Otto.
Velocità.
Pura e semplice velocità.
Un incredibile spostamento nello spazio, in una impercettibile frazione di tempo. Può sembrare complicato, ma non è nulla più di questo, ciò che può consacrarti nella gloria o condannarti alla sconfitta.
Quali sono i tuoi limiti, quando non ci sono limiti a quello che puoi fare?
Non è la prima volta che Anita mette piede in un circuito e, dopo quattro giorni a Spielberg, credeva che questo nello specifico non potesse più riservarle sorprese. Deve constatare, però, che si è sbagliata di grosso, perché nulla poteva prepararla a questo momento. Al giorno della gara.
Non c'è pubblico nelle tribune, eppure sono proprio ingegneri, meccanici e addetti a costituire il cuore pulsante dell'evento, muovendosi da un capo all'altro della pista e pensando agli ultimi ritocchi necessari.
L'atmosfera è elettrica, totalizzante. Ogni persona nel raggio di venti chilometri è tesa in spasmodica attesa del momento della partenza, quando i piloti saranno tutti schierati, i semafori si spegneranno e il Gran Premio d'Austria si disputerà.
Per Anita è una sensazione mai provata prima, somiglia vagamente al brivido di eccitazione prima di salire su una giostra pericolosa, in cui esaltazione e paura si mischiano e confondono, fino a diventare una cosa sola.
Le qualifiche del sabato sono andate bene e sembrano tutti soddisfatti. Entrambi i piloti partiranno abbastanza avanti: Alex quinto, Max terzo, immediatamente dopo le due Mercedes. Le frecce argento quest'anno si sono tinte di nero, a sostegno della comunità afro-discendente, e sembrano più minacciose che mai.
Gli ingeneri, però, sono convinti che questo sia l'anno giusto per stracciare la concorrenza. Il motore Honda ha migliorato la sua affidabilità, tutte le specifiche tecniche implementate hanno performato bene nei test preliminari. È la Red Bull migliore di sempre, e Max Verstappen, anni ventidue, ne è la punta di diamante.
Domenica mattina c'è tanta tensione nell'aria, ma per lo più è speranza. Aver ritardato di così tanto l'inizio della stagione ha sconvolto gli equilibri, e con solo otto gare a calendario letteralmente tutto può succedere. Un ritiro, un brutto piazzamento, un piccolo incidente di percorso possono stravolgere il risultato finale.
Lewis Hamilton è un sei volte favorito, vergognosamente talentuoso e baciato dalla fortuna più sfacciata. A bordo della sua 44 è il Re Mida della Formula Uno: tutto ciò tocca è un record, un primo premio. Tutti sono convinti che quest'anno eguaglierà il più grande di tutti i tempi, guadagnandosi di diritto il suo posto nell'Olimpo, ma in una stagione così non è possibile dar nulla per certo.
Ed il team Red Bull lo sa, sa che questa è la migliore occasione che avranno, fino al cambio regolamento. È un all-in.
Anita, che a fatica si sta facendo strada in questo mondo, si sente un po' estranea ai timori e alle aspettative di tutti quelli che la circondano, ma non può fare a meno di sentirsi un po' speranzosa. Non si è mai sentita davvero parte di qualcosa di così grande, e per la prima volta si rende conto di star vivendo qualcosa di assolutamente irripetibile.
Ha fatto colazione rapidamente, in albergo, origliando le conversazioni di due meccanici e sorseggiando un cappuccino disgustoso che avrebbe di sicuro suscitato le ire di Rebecca. Ha sorriso, pensando alla sua amica, prima di ricordarsi da quanto tempo non si parlano, e di sentirsi sprofondare.
Dopo pochi minuti è arrivato Paul, con la polo blu e il berretto calcato sui capelli lunghi: perfino lui sembra emozionato, e ha abbandonato quella sua aria da cucciolo afflitto. Oggi non può evitarla, anche volendo, perciò la accompagna al paddock e prova addirittura a fare un minimo di conversazione con lei, spiegandole come si svolgerà la giornata.
"Guarderemo la gara dal motorhome" le dice, gesticolando. "Molto meglio, fidati di me."
"Mmh"
"Abbiamo tutto quello che ci serve, le nostre postazioni, gli schermi aggiuntivi e il collegamento radio in entrata." Prosegue, alzando leggermente il tono di voce.
Anita lo guarda in faccia per la prima volta in due settimane e si perde per un istante nei suoi occhi scuri e nel modo che hanno le sue labbra di dischiudersi quando parla. Il cuore le sussulta nel petto.
Anita è delusa da Paul. Disgustata. Parti di Anita credono di odiare Paul, in un certo senso.
