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2. happy birthday

Erano tante le volte in cui capitava di osservare qualcuno trasognante nell'osservare qualcosa senza una relativa spiegazione o un certo senso. Il mio intento era quello  di mettere i puntini sulle i su molti punti irrisolti, ma mi limitavo a mettere giù i pensieri senza una via d'uscita. Camminavo e, senza una verità effettiva da cercare, mi limitavo ad osservare la punta dei miei anfibi che erano diventati d'un nero screziato ormai, mentre intanto, a piccoli step mi dirigevo verso quella che era la mia attuale meta.

I miei piedi che, stufi ormai di compiere mille passi non arrestavano il loro movimento, si muovevano con una lentezza effimera simile a quel movimento dettato dall'animale più lento in natura.

Era successo piú e piú volte di soffermarmi sulla prima cosa capitata sotto lo sguardo, una vetrina, una coppietta di innamorati, un'insegna, il cielo, semplicemente. Che poi, il cielo era d'una complessità magica indescrivibile che non poteva essere paragonato alla semplicità.

Mi accorsi che il tempo m'era scivolato dallo sguardo, l'imbrunire andava via via scemando ed io, senza rendermene conto, avevo più e più volte osservato l'ora sul mio orologio da polso vintage. Quell'orologio che mia madre era solita indossare da giovane e che custodiva gelosamente nel cassetto del suo comodino quando non adornava il suo polso, proprio per questa sua specialità vi ero particolarmente legata, si trattava d'un semplice cinturino in cuoio marrone le cui lancette segnavano al momento le otto e mezza.
Fu in quel preciso attimo che mi accorsi del ritardo imperdonabile che stavo facendo, mossi più velocemente che potei i miei passi, e in men che non si dica mi ritrovai dinnanzi casa mia.

Due luci accese si notavano dalla grande finestra e facevano comprendere la realtà dei fatti: Amélie doveva essere furiosa e in preda al panico per il mio ritardo.
Camminai sino al portico, una volta davanti la porta principale feci un lungo sospiro accostandomi a sentire il tintinnio della chiave nella serratura.

«Ti davo per dispersa, Belle! Cosa hai fatto tutto questo tempo?» Domandò allacciando il cinturino delle sue decolté attorno la sua caviglia non appena si accorse della mia irruzione.
Odiavo terribilmente quando nella sua voce vi era l'assunzione di quel tono di superiorità. Poggiai il regalo sul tavolino e feci per andare verso camera mia salendo le torbide scale.

«Belle! Belle! Ti sto parlando, rispondimi!» Sbottò, ed io più nervosa che mai le rivolsi uno sguardo infuocato.

«Cosa diamine vuoi, Amèlie! Basta!» Alzai un po' il tono di voce. Erano poche quelle volte in cui alzassi la voce, ma quando il troppo stroppiava nemmeno io ero in grado di mantenere la calma.

«Non usare quel tono quando parli con me, piuttosto sbrigati! Devi venire al compleanno di Joe e non accetta un no come risposta. Hai due minuti prima che salga in macchina.»

Sbuffai vedendola prendere alcuni trucchi e salii una volta definitiva le scale.
Una volta arrivata in camera mi vestii velocemente indossando un vestito corto rosso che accompagnai con delle decolté nere e dopo aver dato una sistematina con le mani ai miei capelli scesi le scale. Ero una ragazza molto semplice, credevo che la bellezza stessa nella semplicità e odiavo le ragazze etichettate nel seguire la moda all'ultimo grido, per me la moda era come un sinonimo dell'arte e pur quanto l'amassi, ero molto ferrea nel mio pensiero. Purtroppo pensavo che questo influisse molto sul carattere e sul modo di relazionarsi.
Mi veniva da sorridere vedendo le ragazze che assumevano comportamenti del tipo-andiamo via da qui, c'è troppo vento! Che ne sarà della mia acconciatura?-
Spesso mia madre diceva che volavo troppo con la fantasia, forse era vero, forse avevo letto tante favole e visto molte volte Peter Pan.
Una cosa era certa:  non è una determinata acconciatura, un particolare vestito a rendere la bellezza degna di nota. Questa è soggettiva, non c'è niente di più bello delle parole, di una conversazione, di un cuore. Così come siamo soliti sentire nella Bella e la bestia.

La vera bellezza si trova nel cuore

ed è quella che, a parer mio, da all'occhio.

«Come hai fatto in fretta!»

Nel momento in cui scesi le scale e mi ritrovai di fronte a colei che doveva essere mia sorella, udii le sue parole.

«Risparmiatela Amélie, ah e per la cronaca guido io..»

Trassi dalle sua mani le chiavi e mi avvicinai a passo spedito verso la sua macchina. Una semplice cabriolet che tanto amavo e che, purtroppo, non avevo ancora. Desideravo tanto una macchina tutta mia, poter vagare senza una meta per conto mio, proprio per questo stavo racimolando un po' di soldi per essere più indipendente e muovermi ovunque volessi.
Aprii lo sportello e salii velocemente attendendo che la bionda lì fuori facesse lo stesso.

«... Due minuti prima che salga ...» la schernii bofonchiando le sue parole di qualche minuto prima. Osservai una catasta di cd e ne presi un mucchio fra le mani, osservando le miriadi di canzoni e cantanti. Prima che potessi scegliere la canzone da ascoltare però,lo sportello si aprii e la voce di Amèlie mi invoglió a mettere in moto l'auto. Non mi ci volle molto per arrivare dinnanzi casa di Joe, distava giusto qualche isolato. Dall'esterno si notava la grande folla e si sentiva pure la musica che mischiata alle urla provocava un forte rumore.
Tipica festa ambita a cui io avrei fatto volentieri a meno.
La musica, la confusione, il caos.

Accostai la macchina e fui meravigliata quasi dal fatto che Amélie mi stesse aspettando, la vidi camminare sensualmente davanti a me. Noi eravamo molto diverse, lei era considerata la più chic, la più popolare, la più estroversa, una ragazza senza il minimo pudore, mentre io ero la ragazza misteriosa, la sempliciotta, quella che trovava la felicità nelle piccole cose e non nei ragazzi. Benché io avessi più cose positive di Amélie, benché non mi legassi alle cose materiali, lei era dall'alto della sua prosopopea sempre avanti a me.

«Permesso!» Era stato talmente tempestivo il suono dei miei pensieri,  che mi ritrovai a seguire la folta chioma bionda e ad essere bloccata in mezzo alla folla tanto odiata.

«Joe! Joe!» La vidi urlare sovrastando il suono della musica, alzai il viso e osservai la sua mano oscillare da destra verso sinistra.

«Am..» Di rimando Joe, in un gruppetto di ragazzi e ragazze alzó la sua di mano invogliandola ad avvicinarsi, si scostò dalla confusione attorno e mi rivolse un'occhiata come per dirmi -seguimi-.

«Ecco qui la mia bella ragazza e la mia bella cognatina! Ciao!» con un sorriso a trentadue denti aprí le sue braccia, e posó un bacio al gusto di vino bianco sulle labbra della sua ragazza.  Aprí nuovamente  le braccia verso di me ed io,  cordialmente, ricambiai il saluto.

«Tanti auguri.» sorrisi, ma le mie parole uscivano come sussurri dato il trambusto attorno.

«Tieni JoJo,questo è un regalo per te! Non fare complimenti, lo ha scelto Belle proprio per te.» Mi sentii presa in causa, dunque sorrisi imbarazzata dallo sguardo dei presenti.

«Spero di aver azzeccato i tuoi gusti» Feci un occhiolino ridendo. C'era un via vai di sorrisi che ad un tratto la sua espressione divenne seria.

«Oh, che stupido! Le presentazioni..» Si schiarí la voce.
« Belle, loro sono i miei amici..» Mi accennó quel suo solito sorrisino rivolgendosi a quei ragazzi che se ne stavano con un drink fra le loro mani.

«Ragazzi, lei è la sorella della mia Am..» Proseguí poggiando una mano lungo la schiena della ragazza. Ammiccai un sorriso per la millesima volta e mentre i due andarono in pista da ballo, io andai verso il bancone, sotto lo sguardo tenebroso di quei ragazzi che si accentuava.

Mi avvicinai verso il bancone dove molte persone erano intente a parlare, ridere, ballare, urlare. Mi spostai dalla parte opposta trovando un posto del bancone libero, un po' più isolato dalla massa di persone. Presi posto e restai in attesa di poter fare la mia ordinazione.

«Prego signorina, cosa le porto?»

d'un tratto la voce di un ragazzo irruppe in quell'atmosfera, alzai lo sguardo e notai i suoi  capelli d'un biondo ramato,uno sguardo sicuro di sè ed un sorriso smagliante accompagnarono la sua domanda. Sorrisi, di rimando e attesi un po' prima di rispondere.

«... Potrei avere un Manhattan?»

«Agli ordini, anche se..»

Un minuto di silenzio.

«Be' tu potresti avere anche più di un Manhattan. » Sorrise facendomi un occhiolino. Aggrottai la fronte senza capire, fu per questo che lasciai libera interpretazione alla sua frase. Guardavo attentamente  i movimenti che compiva nel creare quei drink, era davvero bravo a fare quello strano gioco con i contenitori.

«Vorrei solo che questa serata giungesse al termine.» pensai mettendo le mani fra i miei capelli e abbassando lo sguardo. Sfortunatamente non mi limitai a pensare quelle parole, perché uscirono dalla mia bocca senza un motivo effettivo.

«Bellezza! Ecco a te... » Fece per voltarsi e assistette alla mia frase.
«Perchè vuoi che finisca? È una festa da paura! Goditela, e poi ricorda, non puoi avere tutto dalla vita, hai già il privilegio di essere invitata alla festa di Joe che è molto ambita.» Il biondo sorseggiava un bicchiere colmo d'un liquido blu, lo guardai scioccata, feci per pagare ma il ragazzo dinnanzi scosse la testa e il dito.

« Offre la casa.»

Afferrai quel cocktail giocando con la cannuccia e mi poggiai su quel bancone.
«Be' allora grazie..» Sussurrai mantenendo il mio sguardo sul suo.

«Will! Un Wishkey Sour!» La voce roca e profonda di un ragazzo interruppe la mia discussione con il barista che supposi si chiamasse Will. Mi voltai verso colui che aveva preso posto al mio fianco.

«Arriva Zayn!»

un ragazzo dalla pelle olivastra e dagli occhi maledettamente intensi comparve nella mia visuale. Mi diede una piccola occhiata spoglia e tornò ad aspettare il suo drink.
Continuai ad osservarlo, talvolta guardavo intensamente le persone, perché quei piccoli dettagli che si notavano a primo impatto venivano trasformati dalla mia penna in parole.
Un accenno di barbetta gli dava un'aria di quel certo nonsochè. Il silenzio andava avanti, la musica straripava come se si parlasse d'un fiume, ma l'unica cosa che riuscivo a sentire era il ghiaccio del mio drink che si stava consumando e con cui giocavo ininterrottamente.

«Ecco a te amico!» Porse la bevanda al ragazzo e subito si rivolse a me continuando ciò che era stato lasciato in sospeso.

«Cosa ci fai qui? Perché non vai a ballare?Vedrai come ti divertirai.... e farai divertire..» Domandò con un ghigno in faccia.

«Vuoi che vada a ballare?» Risposi prendendo un altro sorso e mordicchiando sbadatamente il mio labbro.

«Mi piacerebbe molto vederti...» Sorrise scambiandosi un'occhiata con il ragazzo, che senza che me ne accorgessi era rimasto lì, questi mi guardava interamente con un quasi ghigno in viso. La cannuccia era tenuta strettamente fra le sue labbra che si innalzavano di tanto in tanto in una curva. Solo dopo mi accorsi che era uno degli amici che erano con Joe.

«Dai bella! Su vai a ballare, oppure balla qui... con me.» Il biondo continuava a flirtare con me, ed io, sembrava quasi stessi al suo gioco, forse era troppo convinto. Ma come si diceva in certi casi, che la fine abbia inizio!

«Oh.. dici davvero.. mh» Dissi quasi in un sussurro avvicinandomi sempre più al suo viso.
«Be' caro Will... ti chiami così no? Ricorda ... non puoi avere tutto dalla vita

Mi alzai dal bancone pagando il mio cocktail e andando via sotto dei fischi fragorosi. Mi voltai osservando i due  mentre uno di loro mi guardava, continuando a gustare il suo drink.

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