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~31~

La casa dei Weasley era la casa più strana che Akira avesse mai visto nella sua breve vita. Presentava una struttura irregolare, una serie di piani e di stanze che si reggevano in piedi come per magia. Sul tetto rosso spuntavano quattro o cinque comignoli, e nel giardino frontale, su un'insegna fissata a terra, si leggeva "La Tana". Molte galline marroni e panciute scorrazzavano libere nell'aia; in un angolo erano ammassati alla rinfusi degli stivaloni di gomma e un calderone arrugginito.

Quando Akira si fu ripresa dalla materializzazione, quella volta ci volle leggermente meno, e lei si rallegrò di essere migliorata nella sua sopportazione del dolore, si rese conto che il giardino era pieno di erbacce e cose in movimento, che dopo qualche secondo riconobbe essere degli gnomi da giardino. Certo che le ci voleva un sacco di apertura mentale per frequentare gente come i Weasley.

«Quando eravamo piccoli ci divertivamo a lanciarli in giro» le spiegò Fred, afferrando quello più a portata di mano dalle caviglie e tenendolo a testa in giù. Quello iniziò a dimenarsi e gridare: «No! No! Lasssiami giù!!».

«Lascialo in pace!» esclamò Akira, che non aveva neanche mai sopportato la passione di Max per acchiappare le lucertole e portarsele in giro per casa mentre loro, tremanti, tentavano in ogni modo di riguadagnarsi la libertà. Aveva anche costruito un labirinto del terrore con dei vecchi cartoni che sottoponeva a tutte le lucertole possibili, e quelle poverine impazzivano nel cercare la via di uscita. «Non vedi che così lo spaventi?».

«Non ti preoccupare, non gli faccio del male» spiegò lui, agitando lievemente il nano, «vedi? Hanno la testa dura, perché scavano sotto terra. Ma ci infestano il giardino, quindi ogni tanto bisogna far perdere loro il senso dell'orientamento». Iniziò a farlo rotolare sopra la testa il più velocemente possibile, mentre il nano iniziava a prendere un lieve colorito verdognolo.

«Fred!» esclamò Akira, inorridita. Fred lasciò andare il nano, che volò al di là della siepe, verso i campi di grano. Poi si mise a ridere.

«Erano almeno dieci metri, vero George?»

«Pressappoco» gli diede ragione il gemello, schermandosi il viso con una mano a causa dei fastidiosi raggi di sole. «Ma il record lo tiene sempre Bill».

Akira storse il viso in un'espressione stizzita, e si lasciò condurre in cucina.

Essa era piccola e tutta ingombra. Nel mezzo c'era un lungo tavolo di legno con delle sedie, segnato come lo possono essere solo i mobili che fanno parte della vita delle persone da generazioni. Sulla mensola del camino erano accatastati libri di cucina con titoli come: "Incantate il vostro formaggio", "Incantesimi da forno", "Banchetti in un minuto: questa si che è magia". Akira dovette sforzarsi un sacco per non mettersi a ridere.

«Frederick Weasley, dove pensi di andare con quei capelli che sembrano acconciati da un troll?» disse una voce maschile che sembrava provenire dal camino, anche se davanti al camino non c'era nessuno.

«Non mi era per niente mancato» borbottò Fred, cercando di appiattirsi i capelli con una mano, mentre con l'altra faceva segno ad Akira e George di sbrigarsi.

«George Weasley, hai una evidente macchia sulla guancia sinistra, ti sei ancora dimenticato di lavarti la faccia dopo esserti alzato stamattina?» ricominciò la stessa voce intimidente, con un tono di voce più alto di quanto sarebbe stato opportuno.

«Ma cosa...» sussurrò Akira.

«E qualcuno potrebbe dire a quella ragazzina che è un po' troppo grande per farsi vedere in giro con i vestiti per bambine di cinque anni?». I gemelli scoppiarono a ridere.

Akira incrociò le braccia al petto, e si guardò intorno adirata.

«Per lo meno io ho il coraggio di farmi vedere in giro» rispose Akira per le rime.

«Lascia perdere» la avvertì George scuotendo la testa, «lo specchio è solo suscettibile perché nessuno lo può vedere, quindi dà consigli indesiderati sull'aspetto ad ogni persona che gli passa davanti».

Akira mise a fuoco un vecchio specchio posto al di sopra del camino, che incorniciato in una vecchia cornice di legno intarsiato dava proprio l'idea del tipo di persona che si crede chissà chi e si permette di giudicare gli altri.

«Quando eravamo piccoli era molto utile a nostra madre, che non riusciva a controllarci tutti. Adesso è diventato fastidioso» constatò Fred, spuntando fuori l'ultima parola direttamente verso lo specchio.

«Per lo meno io non vado in giro con uno scopettone in testa» lo rimbeccò lo specchio.

«Be', tutti i torti non ha» considerò Akira, prendendosi un'occhiata di fuoco da parte del rosso, a cui rispose con un largo, innocente sorriso.

«Zitta, bambina».

La Tana era affascinante sotto vari aspetti, ma l'oggetto che Akira trovava più strano era un orologio da parete dove vi erano tante lancette quanti sono i membri della famiglia e nessun numero. Anziché scandire il tempo, infatti, ogni lancetta indicava in ogni momento dove si trovava ciascuno dei Weasley e quale era il loro stato di salute. La cosa più strana è che tutte le lancette erano fisse su "pericolo mortale".

