Trenta.
(Potrebbe o no essere il capitolo più lungo che io abbia scritto fino ad ora, ci vediamo in fondo.)
Ottobre 2020
C'era stata una volta, dopo il compleanno di Max, in cui dopo aver fatto la doccia insieme si erano stesi sul divano chiaro, ancora nudi e gocciolanti, ed erano rimasti così abbracciati per un bel pezzo. Lui le aveva accarezzato a lungo la nuca e pettinato i capelli con le dita, dolcemente, mentre albeggiava.
Era stato un gesto spontaneo, molto intimo e inaspettato.
La sensazione del suo corpo caldo premuto contro il suo, unita al movimento ripetitivo delle mani di lui, le infondeva un piacevole senso di sicurezza.
"Lo faceva sempre anche mia madre" gli aveva detto lei, spezzando il silenzio. Teneva gli occhi chiusi ed ogni muscolo del corpo rilassato a parte quelli del volto, che si erano piegati in un sorriso sbilenco. "Quando ero piccola. Lo faceva continuamente." Poi aveva fatto una pausa, mentre Max le aveva avvolto il corpo con l'altro braccio, portandosela un po' più vicino. "Ero molto speciale per lei"
"L'unica figlia" aveva suggerito lui, ed in un altro momento Anita avrebbe semplicemente assentito. Forse era stata la familiarità dei gesti di lui ad indurla a parlare, a condividere qualcosa di sé che non pensava avrebbe mai detto a qualcuno.
"Aveva perso un'altra figlia, prima di me."
Anita non aveva mai raccontato quella storia a nessuno, nemmeno a Rebecca. Da quando lo aveva scoperto, era stato il suo segreto. Aveva sempre creduto che se qualcun altro avesse saputo della figlia scomparsa, avrebbe preso a comportarsi come sua madre, le avrebbe voluto bene di meno.
Il corpo di Max non si era irrigidito a quelle parole, le sue mani non avevano indugiato neppure un istante. Anche se non riusciva a vederlo in viso, poteva immaginare la sua espressione concentrata, la bocca stretta in una linea dritta e gli occhi attenti e appena socchiusi. Così, Anita aveva lasciato che le parole venissero fuori, senza filtri, perché lui potesse vederla per quella che era.
"Penso sia per questo che mi ha caricata di così tante aspettative. Non sono solo una per lei, sono me ma anche lei. E, qualsiasi cosa farò, non sarà mai abbastanza per compensare la mancanza di quello che non ha potuto fare lei."
Max le aveva baciato una tempia con le labbra.
"Non credevo ti avrei mai sentita giustificare tua madre" aveva detto lui. "Credevo la odiassi"
Anita aveva sbattuto piano le palpebre, ruotando il viso verso di lui e strofinandolo contro il suo petto.
"Si odiano mai davvero i propri genitori?" aveva chiesto, ma non suonava come una domanda retorica.
"Credo di no."
Anita non sa perché, ma quando Paul sta per baciarla, sulle scale del suo appartamento, è a quel momento che pensa. Non sa perché il suo cervello lo abbia registrato come un momento significativo o perché quando si chiede se Max sia giusto per lei le venga in mente un momento così intimo e casuale.
Sa solo che è sufficiente per riscuoterla dallo stupore e riportarla al momento presente.
Alle labbra morbide di Paul, premute sulle sue, smaniose di prolungare il contatto e approfondire il bacio.
Non le ci vogliono più di due secondi a frapporre una mano tra i loro corpi per spingere via l'altro con decisione.
"Paul, no" dice, ferma, anche se il tono è febbrile ed il cuore le batte all'impazzata nel petto. Ha la bocca secca, le manca l'aria. Non riesce a credere che abbia permesso che una cosa del genere accadesse di nuovo.
Lui non oppone alcuna resistenza, e si lascia spostare indietro di qualche spanna con facilità. Sembra deluso, ma non troppo stupito dalla sua reazione.
