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Dieci.

Rientra a Milton quella sera stessa, senza partecipare a nessuno dei festeggiamenti del team lì a Spielberg, con la mente affollata da molte domande.

È un volo un po' turbolento per via del cattivo tempo, e Anita non riesce a chiudere occhio nonostante senta addosso una stanchezza indicibile. Strano a dirsi, ma non vede l'ora di tornare a casa.

Paul non le propone di fermarsi a cena da lui e, anzi, deve essere lei a chiedergli uno strappo al suo appartamento, cosa che non fa che accrescere in lei il senso di inquietudine che le ha stretto le viscere negli ultimi giorni. Sapeva che era una cosa troppo bella per durare, ma una settimana le sembra un tempo fin troppo ristretto per stancarsi di lei.

Si salutano di fretta, con un bacio sulle labbra un po' imbarazzato.

"Ci vediamo domani" le dice lui, mentre lei apre la portiera e scende dall'auto.

"A domani" gli fa eco Anita, con un breve gesto della mano.

Il suo appartamento, con suo sommo rammarico, non è cambiato dall'ultima volta che lo ha visto: è sempre polveroso, trascurato, con un vago odore muschiato, preoccupante più che caratteristico. Le sue cose sono sparse ovunque, sul pavimento, sulle sedie, nei cassetti dell'armadio e della scrivania, eppure non riesce a trovare una singola cosa che renda quel posto davvero casa sua.

Finisce per mangiare una pizza stopposa direttamente dal cartone, a gambe incrociate sul suo letto, riguardando per l'ennesima volta i primi episodi di una delle sue sitcom preferite. Si addormenta in una posizione scomoda, accoccolata in una coperta di pile nonostante sia luglio inoltrato, con il cellulare ancora in mano.

Quella è la prima volta che sogna Max Verstappen.

Sono entrambi ad una festa da ballo, elegantissimi, e lui la fa piroettare fra le sue braccia al centro di una pista di cristallo. Ci sono tantissime persone attorno a loro, ma non riesce a cogliere nessun viso se non quello del ragazzo olandese, squadrato e vagamente asimmetrico. Sorride, ma è un sorriso strano, un sorriso triste.

È un sogno brumoso e piuttosto caotico, ma le lascia una strana sensazione alla bocca dello stomaco, che perdura anche dopo il risveglio.

Ha pensato tanto alla loro breve conversazione di venerdì, cercando di cogliere il senso nascosto dietro alle sue parole. Possibile che abbia giudicato Max troppo in fretta? Tutti quelli con cui ha avuto modo di parlare, in azienda, le hanno riportato più volte le loro impressioni sul ragazzo, e nessuna di quelle le è sembrata lusinghiera.

Lo sanno tutti, Max è un folle. È determinato, famelico, concentrato solo sul risultato finale, a qualsiasi prezzo. È imprevedibile, inarrestabile, non ha paura di niente e di nessuno. Max è un bambino di ventidue anni a cui nessuno ha insegnato che esistono dei limiti, nello sport come nelle relazioni interpersonali.

È così, non può che essere così.

Persino Horner, la persona che crede di più in quel ragazzo, ne conosce a menadito tutti i difetti e tutti gli spigoli.

Anita però è ossessionata dalle parole che lui le ha rivolto: Non sempre le persone hanno un'impressione di me che corrisponde alla realtà. Si sono innestate nel suo cervello come un tarlo, e piano piano mangiucchiano tutte le certezze che si è costruita.

Il mattino dopo, la solita passeggiata di venti minuti sembra più lunga e più faticosa del solito. Il clima austriaco non era molto diverso dal cupo grigiore di Milton, ma stava iniziando ad assuefarsi all'aria elettrizzante del paddock. Non è più abituata a tutta quella calma, a quel silenzio rotondo.

Un vento caldo scuote le fronde degli alberi, e non c'è anima viva nella stradina che costeggia il parco. Si sente un po' sola, e non le capitava da molto.

