Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Diciotto.

//buona fortuna, ne avrete bisogno


La strategia è questa: a prescindere da quanto desidera farlo, non lo chiamerà, mai ed in nessun caso. Prenderà il suo stupido bigliettino (ma cos'ha, dieci anni?) e lo butterà via, lo brucerà con l'accendino, se ne libererà per sempre. Peccato che, per qualche strano scherzo della sua mente, lo abbia già imparato a memoria.

Chissà perché aveva pensato che la ricorrenza del numero 3 lo avrebbe inseguito anche nel suo numero di telefono, che invece è palindromo, pieno di 4 e di 7, e tragicamente difficile da dimenticare, almeno per lei.

Ha provato a lavare via l'odore di Max da ogni angolo del suo corpo, ha sfregato e strofinato ogni centimetro di pelle, ma lui le si è insinuato dentro, nel profondo, così tanto che può ancora sentire il battito del suo cuore sulla punta delle dita.

Detestarlo le era sembrato difficile da sostenere, a lungo termine, ma la verità è che avrebbe solo semplificato le cose. Può gestire lo scherno, l'astio e perfino la fredda indifferenza, ma non è certa di poter gestire innamorarsi di una persona che fa costantemente muro e che scappa da lei e da quello che prova.

I suoi sentimenti sono una matassa confusa, difficile da sbrogliare, ma più ci pensa peggio si sente.

Non ne parla con Lynn, non ne parla con nessuno.

Ha davvero bisogno di dormire, ma Max le toglie tutto, anche il sonno.


*


Per un po' pensa di darsi per dispersa e non presentarsi per il secondo Gran Premio consecutivo a Silverstone. Sono passati pochi giorni, non si sente pronta a vederlo di nuovo. Prega Ross di metterla a fare qualche lavoro di recupero in archivio, di tenerla in fabbrica a programmare i post per il brand da lì ai prossimi dieci mesi, qualsiasi cosa pur di non doversi confrontare faccia a faccia con il suo incubo peggiore. Cerca di essere persuasiva, ma non c'è verso.

A quanto pare c'è una clausola apposta nel suo contratto, non ha modo di tirarsi indietro. Sono talmente perentori nel risponderle che la buona riuscita del weekend sembra dipendere unicamente dalla sua presenza. Come se fosse un talismano porta fortuna.

Il venerdì e il sabato le cose, invece, vanno disastrosamente male, malgrado la sua presenza. Tanto male che Alex rischia di venire eliminato in Q1 e Max, dopo prove libere estremamente sottotono, riesce a qualificarsi a malapena quarto. Il malcontento nel team è palpabile, la Mercedes gli sta già facendo le scarpe e sono solo al quinto Gran Premio del calendario, Verstappen è la loro occasione migliore anche se sanno benissimo che non potrà mai vincere il campionato piloti. Non quest'anno.

Anita lo ha osservato da lontano per tutta la mattina, e le è sembrato stranamente distratto, sovrappensiero, come se fosse lì con il corpo, ma non con la testa. Lei si è tenuta a debita distanza, si è fatta piccola sul suo sgabello, ha cercato di scomparire. Si sente patetica a pensarlo, ma darebbe qualsiasi cosa per sapere cosa lo tormenta.

Quando esce dalla macchina, dopo le qualifiche, Max è furioso.

I suoi passi risuonano come tamburi di guerra e i suoi occhi sono cupi e lampeggianti, fulmini in un cielo in tempesta. Ha il viso paonazzo, la mascella serrata e stringe i pugni lungo i fianchi come per trattenersi dal tirare un pugno al muro. Dopo qualche passo nel box, lontano dalle telecamere, lo fa sul serio. Forte.

Horner lo richiama, è bianco come un cadavere, sembra invecchiato di dieci anni. Il suo tono è preoccupato, ma categorico: "Fottuto Max Verstappen, riporta qui il tuo culo immediatamente." Scandisce bene l'ultima parte, sperando di attirare la sua attenzione.

La risposta dell'olandese è solo un gestaccio irripetibile, prima di imboccare il corridoio stretto e sbattersi la porta alle spalle con un tonfo.

È un impulso strano ed improvviso, di origine sconosciuta, quello che porta Anita a scattare in piedi con il cuore in gola, e a seguirlo. Non lo aveva programmato né previsto, è semplicemente successo.

