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Capitolo 9

Akihito si voltò verso il fratello e tirò un profondo respiro. «Sai, dovresti allacciarti quella camicia più velocemente e lamentarti di meno.»

Il castano gli scoccò un'occhiataccia. «E tu dovresti smetterla di dare consigli inutili.»

«Sai cosa?» il maggiore si sedette sul letto. «Tu hai un gran bisogno di uscire di qui, prenderti una bella sbronza e farti una profonda scopata. Non necessariamente in quest'ordine.»

Kenjirou roteò gli occhi e afferrò la giacca, infilandosela. «Penso che uscirò da qui, farò una bella chiacchierata con i miei ex compagni di liceo e poi tornerò a casa solo per trovarti nuovamente addormentato sul divano con la televisione accesa e i miei figli ancora belli che svegli che fanno casino con qualunque cosa trovino in giro.»

«Sai, non è necessario rinfacciarmelo ogni volta che te ne vai. È successo... almeno sette mesi fa. Ti ho già promesso che non capiterà più, e poi oggi con me c'è Kiara.» Shirabu alzò gli occhi al cielo.

«Se trovo la casa che va a fuoco, i danni li paghi tu.» afferrò le chiavi ed uscì.

Taichi lo attendeva in macchina. Seduto di fianco a lui c'era Tsutomu e nei sedili dietro Kai e Yuushou. Quando Eita – perché quell'idea alla fine era stata del tutto sua – gli aveva proposto di trovarsi con gli altri, visto che non si vedevano da anni, Kenjirou aveva pensato che stesse scherzando. Ora si trovava seduto nella macchina del suo migliore amico, diretto verso non sapeva esattamente quale bar notturno a rivedere persone che pensava non avrebbe più rivisto. Ironica la vita.

Affondò nel sedile e chiuse gli occhi, ascoltando in silenzio la conversazione che il suo migliore amico stava avendo con Kai. Sembrava tutto troppo tranquillo.

Raggiunsero il posto una buona mezz'ora dopo. Non appena mise piede fuori dalla vettura la figura sorridente di Semi fu al suo fianco. «Sono contento che tu abbia accettato.»

«Non mi pare di aver avuto tanta scelta.» brontolò il minore rabbrividendo al ricordo del suo ragazzo che praticamente lo aveva implorato di non dar loro buca.

Entrarono nel locale già parecchio affollato e il biondo li guidò verso un tavolo all'angolo della grande sala. In realtà non c'erano proprio tutti tutti: molti altri erano semplicemente troppo lontani o troppo occupati con i propri impegni per rubare un venerdì sera – Kenjirou si domandò drasticamente perché Eita, tra tutti i giorni della settimana, avesse scelto proprio il venerdì – alla loro routine. Al tavolo erano seduti Satori – come fosse riuscito a tornare dalla Francia solo per una rimpatriata tra amici nessuno riusciva a spiegarselo –, Hayato, Jin e Yuu. Quando li vide arrivare, il rosso scattò in piedi.

«SemiSemi! Hai raccolto tutti?» il biondo fece una smorfia.

«Smettila di chiamarmi così.» si lamentò. Fortunatamente per lui, l'attenzione del più alto fu catturata dal castano. Satori si avvicinò con un grosso sorriso e gli batté le mani sulle spalle.

«Da quanto tempo,» lo squadrò da capo a piedi assottigliando le palpebre. «Kenjirou-kun

«Ciao, Tendou-san.» rispose il più basso, andandosi a sedere di fianco a Semi. Nessuno forzò alcuna conversazione riguardo alla sua assenza in quei quattro anni. Chiacchierarono rimanendo sul vago – la musica, cosa prendere dal bar, di quello che stavano facendo delle loro vite. Kenjirou era al secondo bicchiere di non aveva precisamente idea di quale alcolico quando al tavolo erano rimasti solamente Satori, Jin e Taichi e la conversazione era stata portata su di lui.

«Tu invece cos'hai fatto in questi quattro anni di silenzio?» gli domandò Jin con un sorriso. Taichi al suo fianco s'irrigidì. Probabilmente se fosse stato qualcun altro a domandarlo Kenjirou non avrebbe risposto, ma Jin era quel tipo di persona rassicurante che sapeva metterti a tuo agio, quindi strinse le labbra fissando il tavolo e alla fine si costrinse a mormorare una sottile risposta.

«Sono stati anni un po' movimentati.» fece, buttando giù il resto del liquido nel bicchiere.

«Intendi dire che hai... viaggiato o qualcosa del genere?» domandò ancora l'altro. Shirabu scosse la testa e con un profondo respiro sollevò la frangetta, rivelando la propria macchia bianca. Tendou e Soekawa dovettero chinarsi in avanti per vederla e per la prima volta da quando lo conosceva Shirabu capì che Satori non sapeva cosa dire.

«Hai... Sei...» aprì e chiuse la bocca cercando le parole giuste, poi scosse la testa e si appoggiò al tavolo con un piccolo sorriso. «Auguri.»

Il castano annuì, appoggiandosi allo schienale della panca imbottita. «Grazie.»

