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Prologo


/NOTA IMPORTANTE/la T. del futuro ha aggiunto il trailer qui nel prologo per dare la possibilità anche a chi si approccia ora a Mad Max di vedere cosa lo aspetta. Godetevi il viaggio. xx

È iniziato tutto quando suo padre le ha detto che in Formula Uno avevano preso un ragazzo della sua età, anni diciassette, olandese con passaporto belga. Risponde al nome di Max Emilian Verstappen ed ha i capelli biondi e il viso aguzzo, gli occhi cerulei e uno dei peggiori caratteracci che si siano mai visti.

"Guarda un po' dove siamo finiti" ha pensato lei. "A diciassette anni io non ho ancora finito la scuola e mi emoziono per il mio lavoretto estivo, e questo qua è milionario. Non ha manco la patente, e guida una macchina che fai i trecento all'ora in giro per il mondo."

Anita non è mai stata una fan, non nel senso stretto del termine. Sì, ha guardato qualche Gran Premio nelle domeniche estive, (lamentandosi della lunghezza esagerata delle gare per metà del tempo) e sì, conosce i nomi di un po' di piloti e, probabilmente, saprebbe descrivere con estrema precisione l'epica battaglia di Digione '79, nonostante fosse quasi vent'anni prima della sua nascita. Ma quello è suo padre.

Non ha mai messo piede in uno stadio, mai tenuto per una squadra in particolare. A differenza dei padri di tutte le sue compagne, il suo non ha mai parlato di calcio in sua presenza. È l'autodromo la sua chiesa, e Ferrari la sua unica religione. Ad Anita, per essere sinceri, di motori non è mai fregato nulla.

Ad Anita piace andare in bicicletta, guardare i film al cinema e scrivere tutto ciò che fa in un taccuino smangiucchiato. Porta i capelli lunghi, sempre sciolti, sempre liberi come lei. Sogna una vita scomoda in giro per il mondo, di quelle piene di viaggi di lavoro, convention e voli aerei interminabili. Non sopporta stare ferma troppo a lungo in un luogo che non sia casa sua. Da quel che ricorda, è sempre stato così.

Ora che di anni ne ha ventitré, qualcosa nella sua vita l'ha combinato. Si è laureata in Economia, ha imparato a cucirsi i vestiti da sola, e si è resa conto che, forse, qualcuno potrebbe addirittura pagarla per scrivere. Si è trasferita lontano, passa le domeniche al pc per terminare progetti di lavoro, non ha più tempo per i Gran Premi della Noia in televisione, con suo padre che si lamenta perché la sua Scuderia non vince niente dall'anteguerra. Le sue giornate sono molto diverse da come se le immaginava quando era ragazzina: sono metodiche, ripetitive, per nulla folli e frenetiche come le desiderava. Certo, probabilmente è colpa della pandemia in corso, ma non ha mai passato così tanto tempo nel suo appartamento.

In marzo avrebbe dovuto cominciare il suo stage curricolare in una grossa multinazionale che l'ha scaricata non appena la situazione sanitaria in Italia ha iniziato a colare a picco. Da quel momento la sua vita ruota attorno allo studio per gli ultimi esami, cappuccini con Rebecca, la sua coinquilina, e valanghe di email per trovare un posto in cui iniziare a lavorare.

Quel pomeriggio non è diverso. È appena tornata da un'emozionante gita al supermercato: piano piano i negozi stanno riaprendo ed è meraviglioso riuscire a mettere il naso fuori casa senza avere paura. La primavera sta dando il suo meglio, mentre la gente è tappata in casa, l'aria è fresca e profuma di fiori. Quando il telefono le squilla nella tasca della giacca Anita molla le buste all'ingresso per afferrarlo e rispondere, sperando in qualche reclutatore che la sta contattando per un colloquio.

"Uhm, si?"

"MI HANNO PRESA!" urla la voce dall'altro capo del telefono.

E il cuore di Anita perde un colpo.

Per qualche istante resta in silenzio, mentre registra l'informazione e tutte le implicazioni che ha.

Camilla, una delle sue più care amiche, e sua compagna di corso, è stata presa per lo stage a L'Oréal per cui entrambe avevano fatto richiesta a inizio mese. L'azienda ha inviato le convocazioni per i colloqui finali la settimana prima, ed Anita non l'ha ricevuta. C'erano ovviamente pochissime probabilità che la sua amica venisse selezionata, e una piccola parte di lei ha sperato che non accadesse. E invece.

Se non dirà qualcosa immediatamente, farà la figura dell'invidiosa e non vuole proprio discutere con lei adesso, né tantomeno suscitare la sua pena. Perciò si morde la lingua e cerca di produrre il tono più entusiasta che riesce: "Oddio Cami, ma è meraviglioso!"

Meraviglioso, certo.

Okay, forse invidiosa lo è, e più di un po'. Ma chi non lo sarebbe? La spola fra Milano e Parigi per i prossimi dodici mesi, lavorare in un'azienda enorme e internazionale. Alta probabilità di contratti futuri. Un sogno per tutti, e anche per lei.

