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Nove.

La settimana inizia, inaspettatamente, nel migliore dei modi, con un prolungamento della sua permanenza a Spielberg e un bel voto all'esame di Economia dei mercati emergenti. Era molto preoccupata, visto che l'ultima volta si è ritirata dall'esame senza spiegazioni per salire su un aereo diretto in Inghilterra, e potrebbe aver accennato alla sua trasferta, nel corso dell'interrogazione, ma non crede che abbia aiutato più di tanto.

Anita si sente inspiegabilmente felice.

Felice del tipo che non le pesa svegliarsi all'alba e lavorare in un hangar a cinque metri di distanza da chiunque altro, felice del tipo che nemmeno sente il sapore sabbioso del cappuccino con cui fa colazione ogni mattina.

È a un passo dalla conferma del suo posto in azienda. Christian Horner in persona le ha detto che vede un luminoso futuro per lei all'orizzonte, e Anita si è chiesta perché sembri una grande concessione tenerla a lavorare per loro gratis. Ha passato l'intera giornata del giovedì al telefono con quelli dell'ufficio stampa per ricevere in anteprima stralci del comunicato della conferenza da postare sui social, ricevendo soltanto dinieghi e frecciatine.

La realtà, però, è vista con il filtro rosa a cuoricini. Se avesse saputo che avrebbe sistemato le cose a questo modo, avrebbe rifatto sesso con Paul molto prima.

Quando lui si è presentato davanti alla sua porta, domenica sera, Anita era confusa e non aveva la minima idea di cosa ci facesse lì. Lui le è sembrato abbastanza risoluto, seppur in imbarazzo, e le ha chiesto il permesso di entrare, con un piede già oltre la soglia. Lei si è seduta al bordo del letto, e lui di fronte a lei, sulla poltroncina. Inizialmente hanno parlato, per lo più. Si sono chiariti.

La conversazione non ci ha messo molto a scaldarsi: entrambi hanno alzato la voce, hanno cercato di far valere le proprie ragioni.

Mettiti nei miei panni, succede una cosa così ed io perdo il mio punto di riferimento. Ha detto Anita, con le lacrime agli occhi, spalancando le braccia.

Dovremmo lasciarcelo alle spalle, ma non riesco a smettere di pensare a te. Ha detto Paul, ed è stato allora che è successo.

Ancora una volta, Anita non ha pensato alle conseguenze. Ha volutamente ignorato la vocina nel retro della sua testa che le diceva di non fare cazzate ed ha slacciato la polo di Paul sfilandola oltre la sua testa. Lo ha baciato sulle labbra, sul collo e dietro l'orecchio e ha lasciato che lui la spogliasse, mentre un venticello fresco che entrava dalla finestra aperta le faceva venire la pelle d'oca.

Avventato? Assolutamente. Sbagliato? Plausibile.

Eppure.

Quando si è svegliata, il mattino dopo, lui era ancora lì, avviluppato nelle coperte e con il viso affondato nella sua spalla. Anita ha tirato un sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi ancora per un istante prima di tirarsi su.

A differenza della volta precedente, Anita non è pentita. E mentre i suoi occhi indugiano sulla schiena di Paul, non si sente sporca, né ingenua, né stupida. Sa che ha sbagliato di nuovo, che non è giusto né professionale, ma non riesce a pensare che, tornando indietro, non lo rifarebbe.

*

Il venerdì mattina Anita si sveglia in una stanza che non è la sua, con i capelli arruffati e il collo un po' indolenzito. La prima cosa che vede, non appena i suoi occhi si sono abituati alla luce, è un bigliettino poggiato sul cuscino accanto al suo.

È Paul, che la avvisa di essere sceso per una riunione last-minute con Ross e le ricorda di chiudersi la porta alle spalle quando uscirà per raggiungerli.

Dalla finestra semi aperta, entra un timido raggio di sole che proietta un'ombra sottile sul pavimento della stanza. Anita appoggia i piedi sulla moquette e si stiracchia, prima di tirarsi su dal letto e dirigersi verso il bagno per una doccia veloce.

Non hanno parlato bene di cosa sono, ma non ha dormito da sola nemmeno una notte da domenica. È ben lontana dal pensare che fra lei e Paul possa realmente instaurarsi qualcosa di solido, e non sa bene come comportarsi in questa circostanza. Una frequentazione di questo tipo non era fra i progetti a breve termine della sua vita, per la verità.

Dopo essersi lavata, saltella nella camera da letto per recuperare i suoi vestiti, sparsi un po' ovunque, e si dà una rapida occhiata allo specchio per assicurarsi di non avere l'aria di una che sta sgattaiolando fuori dalla stanza del suo superiore dopo una notte di sesso.

(Cosa che, effettivamente, sta facendo.)