"Lo immaginavo" risponde, con una smorfia. Gli occhi scuri bruciano di risentimento ed ha la mano ancora posata sulla sua coscia, come se accarezzasse l'illusione di tenerla per sé ancora per un attimo. "Mi prometti che ci penserai, almeno?"
Anita distoglie lo sguardo, puntandolo sul selciato. Ha la nausea.
Anche se non risponde da due giorni ai suoi messaggi, è solo a Max che pensa. A quello che hanno e a quello che non hanno e a cosa significherebbe per lei, adesso, perderlo.
"Non ho niente a cui pensare, Paul." Mormora, mordendosi l'interno della guancia fino a sentire in bocca il sapore del sangue. "Non è successo niente di niente. Manteniamo i rapporti professionali, è meglio così."
È il collega ad interrompere il contatto fra i loro corpi, sollevando la mano di scatto ed alzandosi in piedi. La sua figura si staglia imponente nella luce del mattino, sovrastandola.
"Fai sul serio? Niente di niente?"
"Sono stata bene, in questi giorni" prosegue Anita, come se non lo avesse nemmeno sentito. Si fa forza e solleva la testa per cercare di guardarlo in faccia. "Questa cosa non significa niente, e non voglio che torni ad essere strano fra noi."
C'è un momento di silenzio, rotto soltanto dal rumore del coccio che viene abbandonato sul gradino.
"Fanculo." Fa eco Paul, laconico, e le dà le spalle per ritornare nell'appartamento, lasciandola lì da sola, con due tazze vuote e la testa piena di domande senza risposta.
Quella sera, come da programma, Lynn arriva al 48 di Wadesmill Lane fasciata in un abito bianco svolazzante, con una valigia al seguito ed una leggera abbronzatura a colorirle l'incarnato.
Sembra appena scesa direttamente da una nuvola.
Attraversa il piccolo giardino come un tornado, tirando su la valigia, ridendo ed investendola letteralmente con un fiume di informazioni. Lynn è sempre sovreccitata, pimpante, energica ai limiti del sopportabile, ma Anita non l'ha mai vista comportarsi così, come se non avesse una sola preoccupazione al mondo.
Resta impalata, nell'ingresso, con due bottiglie di birra già stappate in mano e l'espressione perplessa.
Una volta varcata la soglia dell'appartamento, la sua collega si lancia di schiena sul divano, sollevando uno sbuffo di polvere, e sospira beata.
"È stato bello finché è durato" esclama, ed il suo tono è davvero allegro. Ha un sorriso che le attraversa il viso da parte a parte.
Anita inizia a pensare che abbia battuto la testa, e anche forte.
"Ti senti bene?" le chiede, avvicinandosi circospetta. Lynn ha il viso nascosto dietro ai palmi delle mani, e mugugna qualcosa che non riesce a distinguere con precisione. Quando le sfiora la spalla scoperta con la mano, fa un suono a metà fra un colpo di tosse ed un singhiozzo. Poi, inizia a piangere.
Dopo aver poggiato le due bottiglie sul tavolino, Anita le strofina una mano dietro la schiena e cerca di confortarla muovendola in circolo, avanti e indietro. Non credeva fosse possibile passare così in fretta dall'euforia alla disperazione, ma sta parlando di Lynn. Di cosa si stupisce?
"Quando ti va di parlarne, io ci sono" le fa sapere, accucciandosi al suo fianco con le ginocchia sul pavimento per essere alla stessa altezza dell'amica.
"Sono un'idiota" singhiozza lei, cercando di asciugarsi le lacrime man mano che le scorrono sul viso. "Deve esserci una fregatura da qualche parte, non può essere così perfetto."
Anita alza gli occhi al cielo, allungandosi per recuperare una scatola di Kleenex, che le porge malvolentieri.
"Ma...cosa è successo? Si può sapere dov'eri?" le viene fuori, più brusco di quanto non avrebbe voluto. Si morde la lingua, dispiaciuta. Spesso le capita di essere troppo diretta ed il suo pragmatismo viene percepito come ostilità, ha perso il conto di tutte le volte che il suo modo di fare ha ferito qualcuno.