In ufficio la situazione sembra piuttosto tranquilla. Sulla scrivania all'ingresso c'è un vassoio con ancora una tazza di caffè caldo (il suo), e poco più in là Lynn e Paul stanno chiacchierando amichevolmente, prima di mettersi al lavoro. Non appena lei vede Anita, i suoi occhi si illuminano ed esclama: "Eccola, la nostra donna!"

Anita afferra il suo caffè, abbassandosi la mascherina prima di prenderne un sorso.

"Buongiorno" dice, aggrottando le sopracciglia, un po' confusa da tutto quell'entusiasmo.

Poi Lynn si gira verso Paul, e gli dà una spallata: "Vuoi essere tu a dirglielo?"

La fronte di Anita si increspa ancora di più, e sente il cuore accelerare i battiti. Il Gran Premio di Ungheria si disputerà la settimana successiva, e non avrebbe senso comunicarle la trasferta con così tanto anticipo. Dev'essere qualcos'altro.

"Dirmi cosa?" dice, ed il suo tono è più allarmato di quanto vorrebbe.

La ragazza bionda si mordicchia il labbro inferiore, per trattenere un sorriso, e non aspetta che Paul risponda per allungarsi verso la scrivania di Ross e staccare un post-it rosa su cui è segnato un messaggio. Anita deve sporgersi per leggerne il contenuto.

Ha chiamato Nicole. Horner aspetta la stagista nel suo ufficio per le nove.

Anita posa la tazza ancora piena sul ripiano, e prende il quadratino di carta dalle mani di Lynn, per studiarlo più accuratamente.

Horner la sta cercando. Sono arrivati alla resa dei conti, dunque.

Si tira su la manica per controllare l'orario. Ha solo dieci minuti prima del suo appuntamento, le conviene iniziare ad andare. Lynn le appoggia una mano sul braccio, cercando di infonderle un po' di ottimismo.

"Andrà bene." Le dice, e Anita non sa se crederci davvero.

Con il cuore che le martella nel petto, e mille domande che le frullano nel cervello, esce dall'ufficio, senza neppure appoggiare lo zaino o l'impermeabile.

Non sa se è mentalmente pronta ad abbandonare la Red Bull, ora che ha iniziato ad affacciarsi al mondo della Formula Uno. Non sa se le interesserebbe ancora lavorare per un'altra azienda, perfino per la L'Oréal, ora che ha visto due Gran Premi dal vivo e sentito il rumore di un'auto che sfreccia a trecento all'ora a poche decine di metri da lei. Per assurdo, nonostante abbia evitato tutto questo per anni, la sua vita nel corso dell'ultimo mese è diventata molto simile a quella che sognava da bambina.

Il piano dell'amministrazione è molto più curato della loro ala dimenticata e deserta, è pieno di piante e finestre luminose, ha molto più personale e perfino un angolo caffetteria con inserviente.

Anita si avvicina alla receptionist e le chiede di indicarle l'ufficio di Horner, porgendole il bigliettino con mano tremante. La donna le chiede di attendere, e al contempo alza la cornetta per assicurarsi che lui sia pronto a riceverla.

Il suo sguardo vaga per l'openspace, soffermandosi di tanto in tanto su qualche tela astratta, o sulle fotografie esposte sulle scrivanie dei dipendenti. Un vaso di tulipani. Un orologio da parete. Uno specchio ovale.

"Signorina Grossi?" chiede la receptionist, richiamando la sua attenzione. "Il signor Horner la sta aspettando. Terza porta, in fondo a sinistra." E gliela indica con un gesto della mano.

Anita sente le gambe molli. Mentre cammina nella direzione indicata, osserva il suo riflesso nello specchio, e si trova sciatta, incredibilmente infantile. È inadeguata all'ambiente, con i suoi jeans e l'impermeabile troppo grande, e lo zaino ancora in spalla. Non era pronta a questo, non oggi per lo meno.

Si sistema i capelli dietro le orecchie e prende un grosso respiro, poi bussa alla porta con le nocche, e la mano destra già sulla maniglia, pronta ad entrare.

"Avanti" dice una voce dall'interno, e lei esita per un istante, prima di spingerla in avanti ed aprirla.

Christian Horner è seduto alla scrivania, dietro un mare di scartoffie, con una camicia azzurra dalle maniche arrotolate e un'espressione autorevole ma accogliente.

"Buongiorno, signore." Si affretta a dire, simulando una sicurezza che non ha. "Mi hanno detto che mi cercava."

Il sorriso sul viso dell'uomo si allarga, e con un gesto della mano le indica la poltrona nera di fronte a lui.

"Accomodati, vieni." La invita, ed Anita coglie al balzo il suggerimento, appoggiando lo zaino per terra, accanto alle sue gambe.

"Ti piace qui da noi?" prosegue Horner, in tono colloquiale, mentre impila una serie di fogli nel suo porta documenti. Anita si sente presa vagamente in contropiede, e il suo tono è un po' troppo acuto quando risponde: "Moltissimo, signore, mi trovo davvero bene."

Patetica. Non hai speranze, pensa.

Horner alza di nuovo lo sguardo su di lei, e unisce la punta delle dita.

"Ne siamo felici." Chiarisce, prima di proseguire. "Ho parlato con Ross nel corso del fine settimana, e devo dire che siamo estremamente soddisfatti del tuo lavoro."

Anita si rende conto solo in quell'istante che ha trattenuto il fiato da quando ha messo piede nella stanza, e cerca di respirare normalmente, raddrizzandosi sulla poltrona.

"In merito all'articolo, mi dicono che è andato molto bene." Continua lui, senza aspettare un cenno da parte sua, mantenendosi sempre piuttosto informale. "Come sai non è esattamente il mio terreno d'azione, ma mi fido dei miei collaboratori che ti ritengono una valida risorsa."

Fa una pausa, mantenendo il contatto visivo.

"Non ci girerò attorno. Ti abbiamo formata e testata sul campo, e siamo interessati a proseguire questa collaborazione."

Sotto la mascherina, Anita si concede un sorriso e un piccolo sospiro di sollievo. Forse, per qualche assurdo scherzo del destino, le cose stanno iniziando a girare nel verso giusto.

"Sono molto felice di poter proseguire con lo stage." Si arrischia a rispondere, finalmente più rilassata.

Horner però resta concentrato su di lei, e intreccia le dita fra loro, segnalandole che non ha finito.

"A questo proposito" le dice "ho ricevuto una richiesta specifica."

Il mondo sembra crollarle sotto i piedi, come se una voragine si fosse aperta nel pavimento e minacciasse di risucchiarla al suo interno. Dall'alba dei tempi, Anita odia le sorprese.

"Come ben sai la stagione è appena agli inizi, e la tua presenza è stata esplicitamente richiesta ogni weekend. Per gli accordi attuali, non sarebbe necessario né previsto che lasci Milton, dunque vorremmo proporti un contratto, a lungo termine."

Horner calca la mano sull'ultima frase, mettendoci enfasi e facendo piombare un silenzio tombale nella stanza. Le ultime tre parole accendono tutte le spie d'allarme possibili nel cervello di Anita. Cosa significa a lungo termine?

Resta lì, assolutamente spaurita, minuscola in quella seduta.

"Non capisco..." è tutto quel che riesce a dire, mentre tamburella nervosamente con la punta del piede sul pavimento.

"Non farmi pentire di aver ascoltato chi mi ha pregato di farti quest'offerta." Le risponde lui, ed il tono è improvvisamente più serio. "Mi aspetto una condotta cristallina, senza battibecchi con i piloti e attacchi di rabbia contro le barriere dei circuiti, per intenderci."