«Quanti anni ha?» Jin lo guardò con la coda dell'occhio mentre finiva il contenuto del suo bicchiere.

«Sono due gemelli e... Ne hanno fatti quattro a marzo.» per poco il maggiore non si strozzò.

«Q-quattro?!» sbottò. Anche Satori lo fissò con gli occhi sgranati.

«Significa che tu sei- Al liceo...» poi sembrò collegare la situazione. «Quando hai smesso di venire al club...»

Kenjirou annuì. «Sì. Mi dispiace di avervi evitato per così tanto tempo, ma se avessi continuato a giocare avrei rischiato molto.»

«Certo, lo capisco.» mormorò l'ex vicecapitano. «Spero solo che tu sia felice e non te ne sia pentito.»

Shirabu annuì e si alzò. «Vado a cercare Semi.»

Il suddetto era seduto su uno degli sgabelli del bancone e stava sorseggiando l'ennesimo bicchierino – Kenjirou non li aveva contati, ma era sicuro che fossero già un numero a due cifre. Si sedette al suo fianco e prese condiscendente il bicchiere che il barista gli offrì facendogli un piccolo occhiolino. Lo ignorò.

«Sai che devi guidare per arrivare sano e salvo a casa, vero?» Eita posò il bicchiere e si voltò verso il suo ragazzo.

«Sì. Lo so.» rispose e Shirabu si stupì di quanto poco strascicata suonasse la sua voce. «Ma reggo anche molto meglio di te l'alcool.»

«E questo come lo sai? Non mi hai mai visto bere.» mormorò il castano. Eita alzò le spalle.

«Intuito, immagino.»

«Intuito.» Kenjirou assaggiò la parola sulla lingua. «Immagino di sì.»

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Semi gli tese una mano. «Balliamo?

«Non sono molto bravo, in realtà.» ma nonostante tutto si alzò e seguì il biondo sulla pista.

«Al matrimonio non hai voluto ballare. Penso che tu mi debba almeno una canzone, non pensi?» Eita gli sorrise, prendendo a muoversi a tempo di musica. Il castano roteò gli occhi, ma si mosse a sua volta.

«No, non penso.»

«Ah, no?»

«No, non proprio.»

Si mossero in pista per una, due, tre, cinque, dieci canzoni, chiacchierando tra di loro, ridendo alle loro battute e bisticciando su quali movimenti fossero stupidi e quali azzeccati. Kenjirou aveva appena finito di bere il sesto bicchiere che gli era stato allungato da uno dei camerieri quando si allontanò dalla pista da ballo per andare in bagno.

La coda era stranamente corta e c'erano più cubicoli liberi che altro. Lanciò un'occhiata al proprio riflesso mentre si sciacquava la faccia accaldata dal movimento e incrociò un paio di occhi marroni. Si voltò incrociando nuovamente lo sguardo di Semi e inclinò la testa di lato.

«Che c'è?» il biondo lo afferrò per i fianchi, spingendolo leggermente contro al marmo del lavandino, poi si chinò su di lui e gli lasciò un bacio a fior di labbra.

«Nulla, ma di là sta diventando affollato.» mormorò, baciandolo di nuovo. Il castano sorrise e gli avvolse le braccia attorno al collo.

«E quindi hai pensato di rifugiarti nei bagni? Cosa ti ha fatto pensare che fossero meno affollati?» domandò. Una delle mani del biondo si staccò dal suo fianco e affondò tra i suoi capelli.

«Intuito, credo.» Kenjirou sorrise.

«Intuito?»

«Intuito.» lo baciò ancora e poi gli artigliò il collo, stringendo la pelle tra i denti e succiandola fino a quando non lasciò una chiazza violacea. Il castano spostò lo sguardo sulle altre persone nel bagno e si mordicchiò un labbro, mormorando.

«Eita.» il biondo mugugnò in risposta, continuando a macinare sulla pelle del suo collo. «Siamo osservati.»

«Ti da fastidio?» Semi alzò la testa e lo guardò negli occhi.

«E se fosse?» lo provocò con un sussurro il castano. Chiuse gli occhi per baciarlo di nuovo e quando li riaprì Eita lo aveva spinto contro al muro di uno dei cubicoli e stava chiudendo a chiave la porta. Si avventò di nuovo sulle sue labbra e gli morse quello inferiore, tornando a circondargli la vita con le braccia e facendo scivolare le mani sotto alla stoffa della sua camicia.

Il suo tocco era come fuoco sulla pelle sudata del più piccolo e quando il biondo incominciò a sbottonargli la camicia dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per allontanare il collo dalle sue labbra. «Aspetta- aspetta.»

Eita lo guardò corrugando le sopracciglia, mantenendo la presa salda sull'ultimo bottone della sua camicia. «Che succede?»

«Io...» Kenjirou deglutì e il biondo gli accarezzò il viso con una mano.

«Se non ti va non fa niente.» gli sorrise rassicurante. «Sarà per una prossima volta.»

Il castano tirò un profondo respiro, guardandolo più serio. «No, no. Va bene.»

Semi gli sbottonò l'ultimo bottone della camicia e prese a succhiare la pelle sulla clavicola. «Allora qual è il problema?»