Perfino Lynn evita accuratamente di incrociare il suo sguardo mentre sussurra timidamente: "Tenerife."
Per poco non le prende un colpo.
"Tenerife?!"
Lei annuisce, soffiandosi il naso rumorosamente nel fazzoletto di carta, mentre le lacrime continuano a scivolarle sul viso insieme ai residui di mascara.
"Cosa accidenti ci facevi a Tenerife" dice Anita calcando la mano sull'ultima parola prima di fare una pausa ad effetto "con Daniel?"
Lo sguardo che Lynn le riserva non è minimamente sorpreso, semmai colpevole.
"Penserai che sono una stupida." mormora, con un filo di voce, tirando su con il naso. Per lo meno ha smesso di piangere.
Anita la guarda in modo accondiscendente, seduta sui talloni, con le mani giunte in grembo.
"Non penso tu sia una stupida, Lynn" le dice, sinceramente. "Voglio solo capire se ti sei cacciata in qualche guaio. Mi preoccupo, se fai così."
Lei si tampona gli occhi per un istante con il fazzolettino accartocciato e prende un respiro profondo prima di tirarsi su a sedere. Indica la birra con un gesto del mento, ed Anita si gira per afferrarne una e porgergliela. Rimangono per qualche secondo l'una di fronte all'altra senza guardarsi, prima che la sua collega prenda di nuovo la parola.
"È stato a Sochi" mormora, dopo aver tirato un lungo sorso "che ho parlato con Daniel per la prima volta da quando ha lasciato la Red Bull." Fa un piccolo suono spezzato, simile ad una risata. "Ci credi? Erano due anni che non ci parlavamo nemmeno."
Anita non dice niente, ma cerca di ricordare il quanto più possibile del weekend in Russia. Ha notato qualcosa di sospetto? Si era accorta che c'era qualcosa di diverso in Lynn? In Daniel, perfino?
"Era...gentile. Interessato. Mi ha chiesto di Kevin" prosegue, alzando lo sguardo verso il soffitto, probabilmente cercando di impedirsi di piangere ancora. "So che le persone cambiano molto in due anni, io stessa penso che non potrei essere più diversa da chi ero quando stavamo insieme, ma mi credi se ti dico che lui no? Che Daniel Ricciardo è la stessa identica persona di cui mi sono innamorata quattro anni fa?"
Anita le poggia una mano sul ginocchio, applicando una lieve pressione, e la invita a continuare.
"Mi ha offerto da bere. Ha detto solo un bicchiere, al bar. Sono diventati due, al bar del suo albergo. Poi tre, nella sua stanza. Mi ero fatta tanti discorsi, prima di uscire. Non volevo nemmeno dirtelo, con tutto il casino con Max avevi davvero troppo a cui pensare. Mi sono detta: puoi farcela, puoi resistergli. E invece ci siamo letteralmente saltati addosso, ti rendi conto? In un niente siamo finiti a letto insieme."
Il cuore di Anita si stringe un po' al pensiero che la sua amica non abbia voluto confidarle qualcosa di così importante per via della sua situazione con Max. Si chiede se non si sia concentrata troppo su di sé, nell'ultimo periodo, trascurando le persone a cui tiene. Ha chiamato Rebecca abbastanza spesso?
Si mette a sedere più comodamente, incrociando le gambe, e stringe la bottiglia fredda fra le mani. Quando parla di nuovo, tiene lo sguardo fisso sulla punta dei suoi calzini rossi di spugna, che hanno un piccolo buco in cima.
"Ti sei pentita?"
Lynn la guarda, oscillando la testa, sembra davvero combattuta.
"Dovrei, ma no." sospira.
Non dicono nulla per un po', mentre il sereno del mattino diventa solo un lontano ricordo, e la pioggia inizia a battere insistente contro le finestre del salotto. C'è qualcosa di malinconico in quel momento, una tristezza sottile e insopportabile che scivola fin dentro alle ossa ed induce Anita a spezzare di nuovo il silenzio.