Ma adesso Anita è solo Anita, ed è attratta dal Meraviglioso Harris come la prima volta che lo ha visto.
"Ci saranno i piloti?" è l'unica cosa che si arrischia a chiedere, distogliendo lo sguardo da lui e concentrandosi sui passi che muove, per regolarizzare il battito cardiaco.
"Adesso? Credo di sì, hanno le ultime interviste." Le risponde Paul.
Incredibile, è davvero la conversazione più lunga e pacifica che hanno avuto da quando sono lì, ed è la fine del weekend.
Anita si lascia scappare un gemito seccato, e manda gli occhi al cielo, facendo ridacchiare Paul.
"Non è migliorata eh?" le chiede, cercando di trattenere un sorriso.
Anita tira un calcio ad un sassolino, mentre si gira a rispondere.
"Che tu ci creda o no, se possibile, è peggiorata. Di gran lunga." Dice, e sospira, causando una risata nel ragazzo che le cammina affianco.
Anita ha evitato Max Verstappen come la peste nei due giorni precedenti, anche se questo ha significato prevalentemente stare chiusa nella sua stanza e girare alla larga dal motorhome una volta che i piloti erano fuori dalle loro automobili. Si rende benissimo conto di quanto infantile sia questo comportamento ma, nella sua situazione, per la sua salute mentale, ha bisogno di evitare i problemi, piuttosto che tuffarcisi in mezzo.
"Sei nuova, non puoi avere idea di quanto la cosa lo mandi su di giri" le risponde Paul, alzando le sopracciglia e assumendo un'espressione vagamente infastidita. "Dagli il tempo di conoscerti e si stancherà di darti fastidio. È un grosso bambino di ventidue anni che non sa come relazionarsi con le persone."
Lei trattiene una smorfia, e si chiede di chi stia parlando davvero. Soppesa l'idea di godersi questa ritrovata e fortuita confidenza, e quella di sfruttarla per chiarire le cose.
Camminano ancora per un pezzo, vicini ma non abbastanza perché le loro spalle si sfiorino, finché non arrivano a destinazione. Anita si strofina i palmi delle mani sulle braccia nude, coperte da una leggera pelle d'oca, e si gira su sé stessa, per fronteggiare Paul.
"Dobbiamo parlarne, te ne rendi conto?" prova, ma lui le rivolge uno sguardo supplicante. Sembra un cucciolo messo all'angolo. "Non doveva succedere, ma non è solo una mia responsabilità." Tiene le mani poggiate sui gomiti, conserte, per darsi coraggio. "Dobbiamo solo lasciarcelo alle spalle."
Paul ha la mascella contratta e pugni serrati, paralleli ai fianchi. Per un breve istante la guarda come se stesse per sferrarle un pugno, ma non lo fa. Non muove un passo a dir la verità. La sua espressione, tuttavia, si indurisce ancora una volta.
"Abbiamo del lavoro da sbrigare. La gara inizia fra poco."
*
Per alcuni è solo rumore. Un rumore penetrante, fastidioso, di quelli che alla fine ti lasciano una sensazione di stordimento, un fischio alle orecchie prolungato nel tempo. Altri lo definirebbero addirittura spaventoso, uno di quei fragori improvvisi che sembrano provenire dritti dai tuoi incubi peggiori.
Per i piloti e per Anita, quel giorno, è il suono più bello del mondo. Quello di un'automobile che va da 0 a 200 in cinque secondi.
Quasi salta dalla sua postazione, quando guarda nello schermo quello che sta succedendo a poche centinaia di metri da dove si trova lei in quell'istante.
Hamilton è stato penalizzato per non aver rallentato in regime di bandiera gialla, e la sua partenza è pessima, dietro al suo compagno, ai piloti Red Bull e a Norris. Max, invece, è una freccia. Si attacca alla vettura nera che lo precede dai primissimi istanti, la tallona con tutte le sue forze, come se da quella gara dipendesse tutta la sua vita.
Anita osserva rapita le immagini sullo schermo, porta le mani giunte alla bocca, in preghiera.
Quando Paul le ha detto che avrebbero visto la gara dal motorhome, si è chiesta quanto potesse essere diverso guardarla attraverso uno schermo lì piuttosto che a casa sua. La risposta arriva in quel momento, inequivocabile, dopo nemmeno due giri di gara: molto diversa.
Le immagini sono molte di più, molto più dettagliate, ci sono parametri e statistiche e il minutaggio costante ma, soprattutto, il sottofondo non è un noioso commentatore sportivo che si esalta per cose inutili e non vede l'ora di sparare a zero sul primo pilota in difficoltà. Si sentono solo le macchine, le marce che scalano, le gomme che si consumano sull'asfalto rovente.
