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~16~

Nei giorni seguenti il gufo Leo aveva fatto gli straordinari. Akira sperava per lo meno che Fred fosse stato clemente e gli avesse regalato un sacco di croccantini per gufi, se mai fossero esistiti, nonostante le risposte che continuava a ricevere fossero negative.

All'inizio, Fred sembrava arrabbiato, perché non capiva cosa avesse fatto di male. Poi deve aver chiesto aiuto a qualcuno di femminile, che fosse stata sua mamma o una delle sue amiche, e aveva preso a riempire lettere con solo una parola: "scusa".

Ma più la leggeva, più ad Akira sembrava una parola vuota, senza significato. Le scuse non bastavano, non sarebbero mai bastate.

Akira aveva l'autodistruttiva abitudine di non dimenticare mai un torto subito. Era permalosa, raramente lasciava correre, raramente ci metteva una pietra sopra. Se Fred davvero voleva farsi perdonare avrebbe dovuto fare ben altro che un debole "scusa" scritto di fretta e spedito via gufo. Era troppo codardo per farsi vedere?

Trascorsero i giorni. Akira tentava di vivere la sua vita normalmente, ma il suo pensiero fisso era quanto si era sentita umiliata da una persona che stava iniziando a ritenere amica.

Come al solito, lei era risultata quella in più, l'ultima ruota del carro.

.......

Il giorno di San Valentino era una domenica piovigginosa e sonnolenta, una di quelle che si passa nel letto con una tisana e un buon libro. Akira faticava a tenere gli occhi aperti, dopo aver passato una nottata costellata da incubi. Era combattuta tra l'alzarsi, per scrollarsi di dosso i rimasugli di angoscia e inquietudine che le pressavano la testa come se fosse chiusa in una morsa, e richiudere gli occhi nella speranza di trovare il sonno perduto.

Come spesso succedeva in casa sua, qualcuno decise per lei come sarebbe andata la giornata.

«Akira!!»

La ragazza sbuffò, coprendosi la testa col cuscino avvolto da una federa a cuoricini un po' consumata, e sporca da un paio di macchie di saliva. Forse tornare a dormire non sarebbe stata un'idea così brutta.

«C'è qualcuno che richiede la tua presenza!».

Oltre a parenti alla lontana che ogni tanto si ritrovavano a casa sua ad orari improponibili, Akira non conosceva altre persone che avrebbero potuto richiedere la sua presenza di domenica mattina, giorno in cui tra l'altro non lavorava nemmeno il postino.

«Arrivo!» esclamò soffocando uno sbadiglio con la mano, e si mise seduta stancamente togliendosi i capelli annodati dal viso. La stanza era immersa in un inquietante oscurità, nonostante i rumori della città che si potevano sentire dalla finestra erano quelli di una domenica mattina inoltrata. Akira aprì le persiane, e venne accolta dal gracchiare di un corvo appoggiato al ramo dell'albero di magnolia che spesso aveva usato come via di fuga. Aveva una cicatrice sull'ala sinistra, dove mancava qualche piuma. La guardò con degli incredibili occhi intelligenti e dall'espressione umana, poi volò via. Lei lo seguì sospettosa con lo sguardo fino a che non si confuse con un cielo grigio che prometteva pioggia.

Lo specchio in corridoio le rimandò l'immagine di una ragazza con le occhiaie di una nottata per lo più insonne, di una persona che non avrebbe voluto trovarsi in quel posto, in quel momento.

«No, signora Campbell, non...»

«Fred!» esclamò Akira in un misto tra sorpresa e rabbia, non appena riconobbe la sua voce dalla rampa delle scale. Sulla porta, il ragazzo e la madre di Akira si zittirono, e rivolsero lo sguardo verso di lei, che si avvicinava velocemente con un improponibile pigiama a stelline. Le labbra di Fred si incurvarono in un delicato sorriso, passando gli occhi addosso alla ragazza in maniera casuale. Solo quando furono faccia a faccia Akira si accorse che non era accompagnato dal fratello, o da qualcun altro dei suoi amici. Oltretutto, era vestito insolitamente bene, con dei jeans, una maglietta blu a collo alto che gli sottolineava la curva forte della mascella e una giacca leggera sopra.

«Ciao, Akira»

«Che cosa ci fai qui?» scattò lei, già pronta a chiudergli la porta in faccia. Non si era dimenticata di come l'aveva fatta sentire.

«Stavo giusto dicendo a tua madre che capisco bene da dove hai preso tutto il tuo charme». Dietro Akira, sua madre prese a ridacchiare.

«Il mio charme ha intenzioni di prenderti a calci nel...»

«Akira!» la interruppe la madre, mettendole la mano sulla spalla in una presa ferrea. «Perché non ti vai a cambiare adesso?»

«Perché dovrei?»

