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Tre.


"Quindi da cosa deriva questa insana passione per le auto da corsa?" chiede Paul, dopo aver mandato giù un sorso di thè bollente.

I suoi capelli sono ancora vagamente umidi per l'acquazzone che li ha colpiti mentre camminavano verso la piccola caffetteria in cui si sono accomodati, e un ciuffo scuro gli ricade scomposto sulla fronte. Il locale era semivuoto, quindi la cameriera si è avvicinata immediatamente. Hanno ordinato due tazze di thè nero e lui si è subito premurato di assicurarle il suo massimo supporto in caso di necessità. Anita trova ipnotico il modo in cui il suo pomo d'Adamo si alza e si abbassa mentre deglutisce.

"Nessuna passione" si ritrova a rispondere lei, con le mani chiuse a coppa attorno alla sua tazza. Fa decisamente troppo freddo a Milton, per stare solo in camicia.

Lui si acciglia, confuso.

"Non voglio suonare indiscreto, ma cosa ti porta a fare richiesta per passare dodici mesi in una delle più grosse aziende del campo, se non ti interessa?"

Ammettere che ha sparato nel mucchio è fuori discussione.

"Mio padre" dice allora Anita, stringendosi nelle spalle e distogliendo per un attimo lo sguardo dal ragazzo che le sta di fronte. "Lui è un grande appassionato di Formula Uno. In casa mia non si è mai visto altro. A mio fratello non interessa un accidente di auto, quindi ha riversato su di me tutto il suo grande amore."

Così è una bugia, ma non è davvero una bugia.

Paul sembra soddisfatto dalla risposta, perché sul viso gli si apre un sorriso che le fa istantaneamente venire voglia di imitarlo.

Gli è molto grata per non aver fatto domande per i suoi occhi rossi di pianto e per i capelli scompigliati, quando è passato a prenderla. Si è accontentato della versione breve della storia ed ha cercato di metterla immediatamente a suo agio, sviando la conversazione.

Nel momento esatto in cui Paul ha parcheggiato l'auto davanti al 48 di Wadesmill Lane, Anita ha realizzato che fotografie e chiamate Skype non sapevano fargli giustizia. Paul Meraviglioso Harris è davvero molto più che semplicemente meraviglioso. Ha un paio di occhi scuri e intensi, i tratti del viso dolci e la curva delle labbra paradisiaca.

Anita si è presa una cotta adolescenziale spaventosamente violenta per il suo responsabile e deve lottare con tutta sé stessa per mantenere un certo contegno. Ha faticato tanto in quelle settimane per farsi vedere spigliata e intraprendente, e non vuole mandare tutto all'aria perché non è in grado di smettere di fissargli la bocca.

"Tuo padre tifa Redbull?" indaga lui, alzando le sopracciglia. Lei si morde la punta della lingua per trattenere un sorriso.

"Certo..." prova a dire Anita, ma le viene troppo da ridere al pensiero di suo padre che inveisce contro l'olandese per l'incidente alla partenza di Singapore. "...che no. Ferrarista convinto."

"Classico italiano." dicono entrambi. Anita dovrebbe essere disgustata da quanto cliché si stia rivelando la situazione, e se chiude gli occhi riesce distintamente a sentire Rebecca, la voce della sua coscienza, inveirle contro.

"Ti troverai bene qui a Milton" prosegue lui, ed è immediatamente più professionale, come se stesse cercando di calarsi nei panni del tutor perfetto. "Siamo un bel team, noi nel reparto Social Media. Ross è un po' burbero alle volte, ma è molto disponibile. Poi c'è Lynn, che si occupa del sito. Anche lei adorabile. Siamo decisamente ristretti per via della pandemia, ma sono sicuro che li conoscerai presto tutti."

Anita nasconde il viso nella tazza, prima di rispondere.

"Perché sei così certo che resterò tanto a lungo?"