"Quindi...state di nuovo insieme? O qualcosa del genere?" indaga.
La collega si massaggia le tempie con pollice e medio, tirando su con il naso.
"Vorrebbe, sì. Non lo so." Blatera, la voce ridotta ad un sussurro. "L'ultima volta è stata brutta. Non è stato facile riprendersi, dopo." Prende un sorso di birra, prima di posare la bottiglia vuota sul pavimento, accanto ai suoi piedi. "Questa settimana è stato meraviglioso, una vera fuga romantica. Daniel è veramente un mago in certe cose, sa dire la cosa giusta al momento giusto, farti sentire speciale e perfetta. È bravissimo a farti sentire desiderata. Una relazione è un'altra cosa, però. C'erano bugie, e segreti e non voglio tornare su quella strada mai più."
Anita si alza, strofinandosi i jeans con i palmi delle mani, e si sposta per recuperare un altro paio di bottiglie dal frigorifero. Nel lavello, insieme ai piatti sporchi del pranzo, ci sono ancora le due tazze da thè. Si sente irrequieta, come se qualcosa si agitasse sotto la superficie e lottasse per venire a galla. Parlare con Lynn, come al solito, ha un effetto terapeutico e le fa vedere tutto sotto un'altra prospettiva.
Prende il telefono dalla tasca e digita un messaggio rapido, di appena un paio di parole, prima di tornare dalla ragazza che la aspetta con la testa fra le mani sul suo divano malconcio.
"Ti ricordi cosa mi hai detto, in Germania?" le chiede, porgendole la birra dal collo, risoluta. Lynn la guada negli occhi, con le iridi chiare in contrasto con le pupille dilatate, sembra confusa. "Nonostante com'è andata a finire, se tornassi indietro, sceglierei Daniel mille altre volte."
Si chiede se lei sarà in grado di scegliere Max, ma conosce già la risposta.
*
Puntuale come un orologio svizzero, quando lui la saluta con un bacio fugace prima di scendere in pista, la domenica di gara, il senso di colpa si impossessa delle sue viscere e permane a lungo dopo che lui se n'è andato. Mentre esce dal box Red Bull e si allontana all'interno del paddock, Anita si chiede per l'ennesima volta se, andandosene, abbia preso la decisione giusta.
Il Gran Premio del Portogallo doveva essere una bellissima occasione per brillare, dopo tante gare anonime e dimenticabili. Di tutti i circuiti a calendario, Portimão era quello che Max aspettava di più, e lei lo sapeva benissimo.
È per questo che Anita non ha fatto menzione del suo bacio con Paul, ha cercato di schiacciare quel pensiero in un angolo della sua mente e di comportarsi come se nulla fosse. Questo si è rivelato più difficile del previsto, anche perché il suo collega non ha smesso di starle addosso per un istante e l'ultima cosa che voleva era che lo spiattellasse davanti a Max.
Non che volesse nasconderglielo, per inciso.
Sa che deve dirglielo, che lui ha tutto il diritto di sapere. Ma, se ha imparato a conoscerlo un minimo, sa anche che saperlo potrebbe compromettere il suo risultato in gara. In fondo è questo che fa: lo tiene lontano dalle cose che potrebbero ferirlo, e lascia che, piuttosto, feriscano lei.
Max, tuttavia, si è reso conto presto che qualcosa non andava, perché ha passato tutto il weekend di gara a tartassarla di domande, sempre sul chi va là, innervosendosi di più ogni volta che lei diventava evasiva.
Glielo dirà, solo non oggi. È per questo che ha guardato tutta la gara in disparte, da uno schermo.
La verità è che Max e Anita non riescono a starsi lontani, ma hanno grosse difficoltà anche a starsi vicini.
Durante la premiazione, quando lui sale sul gradino più basso del podio, i suoi occhi sono spenti e le spalle incassate, non è contento del risultato e glielo si legge in faccia. Quante notti insonni per un misero terzo posto.