L'amica va avanti per dieci minuti buoni a raccontarle del colloquio per filo e per segno, con una dovizia di particolari che Anita inizia a trovare davvero fastidiosa. Se non la conoscesse, e non la considerasse un'amica sincera, giurerebbe che sta cercando di vantarsi con lei e di farla sentire l'ultimo scarto sulla faccia della Terra.

"È una notizia splendida, sono davvero felice per te" si ritrova a ripetere, ed è l'ennesima volta che ribadisce il concetto. Qualcosa nell'amica sembra scattare, perché il tono cambia immediatamente, e Anita si pente di non aver tagliato corto ben prima.

"Ancora niente?" si arrischia a chiedere, e la sua voce è densa di compassione.

"Niente." Ripete Anita, affermativa e laconica. Il suo buon umore è ormai un lontano ricordo e le buste della spesa ancora sul pavimento.

"Vedrai che ti chiamerà presto qualcuno, sono fiduciosa"

Occhi al cielo. Sì, certo.

"Vedremo." Concede "Adesso devo andare. Ci sentiamo Cami eh, mi raccomando."

"Ti voglio bene"

"Anche io."
Rebecca riemerge dalla sua stanza con la tuta rosa nei calzettoni e i capelli legati in una crocchia che ciondola pigramente sul lato. Trova Anita con la testa fra le mani che piange e borbotta una marea di fanculo uno in fila all'altro.

Non è difficile immaginare cosa abbia turbato l'amica, visto che in casa non si fa altro che parlare dell'esame di Farmacologia che lei dovrà rifare per la terza volta e dello stage di marketing dell'altra, sfumato per il COVID.

Senza una parola raccoglie i sacchetti dal pavimento, smista rapidamente la spesa e apre il cassetto alla ricerca di un apribottiglie. Fa tutto in silenzio, la lascia sfogare. Serve.

La prima cosa che vede Anita, quando riapre gli occhi dopo il suo breve crollo emotivo, sono una coppetta di patatine e due calici di vino riempiti ben oltre il dovuto. Poi, il sorriso di Rebecca che le tende la mano.

"Fanculo il mio esame. Direi che stasera ci beviamo su."

*

Due ore dopo la bottiglia è finita e sono stravaccate sul divano a guardare una commedia romantica di infimo livello in cui la protagonista femminile e il protagonista maschile si odiano da impazzire ma finiranno insieme. Rebecca e Anita appartengono entrambe a quella categoria di persone che odia questi film che propongono un ideale d'amore irrealizzabile ma che non possono fare a meno di guardarli e lamentarsene.

Rebecca è appena (forse) uscita da una logorante frequentazione con Gian, quasi trentenne ricciolino con l'allergia agli impegni a lungo termine, mentre Anita non ricorda nemmeno l'ultima volta che è uscita con qualcuno dopo aver chiuso con il suo ex storico, fedele ma non troppo. Il COVID ha dato il colpo di grazia alla sua vita sessuale.

Sono donne indipendenti, gli uomini a loro non servono. L'idea che l'amore, da qualche parte (fosse anche nella finzione) esista, forse però un pochino sì.

"Rebe?"

"Mmh, sì?"

"Secondo te siamo delle fallite?"

L'amica le lancia un cuscino.

Quando Anita beve sa essere davvero petulante, e forse avrebbe dovuto pensarci prima di tentare di annegare i suoi dispiaceri in un litro di vino rosso da supermercato. Ridono delle loro sventure e si sentono leggere per un momento, quella sera.

Si addormentano sul divano, con la televisione ancora accesa e briciole di patatine ovunque. La mattina dopo, sbronzarsi con alcolici scadenti sembra essere stata l'idea più idiota del secolo, corredata da mal di testa lancinanti, nausea e capogiri.

Dopo essersi scambiate un paio di occhiatacce, Rebecca si alza e va a preparare i cappuccini, che sono un must delle loro colazioni da quando hanno comprato quel bizzarro aggeggio che fa fare la schiuma al latte. Tutto avviene nel silenzio, perché ogni rumore sembra essere amplificato a dismisura.

Come ogni mattina che si rispetti, la prima cosa che Anita fa, invece, è accendere il pc e controllare distrattamente la cartella della posta in arrivo, alla ricerca di un barlume di speranza. O meglio di un miracolo. Quel giorno, come ogni altro, non si aspetta nulla ma è già delusa.

È stupita, infatti, quando si accorge che la casella ha una mail non letta, il cui oggetto è piuttosto inequivocabile: Proposta Stage Retribuito UK.

È il mittente che la lascia un po' perplessa: Red Bull Racing Team.


// Spazio autrice (per dire)

Come volevasi dimostrare, non so stare lontana dalle storie troppo a lungo. Per la prima volta mi cimento in qualcosa di assolutamente nuovo per me: una ff su un pilota del mio sport preferito! Ho notato che c'è un pochino di penuria in questo "fandom", quindi ho ben pensato di colmare questo vuoto dandovi una nuova storia firmata #Tods. Siamo agli inizi, probabilmente ci vorranno un paio di capitoli per carburare e dare avvio alle vicende, ma voglio prendermi tutto il tempo necessario perché le cose quadrino e la lettura risulti piacevole.

Concludo questo lungo sproloquio mandando abbracci (distanziati!) e chiedendovi di commentare se siete interessati a sapere come si va avanti.

Baci esagerati, T.

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