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Seconda parte

Fu in un giorno d'estate, con il vento a soffiare più forte del normale e le nuvole più grandi che mai in cielo, che il vecchio ritrovò il ragazzo, appoggiato a una grande quercia che spuntava fra i mille fiori di tutti i tipi.

"Ti ho ritrovato"
Disse semplicemente il signore.
"Ne sono felice" Rispose il giovane non muovendosi di un millimentro dal suo posto, rifiutandosi anche solo di aprire gli occhi.
Il vecchio non si muoveva dalla sua posizione aspettando un invito, torcendosi la maglia nel frattempo.
"Che cosa aspetti?" sbottò il giovane tutto d'un tratto nascondendo un sorriso divertito.
"Io... Insomma... Niente... ", disse avvicinandosi a passo spedito.

Il fiume è straripato.
Tutti i territori dei due re sono annacquati e il solo sovrano che si è presentato è arrivato troppo tardi.
I cittadini sono arrabbiati.
A morte! urlano.
Re Giovanni non riesce a calmarli.
Rivoluzione! urlano
Re Giovanni non riesce a placarli.
Libertà! urlano
Re Giovanni non riesce a rassicurarli.

È finita, Dice il fiume.
Re Giovanni non dice più niente.

Arriva Re Alarico.
Sa che è un vile e che non merita di essere re.
Sa ancora di più però che Giovanni un vile non lo è, e che il destino scelto dal fiume, lui non se lo merita.

Per la prima volta nella sua vita Re Alarico si dimentica di essere un codardo.

La lotta è furiosa.
Il fiume domanda e domanda e domanda, e le risposte Alarico non le ha, lui sa solo che Giovanni va salvato, perchè un regno senza Giovanni non ha senso.
Il fiume tenta di mandar giù pure lui, di condannarlo allo stesso fato di Giovanni di punire la sua viltà.

Il fiume però quella volta non vince.
Alarico ha sconfitto il fiume, il grande nemico che ha guidato la rivoluzione, e con sé ha Giovanni.
La vittoria però, ha imparato il bambino -perchè è questo che in fondo è il sovrano,un semplice bambino con sogni troppo grandi che non riescono a rimanere confinati nel suo corpo troppo piccolo- arriva sempre a spese che spesso non si è disposti a pagare.
Il regno non esiste più.
Sono solo loro due.
Due bambini congelati vicino a un albero.
Uno è sveglio e sta tremando.
Uno sta dormendo e non si sa se si vorrà mai più svegliare.
Si tengono la mano, quella piccola e fredda di Giovanni in quella calda e abbronzata di Alarico.
Alarico non vuole perdere Giovanni.

"Uff è deprimente!" si interruppe il giovane,
"Aaaah perchè non posso raccontare cose più divertenti!", si fermò un secondo a riflettere con sguardo perso,
"Ma aspetta... io posso!",
esclamò allegro.
Il vecchio stava zitto osservando incuriosito la scena.
"Se ti dico semplicemente che alla fine Giovanni sopravvive e formano una repubblica?",
Il signore alzò le spalle.
"Va bene ...", disse farfugliando.

I due ragazzi sanno che le due sponde a cui appartengono si odiano.
Ma non è quello il sentimento che lega loro due.
Sarebbe tutto più semplice in effetti se semplicemente si odiassero.
Ma oramai si sa che le cose non vanno mai nel più semplice dei modi.

Non ci sono più bandiere a segnare il territorio dei due bambini, che ormai bambini non lo sono più.
In realtà un territorio non c'è nemmeno più.
I due ragazzi si tengono alla larga dal fiume, ne hanno paura. Tanta paura.
Loro hanno vinto la battaglia, ma sanno che non hanno speranza di vincere la guerra.
Eppure l'unico modo per incontrarsi, parlarsi, guardarsi, toccarsi, che hanno è quello.
Così ogni giorno, attraversano il nemico insidioso per trovarsi.
I due giovani sanno che non dovrebbero, che è proibito. Lo sanno fin troppo bene.
Si stanno rendendo conto da soli dell'odio che dovrebbero provare, ma di cui nessuna traccia è presente.
Eppure nonostante questo continuano, continuano a vedersi a parlarsi a guardarsi e soprattutto, cosa che non dovrebbero fare nemmeno se l'odio fosse presente, toccarsi.
Carezze occasionali.
Sfioramento di mani.
Abbracci timidi.
Non dovrebbero farlo, non è il normale rapporto che - gli hanno insegnato- due ragazzi dovrebbero avere.
Non devono guardarsi e arrossire, gli hanno insegnato.
Non devono ripensare alla lucida pelle scoperta del petto dell'altro e arrossire.
Non devono assolutamente pensare a come possa la pelle dell'altro passare liscia e languida sotto le loro dita e arrossire.
Ma dopotutto, non sono mai stati buoni allievi. Era tardi ormai per  incominciare ad esserlo.

