scivolarle sul volto, ma le trattiene per orgoglio. Vuole disperatamente guardarlo negli occhi e vedere la stessa scintilla che ci ha trovato dentro la prima volta, ma le iridi azzurre sono due buchi neri. Risucchiano tutto quello che hanno intorno.

"Voglio" sibila, muovendo un passo verso di lei e sovrastandola. Ancora quel tono. Quello che non le ha mai riservato. Quello della supponenza, della diffidenza. Il tono della rinuncia definitiva. "Illuminami."

"Max..." il suo nome le viene fuori strozzato, gonfio di pianto, ma lui non si impietosisce. Procede, alla carica, puntandole un fioretto al petto.

"Sentiamo." La incalza, avanzando ancora. Ormai sono vicinissimi, e Anita può sentire il battito del suo cuore impazzito contro la cassa toracica e dentro le orecchie. Il respiro di Max è forzatamente misurato, ma sta per esplodere in tutta la sua potenza.

"Ho provato a chiamarti. Sono due settimane che provo a farlo. Ti avrò lasciato duecento messaggi" bisbiglia. "Sono venuta a Monaco, Max. Ti ho cercato dappertutto. Paul mi ha detto dove trovarti, ma sono venuta qui da sola."

Sembra fare breccia: guarda gli occhi di Max passare da cupi a confusi, ma non se la sente di continuare. A prescindere da tutto, non vuole ferirlo. E sa che se non si ferma adesso, Max ne uscirà distrutto.

"Anche se probabilmente avrei fatto meglio a farmi accompagnare, visto quello che è successo." Risolve, ma deve abbassare lo sguardo. Non riesce a sostenere i suoi occhi di ghiaccio. Non è mai stata granché brava a farlo.

Max le alza il mento con due dita, la costringe a restituirgli il contatto.

"Cosa non mi vuoi dire?" soffia, e lei sa che non può nasconderglielo.

"Tuo padre."

Bastano quelle due parole a fargli mollare la presa di scatto e ritirare la mano. Lui la guarda come se non la vedesse davvero, come se fosse un fantasma, e questo le dà il tempo di girarsi.

È impossibile quantificare quanto le costi pronunciare quelle parole, conoscendo l'effetto devastante che avranno su di lui. Non sa se è giusto, ma sa che non ci sono altre possibilità.

"Non voleva dirmi dove fossi. Voleva tenermi lontana da te." Spiega, dandogli le spalle. "I toni si sono accesi e ha iniziato ad affacciarsi un po' di gente." Semplicemente, non può guardarlo. "Mi ha presa per il colletto e..."

"Ti ha cosa?"

Il mondo di Anita e Max si ferma per un secondo.

Un secondo, che nella sua vita di tutti i giorni è sempre stato un'inezia sacrificabile. Un secondo, che a trecento all'ora dura una vita.

"Max" cerca di farlo ragionare. "Non è importante."

Il petto del ragazzo si alza e si abbassa veloce, tanto che sembra che il cuore potrebbe scoppiargli seduta stante. Stringe i pugni lungo le cosce fino a farsi sbiancare le nocche. Forse qualcun altro non saprebbe dirlo con estrema certezza, ma Anita è sicura che sia ad un passo da entrare nel panico più assoluto.

"Ho chiesto di te, volevo solo sapere di te" dice. Poi fa una pausa, piccola, con la voce ridotta ad un filo. "Sapere che non ci fossero altre cicatrici." Mormora, infine, allungando una mano verso di lui.

Max non sfugge al contatto. Le lascia passare la mano sulla tuta ruvida, fino al fianco. Chiude gli occhi, ed è colpevole.

Le lacrime accumulate agli angoli degli occhi, trattenute con la cura di non fargli male, scivolano giù dalle guance di Anita, copiose e irrefrenabili, inclementi come il tempo inglese.

Perché? Vorrebbe chiederglielo. Perché?

Ma sarebbe crudele. Sa benissimo la risposta, è solo che non vuole accettarla.

Allora, semplicemente, lo stringe forte. Lo abbraccia, gli scompiglia i capelli, cerca di infondergli coraggio. Lei, che ha sempre avuto paura di tutto.

"Ti vorrò sempre, Max. Ricordatelo. Anche se non sarai il migliore."

Sente le braccia di lui stringerla un po' più forte.

"E sai perché, idiota che non sei altro? Perché per me il migliore sarai sempre e comunque tu."

Qualcuno bussa alla porta. È Paul.

"Ragazzi, è ora. Max, devi andare." Dice, facendo capolino dalla porta, ed ha un tono molto stanco, e rassegnato.

I due sciolgono l'abbraccio. E Anita si asciuga il viso rapidamente, strofinandosi il dorso delle mani sulle guance. Guarda il ragazzo a pochi centimetri da lei. Il pilota impavido con gli occhi gelidi e lucidi.

Ha scalfito qualcosa, finalmente. Ha raggiunto il cuore, la parte vulnerabile e pulsante. Lo tiene fra le mani.

Anche se lei era sembrato diversamente, Max non sta ancora bene. Ma starà bene.

"Ci vediamo dopo le prove del pomeriggio?" abbozza lei, con una venatura più positiva nella voce.

Lui per risposta intreccia le loro dita e le stringe la mano. Ed è il grazie che non le dirà mai.

Prende il casco con il leone sotto il braccio e le fa un rapido cenno del capo. Alza il mento per salutare Paul e fa per uscire dallo stanzino.

"Max" lo richiama Anita, poco prima che imbocchi il corridoio. "Distruggili tutti."


//Spazio autrice(come no)

Buon pomeriggio e buon venerdì santo (?). Eccoci giunti alla fine di uno dei miei capitoli preferiti di sempre. I primi appunti su questa parte (più o meno il capitolo 20 del progetto originario) risalgono alla prima settimana di dicembre.

Ne è passata di acqua sotto i ponti.

Per la vostra gioia, non sono riuscita nemmeno questa volta a contenere la mia logorrea, quindi DOMANI in via del tutto eccezionale, dovreste avere un altro capitolo pre pasquale, assolutamente fuori programma.

Sono personalmente legatissima a questa parte della storia, specie ora che sta per concludersi. Ci tengo tantissimo a ringraziarvi per tutto il supporto ricevuto: nell'ultima settimana sono arrivate molte nuove lettrici e l'ultimo capitolo ha ricevuto quasi 50 voti. SIETE PAZZE, ma vi adoro.

Come al solito, vi ricordo che potete leggere, votare e commentare se vi va, e che a me fa sempre piacere parlarne insieme a voi. Oggi ho fatto un tampone di controllo, sperando finalmente di essere tornata negativa. DITA INCROCIATE.

Vostra sempre, T.

A domani!



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