E, di tanto in tanto, il respiro affannato dei piloti, le indicazioni degli ingegneri di pista, le loro voci concitate.
Max, com'è la macchina?
È terribile, la odio. Ridacchia.
Hamilton sta recuperando, spingi di più.
Col cazzo. Se lo sogna.
Copy.
Anita guarda col fiato sospeso le automobili sfilare a tutta velocità sul Red Bull Ring, le mani che tremano sul ripiano del bancone. Hamilton ha iniziato la sua caccia come un vero predatore, e dopo dieci giri è ormai a un passo da Max. La Bosch, la Schikane, la Jochen Rindt.
Non ho potenza! Non ho potenza! La voce di Max è irata, quasi urla, mangiata dalle interferenze.
Box. Box.
Tutti attorno a lei picchiano i pugni sul tavolo, sbuffando, e i meccanici sulle sedioline pieghevoli si prendono la testa fra le mani.
Anita si gira verso Lynn, che sta già armeggiando con il suo portatile, interrogativa.
"Cosa sta succedendo?" chiede, allarmata. Dalle immagini sembra tutto okay, tranne per il fatto che la Red Bull dell'olandese si sta facendo superare non solo da Hamilton, ma da chiunque, mentre torna ai box.
"Ci sono problemi" le risponde, serafica, aprendo una pagina con il comunicato stampa per il post-gara, ed iniziando a modificarlo.
Posso andare?
Max, spegni tutto.
Vaffanculo.
Il contatto radio si interrompe bruscamente, con un suono fastidioso, prima di riallacciarsi ad Albon, che ha mantenuto la sua posizione ed è ancora in lizza per il podio.
Anita non ha capito cosa sia successo, ma dalle espressioni che hanno tutti gli ingegneri al tavolo, è stato un imprevisto impossibile da evitare, ma che tutti temevano si realizzasse.
La fortuna del team sembra essersi esaurita prima del previsto: un ritiro del primo pilota nel Gran Premio di casa suona come la cronaca di una sconfitta annunciata, e l'idea di correre di nuovo qui fra una settimana esatta non migliora l'umore generale.
Lei si raddrizza sulla sedia, stiracchiandosi, e riprende a seguire la gara che, andando avanti, sembra complicarsi per tutti, regalando un ritiro dopo l'altro. Non capisce perché tutti nella stanza sembrino darsi per vinti quando c'è ancora un loro pilota là fuori, qualcuno che può ancora combattere per il podio e portare punti al team.
"Contano tutti su Max." dice Lynn, dando voce ai suoi pensieri.
"Sì, ma Max è fuori ora. Alex è ancora lì." Ribatte Anita.
Questa volta però Lynn non ha modo di risponderle, perché il suddetto pilota fa la sua comparsa nel motorhome con la sua assistente al seguito, come una furia.
Ha ancora la tuta completamente allacciata, il casco nella mano sinistra e le cuffie che pendono sul suo petto. È madido di sudore, con i capelli bagnati attaccati alla fronte e il viso arrossato, ma la cosa più spaventosa sono i suoi occhi azzurri, fiammeggianti.
Due degli ingegneri provano ad avvicinarsi a Max, tendono le mani verso di lui, provano a calmarlo con il loro linguaggio del corpo. Lui, per tutta risposta, li schiva a spallate, per farsi strada verso la sua stanzetta, facendoli arretrare bruscamente.
"Max!" lo chiama Horner, e si alza per raggiungerlo. "Max!"
Il ragazzo torna indietro di qualche passo, ritrovandosi faccia a faccia con il suo capo.
"Non voglio saperne un cazzo!" gli urla addosso, con il petto gonfio e il fiatone. Sta letteralmente fumando di rabbia.
"Max, tu..." prova ancora Horner, alzando una mano per posarla sulla spalla del pilota.
Dev'essere la decisione peggiore che potesse prendere, perché lui se la scrolla via in un istante, con gli occhi ridotti a due fessure taglienti.
"Statemi fottutamente lontani, chiaro?" urla, poi si gira verso la ragazza che gli sta tendendo la borraccia, fulminandola con lo sguardo.
Andando via, sbatte il casco contro il separé in plexiglass, con tutta la sua forza, formando una grossa crepa che dal centro si dirama tutto attorno, come una macabra ragnatela, o l'impatto di un meteorite.
È la perfetta descrizione di come si sente Max in questo momento. Un Dio, sì, ma un Dio della distruzione.
La sua assistente nemmeno si sforza a seguirlo, ma si affloscia come un calzino vuoto sulla prima sedia libera che trova, nascondendo il viso fra le mani.
Anita è assolutamente atterrita. Con una mano stringe la seduta del suo sgabello fino a farsi sbiancare le nocche. Non ha mai assistito ad una scena simile in tutta la sua vita, le tremano le gambe soltanto a pensarci, ma nessuno sembra particolarmente scosso dalla vicenda, nemmeno lo stesso Horner.
Si gira verso Paul questa volta, e non ha paura di chiedergli niente. In questo momento nemmeno conosce cosa sia, la paura.
"Cosa diavolo gli è preso?"
"Questo è Max che fa Max. Ordinaria amministrazione." Le risponde lui, facendo spallucce.
"Cosa significa, Paul? Ha rotto un pannello, spintonato il suo capo, i suoi ingegneri..." balbetta Anita, contrariata. Non riesce a capire cosa le stia sfuggendo.
"Max è pazzo, Anita. Completamente pazzo." Dice, portando l'indice sinistro alla tempia e ruotandolo in senso antiorario.
Ma, nonostante tutti attorno a lei sembrino persuasi del contrario, lei non riesce a convincersi che questa possa essere la spiegazione di un comportamento simile. Non è normale, cazzo. Non è una reazione normale, e Verstappen non può semplicemente essere pazzo. O sì?
A pochi giri dalla fine, dopo un contatto con Hamilton, anche Alex è fuori dai giochi. Tutta la speranza del mattino si è sgonfiata davanti alla débâcle del pomeriggio. Un doppio zero non ha lati positivi, neanche se vuoi cercarli.
Quella sera, Anita scava nella valigia alla ricerca del pacchetto di sigarette che ha sapientemente infilato lì in vista di qualche momento particolarmente difficile. Dopo un weekend piovoso e freddo, la sera della domenica il cielo è limpido e tempestato di stelle.
Incastra la sigaretta fra le labbra e apre la finestra per spostarsi sul balconcino esterno. Avvicina l'accendino alla bocca, e genera una piccola fiamma tenendo la mano sinistra a coppa.
Paradossalmente, tira la prima boccata d'aria della giornata.
Si appoggia coi gomiti contro il parapetto, e guarda la cenere accumularsi sulla punta della sigaretta, inclinarsi, e cadere giù, sei piani più in basso.
Inspira ancora, guardando la luna. Si sente completamente svuotata.
Questa giornata l'ha provata in modi che non avrebbe mai immaginato, e non è sicura di poter sopportare ancora a lungo questa altalena emotiva. Ha molte cose da fare, seminari e lezioni universitarie da recuperare, ma non ne ha davvero le forze.
Tiene il cellulare in mano, scorrendo le storie di Instagram e indugiando più volte sul circoletto di quelle della sua migliore amica. Vorrebbe scriverle, chiederle se va tutto bene, ma non lo fa.
Forse è orgoglio. Forse solo stanchezza. Una stanchezza siderale.
Tira una boccata profonda, riempiendosi i polmoni di fumo, e poi getta la sigaretta dal balcone ancora accesa. Non si chiude la finestra alle spalle quando rientra, prima di buttarsi a peso morto sul letto e chiudere gli occhi.
Anita pensa che potrebbe anche addormentarsi così, se solo non fosse per un suono che la riporta immediatamente sull'attenti.
Qualcuno sta bussando alla porta.
//Spazio autrice (sì, certo)
Oggi è il lunedì più lunedì dell'anno. È solo il primo giorno della pausa invernale e già mi manca tutto troppo. Per fortuna Mad Max riesce a tenermi compagnia e a farmi rivivere questa stagione così strana tutta dall'inizio. Spero che possa fare compagnia anche a voi.
Ci sono tantissime cose da dire, ma cercherò di essere breve. Innanzitutto, come avrete notato, si tratta di una long fic. Ho pianificato una trentina di capitoli, ma il progetto si amplia ogni volta che lo riprendo in mano, quindi who knows! Questo capitolo, nello specifico, è stato scritto fra ieri notte e oggi pomeriggio. Non mi capita spesso di rimaneggiarli così poco, ma sono abbastanza soddisfatta di com'è venuto.
Un grazie immenso va anche a voi: il capitolo precedente è stato il più votato di sempre, siamo arrivati alla soglia delle 500 letture e siamo solo all'inizio. Davvero, grazie. Per tutto.
Ultimo ma non meno importante. Adesso, in un certo senso, tocca a voi. Ho due idee per il capitolo nove, alla Sliding Doors. Chi sta bussando alla porta? xx
Vi abbraccio sempre,
Vostra T.
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