«Perché vorrei portarti a fare un giro» concluse Fred, senza perdere il suo sorriso che arrivava fino agli occhi. Era contento, e sicuro di sé. Mettendo in mezzo la madre di Akira, era sicuro di averla fregata sotto i suoi occhi. Non avrebbe potuto fare altro che accettare il suo invito.

......

Dieci minuti dopo Akira, vestita con i primi indumenti disponibili, e Fred, gongolante, erano usciti di casa sotto un cielo grigio, discutendo tra di loro.

«Sono magnanimo, ti darò la possibilità di scegliere dove andare, basta che non sia girare per musei, vedere quadri o...»

Akira, che fino a quel momento aveva le labbra chiuse in una sottile linea orizzontale, stizzita dalla situazione in cui si era ritrovata, si aprì in un sorriso. Per Fred fu come se si fosse illuminata la giornata.

«Be', che ho detto?»

«Hai detto...quadri?»

«No, no Akira no! Te lo proibisco, te lo...». Inutile, Akira aveva già preso a camminare verso la prima fermata della metro.

La National Gallery è un museo, fondato nel 1824 e situato in Trafalgar Square, che ospita una ricca collezione composta da più di 2.300 dipinti di varie epoche e scuole. E' un edificio molto grande, la cui facciata, come spesso accade nelle grandi città, ricalca fedelmente un tempio greco.

Akira era sempre stupita da come le grandi civiltà greche e romane avessero influenzato così tanto l'era moderna. Ma era anche vero che il passato è necessario per costruire un futuro. Si poteva sperare solo di prendere il buono che i nostri antenati avevano creato e migliorarlo sempre di più per costruire un futuro migliore.

«Dobbiamo davvero?» borbottò Fred, guardando sconsolato l'edificio. Era contento di essere riuscito a farsi perdonare da Akira, ma allo stesso tempo aveva un'idea molto diversa di modi in cui si sarebbe potuto trascorrere il giorno di San Valentino, ed includevano tutti un letto comodo e magari del Whisky Incendiario. Non dei quadri. Quadri che se ne stavano immobili tutto il tempo, per giunta.

«Che hai da lamentarti?» lo prese in giro Akira, guardandolo di sottecchi, «sei stato tu a darmi carta bianca»

«Ricordami di non farlo mai più».

La ragazza si lasciò scappare una piccola risata, poi lo prese per il polso e lo trascinò attraverso Trafalgar Square, piena zeppa di coppie che si tenevano per mano e si scambiavano piano baci e parole zuccherose.

Fred guardò le mani che in qualche modo si toccavano, e si rese conto che probabilmente quello sarebbe stato il massimo del romanticismo che avrebbe ottenuto da lei, ed era meglio goderselo fin quando fosse stato possibile. Per questo le prese la mano con rinnovata forza e si lasciò tirare nella National Gallery.

Essendo un museo di proprietà dello Stato, l'ingresso era gratuito per tutti. Veniva pagato solo l'ingresso alle mostre temporanee, ma, dal momento che in quel periodo era qualcosa a che fare con l'arte moderna, decisero che non era abbastanza interessante da lasciarci dei soldi.

«Ci sei mai stato?» gli chiese la ragazza dopo aver superato i controlli, che a suo parere erano più rigorosi del solito.

«In realtà no» le rivelò Fred, tenendo la mappa davanti a lui per tentare in qualche modo di trovare il percorso adeguato. Akira gliela strappò di mano ridendo.

«Io ci vengo quasi ogni mese. Vieni, ti faccio vedere i miei quadri preferiti».

Lo prese per mano, di nuovo. Quella doveva essere la sua giornata fortunata, Fred non trovava altre spiegazioni.

Si addentrarono tra i corridoi del museo, circondati da quadri famosi e persone un po' meno famose che li ammiravano.

«E' noioso» si lamentò Fred, guardandosi intorno, «quasi quanto una lezione di Storia della...be' di storia»

«Perché dici così?» chiese lei, osservando i quadri. «Non ti sembrano quasi vivi? Come se potessero muoversi e parlarti da un momento all'altro?»

«Fidati, se si muovessero lo capiresti» le confidò Fred, che di quadri che si muovevano probabilmente ne sapeva qualcosa. «Di solito non se ne stanno mai zitti»

«Come?» chiese Akira, guardandolo perplessa.

«Dico solo...» tentennò Fred, sfregandosi la nuca in imbarazzo, «se potessero muoversi non farebbero altro che parlare con gli osservatori. Sai, dopo anni e anni di silenzio».

Akira pensò che il ragazzo avesse bevuto qualcosa di abbastanza forte, oppure era dotato di una grande dose di fantasia. Quadri che parlavano? Ma andiamo, neanche in televisione si vedevano cose del genere.

Lo portò davanti ad un quadro non eccessivamente grande, quasi due metri per due, che era il poco tempo diventato il preferito di Akira.

