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1. books are made of love


Il sole, che era la figura predominante in quel dipinto vuoto che i miei occhi si limitavano ad osservare, era già sfuggito da quell'immensità che era solita infondere  un quieto senso di pace nel momento in cui gli occhi facevano dei giri immensi, fino a fermarsi in su: sul cielo.

Sai quando il leggero venticello ti scompiglia i capelli facendoti quasi volare, facendo smuovere la tua giacca a vento, facendoti in un certo senso spogliare, spogliare dalla tua paura, spogliare da quella tua insicurezza, spogliare da quella timidezza, farti scivolare il terrore dal corpo e spronarti ad andare avanti, senza nasconderti?
Sai quando intendi andare avanti sicura e senza aver timore degli occhi degli altri su di te, il momento esatto in cui i tuoi piccoli ciuffetti ricadenti sul tuo di volto vanno via, via come delle foglie  che pian piano si adagiano sul terreno? Sai, quando questi vanno via lasciando emergere la tua grinta?
Osservare l'imbrunire mi dava questa emozione, questa spinta, questa carica, questa scossa.

Mantenevo il passo longilineo avviandomi verso quella che era la mia destinazione, Amèlie, sebbene organizzata in tutto, delle volte perdeva la testa, era sempre altrove, tra le nuvole, ed io odiavo dover risolvere i suoi problemi anche se questi erano davvero di una superfluità eccelle.
Il suo ragazzo, Joe, bellezza da paura, sguardo intimidatorio, sorriso smagliante, compiva ventiquattro anni e chi era stata presa come ostaggio per comprare il suo regalo?
La risposta era  semplice, basti pensare al semplice fatto che stavo camminando verso quello che era il grande edificio della libreria più vicina al centro di ritrovo di molti giovani.

Camminai osservando l'insegna del grande pub 'Be Different' e stringendomi nella mia giacca, mi venne imprescindibile scrutare la situazione che si attorniava laggiù.
Aggrottai le sopracciglia alla sola visione della clientela che, in pieno pomeriggio inoltrato, faceva la fila per un bicchiere di scotch o per un qualsiasi altro drink.

Per un attimo i miei piedi si fermarono, una voglia matta di entrare lí dentro sembró persuadermi, tanto che dovetti stare in un completo stato di trance per poi, minuto dopo minuto, tornare alla realtà.

Scrollai i miei pensieri quando adocchiai Lydia provocare il rumore di una porta sbattere, scossi la testa e osservai la situazione, la vidi, la sua lunga chioma mora era diretta verso il mio stesso punto, una biblioteca.

Scrollai le spalle sistemando il mio lungo cappotto, ed in silenzio mi limitai a fare una decina di passi che mi portarono sino a quella libreria destinata a non morire.

Era da anni aperta, ed io, sin dal mio arrivo a Los Angeles mi ero di già affezionata molto ad Emily, la  signora che gestiva tutto.
'Wilson's', l'esterno relegava visione ad una  scritta a caratteri cubitali, Jacob Wilson, topo da biblioteca che sapeva il fatto suo, uomo affascinante ed intelligente. Il primo marito di Emily, venuto a mancare  a causa di una malattia, innamorato pazzo tanto che aveva lasciato tutto ciò che di più amava,  alla donna che di più amava: un'immensa gioia di pagine dipinte e scritte con le migliori frasi mai lette.

Qui io ero in un certo senso di casa, ogni qualvolta entrassi la signora Prescott, o meglio Emily, così mi ripeteva da anni di chiamarla, se ne stava sull'attenti: sorriso docile, capelli raccolti in una treccia e tanto amore nello sguardo.

Nell'aria il fumo di molte candele con un piacevole aroma alla cannella, una volta entrati infondeva uno stato di tranquillità: era una tale assuefazione che non si dava un freno, e poi c'erano loro ... grandi mensole, scaffali, tavoli, occupati da mille tesori inestimabili.
Forse ero in un certo senso di parte, ma ogni qualvolta entrassi in una stanza colma di libri il mio cuore palpitava, era un'emozione più unica che rara.

«Buongiorno Emily!» con un sorriso a trentadue denti entrai in quella stanza, la vidi parlare con una bambina seduta al suo fianco e questa biondina dagli occhi verdi mi accennò un sorriso.

«Belle! Buongiorno a te cara! Qual buon vento ti porta qui? Non sei stata soddisfatta del tuo ultimo acquisto?» Chiese, aggrottando la sua fronte dato il mio prematuro ritorno.

«No, no! Lovecraft é sempre un'ottima scelta, non delude mai» sorrisi facendo un leggero occhiolino alla bimba che non aveva smesso di guardarmi.

«Devo fare un regalo per il ragazzo di mia sorella, sai, Amèlie delle volte perde la testa e si è dimenticata di comprargli un regalo.. perciò mi ha chiesto questo piccolo favore ... ma io metto le mani avanti." Dissi piuttosto confusa in una scelta, non conoscevo Joe tanto da poter azzeccare un libro adatto ai suoi gusti, d'altro canto, non pensavo neppure leggesse.

« Tranquilla zucchero! Lascia fare a me » Disse rassicurandomi e prendendo una scatola di libri, aggrottai la fronte osservando i libri che maneggiava con cura.

«The way I do, Under all...» sussurrava alcuni nomi di grandi libri ma, d'un tratto si fermò, sorrise e mi porse un libro dalla rigida copertina d'un verde intenso.

«Le mille luci di New York»  lessi a voce alta, sfogliai le docili pagine e ne aprii una leggendo il nome dello scrittore.

«Jay McInerney»

«Sai zucchero, questo é un libro che piace a tutti, indipendentemente dai gusti, c'è da dire che è un un po' pesante, però è un bel libro. Il protagonista è un giovane, originario del Massachussets, che vive nella frenetica cittadina di New York. Depresso per il recente divorzio, inizia a frequentare un gruppo di persone, che lo portano a perdersi in un vortice di locali malfamati e cocaina. Una storia magistralmente raccontata per cogliere il significato della giovinezza.»

Ascoltai le sue parole e senza indugio decisi di acquistarlo , era una storia molto carina a sentir dire e sembrava inoltre riportare in sé un gran significato. Joe avrebbe aprrezzato, ne ero sicura.
«Mi fido Emily, lo pren..» Prima che potessi promulgar risposta, ed incamminnarmi verso la cassa per pagare il mio conto.

«Belle!!» Una voce pronunció il mio nome. D'un tratto mi voltai ed oltre la voce, la vicinanza di Lydia mi fece sobbalzare, la osservai attentamente e la vidi stringere fra le mani due libri del suo scrittore preferito: Dostoyevsky.

« Che ci fai qui?»

Se ne stava concentrata e nel contempo aveva la voglia di saltare su e giù come una bambina, lo sapevo, conoscendola. Sorrisi  per come sembrava buffa,  felice per la visione di libri, era proprio come me. Restai a sorriderle allegramente.

 « Quale prendo? Belle!!!» Pronunciò il mio nome con enfasi e poi mi pose una domanda mordicchiandosi il labbro, nella mano sinistra teneva allegramente 'note invernali su impressioni estive' e nella destra un libricino dal titolo   'l'idiota.'


«Quale ti piace di più?» Sorrisi porgendo i soldi e attendendo che Emily impacchettasse il regalo. Mi voltai verso di lei e incrociai le braccia al petto.La vidi piuttosto combattuta e risi fragorosamente, ma lei abbassò il capo e stette ancora un po' sull'attenti. Era proprio l'amore per la lettura che ci aveva reso così affiatate negli anni e nella vita.

«Credo questo! Però... non so, sono combattuta.» Disse sventolando la mano destra, si voltò ad osservare altri libri perché l'eterna indecisione regnava sovrana, e posò i due sul bancone saltellando da uno scaffale all'altro.

«Ho bisogno di un libro che possa compensare questi due, che faccio!?»

Parlava fra sé e sé in preda alla disperazione.

«Pago anche questi due.» Porsi avanti i due libri e ridacchiai silenziosamente. Emily mi sorrise scuotendo la testa e mi diede una busta più veloce che potè data anche la mia imminente fretta. Presi il regalo di Joe e andai indietro verso Lydia che se ne stava ferma, mentre continuava a cercare  il libro giusto. Le sventolai la busta dinnanzi al viso e lei indietreggiò.

«Consideralo un mio regalo...»

Le sorrisi e, incredula, mi saltò letteralmente addosso.

«Io ti amo, Belle Gerard. Ti giuro»
Dopo  alcuni suoi ripetitivi ringraziamenti e frasi dette a sproposito finalmente la vidi uscire dalla libreria mettendo in moto la sua macchina. Mi avvicinai nuovamente al bancone e sorridendo a trentadue denti osservai le due figure: una era la mia signora più fidata di Los Angeles, l'altra era una bambina.

«Ciao piccola» Le sorrisi osservando quegli occhioni verde smerlado e quei capelli biondi come fossero raggi d'un sole lucente. Sembrava quasi la personificazione d'un angelo, nonostante i collegamenti nella mia mente, non seppi creare e collegare una  relazione di parentela fra lei e la signora Emily.

«Mi rivedrá ancora in questi giorni, tornerò il prima possibile» Sussurrai infine, scorgendo il grande orologio e recandomi, finalmente,  verso l'uscita di quel pezzo di paradiso.


«Ah, e grazie per il consiglio»



Mi chiusi la porta alle spalle osservando solamente il cielo nella sua immensità indescrivibile, esso era d'un colore plumbeo, passai dal solito pub, lo vidi costellato di luci, musica ...  però stavolta, il triplo della confusione si ergeva all'esterno. Osservai il tutto per un breve tempo, ma poi, scrollando la testa continuai a camminare dritta verso la mia meta.

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