Prologo
Già tre mesi erano passati da quel giorno, tre mesi durante i quali non avevo più sentito nessuno dei miei amici.
Tre mesi da quando avevo lasciato Beacon Hills, spaventata, chiudendo fuori tutti.
Tre mesi da quando la mia vita aveva preso una svolta del tutto inaspettata.
Mi ero risvegliata di soprassalto, con il cuore che batteva più veloce del solito senza però essere agitata; tutti mi guardavano straniti, impauriti forse.
Theo teneva ancora le dita intrecciate alle mie, mentre Lydia gli era accanto e si stringeva nelle spalle come avesse freddo. Stiles era in un angolo, vicino alla porta, lo sguardo basso e un'espressione indecifrabile.
Superato lo shock, la prima ad aprire bocca fu Kira, che mi squadrava sconcertata. "Com'è possibile?" domandò, aggrappandosi al braccio del fidanzato.
Non capii subito, mi osservai le mani e pian piano tastai il viso: erano perfettamente normali. "Che cosa, per l'esattezza?" replicai io sarcastica e lievemente irritata.
Con la coda dell'occhio vidi Lydia che cercava con mani tremanti qualcosa nella borsa: estrasse un piccolo specchietto rotondo e me lo porse senza fiatare. Spazientita, lo afferrai e mi specchiai.
Santo cielo.
I miei occhi erano di un arancione brillante: simili per brillantezza a quelli di Scott, ma di un colore a metà tra i suoi e quelli di Liam.
Non ero né alpha, né beta.
Allibita, mi lasciai scivolare dalle mani l'oggetto che cadde prima sul lettino, per poi finire sul pavimento e rompersi in mille pezzi.
"Tranquilla, tutto si sistemerà" cominciò Theo, carezzandomi con il pollice. Sentivo che era sincero, tuttavia nutriva anche lui dei dubbi.
"Dobbiamo solo capire bene come sia stato possibile."
Lacrime calde scivolavano sulle mie guance: non volevo crederci. Per quanto volessi bene a quello strano branco, io non volevo essere come loro, io tenevo alla mia umanità.
Non sarei più stata normale.
"Non piangere, ti prego" mormorò a voce bassa la rossa, con la voce incrinata. Perché anche lei stava male? In fondo non la toccava la mia condizione.
"Voglio restare sola" proclamai dopo infiniti attimi di silenzio. Nessuno replicò o tentò di farmi cambiare idea; come richiesto, lasciarono la stanza. Theo per ultimo.
Piansi, sfogai tutto il dolore che avevo covato dentro per mesi. Piansi per tutte le cose orribili che erano successe da quando avevo messo piede qui; piansi per gli amici che avevo lasciato a Londra, per mia sorella che ormai non vedevo o sentivo più, per i miei genitori che mi mancavano terribilmente; piansi per mio fratello e per quello che mi aveva fatto senza motivo. Forse questo faceva più male: essere traditi dalla propria famiglia.
Calò la notte e non riuscì più a contenermi: fui come un fiume in piena, distrussi ogni barriera che mi ero creata, lasciando andare tutte le emozioni negative che mi ero tenuta per me.
Nessuno venne a consolarmi, a rassicurarmi o semplicemente a darmi pacche sulla schiena.
Che egoista che ero stata, io li avevo cacciati ed era giusto che restassi da sola nel mio dolore.
"Io non ce la faccio più!" affermò deciso Stiles mentre irrompeva nella stanza. A passo deciso venne a sedersi al mio fianco e mi prese tra le braccia, stringendomi e cullandomi.
Mi aggrappai forte alla sua maglia, affondando il viso contro il suo petto, sperando di scacciar via la tristezza. Purtroppo questo aiutò solo in parte.
Non disse altro; entrambi sapevamo che non sarebbe dovuto essere lì eppure c'era e questo era più di quanto mi sarei mai sognata.
Pian piano, sotto il suo tocco rassicurante, mi addormentai con un atroce mal di testa e passai il resto della notte in un limbo oscuro, né sogni o incubi, solo buio.
Il mio ultimo pensiero andò a tutti loro, ai ragazzi di Beacon Hills: perdonatemi.
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