Capitolo 6 - Come ai vecchi tempi
Non riuscii a dormire quella notte. Immagini di lotta e di sangue popolavano i miei sogni, non aiutando molto al riposo tranquillo che tanto agognavo.
In più ciò che mi aveva detto Hanna mi aveva destabilizzato più di quanto avessi voluto, partendo dal fatto che credeva che le avessi rubato qualcosa. Non le bastava forse farsi mordere per essere un lupo mannaro per dover fare tale?
Che poi, onestamente, avrei preferito restare una semplice umana con i soliti problemi adolescenziali, rispetto a un licantropo con problemi di gestione del comportamento e che si faceva prendere a calci dall'ex quasi tutti i giorni. Insomma, di certo non la compativo. Se a questo si aggiungeva il fatto che fossi, da ciò che avevo capito, un'Alpha per diritto di nascita, mi veniva davvero ridere; nessuno nasceva con un potere simile, non era umanamente possibile.
Anche se, pensandoci, cosa c'era di umano in tutta quella situazione?
Avrei voluto capire qualcosa in più dello stato intermedio in cui mi trovavo bloccata, quando finalmente riuscii ad addormentarmi, scivolando in un abisso oscuro senza sogni.
Il giorno seguente mi svegliai con un umore discreto, tanto che l'unica cosa che volevo fare era uscire con Giselle e gli altri appena dopo il compito di biologia.
Subito mi battei una mano sulla fronte. "Oddio, il compito!"
Mi ero del tutto dimenticata che fosse già il giorno del test e se non lo avessi passato con buoni voti i miei avrebbero sicuramente preso provvedimenti seri, magari spedendomi da qualche altra parte come l'ultima volta, tipo in un tempio sperduto in Asia con dei monaci buddisti a farmi da tutori.
Terrorizzata dall'aspettativa, sgusciai fuori dalle coperte correndo a farmi una doccia gelida per rinvigorirmi, per poi fiondarmi a scuola. Dovevo arrivare in anticipo e ripassare.
Arrivai in biblioteca alle sette e un quarto, perciò avevo almeno un paio d'ore per capire su cosa potessero vertere le domande se contavo di saltare la prima ora. Aprii il libro e subito un déjà-vu mi colse impreparata, togliendomi il fiato.
Io e Malia eravamo in classe a battibeccare su come lei si fosse trasformata davanti ai miei occhi, mentre io cercavo di negare l'ovvio pretendendo di voler studiare e aiutarla a fare lo stesso. Ebbi una fitta allo stomaco, ricordando quella giornata, ricordando Theo e come quasi ci eravamo cacciati nei guai per delle semplici effusioni nel corridoio e infine ricordando come avessi avuto davvero paura di quel mondo sovrannaturale tanto da voler scappare.
Solo ventiquattro ore prima di quel giorno mi era stata impartita un grande lezione di vita sul limite e sulle alternative che avevo, costringendomi praticamente a decidere seduta stante del mio futuro. Non saprò mai se la scelta fatta fosse quella giusta eppure, nonostante tutte le cose successe, non riuscivo a essere completamente scontenta delle conseguenze ottenute.
Grazie al cielo qualcuno fece sbattere una porta e mi strappò da quella spirale di ricordi e pensieri che mi aveva avvolta e distratta. Decisi che non avrei dovuto pensare a niente se non a biologia. Diedi un'occhiata al capitolo e, con grande gioia, mi resi conto che era un argomento ben noto: l'avevo sviluppato a Beacon Hills con il lavoro di coppia assieme a Theo! Contenta che almeno un'esperienza in quella città si fosse rivelata positiva e utile, mi buttai a capofitto nella lettura.
Come previsto, il compito andò meglio di quanto potessi aspettarmi. Conoscevo quasi tutte le risposte e, nel momento in cui uscii dalla classe, mi sentii un genio.
"Andiamo al parco dopo scuola?" Giselle era apparsa al mio fianco mentre stavo camminando allegra per i corridoi in direzione del mio armadietto.
Con un sorriso smagliante, annuii. "Ho giusto un paio di cose da raccontarti!" Certo, il passato mi mancava: avrei voluto indietro la vecchia me, eppure sapevo anche che ciò non era possibile. Dovevo andare avanti e l'unico modo per farlo e parlare di quanto accadutomi, più o meno. Ovviamente avrei omesso la parte del sovrannaturale.
La mia migliore amica si fermò di colpo, prendendomi per un braccio; passò poi una mano sulla mia fronte. "Stai bene?" Mi guardò fissa negli occhi, quasi preoccupata. "Tu, Diana Shaw, hai voglia di parlare con me di qualcosa successo in questi mesi?"
Sbuffai, allontanandomi da lei e ripresi a camminare lasciandola allibita. "Se non ti muovi non lo saprai mai" replicai con un sorrisetto, mentre aumentavo il passo. In un attimo mi raggiunse e io corsi più veloce, cercando di seminarla. Mi accorsi di aver passato il mio armadietto già da qualche metro, ma non mi interessava. In quel momento, nonostante ci stessimo continuamente scontrando con la calca degli studenti che cambiavano aula, eravamo solo io e lei. Come ai vecchi tempi.
Quando la campanella suonò nuovamente, le permisi di acchiapparmi. "Wow, certo che sei veloce" commentò lei, con le mani poggiate sulle ginocchia mentre riprendeva fiato. "E ti hanno estratto le ghiandole sudoripare a quanto vedo."
Mi accorsi in effetti di non essere nemmeno un minimo sudata o stanca, sebbene avessimo corso per tutta la scuola. "Uhm, ho fatto un sacco di allenamento mentre ero via!" mentii, sperando non se ne accorgesse. "Comunque ora devo andare o Mr Torvique mi taglia le gambe per essere arrivata nuovamente in ritardo a francese!" Mi volatilizzai ancor prima che lei potesse dirmi qualcosa, fermandomi prima al mio armadietto per riporre i libri della scorsa lezione e prendere quelli nuovi. Sbloccai la serratura e, nel momento in cui aprii l'anta, un biglietto mi scivolò tra le mani.
"Vediamoci davanti alla caffetteria Josie's flower oggi alle 21.00. Ho delle cose da spiegarti.
Callum"
Il mio cuore perse un battito. Non avevo voluto pensare a lui, mi ero sforzata di dimenticare ciò che aveva fatto rinchiudendolo in un angolo remoto della mia mente. Mentre i miei occhi scorrevano veloci sull'inchiostro leggermente sbavato, presi coscienza del fatto che avrei dovuto immaginare che prima o poi sarebbe riapparso, tuttavia speravo con tutto il cuore di avere ancora tempo per guarire da quella ferita che mi aveva inferto.
Di una cosa però ero certa: qualunque cosa mi avesse detto, non gli avrei creduto. Ero pronta a tutto.
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