Capitolo 4: Who am I?
-Uomini di ferro...-bisbiglia il ragazzo tra sé, tornando ad osservarsi il petto.
Poi rialza il capo di colpo.
-Ce ne sono altri?
Il suo misterioso benefattore scoppia in una risata calda ma distaccata, che di certo ha richiesto molto tempo per venire perfezionata con così tanta precisione.
-Credi forse che un risultato del genere sia frutto di un solo tentativo? Di semplice fortuna, magari? Suvvia, ragazzo, ti facevo più intelligente!
Cordo annuisce impercettibilmente.
Sa quanti fallimenti si incontrano lungo il tortuoso percorso di chi persegue ciecamente una causa.
E a volte, pur ottenendo il successo, non si raggiunge ugualmente la meta.
-Molti prima di te sono spirati.-continua il mecenate, con la sua supponente leggerezza.-Altri hanno permesso a te di trovarti qui, a discorrerne con me.
-Perché io, signore? Se posso.
-Non ci sono ragioni a guidare la mia mano, ragazzo. Non c'è alcun disegno, nessuna logica.-risponde, schietto, con una lieve alzata di spalle.-Ma tu... Ho visto la tua macchina. La tua mente brillante è un bene da preservare.
La sorpresa negli occhi scuri di Cordo si rinnova ancora una volta. Lo fissa, ricolmo di incredulità.
-Come fa a sapere che è opera mia?
-Ho i miei metodi, Achilles.-taglia corto, in un'alzata di spalle.
-Mi chiamo Cordo, signore...-lo corregge, timidamente.
-No, non più. Cordo Hayes è morto nell'Arena degli Hunger Games.-gli ricorda, brutale.-Di fronte a me c'è Achilles Starke. Con la lancia hai ricevuto la morte, e dunque porterai il nome di colui che più di tutti con la lancia l'ha inflitta.
-Sì, signore.-mormora, annuendo obbediente e arreso.
Abbandonando quel nome, si lascia scivolare di dosso la morte, di cui ogni suo respiro si fa beffa.
Si lascia alle spalle il ricordo di un padre che ha rifiutato il suo ruolo.
Ma chiude anche una porta dalla quale avrebbe voluto, un giorno, veder comparire il fratello, e la madre. Insieme a Cordo, che è solo un nome, perde molto di più. Qualcosa che nessun artificio luminoso nel petto, nemmeno al posto del cuore, potrà mai restituirgli.
Ed è come morire due volte.
Chiude gli occhi, rivolgendo a qualcuno che non conosce una qualche preghiera, per chiedere perdono e seppellire ciò che è stato.
Quando riapre gli occhi, l'uomo è ancora lì, a fissarlo, con un sopracciglio sollevato.
-Starke, signore?-gli chiede, in un soffio.
-Il mio nome è Antonius Prometheus Starke, giovanotto. E tu, come di certo avrai capito, sei ora di mia proprietà.
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