Non sa cosa dirgli. Non sa come affrontarlo. Come se non bastasse, è anche piuttosto sicura che la sua presenza non migliorerà il suo umore, ma anzi sarà come una pioggia di benzina sull'incendio divampante. Eppure qualcosa la spinge a bussare alla porta della sua stanzetta privata, col pugno chiuso, con colpi brevi e decisi.

I rumori all'interno si fermano per un secondo, e la voce di Max riempie il silenzio, greve.

"Voglio stare da solo."

Anita si appoggia alla porta, più vicino che può. Ha notato che la PR del pilota ed un paio di altri ragazzi dello staff si sono affacciati nel corridoio, e la scrutano curiosi e un po' impensieriti. Non la conoscono bene ma conoscono Max, e sanno tutti che dopo qualifiche del genere è pericoloso gravitargli attorno.

Mad Max distrugge tutto e tutti. Non fa prigionieri.

"Max" lo chiama, flebile, sperando che solo lui riesca a sentirla. Suona come una preghiera. "Sono io."

Le risponde il silenzio, che le urla stupida con la forza di cento schiaffi. Cosa si aspettava?

In tutte queste settimane ha avuto molte occasioni per conoscere Max, ma man mano che il tempo passa ha l'impressione di capirne sempre meno. Certamente un invito ad uscire e una mano sul cuore non significano niente, sono solo dei giochetti, dei divertissement.

Anita chiude gli occhi, pronta a girarsi sui tacchi e a tornare da dov'è venuta, quando la serratura scatta e la porta si apre appena, quel tanto che basta per fare entrare uno spiraglio di luce nella stanza buia.

Un tacito invito.

Lei afferra la maniglia e scivola all'interno senza esitare, senza guardarsi le spalle o domandarsi se sia giusto o meno farlo. Lo fa e basta, anche se è spaventata, anche se il cuore le batte così forte da farle male al petto.

La mano cerca a tentoni l'interruttore sul muro, e l'indice lo fa scattare per accendere la luce.

Max è seduto su una sedia pieghevole, la tuta slacciata e la testa fra le mani. Sembra stranamente piccolo in quella posizione, più minuto di quanto lei ricordasse. In giro per la stanza c'è un po' di confusione, cuffie, guanti, asciugamani, come se avesse gettato tutto alla rinfusa in un impeto di rabbia.

"Ehi" mormora Anita, restando ferma davanti alla porta chiusa con le braccia conserte, senza saper bene cosa fare. Il suo tono è morbido, confidenziale. Non vuole invadere il suo spazio, avvicinarsi o provocarlo in alcun modo. Ha solo questo indefinibile bisogno di stargli vicino, di essere sicura che lui stia bene.

Lui non le risponde, resta perfettamente immobile e non fa cenno nemmeno di averla sentita. Eppure deve sapere che lei è lì, le ha aperto la porta quando ha detto "Max, sono io". Dovrà pur significare qualcosa.

"Max" lo chiama, di nuovo, alzando leggermente la voce. Lui prende un grosso respiro prima di tirare su la testa e guardarla.

La bocca di Anita si spalanca per la sorpresa quando si rende conto che i suoi occhi sono lucidi ed arrossati, come se avesse bisogno di piangere, ma non riuscisse a sfogarsi. Lui si strofina il viso con le mani quasi subito, per nascondere questo momento di debolezza, cancellarlo.

"Non dirmi cazzate tipo che andrà tutto okay"

Ci sono pochi passi a separarli, ma la distanza è incolmabile, il pavimento un campo minato. Anita ha una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ed una volta tanto è senza parole, perché non riesce a venirgli in mente neppure una cosa da dire che possa aiutarlo.

"Non voglio dirti niente, Max" si ritrova a rispondergli, sincera, scuotendo le spalle. "Volevo solo vedere come stavi."

Sul viso arrossato gli si apre una smorfia. Sembra indeciso se riderle in faccia o aggredirla verbalmente.

"Risparmiatelo" dice lui, brusco, senza guardarla. "Non te ne frega un cazzo."

Il suo cuore perde un battito. È questo che pensa Max? Dopo tutto quello che è successo? Perfino dopo il loro appuntamento? La voce della sua coscienza le fa notare: però tu non hai chiamato.

Parti di lei vorrebbero scusarsi, trovare una giustificazione al suo comportamento, prendergli le mani, toccarlo un'altra volta. Alla fine, non riesce ad impedirsi di rispondergli usando le stesse parole che l'hanno turbata quella sera, con aria di sfida: "Non è come credi."