Paul inarca le sopracciglia, e un ghigno gli si disegna sul volto: "Sei seria? Hai fatto solo tre settimane con me e hai già contattato Rys. Pensi davvero che ti diranno semplicemente di tornartene a casa?"

La scoperta dell'ovvio le fa andare l'ultimo sorso del liquido bollente di traverso, ed è costretta a tossirsi nel gomito per evitare di far preoccupare tutti i presenti, che si sono girati e la stanno fissando allarmati.

L'emergenza sanitaria ha cambiato il modo di percepire lo spazio e le persone attorno a sé. Probabilmente in una situazione analoga, solo sei mesi prima, ci sarebbe stato molto più contatto, molta più tempestività. Adesso, invece, lui la tiene a distanza, giustamente, non si fida.

Sarà un lungo anno.

*

Il mattino dopo arriva in sede prima del previsto.

Non è riuscita a riposare granché sul materasso bitorzoluto gettato in un angolo della sua stanzetta da letto. Ha passato la notte a girarsi e rigirarsi, sempre all'erta, spaventata da ogni minimo rumore, e si è svegliata con le prime luci dell'alba. Non ha molto su cui lavorare, considerato che tutto quello che possiede sono un paio di felpe che è riuscita a comprare in un negozietto vicino casa il pomeriggio precedente e due asciugamani che Paul si è gentilmente offerto di prestarle. Si è fatta una doccia rapida e si è vestita, ripromettendosi di andare a fare la spesa appena uscita dal lavoro.

Cerca di non soffermarsi troppo sul fatto che il suo arrivo a Milton non sia stato dei migliori, e di concentrarsi sul lato positivo delle cose, almeno ammettendo che ne esista uno.

I capelli biondi sono sciolti e mossi dal vento, e il selciato scricchiola sotto i suoi passi.

La camminata verso la Red Bull Racing Factory è di appena una ventina di minuti, così ha almeno il tempo di comprare qualcosa da mangiare e un paio di caffè per sdebitarsi con Paul alla caffetteria di fronte all'azienda. Il clima è rigido ed è intirizzita dal freddo, nonostante l'estate sia alle porte. Forse avrebbe dovuto pensarci, prima di non portarsi nemmeno una giacca.

"Ehi!" si sente chiamare, e si gira di scatto verso la voce, facendo ondeggiare pericolosamente il liquido nei bicchieri di carta.

È Paul, bello come sempre, con una maglia blu a maniche lunghe e dei jeans.

"Buongiorno" lo saluta lei, ringraziando la mascherina per nascondere il sorrisone che le sta spuntando in viso. "Ti ho portato il caffè"

"Pronta per iniziare?" le chiede lui, indicando l'ingresso con un cenno del mento.

"Mai stata più pronta" risponde Anita, scuotendo la testa.

La prima cosa che fanno è presentarsi all'ingresso, dove la receptionist le fa avere un badge magnetico e le prepara una pila di documenti da firmare. Anita si domanda a cosa sia dovuta una tale riservatezza e premura, considerato che si tratta di uno stage e per giunta non retribuito, ma accetta tutto di buon grado. Al momento pensa solo a come farà sembrare altisonante questa esperienza sul suo curriculum.

Dopo essere entrati, Paul si occupa di farle visitare l'intera fabbrica, partendo dal loro ufficio, dove un uomo sui cinquanta e una ragazza non molto più grande di lei sono chini ognuno sulla sua scrivania, con gli occhi puntati sugli schermi luminosi dei pc. L'atmosfera è distesa, ma molto silenziosa.

"Ross, Lynn, questa è Anita, la studentessa di economia" la introduce Paul, dopo aver bussato con le nocche contro la porta già aperta.

La ragazza bionda è la prima ad alzare lo sguardo, e si abbassa la mascherina per farle un sorriso.
"Benvenuta!" dice, facendole un cenno con la mano.

"Grazie mille, è un vero piacere per me..." risponde lei, ed è sincera. Probabilmente il fatto che ci siano solo quattro persone nella stanza contribuisce a farla sentire più a suo agio e le dà l'impressione di un contesto familiare. Almeno finché Ross Taylor non apre bocca.

