~26~
Quella voce. Quella voce che Fred aveva invano provato a dimenticare gli risuonava di nuovo nelle orecchie. Cristallina come acqua pura, rintoccava nei suoi timpani come una campana. Armoniosa, assordante, anche seccante la maggior parte delle volte. Come un incubo lo raggiungeva tutte le notti. E adesso anche durante il giorno.
«Non dovresti essere qui» dichiarò George, appoggiando le mani sul bancone per sporgersi in avanti verso di lei. Ne lui ne Fred ci credevano, eppure Akira era davanti a loro. Sorprendente come sempre lo era stata.
«Strano, pensavo che non vedeste l'ora di vedermi. Alla fine cosa sono passati, due mesi?».
Akira pretendeva di avere quell'autocontrollo che solo poche volte in vita sua aveva avuto, e che sicuramente non le apparteneva in quel momento. Sembrava sicura di sé, sicura di essere nel posto giusto nel momento giusto. Ma ignara di ogni tipo di pericolo. Dietro di lei le persone iniziavano ad innervosirsi, un po' perché anche loro avrebbero voluto parlare con i famosi gemelli Weasley, un po' perché volevano concludere i loro acquisti e tornare alle loro faccende quotidiane. Stare troppo fuori casa di quei tempi non era il massimo, con le sparizioni e i Mangiamorte a piede libero. Anche se il negozio "Tiri Vispi Weasley" dava una parvenza di sicurezza e tranquillità, al di fuori dalla porta, al di là delle vetrine c'era una guerra sul punto di iniziare. Una guerra che forse sarebbe stata più catastrofica di quella precedente.
«Non dovresti essere qui lo stesso, che ci faccia felice o no» ribadì Fred, con la voce più ferma di quanto pensasse di avere. George alzò un sopracciglio in sua direzione, nel tentativo di rendere ovvio il fatto che non era lui la persona cui la presenza di Akira rendeva felice.
«Non mi fate vedere il vostro negozio? Non ho portato un fuoco d'artificio da regalarvi, mi dispiace». Akira sputò fuori queste parole con più rabbia di quanto fosse stato necessario. Consumarono la pelle di Fred come se fossero veleno di serpente. E la parte peggiore era che, in qualche modo, sapeva di esserselo meritato. Perché non sarebbe mai dovuto entrare nella sua vita, perché non ci sarebbe mai stato potuto essere un futuro, con una ragazza babbana.
«Abbassa il tuo arco e i tuoi dardi, Diana, le tue frecciatine non ci toccano» rispose George con insolenza, prendendole il polso e trascinandola verso il retro del negozio, lontano da sguardi ed orecchie indiscrete. Le sopracciglia di Akira volarono fino a nascondersi dietro i capelli spettinati dal vento, sorpresa che avessero saputo usare un riferimento tanto colto. Non pensava che i gemelli fossero quelli acculturati della famiglia.
«Ad Hogwarts non si impara solo a trasfigurare un topo in un bicchiere e viceversa» rispose Fred alla sua muta sorpresa.
«Quindi anche voi siete andati ad Hogwarts»
«Anche?!»
...
Akira spiegò loro tutto ciò che era successo da quando era tornata a casa dalla sua improvvisata festa di compleanno, di come dei maghi si erano introdotti nella sua casa, e più di una volta a quanto pareva, e dell'incantesimo che aveva eliminato dalla mente della sua famiglia ogni ricordo che racchiudeva la presenza di Akira nelle loro vite. Lo raccontò tenendo la testa bassa, gli occhi sulle sue mani.
Non aveva mai avuto delle belle mani. Le dita erano lunghe, dita che forse sarebbero state al posto giusto sopra la tastiera di un pianoforte. Anche le unghie erano lunghe, ma questo perché Akira non se ne era mai presa molta cura. Avevano tutte una forma diversa, ed erano spezzate negli angoli, nere di polvere da sparo che riuscivano a raccogliere dappertutto, anche dove non ce n'era. Erano piene di cicatrici, di bruciature che si era procurata nell'Ikigai Shop. Dita che avevano lavorato e che ne erano uscite più o meno dignitosamente. Una chiromante le avrebbe potuto dire che la linea della vita era abbastanza lunga, mentre quella dell'amore decisamente incasinata. Ma Akira, nonostante il posto dove fosse e le persone con cui stesse parlando, credeva ancora nella normalità, e nel costruirsi il proprio futuro giorno per giorno. Si aggrappava anzi a questa idea con più forza a mano a mano che si addentrava in quel mondo di pazzi.
«Quindi tuo fratello è qui adesso?» chiese George, seguito subito dopo dal gemello, com'era solito succedere tra loro due.
«Qui a Diagon Alley, con Tonks?»
«Sì...stavano comprando delle...ali di pipistrello, o qualcosa del genere» affermò Akira, reprimendo poi un brivido di schifo al solo pensiero di tenere in mano una cosa del genere.
«Non sottovalutare delle sane ali di pipistrello» dichiarò Fred, ridacchiando. «In un calderone, cucinate con degli zoccoli di gnu e bava di lumaca sono deliziose». Scoppiò a ridere, guardando la smorfia disgustata della ragazza. «Sto scherzando» le rivelò, andando verso la porta. Si abbassò verso il suo orecchio, e respirò brevemente il suo profumo dolce prima di sussurrare: «Gli zoccoli di gnu hanno un sapore troppo aspro per i miei gusti».
