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Capitolo 9 - Devi andare via

Presi Calum di peso, rendendomi conto che in fondo non era nemmeno così pesante. Ringraziai i miei nuovi poteri e mi diressi verso la scala in legno con un gradino no e l'altro pure quasi.

"Questa me la paghi caro, sappilo" mormorai a bassa voce verso mio fratello.
Ogni passo era uno sforzo tremendo, sentivo la pelle tirare e bruciare in più punti. Tossii stancamente. Dovevo resistere, per me e per lui. Salii zoppicante, aprii la porta cigolante e subito sentii rumori di lotta.

"Giù!" urlò qualcuno. Mi abbassai, tenendo stretto a me il corpo caldo di Calum.
Strisciai, facendomi largo tra le persone che combattevano e sperando non mi notassero dato il buio. L'unica cosa che si vedeva erano luccichii blu o gialli che si muovevano a velocità disumana.

D'improvviso, una voce si distinse dalle altre. "Trovate Diana, muovetevi!" Tonfi, spari, ringhi e guaiti. Percepivo la moquette appiccicosa e con tutta me stessa speravo non fosse sangue, benché avessi le narici impregnate del suo odore tanto da avere la nausea. Avrei voluto urlare che ero lì, ma avrei solo fatto scoprire la mia posizione e messo a rischio tutto.

Dovevo alzarmi, non era pratico continuare a svicolare tra gambe, ero inerme. Così, a tentoni, riuscii ad arrivare vicino a una parete. Tenni Calum vicino e mi sedetti con le spalle al muro; dovevo risvegliarlo, era solo un peso morto.

Cominciai a schiaffeggiarlo. "Dai, ti prego svegliati. Ti supplico. Dobbiamo andare via." All'inizio fui delicata, ma vedendo che non reagiva, dimenticati la leggerezza e cominciai a scuoterlo forte. Ero terrorizzata, non sentivo più il suo cuore battere e con tutto quel caos non riuscivo nemmeno a concentrarmi sull'eventuale cambiamento del suo odore.

Delle mani mi avvolsero, stringendomi forte sotto il petto. Mi divincolai, ringhiai, graffiai la pelle che sentivo lacerarsi sotto il mio tocco.
Un mugolio più deciso mi fece arrestare.

"Andiamocene." La voce di Evelyn si fece largo
tra i miei pensieri cupi. Mi voltai, ma il buio era troppo fitto, eppur due rubini scintillanti mi rassicurarono subito.

"Eve... Io... Calum... Noi siamo stati presi."

"Lo so, ma sei al sicuro ora." Era cessato il rumore, ora che ci facevo caso. Sospirai, lasciandomi andare a un pianto liberatorio. Nel silenzio dell'ambiente, sentii un piccolo tonfo. Lieve, quasi impercettibile, eppure lo percepii e lo riconobbi subito. Era il cuore di Calum: era vivo. Sollevata, mi lasciai trascinare da qualcuno, troppo stanca per fare qualunque altra cosa. Sentivo le energie abbandonarmi e per un momento stetti meglio. Anche se sarebbe durato poco. 

***

"È deciso, non hai altre alternative."
La mamma era in piedi, fasciata nel suo perfetto tailleur bianco e con i capelli acconciati, davanti ad un lungo tavolo in mogano. Il caschetto biondo si muoveva leggiadro ogni volta che scuoteva il capo indignata.

La stanza era gremita di persone, tra cui Jackson e Eve, conciati male almeno quanto me. Non mi avevano dato nemmeno il tempo di ricompormi prima di trascinarmi in questa specie di bunker segreto. Un luogo dove la mia famiglia si incontrava con il suo branco per prendere delle decisioni importanti a quanto avevo capito, e io in quel momento ero uno degli argomenti del giorno.

"Sei sicura?" Papà si avvicinò a lei, stringendole la spalla. I capelli neri contrastavano con l'incarnato chiaro e gli occhi scuri sembravano ossidiane.

"Non abbiamo alternative. A Beacon Hills era al sicuro. Non succede mai nulla e non sarebbe sola."

Sentii Jackson tossire, cercando di soffocare una risata. Lo guardai truce, per poi tornare a fissare i miei genitori. "Perché nessuno di voi due vuole sapere la mia opinione?"

Mi beccai un'occhiataccia da papà, che sospiro passandosi una mano sul volto tirato. "Perché sarebbe ininfluente. Qui qualcuno cerca di colpire la nostra famiglia e più lontano sarai, meno noi potremo essere preoccupati per te e sarà più facile concentrarci sullo scoprire chi si cela dietro questo rapimento. Non la passerà liscia" affermò duro, osservando fisso i presenti uno a uno, sfidandoli a ribattere. "Dovessimo anche smontare pietra per pietra Londra intera, troveremo quei vermi."

Un pensiero mi colpì forte e non riuscii a trattenermi dall'esprimerlo ad alta voce. "Dov'è Calum?"

Mamma tamburellò le dita sul legno lucido. "Sta bene, è al sicuro."
Dal tono compresi che non avrei ottenuto altre informazioni, perciò rimasi in silenzio.

"È deciso. Diana, fai i bagagli perché tra quattro giorni torni a Beacon Hills con Evelyn e Jackson. Saranno i tuoi custodi, vivrete assieme a casa della nonna e non vi perderete mai di vista. Siamo intesi?" Ci fissò con quegli occhi color ghiaccio tanto intensamente da provocandomi i brividi su tutto il corpo. Mi chiesi se in quel momento anche gli altri due avessero provato lo stesso.

Noi giovani venimmo congedati dopo aver definito gli ultimi dettagli e ci allontanammo in breve tempo dal bunker, decisi ad andare a riposare. A vederci sembravamo tre veterani tornati dalla guerra.

"Allora..." comincio Evelyn.

"Allora?!" cominciai alzando i toni. "Hai attaccato Malia e sei fuggita, senza farti più minimamente sentire o vedere."

"Uuh, ora sì che voglio sentire le tue scuse Eve. Peccato solo non avere popcorn dietro" s'intromise Jackson, parandosi davanti a noi e facendoci fermare. "Nessuno dorme finché non risolvete, anche perché non potrei mai e poi chiudere occhio senza sapere che i vostri drammi adolescenziali non sono acqua passata."

"Parla con Calum, lui saprà darti le risposte che cerchi." E con ciò, fece un balzo e sparì alla nostra vista.

Non avevo voglia di seguirla e con la coda dell'occhio vidi che anche il ragazzo al mio fianco aveva avuto lo stesso pensiero. Rimanemmo a fissare la luna qualche minuto, in silenzio, fino a quando non mi cinse un braccio, cominciando a trascinarmi. "Andiamo a casa."

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