Il castano inclinò all'indietro la testa per lasciargli più spazio di manovra e si morse un labbro per non lasciarsi scappare qualche suono indesiderato. «Dovrai farlo dentro... Non possiamo sporcare il muro.»

Eita si fermò di botto e alzò lo sguardo su di lui. «È un problema?»

Shirabu alzò le spalle. «Per te lo è?»

Il biondo posò le mani sulle sue guancie e gli sollevò la frangia, accarezzando con il polpastrello del pollice la macchia sulla sua fronte. «È già sparita?»

«È stato due settimane fa.» il castano annuì e Semi strinse le labbra.

«Significa che c'è una possibilità, vero?» guardò il più piccolo negli occhi. «Se vuoi possiamo rimandare.»

Kenjirou gli circondò il collo con le braccia e lo tirò vero di sé, mormorando. «Non voglio rimandare.»

Eita lo baciò profondamente e posò la fronte contro la sua, ricordandogli con un falso tono severo: «Macchia bianca.»

Kenjirou lo baciò.

«Fanculo alla macchia bianca.» Semi gli sfilò di dosso la camicia e gli slacciò la cintura dei pantaloni.

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Kenjirou si svegliò con l'odore di muffin al cioccolato e caffè appena preparato. Si mise seduto in un letto che non riconobbe e si guardò attorno. Doveva essere a casa di Eita – aveva un vago ricordo di loro due che lasciavano il locale, la sera prima, e che si dirigevano in macchina verso casa sua – e quella doveva per forza essere camera sua. S'infilò i vestiti della sera prima e scese le scale, raggiungendo il biondo in cucina.

Quando lo vide arrivare, Semi sorrise e gli allungò una tazza di caffè. «Come stai?»

«Mi fa un po' male la testa.» mormorò il castano, sorseggiando il caffè. «Ma sono felice di non essermi preso una sbornia o qualcosa del genere.»

«Ho dei medicinali in bagno, se li vuoi. Quelli per il mal di testa, dico. Credo ci sia anche altra roba, ma, beh, sei tu l'esperto. Presumo tu li sappia riconoscere.» si sedette di fronte a lui mangiando un muffin e Shirabu sbuffò divertito.

«Mi sorprende che non ti stia esplodendo la testa.»

«Te l'ho detto che reggo bene l'alcool, no?» fecero colazione in silenzio ed Eita parlò solo mentre infilava i piatti sporchi nel lavello. «Ha chiamato Akihito, stamattina.»

«Oh, cazzo!» Kenjirou si mise una mano tra i capelli. «Ieri non l'ho avvertito.»

«In realtà non era arrabbiato. Ha detto che avrebbe portato al parco i bambini, quindi probabilmente quando tornerai a casa non li troverai.» Kenjirou annuì e si alzò.

«Forse è meglio che vada. È tardi ed io sto saltando un giorno di lezioni.» si voltò, pronto ad andare a cercare la sua giacca con chiavi e cellulare – ovunque essa fosse nella casa – ma Semi lo afferrò per la vita e gli morse un orecchio.

«Appunto, quindi che senso ha andarsene ora?» il castano inclinò la testa all'indietro e lasciò che il biondo lo baciasse.

«Ho un sacco di cose da studiare. Tra poco iniziano gli esami.» Semi sospirò e strofinò il naso contro al suo collo.

«Puoi studiare dopo...» borbottò.

«Con due bambini di quattro anni in giro? No, grazie.»

«Solo un po'. Per favore?» il castano roteò gli occhi e si voltò verso di lui.

«Adesso capisco da chi ha preso Fuyuki.» Eita gli strinse la vita con le braccia e strofinò il naso contro al suo. Rimasero abbracciati per qualche minuto, poi Kenjirou si allontanò. «Devo andare. Sul serio

«Almeno posso venire con te?» Semi sporse un labbro in avanti in un broncio infantile.

«Conoscendoti non mi faresti studiare.» si allontanò con un sorriso e girò per la casa raccattando giacca, scarpe ed effetti personali. Si fermò sulla soglia della porta e rivolse a Semi un sorriso. «Ci vediamo domani, okay?»

Eita gli si avvicinò, d'un tratto serio, e gli prese delicatamente i polsi prima che s'infilasse la giacca. «Senti, riguardo a ieri...»

«Sì?» lo esortò il castano.

«Mi farai sapere, vero?» Shirabu inclinò la testa di lato.

«Per cosa?» Eita si avvicinò ancora di più e spostò le mani dai suoi polsi ai fianchi, facendone poi scivolare una sul ventre.

«Per questo.» mormorò. Il castano sorrise e affondò il viso contro la sua spalla.

«Certo.» mormorò, poi gli lasciò un bacio a fior di labbra. «Ci vediamo.»

«Ci vediamo. Sta' attento.»

«Certo.»

«Non fare sforzi.»

«Okay.»

«E copriti bene!»

Kenjirou alzò gli occhi al cielo, infilandosi la giacca. «Okay, mamma.»

Uscì chiudendo la porta dietro di sé e chiamò un taxi per tornare a casa.

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