Max alza lo sguardo e Anita nota una scintilla di interesse accendersi nei suoi occhi. Il pilota la studia, appoggiando entrambe le mani sui braccioli della sedia.

"Touché" dichiara, infine, arricciando le labbra.

Lei vorrebbe fosse più semplice non fissargli la bocca.

"Credevo odiassi il francese"

"Colpa di..." prova a difendersi lui, ma è Anita a concludere la frase.

"quel pallone gonfiato di Leclerc, sì, avevo capito."

Il sorriso che Max le regala vale più di qualsiasi ringraziamento.


La domenica il cielo è sereno ma la temperatura si è abbassata. Il Gran Premio del Settantesimo Anniversario della Formula Uno si prospetta la noiosa fotocopia del suo gemello precedente, e con le pessime qualifiche di entrambi i piloti, tutto si giocherà sulla strategia. Un pilota monterà le gomme dure e l'altro le medie, e non resterà che aspettare e vedere che succede.

Per tutta la mattina, Anita cerca di tenersi occupata per evitare di pensare alle implicazioni che potrebbe avere un risultato negativo sulla squadra e, soprattutto, su Max. Ha la sensazione di non averlo visto ancora davvero incazzato, e non ci tiene particolarmente. Guarda la partenza con le dita incrociate sotto al tavolo.

Paura, preoccupazione, impazienza si mescolano, ma il sentimento preponderante resta chissà come la speranza.

La scelta di montare gomme dure sulla vettura di Max si rivela vincente, e gli permette di allungare il suo vantaggio su tutti i piloti alle sue spalle e di tardare il pit stop. Dopo dieci giri, la Mercedes di Bottas, che guidava il gruppo, si ferma per montare le gomme dure, e il suo compagno lo segue a ruota.

Max passa brevemente in testa, con il giubilo generale, ma dopo la seconda sosta, quando la gara volge al termine, non riesce a superare Lewis Hamilton, che sembra intenzionato a replicare il miracolo della settimana precedente.

Anita guarda le immagini con il cuore in gola, incapace di staccare lo sguardo anche solo per un istante. Si aggrappa alle cuffie come se potessero aiutarla a vedere nel futuro e conoscere in anticipo il risultato finale. Le arriva forte e chiara la voce di Horner, concitatissima.

Max, adesso Lewis si sta fermando, ma noi non lo faremo. Voglio che tu spinga forte. Puoi farlo?

Lo posso fare. L'adrenalina nella sua voce è palpabile, mentre vede l'auto nera di Hamilton dirigersi ai box e la strada liberarglisi davanti agli occhi.

Lo so che puoi, adesso devi solo farlo. Copy.

Sono i nove giri più lunghi della giornata. Anita praticamente non respira. Lynn, accanto a lei, le stringe la mano, gli ingegneri fissano gli schermi con le mani giunte, speranzosi, increduli.

Dopo un'ora, diciannove minuti e quarantadue secondi, tutto il box guarda la numero 33 di Max Verstappen tagliare per prima il traguardo. A Silverstone, nel primo GP celebrativo della storia, davanti a Bottas e al Re, a Lewis Hamilton, che gli arriva alle spalle, attonito.

Anita sente in cuffia la voce emozionata di Max, al settimo cielo per la prima vittoria della stagione. Non dovrebbero, ma tutti gli ingegneri si stringono in un abbraccio, cingendo Horner, e festeggiano, allegri.

Finalmente la prima sudata vittoria di quest'anno infernale è arrivata.

Anita si avvicina al monitor per guardarlo completare il suo ultimo giro, e si dirige in tutta fretta all'esterno per immortalare il momento.

Max si sistema dietro al pannello del numero uno, slaccia le cinture, ed esce trionfante dal suo guscio rosso e blu, stringendo i pugni sollevati e abbassando il capo. Mostra il casco ed il leone con gli occhi incastonati, e Anita lo guarda esultare, felice come non lo ha mai visto prima. Corre verso i meccanici e gli ingegneri che lo aspettano a bordo pista, si fionda fra le loro braccia per venire celebrato e circondato dal team, finché non diventano un tutt'uno, un cuore pulsante.