Lo sguardo del vecchio era perso  nel vuoto mentre il giovane con sorriso maligno lo guardava.
"Sconvolto amico mio?",
il vecchio provò a rispondere facendo però uscire solo farfuglii confusi,
" No...io...loro... è... familiare"
Il giovane non rispose. Annuì lievemente e chiuse gli occhi.
"Scusami. Ma.. non ricordo perchè..."
concluse imbarazzato il vecchio.

I due ragazzi esplorano.
È nella loro natura farlo dopotutto.
Esplorano i boschi, i campi di fiori e i territori a loro sconosciuti.
Esplorano sensazioni che mai prima avevano anche solo pensato di provare.
Espandono la loro repubblica, ovviamente con il consenso della maggioranza dei cittadini.
I giorni trascorrono placidi e tranquilli, che sia inverno o che sia estate, Giovanni diventa sempre piu bravo a raccontare storie e Alarico ad ascoltarle.
Sanno che questi giorni non dureranno per sempre.
La sentono.
Sentono il vento freddo pungergli la schiena anche se fingono di ignorarlo.
Sentono che l'odio si sta trasformando in qualcosa che va oltre al semplice disprezzo reciproco.
Sentono che presto dovranno fare una scelta.
Ma fanno finta di niente e continuano a vivere nel loro piccolo mondo di cui loro sono i sovrani, o quasi, ignorando quello vero, di mondo, in cui sono poco meno di un granello di sabbia nell'oceano.

Si baciano, un giorno.
Lo trovano piacevole.
Si promettono che non lo avrebbero più fatto.
Lo rifanno.
Provano senza troppa convinzione a trattenersi.
Lo rifanno ancora.
Quella sera i loro genitori li vedono rientrare piu tardi del solito.
Lo fanno e rifanno milioni di volte.
È la cosa che li mantiene in vita.

Le stagioni si susseguono veloci, e come in un sogno lontano, l'infanzia se la sono lasciati alle spalle mille anni fa.
Sono due ragazzi fatti e finiti ora.
Fanno a gara per vedere chi dei due è il più alto e chi il più forte.
Tanto sanno che Giovanni non supererà mai Alarico.
Sanno che le Sue sottili mani non diventeranno mai grosse e callose come quelle del moro.
Sanno che le sue ciglia chiare saranno sempre più lunghe di quelle di lui.
Lo sanno bene, ma continuano a punzecchiarsi e a fare finta che un giorno Giovanni sarà in grado di battere Alarico, di sconfiggerlo, di fargli male, ucciderlo se necessario.
Non sanno che è meglio non scherzare col fato.

Il vecchio era inquieto.
L'espressione sul viso del giovane era tutto fuorchè rassicurante, sembrava una persona diversa da quella del giorno prima.
Era cupo in viso e guardava le foglie della quercia quasi fosse arrabbiato con loro.
" E... e poi?"
Trovò il coraggio di chiedere il vecchio.
Il giovane si alzò in piedi esattamente come aveva fatto il giorno prima
" E poi? Scava in quella vecchia testa e prova a trovare la risposta"
Disse sprezzante allontanadosi ancora una volta.
"Io..." disse il vecchio desolato alla vista delle spalle arquate del ragazzo oramai lontanissimo.
Guardò il cielo, quasi sperando di trovare un indizio là in alto.
Nuvole grigie, cariche di pioggia e fulimini si scorgevano all'orizzonte.
Non sembrava più estate.
Stava per piovere.

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