Anita lo aspetta come al solito appena fuori dalla sua dressing room, seduta per terra a gambe incrociate, e quando lo vede arrivare dal fondo del corridoio si puntella sulle mani per alzarsi in piedi.
Max ha la tuta con le maniche legate in vita, un asciugamano al collo e il volto arrossato dallo sforzo. Le viene in contro con fare deciso, e non accenna a fermarsi neppure quando è a pochissimi passi di distanza. Anita resta ferma, un po' disorientata, quando lui apre le braccia e la stringe a sé, in un abbraccio che sa di ricongiungimento, conforto, casa.
"Perché non c'eri?" mormora, al suo orecchio, la voce piccola in un modo che la spezza.
Probabilmente è per la sorpresa, ma questo gesto la manda in corto circuito. Il cuore le sfarfalla nel petto, tutti i piani d'azione vanno in fumo e le parole le scappano di bocca.
"Max, ti devo dire una cosa" risponde, rigida.
È il suo turno di congelarsi, letteralmente, fra le sue braccia.
"Cosa?"
"Mi devi promettere che non ti arrabbierai, Max" lo prega. Si rende conto troppo tardi che probabilmente sta solo peggiorando la situazione.
Lui la allontana, bruscamente, afferrandole le spalle per guardarla dritta in faccia: "Cosa devi dirmi?"
"È Paul" si fa sfuggire lei, mordendosi la lingua. Nel momento esatto in cui pronuncia quel nome c'è un cambiamento evidente nell'espressione di Max. Il viso gli diventa ancora più spigoloso, lo sguardo duro e freddo, le labbra gli si arricciano in una smorfia.
"Ti ha fatto qualcosa?"
"No, Dio, No." Risponde lei, di fretta, con le parole che si accavallano le une sulle altre nell'agitazione del momento. "Lo sto evitando, ecco perché non c'ero. Lui...mi ha baciata, e l'ho respinto. Non è una gran cosa, ma non..."
Improvvisamente Anita si sente sbilanciata all'indietro ed è sul punto di perdere l'equilibrio. Max nemmeno sta a sentire l'ultima parte della frase, perché è già girato e si sta muovendo a passo di marcia verso la sala conferenze dove il team sta facendo l'ultimo briefing post gara.
"Max" lo chiama, ma lui non dà cenno di averla sentita.
Così gli sfila dietro, con il cuore che le martella nelle orecchie, conscia della portata del disastro che hanno combinato la sua bocca larga e la sua incapacità di resistere ai due centesimi di dolcezza che lui aveva messo difficoltosamente da parte per lei.
Max non bussa nemmeno, ma sfonda letteralmente la porta con un calcio ben assestato sul pomello. Il baccano costringe tutti i presenti a sollevare lo sguardo su di lui, rosso di rabbia fino alle orecchie.
"Dov'è quello stronzo?"
Horner e Marko si guardano confusi e allibiti. Devono aver assistito a diverse scenate, ma di sicuro non hanno mai visto Max Verstappen così furente.
Anita fa un passo verso di lui, prova ad afferrargli il braccio e a tirarlo indietro, in preda al panico, ma è una statua granitica. Non accenna minimamente ad indietreggiare, ed anzi si libera della mano piccola di lei con uno strattone, entrando nella stanza.
"Allora? Devo essere più specifico?" sbraita, puntando verso Ross e appoggiandosi al bancone con tutte e due le mani. "Dove cazzo è quello stronzo di Paul Harris?"
Christian si alza in piedi, portando le mani avanti per cercare di calmarlo: "Max, figliolo, cosa stai dicendo?"
Lo sguardo che lui gli riserva è fiammeggiante. Il suo petto si alza e si abbassa ritmicamente, ha tutti i muscoli del collo in tensione, la mascella serrata, le nocche bianche da quanto sta stringendo forte il bordo del tavolo.