«Quindi i vostri fratelli sono a...ad Hogwarts?» chiese Akira. Faceva ancora un po' fatica a parlare di Hogwarts senza che le venisse il magone. A Settembre, fra non più di tre mesi, anche Seiji sarebbe partito per quel strano posto, dove i fantasmi parlavano, le scope volavano e lui avrebbe iniziato a studiare quella magia che Akira stava scoprendo giorno dopo giorno.

«Ginny e Ron sì, ancora per un mese» rispose George.

«Bill invece lavora per la Gringott, mentre Charlie è tornato in Romania per degli affari. Un giorno li conoscerai» continuò Fred sorridendo. Akira avvampò.

«Io? Conoscerli? E perché... perché dovrei conoscerli?»

«Be', fra poco è il matrimonio di Bill, immagino che se glielo chiedessi non sarebbe un problema aggiungerti agli invitati» spiegò Fred. Ad Akira venne un brivido. Non era mai stata ad un matrimonio, e tanto meno aveva un abito adatto all'occasione.

«E in qualità di cosa sarei invitata al matrimonio di vostro fratello?» chiese Akira curiosa, abbassando lo sguardo. Amica dei gemelli? Una loro dipendente? Una babbana da prendere in giro per la miriade di figuracce che avrebbe fatto?

«Questo lo vedremo a tempo debito» sussurrò Fred all'orecchio di lei, prima di tornare in cucina dalla quale la signora Weasley li aveva appena chiamati.

George la guardò un secondo, forse un secondo di troppo. La scrutò come se stesse soppesando un'idea, come se stesse pensando a qualcosa. Come se la stesse giudicando. Akira aveva sopportato per troppo tempo uno sguardo del genere per poter stare zitta.

«Qualche problema?» scattò forse troppo duramente.

«Che intenzioni hai?» chiese, avvicinandosi minacciosamente di un passo. Akira non si mosse, e se lo trovò più vicino di quanto non fosse mai stato.

«Cosa?» chiese lei, perplessa.

«Con mio fratello, che intenzioni hai». Akira lo guardò con tanto d'occhi. Ma che intenzioni? E poi con chi? Con Fred? Che intenzioni doveva avere, con Fred? Rassegnatosi a non ottenere risposta, George proseguì: «Non capisco come fra voi due potrebbe funzionare, ma non sarò io a dirgli di no se Fred dovesse provarci. Solo, non illuderlo. Ha sofferto abbastanza».

Akira sputò fuori le prime parole che le vennero in mente, vere o false che fossero. Le sputò fuori come se fossero uno scudo, le sputò fuori per proteggersi da tutto ciò che non conosceva, e da qualcosa che avrebbe potuto farle molto male. Da qualcosa che ancora non era in grado di affrontare.

«Tra Fred e me non c'è niente. E niente ci sarà mai».

...

L'atmosfera a cena non fu delle più rilassate. Nonostante Fred tentasse di condurre una normale conversazione tra suo fratello, Akira, e i suoi genitori, non tutti erano dell'umore di chiacchierare. Prima fra tutte, Akira mangiava in silenzio e a testa bassa, aprendo bocca solo per rassicurare la signora Weasley che quello fosse il miglior polpettone che avesse mai mangiato. Di gran lunga migliore di quelli che faceva sua madre.

Parlare di sua madre le mise subito tristezza. La ferita che le aveva lasciato non riconoscendola, anche se adesso sapeva che non era colpa sua, non si era ancora rimarginata.

«Non vorrei toccare un tasto dolente» si intromise il signor Weasley, che Akira aveva avuto il piacere di conoscere quella sera. «I ragazzi ci hanno raccontato qualcosa, ma vorrei sentire la storia direttamente da te, Akira».

Nonostante le proteste di Fred, Akira annuì e si preparò a raccontare un'altra volta la storia da capo. Ripercorse con la memoria e con le parole quello che aveva provato il giorno del suo compleanno tornando a casa sua e trovando una ambulanza davanti all'ingresso. Come era salita le scale col cuore in gola, solo per trovare sua nonna ferita da quelli che ora sapeva essere dei Mangiamorte. Ferita solo perché era una babbana. Raccontò dei finti volontari della Croce Rossa che erano degli Obliviatori, di come era scappata, e di come era tornata il giorno dopo solo per essere sbattuta fuori da una madre di cui non era più figlia. Molly le appoggiò una mano sulla spalla, affermandosi sconvolta e inorridita al pensiero che un giorno avrebbe potuto ritrovarsi a non riconoscere più uno dei propri figli solo per uno sbaglio degli Obliviatori.

«Ma non è stato uno sbaglio» la corresse il marito, pensieroso. «Semplicemente hanno deciso che tra rincorrerla e far dimenticare di lei ai suoi famigliari, la seconda opzione era quella più semplice. Dopotutto erano sulle tracce di un Mangiamorte, non avevano tempo da perdere con dei babbani», poi si accorse del tono che aveva usato, e guardò Akira con uno sguardo che chiedeva perdono, «non che io sia d'accordo, chiaramente».

«Credo che l'abbiamo stressata abbastanza per una sola sera» considerò Fred, alzandosi.

«Un'ultima cosa» lo interruppe il signor Weasley.

«Ma papà!»

«Akira, sapresti dirmi l'esatta funzione di una paperella di gomma?».

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