Adesso che lei conosceva il mondo magico, gli scherzi e le prese in giro che poteva farle erano di un livello totalmente diverso.
Akira si girò per vederlo uscire dalla stanza, seguendo le sue mosse con gli occhi puntati sulla schiena. Poi si rigirò verso George che, mani in tasca e un'espressione serafica in viso, se la stava bellamente ridendo sotto i baffi.
«Sta scherzando, vero?» chiese Akira, irritata. George non fece altro che alzare le spalle. La ragazza si arrese a seguire Fred gridandogli contro. «Weasley!! Stai scherzando vero?? Mio fratello non farà mai niente del genere!».
Trovarono Tonks e Seiji davanti ad un negozio che aveva come insegna "Negozio di accessori Quidditch di qualità". Seiji teneva le mani appoggiate alla vetrina, e guardava dentro con la faccia di un bambino che aveva appena visto il prossimo regalo di compleanno, o Natale, a seconda di cosa sarebbe arrivato prima.
«Il bambino ci sa fare» ridacchiò George, dando una gomitata al fratello.
«Sa già quali sono le priorità».
A sentire quelle voci, sia Tonks che Seiji si girarono di scatto. Tonks aveva già tirato fuori la bacchetta da una tasca della giacca, quando Seiji si aprì in un sorriso e urlò «Fred!», correndo dal ragazzo che aveva già aperto le braccia. Il loro abbraccio fu fin troppo tenero per il livello di sopportazione di Akira.
«Cioè, capiamoci» considerò, incrociando le braccia al petto con un gesto di stizza. «Mio fratello si è dimenticato completamente della mia esistenza ma si ricorda benissimo di voi?»
«Perché noi siamo estremamente belli»
«Intelligenti»
«Divertenti»
«Meravigliosi»
«Superbi»
«Indimenticabili» pronunciarono insieme, come se si fossero letti nel pensiero. Akira scosse la testa, troppo arrabbiata per mettersi a ridere, o per ammettere che forse, in qualche modo, potrebbe essere stato vero.
Seiji andò verso Akira e si aggrappò al suo fianco, forse perché aveva notato che la ragazza ci era rimasta un po' male. Lei gli accarezzò brevemente la testa, assicurandosi che stesse bene.
«Akira, mi compri una scopa?» la supplicò lui. Lei, ancora una volta, aggrottò le sopracciglia in un'espressione confusa. Prima o poi le sarebbero venute delle rughe permanenti tra le sopracciglia, a furia di non capirci niente.
«Cosa te ne fai di una scopa? Ne abbiamo un sacco a casa».
Davanti a lei, Fred, George a addirittura Tonks, che Akira non era riuscita ancora bene ad inquadrare, dovettero appoggiarsi una mano davanti alla bocca per non scoppiarle a ridere in faccia.
«Ma no! Quelle a casa non vanno bene per volare!»
«Per volare? Ma con le scope ci volano solo...», Akira ebbe un attimo di realizzazione, «oh...capisco...»
I gemelli ebbero l'accortezza di spiegarle che il Quidditch era uno sport molto popolare dalle loro parti, e che sì, le scope volanti erano un efficace mezzo di trasporto, per tutte quelle persone che non avevano passato il test di Materializzazione o che preferivano la sicurezza alla velocità.
«Ma comunque agli studenti del primo anno non è permesso portare una scopa da...», Tonks fece un balzo indietro, quando una strana figura argentea comparve in mezzo a loro. No, comparve non è il termine adatto. Arrivò volando, da qualche parte. Akira era sicura che non si sarebbe mai più sorpresa di nient'altro del mondo magico, ma si ritrovò a ricredersi. Era la cosa più simile ad un fantasma che avesse mai visto. Era una specie di nebbiolina argentea, quasi accecante. Ma quando Akira si costrinse a guardare più attentamente riconobbe la forma allungata e felina di una lince.
E poi la lince incominciò a parlare.
«Tonks, c'è bisogno di te all'ufficio Auror. Subito».
Era una voce maschile, cupa e molto bassa. Una voce di chi era abituato a stare al potere, ma anche di chi non si trovava a proprio agio nel dare ordini. Una voce di una persona stanca, in tutti i sensi esistenti.
«Kinglsey» borbottò Tonks, muovendo una mano per far scomparire quello strano fantasma. Kingsley, a quanto pare quella strana lince si chiamava così, si dissolse nel nulla. «Devo andare» informò poi i presenti, lanciando uno sguardo a Fred e George. «Weasley, posso chiedervi di riaccompagnare Seiji e sua sorella a casa sani e salvi?»
«Ai suoi ordini signora» rispose George, portandosi la mano alla tempia in un gesto militare. «Sono sotto la nostra custodia ora».
«Andiamo bene...» mormorò Akira, ma troppo piano perché qualcuno riuscisse a sentirla. Nonostante ciò, Fred le lanciò un sorriso dei suoi, contento dell'incarico appena ricevuto.
Lo strano gruppo così formato si diresse verso il Paiolo Magico, pronti a tornare in una Londra molto più noiosa, ma molto più sicura.
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