"Sicura di essere nel posto giusto, studentessa di economia?" dice, senza alzare lo sguardo dallo schermo.

È difficile capire se stia supponendo che sarà inadatta al lavoro o se stia semplicemente scherzando, perché sembra molto serio quando lo dice.

"Dai Ross, andiamo, dalle un po' di tregua." Lo rimbecca Lynn, rivolgendole un'occhiata amichevole colma di: è un vecchio incorreggibile, guarda un po' cosa ci tocca sopportare.

"Questa è la mia scrivania" dice Paul, mettendo le mani sullo schienale di una sedia girevole poco più avanti. "E quella lì è la tua."

Anita muove qualche passo incerto fino ad attraversare la stanza, sancendo il suo ingresso nel team.

La sua scrivania è poco più che un tavolo sgombro con due cassettini e un porta documenti, ma ad Anita sembra decisamente più di quanto potesse desiderare. Accarezza la superficie bianca con il palmo della mano. È abbastanza sicura che cercherà di passare in Redbull quanto più tempo possibile, pur di non tornare in quello schifo di appartamento che ha preso in affitto.

"Ross, i copy per oggi pomeriggio sono quasi pronti. Le faccio fare il giro completo e mi metto subito al lavoro." Dice Paul, e Anita si rende conto di come sappia essere estremamente affabile con chiunque. È una qualità che non ha mai avuto, ma che le farebbe molto comodo.

L'azienda, con fabbrica annessa, è molto grande e semideserta. Una volta abbandonato l'ufficio, Paul la conduce in un percorso guidato, con decine di pannelli che spiegano la storia e la filosofia dell'azienda, ma dopo pochi minuti si addentrano nel cuore della factory. Attraversano corridoi interi senza incrociare anima viva e fanno tappa in alcuni luoghi di ritrovo come la sala da pranzo, le sale riunioni, la sala conferenze e il reparto di sviluppo.

Ad un certo punto Paul deve essersi accorto del fatto che Anita sta letteralmente tremando dal freddo, perché imboccano una serie di svolte molto rapidamente, per ritrovarsi all'esterno. Paul bussa ad una saracinesca semi abbassata e chiede ad Anita di aspettarlo lì, mentre lei si stringe nelle spalle, strofinandosi le braccia con i palmi delle mani. Lui sparisce all'interno di un hangar enorme, per venirne fuori con una giacca a vento blu coi loghi degli sponsor spropositatamente grande.

"Scusa per la taglia, è che non sono stato lì a scegliere." Dice, porgendole la giacca e per la prima volta sembra in imbarazzo. È molto dolce, e le fa aggrovigliare le budella.

"Grazie."

Anita si infila la giacca sopra la felpa rossa e arrotola le maniche per accorciarle un pochino. Sembra un po' uno spaventapasseri, ma il tepore che le dà le fa dimenticare qualsiasi tipo di lamentela.

"Abbiamo quasi finito" la informa, dopo un attimo, ed è subito tornato il Paul di sempre. "Voglio solo mostrarti un'altra cosa."

L'eccitazione nella sua voce è palpabile, e Anita si chiede a cosa potrebbe essere dovuta.

Rientrano nell'edificio usando le scale antincendio, e lui la guida sulla passerella metallica fino ad una porta scura che Paul apre con il suo badge.

"Signorina, prego" la invita ad entrare con un gesto del braccio. "Dopo di lei"


La prima cosa che sente, prima ancora di vedere di cosa si tratti, è il rumore inconfondibile del motore.

La stanza in cui entrano è molto grande ed ha le pareti dipinte di un colore intenso, ma è illuminata a giorno dagli schermi accesi di un simulatore. Curva dopo curva, la macchina pilotata da qualcuno che le dà le spalle, attraversa l'intero circuito. Per una manciata di secondi, resta lì imbambolata a fissare gli schermi, come se fosse appena entrata in una sorta di santuario.

"Eccoci" mormora Paul, la voce improvvisamente ridotta a un filo.

Anita è ancora in piedi sulla soglia, con il piede che blocca la porta, e lo guarda con uno sguardo un po' perplesso, come se le stesse sfuggendo qualcosa di davvero ovvio. Lui le si avvicina, e china lievemente la testa per farsi sentire: "Stanno usando il simulatore, cerca di fare il meno rumore possibile."

Qualcosa di ovvio, sì, non così ovvio.

Anita fa un cenno affermativo, e si sistema i capelli dietro le orecchie, pronta ad avvicinarsi e curiosare un po'. Non appena muove il primo passo, però, la pesante porta alle sue spalle si chiude con uno schianto, facendo fare un salto a tutti i presenti. Figura di spalle compresa.

"Fanculo!" urla, sterzando bruscamente e facendo finire la macchina al bordo della pista. "Fanculo, fanculo, fanculo. Irrispettosi del cazzo."

Il ragazzo che esce dal simulatore calza un paio di scarpe da ginnastica grigie, dei jeans e lo sguardo più torvo che si possa rivolgere ad un altro essere umano. È rosso in viso fino alla punta delle orecchie, per la rabbia, l'imbarazzo e forse qualcos'altro che Anita non riesce a decifrare, pietrificata com'è davanti al ragazzo biondo che adesso la fronteggia.

Paul, altrettanto sorpreso, corre subito in suo aiuto: "Max! Devi scusarmi, sto facendo fare un giro alla nuova stagista. Non mi aspettavo fossi qui, credevo di trovare Alex, ecco..."

Il ragazzo biondo resta a debita distanza, non indossa la mascherina, e Anita può vedergli un ghigno cattivo aprirglisi sul viso. Non lo conosce ancora, non di persona per lo meno, ma sa già che sta per dire qualcosa che glielo farà detestare in modo irreversibile.

"Un giro alla nuova stagista?" lo dice e ne ride come se fosse la parola più ridicola sulla faccia della Terra. "Chi, questo spaventapasseri? Cosa siamo diventati ora, un parco divertimenti per ragazzini allo sbaraglio?"

La mascella di Anita si serra e il rossore confluisce sulle sue guance, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Umiliata. Ecco come si sente. Stringe i suoi occhi in due spilli e spera che possano trafiggerlo fino a trapassargli il cuore.

Paul prova a rimediare, è visibilmente mortificato.

"Anita, questo è..."

"Max Verstappen, sì, lo so." interrompe Paul e pronuncia il suo nome come fosse fatto di veleno. Gli tende la mano. "Anita, la stracciona, lo spaventapasseri, la nuova stagista." Si presenta, senza smettere di guardarlo negli occhi. "Per servirla"

Paul resta imbambolato, continuando a spostare lo sguardo dall'uno all'altra, senza sapere dove fermarsi definitivamente. La situazione è imbarazzante e parecchio spinosa. Max non sembra pensarla così e, anzi, ne sembra quasi divertito. Ormai il suo viso è una maschera imperturbabile, senza più alcuna traccia della rabbia violenta di pochi istanti prima.

"Non posso stringertela, dolcezza. Questioni di sicurezza sai com'è?"

Sono le ultime parole che dice, prima di andare via.


//Spazio autrice (sì, come no)

Domani ho un esame, ma non volevo lasciarvi troppo a lungo senza un po' di Mad Max, anche perché questo capitolo, fino ad ora, è decisamente il mio preferito. In origine questi dovevano essere a malapena 2/3 del capitolo, ma vista la lunghezza ho pensato di spezzarlo e di aggiungermi alla fila di buone notizie che sono venute fuori nella giornata di oggi. Spero di riuscire a strapparvi qualche sorriso e a intrattenervi, continuate a leggere, votare e lasciatemi un commento se vi va. Mi fa sempre molto piacere.

Un abbraccione,

Vostra T.

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