Sono passate diverse settimane da entrambe le vicende, eppure ad Anita sembrano accadimenti vicinissimi nel tempo.

"Per tutte le domande, e per l'eventuale firma, qualora tu sia interessata, rivolgiti a Nicole." Conclude, indicandole la stanza di fronte, e Anita percepisce che la loro conversazione si è conclusa. "In ogni caso, è stato un piacere."

"La...ringrazio, per il suo tempo." Dice lei, ed esce dalla stanza, chiudendosi rapidamente la porta alle spalle.

Rimane per un attimo così, con la schiena a contatto con il legno freddo, sentendosi più confusa che mai. Si è approcciata a questa esperienza con l'idea che avesse un termine ed uno scopo ben preciso. Una palestra di vita, un bel nome altisonante da inserire in un curriculum. Non sa se è pronta a stravolgere la sua vita così.

Nicole le mette in mano un plico di venti pagine scritte fitte, che le fa girare la testa. Ci sono accordi di riservatezza, clausole di non concorrenza e una montagna di dettagli che la spaventano enormemente. Uno salta agli occhi: la scadenza del contratto è fissata al 2023. La paga è buona, gli orari flessibili e sembra tutto troppo bello per essere vero.

È spaventata, confusa, emozionata.

Anita afferra il cellulare con le mani tremanti, sente il bisogno di parlarne con qualcuno. Normalmente sarebbe stata Rebecca la sua prima scelta, ma non si parlano ancora.

Ogni qual volta che ha dovuto prendere una decisione che avrebbe cambiato la sua vita, sua madre le è stata accanto, quindi è naturale per Anita comporre il suo numero. Pensa che la vedrà come una grande opportunità di crescita personale, che la spingerà ad accettare in fretta prima di lasciarsi sfuggire l'occasione.

La conversazione, però, non va come si aspetta.

Sua madre è dura, quando le fa notare che un lavoro di questo tipo la impegnerà eccessivamente e potrebbe addirittura precluderle la laurea.

"Non è per fare queste stronzate che ti ho mandata a Milano a studiare Economia." È la sua risposta.

Anita si rende conto, con le lacrime agli occhi, che sua madre ha dato tutto per lei, ma è sempre stata incredibilmente brava a farglielo pesare.

Le parole che usa la persona che dovrebbe volerle più bene al mondo, la feriscono in profondità. Anita sente in bocca il sapore velenoso di quello che sta per dire, ma non riesce a fermarsi.

"È un vero peccato che tu la pensi così, perché ho già firmato. E comunque, mamma, non me ne frega un cazzo dei progetti che tu avevi per me."


//Spazio autrice (sì, certo, credici)

Buonasera amiche, come state? Con oggi sono al terzo aggiornamento della settimana: fra studio e scrittura non so nemmeno come stia facendo a gestire tutto! Questo capitolo è chiaramente meno denso di avvenimenti del precedente, ma getta delle basi ESSENZIALI per tutto quello che verrà da qui in poi.

Il progetto ha una conclusione ben precisa, ma la strada per arrivarci sarà lunga e tortuosa, con moltissime rivelazioni inaspettate. Sto seminando indizi ovunque e sono curiosissima di sapere che idea vi siate fatte. Cosa ne pensate del rapporto di Anita con sua madre?

Un grazie IMMENSO a tutte voi che votate e commentate, ma anche alle mie lettrici silenziose. Mad Max è arrivato al decimo capitolo, con quasi 800 leture e più di 80 voti. Per alcuni questi numeri saranno irrisori, ma per me contano moltissimo, anche perché mai avrei immaginato che potesse interessare davvero a qualcuno.

Piccolo spoiler: il prossimo capitolo si svolgerà attorno al Gran Premio d'Ungheria. Su le mani se siete emozionate almeno quanto me!

Vi abbraccio e ringrazio, SEMPRE

Vostra, T.


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