«Bacco e Arianna» lesse Fred sul cartellino corrispondente. «Di Tiziano. Chi sono Bacco e Arianna?»

«Non li conosci?» si stupì lei, guardando il quadro. Raffigurava il momento in cui Dioniso aveva salvato Arianna sull'isola di Nasso, dopo l'abbandono di Teseo.

Fred scosse la testa.

«Arianna» spiegò lei, indicando la ragazza avvolta da un vestito azzurro e bianco, rivolta ancora verso il mare da cui il suo unico amore se ne era appena andato, «era la figlia di Minosse, re di Creta. Sotto il suo palazzo, il re Minosse aveva fatto costruire un Labirinto, per tenere imprigionato una creatura mostruosa, il Minotauro»

«Non mi piacciono i Labirinti» mormorò Fred, fattosi d'un tratto serio.

«Neanche agli abitanti di Atene piacevano, perché, quando la città fu sconfitta dai cretesi, le venne imposto di inviare a Creta sette fanciulli e sette fanciulle da offrire in pasto al Minotauro. In tanti hanno provato ad ucciderlo, ma l'unico ad esserci riuscito è stato Teseo, che grazie all'aiuto di Arianna, liberò la città dal mostro. I due si innamorarono, e Teseo se la portò via, solo per abbandonarla sull'isola di Nasso».

Ad Akira quel quadro serviva da monito per una cosa, non fidarsi di chi ti promette il suo cuore. Perché nel momento in cui cedi, te lo strappa dal petto e ti lascia agonizzante in un'isola deserta. E poi, le ricordava che l'amore spesso non si trova nel bello e muscoloso di turno, ma in chi si prende cura di te, e ci tiene a te. Dioniso aveva perfino regalato alla sua Arianna una costellazione, e l'aveva fatta diventare immortale. Dopo tutto quello che aveva passato, Arianna si era meritata quel lieto fine più di mille altre principesse della Disney.

Con la coda dell'occhio vide Fred sbadigliare, e alzare le braccia al cielo per stiracchiarsi. La maglietta si alzò di poco dall'orlo dei pantaloni, e Akira fu svelta a distogliere lo sguardo.

«Gradisce un pisolino?» lo prese in giro lei, vagamente offesa.

«No no, continua pure. Sbadiglio solo quando sono estremamente interessato»

«Ma tu sei sempre così stupido o dai il meglio di te solamente quando sono nei paraggi?».

Continuarono il giro, e Akira, imperterrita, gli spiegò la maggior parte delle opere presenti nelle sale.

«Questa è la nave Temeraire» spiegò, indicando un quadretto di Turner. «Sta solcando le acque del Tamigi trainata da un rimorchiatore, sta andando in pensione, diciamo. Ha il vessillo bianco, perché è il suo ultimo viaggio».

Era un quadro che infondeva calma, e tranquillità. I colori erano quelli caldi del tramonto, l'acqua del Tamigi era più limpida di quanto non lo fosse mai stata. La nave era maestosa, immersa nel fiume e nel silenzio, e si lasciava trasportare nel suo ultimo viaggio, consapevole che di lì a poco sarebbe stata abbandonata nel cimitero delle navi dimenticate. Nonostante ciò conservava l'eleganza con cui aveva trionfato nella battaglia di Trafalgar.

«Penso sia bellissimo» mormorò Fred. Akira si girò subito verso di lui, sorpresa che un "noioso quadro" gli avesse finalmente fatto un certo effetto. Ma Fred non stava guardando la valorosa Temeraire, stava guardando lei.

«Cosa...»

«Come brilli, quando parli delle cose che ami».

Tra tutti quei capolavori, lei era il più bello.

.....

Fred la riaccompagnò a casa in un atto di galanteria inaspettato.

In effetti la giornata era finito presto, perché dopo il commento fuori luogo del ragazzo, Akira aveva accusato un'improvvisa emicranie che li aveva costretti ad una ritirata anticipata. Il percorso a ritroso fu fatto in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Li accompagnava una pioggia accennata, che li costrinse a nascondersi nei giubbotti.

«Allora, ci vediamo un altro giorno» propose Fred davanti al portone di casa, con entrambe le mani infilate nelle tasche. Guardava per terra, cosa che non era proprio da lui. Ma, improvvisamente, era come se con un incantesimo Akira l'avesse privato di tutta la sua audacia.

«Non lo so» rispose lei, schietta, «in negozio abbiamo molto lavoro sai...Carnevale e tutto...»

«Sì, immagino, allora ciao». Fred si girò con un verso stizzito, e si incamminò verso la fine della via.

«Weasley?» lo chiamò la ragazza dalle scale di casa. Il rosso si girò di scatto, attratto dalla sua voce. «Grazie per aver passato la giornata con me».

«Non c'è di che, Arianna».

Akira entrò in casa, non sapendo ancora se Fred Weasley fosse il suo Teseo, o il suo dio Dioniso. 

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