Per ultimo, infila il cellulare in tasca ed esce, tirando la porta dietro le sue spalle, prima di rendersi conto di non essere sola nel corridoio dell'ottavo piano. Tre porte più in là, un uomo di stazza larga, non molto alto e biondo, sta davanti ad una porta spalancata, le braccia conserte e l'espressione greve.

"Muoviti." Dice, con voce molto alta. "Cammina."

Qualcuno, dall'interno della stanza, risponde ma è impossibile capire le parole per quanto piano sta parlando. L'uomo sembra infastidito dalla risposta, però, perché alza ulteriormente il tono di voce. Solo che ora parla in una lingua che Anita non ha mai sentito e che non capisce.

Si schiaccia con tutto il suo corpo contro la porta, strizzando gli occhi e maledicendo Paul per non averle lasciato la chiave magnetica. Non può rientrare, ma non può nemmeno andare via come se nulla fosse. E se si trattasse di qualcuno dello staff? Qualcuno che conosce Paul e sa che quella è la sua stanza?

Non vuole rischiare.

L'uomo, però, non sembra nemmeno essersi accorto della sua presenza e, anzi, seguita a rimproverare la figura ignota al di là della soglia.

La sorpresa è ancora più grande quando quest'ultima esce dalla stanza, con uno zaino in spalla e il capo chino, mentre si infila un berretto con la visiera e chiude la porta alle sue spalle.

Per una manciata di secondi, non si accorge di lei. Poi, quando i due si girano per attraversare il corridoio e raggiungere l'ascensore, i loro occhi si incrociano, e Anita deve mordersi la lingua per non lasciarsi scappare una marea di improperi.

Max Vestappen e quello che ha tutta l'aria di essere suo padre, le vengono in contro, a passo svelto, coordinati, come due militari.

Anita è sicura che a un certo punto Max la guarderà e le farà una battuta cattiva su cosa ci fa lì e su quanto le piaccia frequentare persone che non sono alla sua portata. Si aspetta di tutto, dopo la settimana prima. Perfino uno spintone, un pugno, una minaccia non tanto velata.

Invece Max sfila senza una parola, senza un cenno di saluto, agganciato al fianco di suo padre, con la mascella serrata. Eppure i suoi occhi di ghiaccio non la lasciano neppure per un secondo finché non l'hanno superata e non spariscono dietro le porte dell'ascensore.


Il resto della giornata procede senza intoppi. Davanti agli altri Paul non si sbilancia troppo ma, per lo meno, ha smesso di ignorarla e di comportarsi come se nemmeno esistesse. Ogni tanto, mentre lavorano, si avvicina a lei con una scusa e le sfiora la mano sotto al tavolo, delicatamente, nascondendo un sorriso dietro alla mascherina.

Anita potrebbe abituarsi a tutto questo, Dio solo sa se non lo sta già facendo, ma è sempre sull'attenti, sempre pronta alla repentina fine di tutto.

Le prove libere sono andate bene e Ross le ha assegnato un incarico abbastanza importante. Curerà un piccolo articolo sul sito in cui parlerà della performance dei piloti e delle aspettative per il resto del weekend. Non ha mai fatto nulla del genere, nei due mesi che ha collaborato con la Red Bull, e ne è immensamente felice perché finalmente può mettere in pratica le sue abilità.

"Quando stacchi?"

Anita resta ferma sullo sgabello, senza staccare le mani dalla tastiera, e volta appena la testa sulla sinistra, dove i suoi occhi incrociano Paul, con i capelli lunghi appena schiacciati dal cappellino con visiera.

Con l'indice della mano sinistra si libera di uno degli elastici della mascherina, che ora le pende dall'altro orecchio in modo un po' buffo. Vuole che Paul la veda sorridere, arrossire, senza barriere, anche se sta per declinare il suo invito.

"Devo finire questa cosa per Ross" gli risponde, dispiaciuta, indicando lo schermo del suo pc. "Non ne ho idea davvero, ma è importante."

Paul si sistema i capelli, prima di infilarsi nuovamente il cappello, e annuisce brevemente, anche se ha l'aria un po' delusa.

"Sei più coscienziosa di me, te ne do atto." Le dice, avvicinandosi finché non è a un passo da lei. Allunga una mano verso la sua guancia, e sfiora dolcemente il mento di Anita con l'indice, mentre le rimette la mascherina sul viso. Poi abbassa il tono di voce, di modo che solo lei possa sentirlo. "Ti aspetto, da me."

Si congeda, salutandola con un cenno, e lasciandola sola con i suoi pensieri.

Per quanto le faccia piacere, inizia a farsi strada in lei il sospetto che questa storia di sesso, nonostante le ottime premesse, non finirà per niente bene.

Si sistema meglio sulla seduta e, sospirando, cerca di ritrovare la concentrazione e di rimettersi a lavoro. Riportare le statistiche è un lavoro semplice, crudo, obiettivo. Più difficile è trovare il modo di costruire una storia, dietro quei dati: cosa significano questi tempi? Cosa possiamo aspettarci?

L'unica cosa di cui si sente piuttosto sicura è che non è possibile fare peggio di un doppio ritiro, dunque comunque vada, sarà meglio dello scorso Gran Premio.

"Assicurati che le cose che scrivi siano vere." Dice qualcuno, alle sue spalle.

Anita ha imparato a conoscere quell'inflessione nella voce, quel tono basso e vagamente rauco, e ha imparato ad associarlo ad una persona tendenzialmente ostile.

Adesso, tuttavia, non c'è niente di ostile in Max Verstappen, con la tuta slacciata per metà, le maniche legate in vita, e un asciugamano sulle spalle. Il suo viso è disteso ma il suo sguardo resta criptico, l'espressione illeggibile.

Sembra incredibilmente distante dal pilota aggressivo che ha dato il peggio di sé la settimana precedente, ma non ha molto in comune neppure con il ragazzo irritante con cui Anita ha già avuto più volte a che fare.

Max, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo rivolto allo schermo, è una inedita e apparentemente innocua versione di sé stesso, con cui lei non ha mai avuto a che fare e che, paradossalmente, la rende molto nervosa.

"A cosa ti riferisci?" prova a dire, tamburellando con la punta del piede sul pavimento.

"A me." È la risposta di Max.

Allora Anita si gira per fronteggiarlo, con il cuore che le batte forte nel petto, come se stesse stuzzicando un animale pericoloso. Non sa come si interagisce con questo Max, ha paura che possa scattare all'improvviso, cambiare faccia.

"Non pubblicheranno niente di mio, prima di approvarlo." Dice, chiudendo il pugno attorno al pollice.

"Non intendevo questo." Risponde Max, semplicemente, e alza gli occhi per andare a incrociare lo sguardo di Anita, pieno di domande e confusione.

Le iridi di lui hanno una sfumatura inusuale, sono di un punto d'azzurro molto vicino al cielo invernale, intensi e tempestosi, ma inespressivi. Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, si dice lei, sta guardando un uomo che ha venduto la sua.

"E cosa allora?" prova ad indagare.

Max muove un passo indietro, e si gira di profilo, pronto ad andare.

"Che non sempre le persone hanno un'impressione di me che corrisponde alla realtà."

Non aspetta che lei gli risponda, e Anita nemmeno crede che voglia davvero una risposta. La sua sembra una mera constatazione dei fatti. È come se volesse dirle: sono questo, per quanto lei si trovi in difficoltà a comprendere cosa sia questo, chi sia Max.

Il ragazzo ha il potere di suscitare in Anita una gamma di emozioni molto vasta, e per la prima volta la curiosità sembra superare il fastidio, l'irritazione, perfino l'antipatia. Riflette a lungo su quello che le ha detto, ma non riesce a risolversi sul significato delle sue parole.

L'equilibrio precario fra loro dura più del previsto, poi, com'è arrivato, Max sparisce nel corridoio alla sua sinistra, nel silenzio rotto solo dal rumore ritmico dei suoi passi.


Il giorno dopo, riesce a qualificarsi secondo, e la domenica la sua gara non è perfetta, ma si conclude all'ultimo giro, per lo meno, con il gradino più basso del podio.

Il team lo festeggia, allegro, con abbracci e pacche sulla spalla, ed i suoi occhi annebbiati si accendono di una luce tutta nuova. Si fa scattare una foto, con il premio in mano, il viso illuminato da un sorriso quasi infantile. Tutti sembrano aver dimenticato il primo, disastroso Gran Premio, eppure sullo sfondo delle fotografie si vede ancora il vetro crepato su cui Max ha sfogato una rabbia senza nome.


//Spazio autrice (come no)

Buonasera e ben ritrovati su questi schermi! Spero che il capitolo appena concluso sia di vostro gradimento. Come avevo accennato la volta scorsa, avevo due idee molto diverse per questo capitolo, quindi è probabile che, quando la storia sarà finita, pubblichi un capitolo bonus con l'altra versione (se vi interessa!).

Volevo approfittare di questo piccolo spazio per ringraziarvi per il supporto che sto ricevendo in questi ultimi giorni: Mad Max ha preso il volo, grazie grazie grazie! Non è un bel periodo per me, e sapervi vicine aiuta tanto.

Questo capitolo è molto importante, non avete nemmeno idea di quanto. Piano piano stiamo conoscendo i personaggi principali, e nei prossimi 2-3 capitoli il cast dovrebbe essere grossomodo al completo. Siete curiosi in particolare di qualcuno? Fatemi sapere, vi leggo sempre.

Un abbraccio virtuale immenso,

Vostra T.


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