~45~
Quando Akira si svegliò il giorno dopo trovò la stanza vuota. I gemelli dovevano essere già scesi in cucina. In compenso si trovò una rosa rossa sul cuscino, proprio nel punto in cui la testa di Fred si era appoggiata non molto prima. La prese con due dita e la girò attenta a non pungersi con le spine. Bella e letale come il ragazzo del quale aveva preso il posto.
Ad Akira non erano mai piaciute le rose, le aveva sempre ritenute troppo scontate. O almeno fino a quando non aveva letto il mito che spiegava la loro creazione. Nel mondo greco e romano, la rosa era associata al mito di Adone e Afrodite. La dea, innamorata del giovane cacciatore, nulla potè fare per salvarlo dalla morte provocata dall'attacco di un cinghiale. Nel soccorrere l'amato, Afrodite si ferì con dei rovi e il suo sangue fece sbocciare delle rose rosse. Zeus commosso dal dolore della dea, permise ad Adone di vivere quattro mesi nell'Ade, quattro nel mondo dei vivi, e altri quattro dove avrebbe preferito: per questo la rosa viene considerata simbolo dell'amore che vince la morte.
L'amore, più potente della morte? Akira non ne era sicura, ma le piaceva crederlo. La morte era buia, era totale, era la fine. E cosa si può fare, contro la fine?
Si mise seduta lentamente, per evitare che la sua bassa pressione la buttasse senza tanti giri di parole di nuovo stesa a letto. Cercò qualcosa tra i suoi vestiti che non fosse estremamente spiegazzato o macchiato, e si diresse in cucina con uno sbadiglio. La rosa? La lasciò sul letto, abbandonata al suo destino.
La cucina era più ingombra del solito, a causa della pila di scatole incartate che occupavano il tavolo. Harry stava lentamente scartando i regali del suo compleanno, mentre intorno a lui i Weasley e i Delacour chiacchieravano contenti.
«Pensate che si offenda di non avergli fatto un regalo?» chiese ai gemelli non appena si avvicinò a loro con passi felpati. George ridacchiò lievemente, mentre Fred si girò a guardarla.
«Non credo se ne accorga. L'unico regalo che gli interessa davvero è quello di nostra sorella»
«Che cosa gli ha regalato?»
«Diciamo solo che non è un regalo che si dà in pubblico».
Akira sbatté gli occhi perplessa, per poi decidere che sarebbe stato meglio chiedere spiegazioni alla diretta interessata, prima di ricevere informazioni travisate dalla malizia dei suoi fratelli.
Passò gran parte della mattinata in camera dei gemelli, perché si sentiva di intralcio in qualsiasi altra parte della stanza. Un po' come un soprammobile che non si sa mai dove mettere. Finì per leggere un libro di magia che le aveva prestato Hermione sdraiata sul suo letto, tanto per fare qualcosa di interessante.
...
Fred lo sapeva che non sarebbe stata una buona idea farsi una doccia a quell'ora del mattino, con tutta la gente che c'era in giro. Ma faceva caldo, era sudato, e la vista di Akira che gli dormiva accanto non aveva di certo aiutato. Una doccia era proprio quello che ci voleva. Aveva aspettato di dare il regalo ad Harry, e dopo essersi assicurato che nessuno avrebbe avuto bisogno del bagno si era infilato sotto l'acqua congelata. Sì, decisamente meglio. Però avrebbe dovuto pensare a portarsi dietro i vestiti di ricambio. Per Godric, quella ragazza gli stava mandando in pappa il cervello.
Tornò in camera sua con un asciugamano allacciato intorno alla vita, sicuro che fosse vuota. Sua madre aveva incastrato George con qualche commissione, dopotutto il matrimonio sarebbe stato il giorno dopo, mentre Akira ormai passava le giornate insieme a Ginny, e sembravano essere diventate migliori amiche. Non che fosse contento. Quelle due insieme potevano diventare davvero una spina nel fianco.
«Weasley!» esclamò una voce che Fred conosceva decisamente bene. Akira si era coperta gli occhi con le mani non appena aveva visto più pelle scoperta di quanto avesse desiderato vedere.
«Per la barba di Merlino» imprecò lui, sbuffando. «Campbell, che ci fai in camera mia?»
«Camera tua? E' tanto tua quanto mia, idiota! Posso togliere le mani? Sei decente?»
«Be' non moralmente, ma sono coperto, se è quello che intendi».
Non era esattamente quello che Akira intendeva, ma scoprì gli occhi comunque. Coperto era un eufemismo. A malapena indossava un asciugamano striminzito. Il petto lentigginoso era scoperto, di un colore solo un po' più tenue delle braccia abbronzate. Sapeva che era magro, ma non pensava così tanto. Se avesse passato una mano sul suo petto, probabilmente avrebbe sentito il rilievo delle costole. Akira arrossì al pensiero della sua mano che vagava sul suo corpo. Chissà se la sua pelle era così liscia come sembrava, fresca al tatto, ancora bagnata da goccioline di acqua. Distolse subito lo sguardo.
«Vestiti.»
«No, credo che rimarrò così per un po', mi sembra di capire che lo spettacolo ti piace. Sei fortunata, ti potrei anche chiedere di pagare il biglietto. Ma non credo ti piacerebbe cosa vorrei in cambio»
«Stai zitto». La risata di Fred riempì la stanza, poi la attraversò per prendere i suoi vestiti da un cassetto. I suoi piedi nudi lasciavano impronte bagnate sul pavimento di legno. I suoi capelli gocciolavano ancora.
«Sai, Campbell, non ti conosco da tanto, ma ho capito che quando mi dici "stai zitto", è perchè vuoi che io smetta di farti arrossire».
Uscì prima che Akira riuscisse a tirargli addosso il libro. Forse aveva bisogno di un'altra doccia.
...
Akira evitò di stare nella stessa stanza con Fred fino a quella sera. Era troppo imbarazzata. La notte passata abbracciati, il risveglio con la rosa, che alla fine si era decisa a mettere in un piccolo vaso sull'unico comodino della stanza, poi la conversazione avuta in camera loro. Non avrebbe potuto sopportare ancora la sua voce, il suo sguardo su di lei. Non era abituata ai pensieri che tutto d'un tratto le ingolfavano la mente. Si rese utile rimanendo al fianco di Ginny che sembrava sempre sul punto di piangere. Le aveva raccontato solo che aveva parlato con Harry, e che non era andata come aveva sperato. A quanto pare non era l'unica che soffriva per una situazione amorosa, anche se ben diversa.
Per cena i tavoli furono disposti in fila nel giardino, visto che non c'era possibilità che ci sarebbero stati tutti in cucina. Fred e George stregarono parecchie lanterne viola, tutte decorate con un gran 17, che fluttuavano tra gli invitati. Hermione decorò alberi e cespugli con festoni viola e oro. Dopo qualche minuto arrivarono Lupin e Tonks, il primo con un'aria decisamente infelice, mentre la seconda pareva raggiante. Il vocione di Hagrid si sentì dall'inizio del vialetto, e poco dopo arrivò anche lui, facendo gli auguri ad Harry con gran voce.
Stavano per sedersi a tavola, mancava solo il signor Weasley ma evidentemente aveva fatto tardi a lavoro, quando proprio da lui arrivò in gran fretta un Patronus a forma di donnola.
«Il Ministro della Magia sta arrivando con me» parlò con la voce di Arthur. Il Patronus si dissolse nell'aria, davanti alla faccia sconvolta di Monsieur Delacour.
«Il Ministro?» chiese Akira guardando Fred di fianco a lei, «perché...?». Lui fece appena in tempo ad alzare le spalle, quando il signor Weasley comparve al cancello, accompagnato da un mago alto e magro, dalla faccia simile ad un avvoltoio. I capelli erano una criniera brizzolata.
Egli ordinò, perché quello era un ordine sotto forma di richiesta, di poter parlare in privato con Harry Potter, Ron Weasley, ed Hermione Granger. Qualche minuto dopo si appartarono nel salotto.
«Ragazzi sarà meglio...meglio iniziare a mangiare» ci consigliò la signora Weasley, sospingendosi dolcemente verso la tavola imbandita. Ma ormai nessuno aveva più tanta fame.
Quando, una mezz'ora dopo, i tre ragazzi tornarono in cortile, il Ministro era sparito. Ma in compenso aveva reso loro ciò che Silente aveva lasciato. Gli oggetti passarono di mano in mano, affascinando i presenti. Il primo oggetto che arrivò nelle mani di Akira era un Deluminatore, una specie di accendino d'argento che aveva la capacità di catturare le luci dell'area in cui si trova e rilasciarle in seguito. Il secondo era un libro di fiabe che Akira non aveva mai sentito nominare. Se ne innamorò all'istante, stava quasi per dire ad Hermione che se lo sarebbe tenuta lei, quando Fred divertito le raccontò che anche lui ne aveva una copia in camera.
«Un libro? Tu, che leggi un libro?» lo prese in giro lei, alzando il sopracciglio.
«Se mi guardi ancora con quello sguardo non risponderò più delle mie azioni, Akira» rispose molto tranquillamente lui. Akira distolse immediatamente lo sguardo.
«Certo che hai il limite di sopportazione di una medusa».
Andarono a letto relativamente presto, visto che il giorno dopo ci sarebbe stato il matrimonio. Ma Akira, tra il fatto che Fred si era sdraiato di nuovo sul suo letto, l'ansia per l'indomani e il vestito che avrebbe dovuto indossare, non si addormentò che a notte fonda, cullata dal respiro di un ragazzo che avrebbe tanto voluto odiare.
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