Succede in un istante. Il contatto visivo con Paul nella saletta accanto è immediato.
Il suo collega sta lavorando con Lynn, quando Max gli va in contro, feroce, chiudendogli il pc con una mano e spazzando gli oggetti dalla scrivania col braccio. La tazza blu di ceramica si fracassa sul pavimento in un milione di pezzi, spingendo entrambi ad alzarsi in piedi e indietreggiare, sbigottiti dall'irruenza del pilota.
"Max, amico, cosa diavolo ti prende?" gli chiede Paul, ed è come gettare litri di benzina su un incendio divampante, perché l'ultima cosa che Max fa è mettergli le mani addosso e spingerlo con tutte le sue forze contro la parete.
Hanno la stessa altezza, e nonostante Paul sia molto più piazzato è Max quello che fa davvero paura.
"Devi stare lontano da lei, ti è chiaro?" sibila, stringendo la presa sulla polo dell'altro. L'odio nella sua voce è corposo, profondo, assoluto. "Non è roba tua, te lo ha già detto ma evidentemente non capisci. Non ti permettere mai più di toccarla."
L'ultima frase è praticamente una minaccia.
Quando Paul fa per reagire, servono due persone per tirarlo via e separarli. Max è livido, ha il fiatone, ma non è l'unico.
Anita non ha mai visto Christian Horner così alterato. Di solito cerca di essere il quanto più discreto possibile nello strigliare il pilota, ma questa volta non si risparmia, nonostante il folto gruppo di spettatori. Le sue parole grondano delusione e frustrazione: "Dio santissimo Max, sei completamente pazzo?" lo apostrofa. "Non puoi fare come vuoi e spaccare tutto come una rockstar del cazzo, mi dispiace se ti ho fatto credere il contrario. Queste scenate non saranno più tollerate. Devi darti una regolata, non sei un fottuto ragazzino." Prosegue. Max sembra sul punto di aggiungere qualcosa, quando l'ultima stoccata lo colpisce nel petto, lo finisce. "Non costringermi a chiamare tuo padre."
Anita si tiene il viso fra le mani, è scossa in modo evidente, con le lacrime che le pizzicano gli angoli degli occhi e le rotolano giù dalle guance. Si era chiesta fino a che punto Max potesse spingersi, ma non avrebbe mai pensato di vederlo diventare violento verso qualcuno, non dopo aver visto come lo tratta suo padre.
Si rende conto in un attimo che lui sta cercando il suo sguardo, disperato, mentre la chiama per nome, ma lo evita, ne ha paura. L'unica cosa che riesce a fare, prima di voltarsi e andare via, è scuotere la testa ancora e ancora, perché dopo aver visto di cosa è capace sa che non sceglierebbe Max per nessuna ragione al mondo.
//Spazio autrice (proprio io)
Buonasera, siete ancora vive? Probabilmente è il capitolo più lungo e denso di avvenimenti dell'intera storia, ma se andavo avanti ancora un po' rischiavo di dover ampliare ancora di più il progetto e ormai non ci sto più dentro!
Finalmente sappiamo di più su Anita, sulla sua storia e sulle sue motivazioni, ma sappiamo anche qualcosa in più su Max. L'ultima scena, un po' ambigua, potrebbe essere confusa erroneamente con una scenata di gelosia, ma c'è molto di più. Le ragioni dietro ai comportamenti di Max, come abbiamo visto, sono sempre più profonde di quanto sembri.
Abbiamo anche un piccolo insight sulla storia di Lynn e Daniel. Ormai è ufficiale, sto pensando ad uno spinoff tutto per loro: sareste interessate? Fatemelo sapere qui.
Come al solito, i ringraziamenti sono d'obbligo. Grazie, grazie, grazie. Leggete, votate, commentate se vi va, siete la community più bella del mondo e meritate un plauso anche solo per essere arrivate fin qui.
Il covid è una brutta bestia ma non mi fermerà. Scusatemi per eventuali errori, ma sono poco lucida. Baci esagerati,
Vostra T.
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