Si sfila il casco, con la fronte imperlata di sudore ed i capelli arruffati, e riceve pacche sulle spalle e complimenti dal secondo e dal terzo classificato. Le Mercedes, sconfitte, devono cedergli il fianco. Quando sale sul podio per la premiazione, e si prende di forza il gradino più alto, Max ha il sorriso più puro e sincero che Anita abbia mai visto.

Lei, si rende conto mentre l'inno olandese risuona in tutto il circuito, ha le guance umide. Sta piangendo dall'emozione, sotto il podio, a guardare Max Verstappen sollevare il trofeo ed innaffiare di Champagne i suoi avversari.

Non sa cosa prova per questo ragazzo. Non sa se lo capisce fino in fondo, né se lo farà mai. Però sarebbe assurdo negare che ci sia qualcosa, in Max, che la fa sentire maledettamente felice di essere viva.

Quando tutto finisce, Anita si asciuga gli occhi con il dorso della mano, e lo aspetta vicino all'ingresso del motorhome, appoggiata al muro fresco con la schiena. Osserva il circuito svuotarsi e farsi man mano più silenzioso, mentre il sole inizia a calare e il weekend di gara volge al termine.

"Anita!" si sente chiamare, in quel modo ormai così familiare, e gira la testa, per vederlo arrivare festante dal fondo della strada.

"Complimenti Max Verstappen" gli dice, indicando il trofeo che ancora stringe in mano, come se fosse la cosa più preziosa che ha.

"Per questo?" fa lui, indicandolo con la mano libera, con un sorriso che gli va da un orecchio all'altro. "Non è niente di che, ne ho altri a casa"

Anita alza gli occhi al cielo, ma sa che lo sta facendo apposta per darle fastidio, ed in un certo modo, un po' bizzarro, le piace.

"Te lo sei meritato. È stato perfetto." Ribadisce, con un cenno della testa, ed è sincera, lo pensa davvero. Per quanto complicate le cose possano essere fra loro, è felice che lui abbia vinto.

Max la guarda, con gli occhi che sorridono insieme ad ogni altro angolo del suo viso, ed in questo preciso istante è così bello che fa male guardarlo.

"Voglio fare una cosa. Ma promettimi che non ti arrabbierai"

Aggrotta le sopracciglia.

"Non ti seguo." Dice lei, confusa.

Max le si avvicina a passi lenti, finché le punte delle loro scarpe non si sfiorano. Anita alza il mento per mettersi il più possibile al suo livello, e gli restituisce uno sguardo incerto.

Lui allunga una mano verso di lei, come se volesse accarezzarle il viso, ma infila il medio nell'elastico della mascherina blu, e la tira giù, rivelandone la bocca a cuore dischiusa in un'espressione sorpresa. Poi si china, sul suo viso, finché non incontra le sue labbra, e la bacia.

Così, semplicemente.

Non a casa sua dopo una serie di sguardi languidi e molti drink, non su una terrazza silenziosa sotto la luce pallida della luna, ma qui, ai bordi di un circuito, in disparte, con la tuta slacciata per metà e le mani appiccicose per lo Champagne.

Non è il momento perfetto, ma nessuno dei due sta pensando a questo.

È un bacio veloce, sicuro, profondo.

Max chiede, Max prende, come se fossero sempre stati d'accordo così.

Quando si staccano, quella che sembra un'eternità dopo, Anita ha ancora l'espressione attonita che aveva all'inizio. Batte le palpebre, faticando a riprendersi. È in corto circuito.

"Ora è davvero perfetto."


//Spazio autrice (DEO GRATIA)

Le sentite le campane? I cori angelici? Il momento tanto atteso è finalmente arrivato. È stata una sudata ma ce l'hanno fatta. Cosa ne pensate?

Ovviamente non serve che vi dica che la storia è ben lontana dall'essere conclusa e che i drammi sono appena iniziati. Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti e tutte le vostre teorie in merito! Sono sempre molto felice quando riesco a confrontarmi con voi: bastano davvero pochissimi secondi per commentare e migliorare le mie tediose giornate.

Un grazie gigante va a tutte le lettrici più accanite, ma anche a tutte voi, che avete fatto arrivare Mad Max a oltre 2700 letture e 250 voti. Irrealistico a pensarci un mese fa. Siete specialissime.

Vi voglio bene, vostra sempre T.

ps. POTREI AVERE IN PENTOLA UN SIDE-PROJECT SU QUESTO MAX NON DICO NIENTE CIAO

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro