~6~
«Perché non avrei dovuto?» chiese Akira sempre più agitata, pensando al dragone che volava sul soffitto della camera di Seiji la sera prima. «E' più preoccupante che mia mamma non ci sia riuscita piuttosto che io». I gemelli si lanciarono un'occhiata significativa, poi scrollarono le spalle, in contemporanea ovviamente, e ritornarono a sorridere. Evidentemente c'era un qualche tipo di comunicazione non verbale che si stava svolgendo tra i due, qualcosa di cui avrebbero parlato una volta soli.
«Beh, non importa» concluse Fred, o almeno Akira sperava fosse lui, aprendosi in un sorriso. I suoi occhi erano tornati a brillare. «Abbiamo acceso il tuo fuoco d'artificio. Carino, ma mediocre».
«Mediocre?» le fece il verso lei, facendo una smorfia, «ve ne ho dato uno poco potente perché non sapevo quanto foste in grado di gestirlo». Mentire non era una delle azioni preferite di Akira, che si fermavano a leggere, mangiare e dormire, ma avevano chiamato "mediocri" i suoi fuochi d'artificio, e nessuno poteva permettersi di farlo.
«Immagino» continuò George, poco convinto.
«Ma, giusto per sapere...» chiese Maximilian tornando dal suo giro di sistemazione scaffali, «voi da dove arrivate? Dov'è il vostro negozio?»
«Oh, non lontano da qua» rispose George, guardandolo male.
«Ma non è importante» concluse Fred, «e stavamo parlando con il tuo capo per...»
«e il suo capo» lo interruppe Akira, «vorrebbe tornare a casa a godersi le vacanze natalizie e riposarsi, quindi se non vi dispiace...»
«Ce ne andiamo» concluse George saltando giù dal bancone con un colpo di reni, «Fred forza, non siamo più desiderati». Fred scese dal balcone a sua volta, senza accorgersi che da una tasca della borsa di cuoio che teneva a tracolla era caduto un piccolo cilindretto d'ottone, che rotolando andò a nascondersi proprio sotto il bancone.
Maximilian e Akira chiusero velocemente il negozio ed uscirono nel freddo buio di una sera d'inverno. Diedero un'occhiata malinconica all'interno prima di chiudere la porta d'ingresso, rendendosi conto che non ci sarebbero andati per alcuni giorni. Per quanto fossero felici di quella piccola vacanza, a loro il lavoro non pesava, anzi insieme il più delle volte si divertivano.
«Allora, ci vediamo!» esclamò Fred, risvegliando Akira dai suoi pensieri. «Magari dopo Natale saremo tutti un po' più buoni e ragionevoli»
«Non credo che Akira possa essere più buona di così» ridacchiò George. Perfetto, ci volevano proprio altre persone pronte a bullizzarla.
«Ehy» brontolò Max, avanzando di un passo verso di loro. Akira lo prese per un braccio e lo tenne fermo. Di certo non voleva che si facessero a botte, due contro uno il risultato era scontato.
«Non so se posso essere più buona» mormorò lei, serena come al solito, senza far trasparire tutta la sua indignazione, «ma di certo posso essere molto più cattiva». Rinforzò la presa sul polso di Max e girò sui tacchi, concludendo così la discussione.
«Non vedo l'ora di scoprirlo» sussurrò Fred, osservando il profilo della ragazza che si allontanava. «George, qua ci sarà da divertirsi».
E Fred Weasley ancora non sapeva che la causa di tutti i problemi di Akira sarebbe stato proprio lui.
..........
«Spero di non vederli mai più» sbuffò Maximilian, mentre erano seduti uno accanto all'altro sulla metropolitana semivuota. Teneva un braccio intorno alle spalle di Akira, ma solo per proteggerla dal freddo. Solo in quel momento si rese conto che era davvero piccola tra le sue braccia.
«Sì...anche io» mormorò lei, alzandosi per scendere dalla metro. Solo quando fu scesa si accorse che il biondo la stava seguendo. «Tu di solito non scendi alla prossima?»
«Sì...sì...» affermò lui, sfregandosi la nuca con la mano. «E' che...ho un regalo che volevo dare a Seiji, e...anche uno per te».
Akira arrossì improvvisamente, e si infilò le mani in tasca, cosa che faceva spesso quando era nervosa. O così, o rischiava di mangiarsi le unghie fino ad arrivare alla carne viva.
«Lo sai che non dovevi, Max» riprese lei nella strada per tornare a casa sua. «Seiji è già pieno di giochi e a me...»
«E a te non piacciono i regali» concluse lui, ridendo. «Sì, lo so Aki, ti conosco abbastanza. Ma questo ti piacerà vedrai».
Entrarono in casa silenziosamente. Era più tardi del solito, perché la discussione con Fred e George li aveva trattenuti oltre il loro abituale orario di lavoro. C'era un profumo di bollito con patate molto invitante.
«Sono a casa!» esclamò Akira, togliendosi il cappotto e appendendolo al gancio di ottone sul muro. Max soppresse una risata in ricordo alla mattina del giorno prima e alla sciarpa che non era riuscita a togliersi da sola. La mora gli lancio un'occhiataccia.
«Ah, Akira finalmen...», la madre uscì dalla cucina asciugandosi le mani in uno straccio sgocciolante. La guardò preoccupata per il suo ritardo, ma si aprì un sorriso quando notò Maximilian dietro di lei. «Oh, ora capisco perché ti sei attardata tanto».
«Mamma! Non...» esclamò Akira, prendendo ad arrossire.
«Vieni caro!» disse la donna, ignorando completamente la figlia, e superandola per circondare con un braccio le spalle muscolose del ragazzo. «Ti piacerebbe rimanere a cena? Ho fatto un bollito squisito. Da quant'è che non ci vediamo? Proprio ieri tua mamma mi ha raccontato quanto sei cresciuto, sei proprio un uomo ora». Calcò sulla parola uomo, dando un'occhiata in tralice alla figlia.
«Mi spiace signora Campbell» rispose Max, sorridendo imbarazzato. «Sono venuto solo a dare un regalino a Seiji ed augurarvi buone feste, poi tornerò a casa»
«Sempre così premuroso!», ad Akira venne lanciata un'altra occhiata in tralice, «bene, Seiji è in camera sua, vai pure, la strada la sai».
Akira lasciò che Max salisse la prima rampa di scale, poi si girò verso la madre.
«Sei impazzita?»
«Che c'è? Dico solo la verità!»
«Non...non capisci proprio, vero?». Non capiva che Akira non era pronta, che non voleva buttarsi in qualcosa di più grande di lei. E poi non si rendeva conto che Akira per Max non era altro che una sorellina fastidiosa, di certo non la considerava una ragazza. E andava bene così.
La madre scosse la testa e rientrò in cucina, per aiutare la nonna a lavare i piatti utilizzati.
"E' giovane" si ripeteva in testa sempre più spesso, "quando sarà più grande capirà". Capirà come funziona il mondo in cui viviamo, capirà quanto è importante avere la testa sulle spalle, pensare al proprio futuro ancora prima di vivere il presente. Un po' come aveva fatto lei, che si era dovuta sposare prematuramente per poter mantenere proprio il negozio ereditato dal padre, perchè nessuno credeva che lei potesse occuparsene da sola. Non era un lavoro per donne.
«Capirà» mormorò, abbassando la testa. «Capirà come funziona questo stupido mondo».
Akira salì le scale contraendo i muscoli delle braccia in un pugno, evitando che le sue emozioni uscissero dalle estremità del corpo. Tutto quello era ingiusto. Ingiusto come sua madre continuasse a costruirle addosso una vita che non voleva, imprigionandola in un bozzolo troppo stretto per poter farla diventare una farfalla. La stava soffocando con qualcosa che non voleva. Con tutto quello che le faceva male.
«Max, Max!» sentì esclamare Akira, e le si scaldò un pochino il cuore quando Seiji esplose in una dolce risata cristallina. Davvero, quel bambino era l'unica persona per cui si sarebbe buttata nella bocca di un vulcano.
Trovò Seiji sdraiato per terra che rideva, mentre Max era inginocchiato di fianco a lui e gli passava le mani addosso in un frenetico solletico. E' strano come con i bambini Maximilian cambiasse totalmente atteggiamento. Forse il fatto di avere un fratello e una sorella minore lo rendevano particolarmente bravo con gli esseri umani di età compresa tra i 2 e i 13 anni. Sta di fatto che faceva sempre la cosa giusta, aveva sempre la battuta pronta, diventava attento e molto accorto. Con gli altri, o forse solo con Akira, indossava una maschera di ironia e falsa indifferenza che la faceva impazzire.
«Guarda qua» disse Max, tirando fuori dalla sua borsa una scatola ricoperta da carta da regali verde con delle renne dal luminoso naso rosso. La alzò in alto prima che Seiji potesse appropriarsene, con un sorriso malizioso. «Mi prometti che lo aprirai solamente a Natale?»
«Lo prometto, lo prometto!» esclamò il bambino buttandosi su di lui per prenderlo. Max sembrò soddisfatto dalla risposta, anche se sapeva che era una promessa vana, e gli lasciò prendere il regalo. Prontamente Seiji lo portò ad un orecchio e prese a scuoterlo. All'interno della scatola sembrava che tutto tacesse.
«Vieni, devo darti il tuo regalo» affermò Max, superando Akira mentre usciva dalla camera. La ragazza lanciò un ultimo sguardo a Seiji, che aveva prontamente dimenticato il regalo misterioso per tornare ai suoi ben più conosciuti giochi, e seguì il biondo in corridoio.
«Max...dovevi dirmelo cavolo...»
«E rovinare la sorpresa? Neanche morto». Prese dalla tasca della felpa una scatolina così piccola che gli stava sul palmo di una mano. Non era incartata con qualche carta luccicante, ma era di un velluto bordeaux con qualche brillantino sparso in giro.
«Al centro commerciale avevano finito la carta per i pacchi regalo?» chiese Akira, cercando di alleggerire un po' il clima. Si era creata così tanta tensione da potersi tagliare con un coltello da burro.
«Ho pensato che tu fossi abbastanza grande per i pacchi regalo» affermò lui, ridacchiando. «Ovviamente mi sbagliavo».
«Ehy, a Natale si è sempre bambini»
«Tu sei una bambina sempre, punto» disse Max con un sorriso divertito, tendendole la scatolina. «Aprila».
Akira gonfiò le guance punta sul vivo, poi la curiosità prese il sopravvento e prese la scatola tra le mani. Era estremamente leggera.
«Guarda che se dentro non c'è niente io...», la aprì come si fa con un'ostrica, e per un attimo lo scintillio che si vide la accecò. Al suo interno c'era un piccolo ciondolino d'argento a forma di clessidra. In esso, invece della solita polvere bianca c'era qualcosa di molto più scuro. Qualcosa che Akira conosceva molto bene. «Oh...è polvere da sparo!»
«Sapevo che non mi avresti deluso» ridacchiò Max, scompigliandole i capelli. «Tanti auguri, sorellina».
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro