Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 19 - Limite (R)

Scesi praticamente correndo sala macchina e per poco non travolsi Lydia che stava tornando a casa.

«Cosa fai ancora qui?» chiesi sorridente, nonostante conoscessi già la risposta e sapessi che non mi avrebbe entusiasmata.

«Diciamo che sono stata, rallentata» ammiccò lei con fare civettuolo.

Diedi una veloce occhiata alle sue spalle e notai che in salotto la luce era accesa.

«Mi domando da chi.»

«Ci vediamo lunedì! E domani chiamami perché voglio sapere ogni dettaglio della tua uscita. Va bene?» L'allegria della ragazza era così contagiosa, tuttavia non ero l'unica che doveva delle spiegazioni.

«D'accordo!» esclamai.

Dovevo assolutamente fare quella telefonata.

Ci salutammo e finalmente entrai in casa.

«Non voglio sapere», dichiarai a Cal, mentre salivo di corsa le scale.

Composi velocemente il numero e attesi.

«Ciao!», sentire la sua voce subito mi fece sentire meglio «Sono Hanna. Se non vi rispondo ora è perché sono in Italia con la mia famiglia e mi sto divertendo un sacco. Richiamatemi se è importante.»

Diamine!

Tentai di chiamarla altre dieci volte, ma alla fine mi arresi: non potevo fare altrimenti.

«Che fai?» La testa bionda di Calum fece capolino dalla porta con un sorriso pressapoco smagliante.

«Credevo fossi più spigliato.»

Gli mostrai il telefono che avevo in mano e lui in risposta prese posto al mio fianco.

«Non ti risponderà, lo sai?» disse abbassando lo sguardo tristemente.

«Me ne ero accorta dopo che la quinta volta ha iniziato a rifiutare la chiamata, senza nemmeno lasciare il tempo di uno squillo. Avevo così bisogno di lei.»

Cominciai a singhiozzare violentemente; sentii subito due braccia forti stringermi con dolcezza, il suo profumo di menta e la sua presenza riuscirono a calmarmi leggermente.

Restammo abbracciati per molto tempo, tanto che non seppi esattamente quando ci addormentammo, l'unica cosa che percepii con chiarezza una volta sveglia, fu un vuoto nel petto: la consapevolezza di non avere qualcuno che potesse davvero capirmi, l'aver perso quella parte di me che condividevo con lei.

Andai in bagno per una doccia veloce, avevo davvero bisogno di svegliarmi: mi sembrava di avere ancora i postumi di una sbornia e non appena vidi il mio riflesso, per poco non urlai:
non mi ero struccata, svestita o lavata quindi realmente sembravo appena rientrata a casa dopo una notte brava.

Strofinai con violenza la mia pelle, sperando che ogni traccia della strana sensazione che avevo addosso, data dalle rivelazioni di Theo, sparisse; purtroppo fu alquanto inutile.

Tornai in camera, pronta per mettermi a studiare, quando vidi che mio fratello era comodamente stravaccato sul letto che guardava disinteressato il soffitto.

«Sai, verrà Evelyn tra qualche giorno a trovarci.» esordì improvvisamente.

«Chi, scusa?» Presi posto al suo fianco e imitai la sua posizione.

«Evelyn. Hai presente la figlia degli amici di mamma e papà, la ragazza mora con cui a volte esci?» Si girò su un fianco per guardarmi meglio, io in risposta alzai un sopracciglio interdetta.

«No, non so chi sia.» 

«Te ne ricorderai una volta vista.», avendo concluso, se ne andò.

Feci spallucce e tornai alle mie cose; dopo un secondo però, realizzai cosa mi avesse detto. 

«Aspetta, che cosa?! Hai invitato a casa mia una persona senza il mio permesso?» Cal riapparve sulla soglia e per poco non gli scagliai contro la penna che avevo in mano.

«Può essere» rispose con noncuranza.

«E cosa te ne darebbe il diritto?»

«La nonna era di entrambi, la casa non fa eccezione.» Si dipinse in faccia un sorrisetto compiaciuto che avrei voluto togliergli a suon di schiaffi.

«Giochiamocela» affermai con aria di sfida.

«Come?» Subito la sua espressione si fece sconcertata.  «Ha già preso i biglietti e parlato con i genitori. Non puoi annullare tutto così su due piedi.» disse tutto d'un fiato e assumendo un'aria preoccupata.

«Tu non dovevi invitarla senza il mio permesso» sbraitai. Mi avvicinai minacciosamente a lui e, nonostante la netta differenza di altezza, gli puntai un dito contro il petto. «Senti Calum, non mi importa affatto se lei sia la tua "amica speciale", se sia scappata di casa o che altro, io non voglio estranei in casa mia. Quindi adesso mi fai il favore di chiamarla e disdire ogni cosa. L» Sostenni il suo sguardo a lungo fino a che lui abbassò gli occhi e mormorò una risposta di assenso.

«Bene. Va' via adesso, devo studiare.», Stancamente mi risistemai alla scrivania e sospirai profondamente: forse ero stata troppo dura.

«Dee, gli estranei comunque sono altri.» Con espressione affranta, mi lasciò sola a riflettere  sulle sue parole,quando invece avrei dovuto concentrarmi su biologia.

Nemmeno un'ora dopo qualcuno tornò a bussare alla porta, disturbandomi ed irritandomi tremendamente.

«Che vuoi adesso?» Lo fulminai con un'occhiataccia, sperando che lasciasse perdere e che tornasse più tardi.

«Hai visite» sentenziò prima di sparire in giro per la casa a fare chissà cosa. Non feci nemmeno in tempo a chiedermi chi fosse arrivato che entrò di gran carriera e con un'espressione alquanto irritata, Malia.

Restò qualche istante a guardarmi come aspettandosi qualcosa. «Te ne eri dimenticata vero?».

«No» mentii spudoratamente.

«Come vuoi. Cominciamo?» Non attese risposta e si sdraiò svogliatamente sul letto.

Rimasi un attimo interdetta ripensando a quando, qualche giorno prima, il professore di matematica aveva chiesto a me di aiutare Malia, data l'assenza di Lydia. Io avevo acconsentito senza nemmeno aver davvero ascoltato la domanda dunque, maledicendomi per il mio essere svampita, presi posto accanto a lei mantenendo comunque una certa distanza.

Passarono un paio d'ore di pura tortura: lei non voleva capire ed io non riuscivo a semplificare più di così certi concetti elementari, eravamo in costante contrasto.

«Non ha senso tutto questo e tu non sai spiegare.» Sbuffò lei irritata, affondando il viso tra le pagine del quaderno che aveva in mano.

«Ti sei mai domandata se, per caso e per una volta, fossi tu il problema e non gli altri?» Mi allontanai da lei guardandola con aria di sfida: ero stufa di questo suo continuo remarmi contro. «Pensala così: prima capisci, prima te ne puoi tornare a casa.»

«Credimi, mi sto sforzando con tutta me stessa per poter andare via e uscire con qualcuno di cui effettivamente apprezzo la compagnia.» Ci mettemmo a sedere, l'aria iniziava a riscaldarsi.

«Scusami tanto se non sono Stiles o Kira o chiunque altro tranne che me stessa. Vuoi che chiami qualcuno di loro così che magari ti aiuti? Sono certa che impareresti prima se ci fosse il tuo fidanzato a farti vedere come si fanno quei benedetti esercizi.»

«Già, il mio fidanzato» rimarcò lei. Calò il silenzio per un po', proseguimmo solo a guardarci in cagnesco fino a quando lei non esordì con un nuovo motivo di dibattito. «Ho visto come lo guardi, quando credi di non essere notata, e sorridi timidamente pensando Dio solo sa cosa. Ti avverto, lui è mio ed io non sono una persona incline alla condivisione.»

Ero esterrefatta sia perché lei se ne era accorta, sia perché speravo che lui invece non lo avesse capito, ma soprattutto per il tono duro che Malia aveva utilizzato.

Dovevo assolutamente aggrapparmi a qualcosa per uscire da quella situazione, feci scorrere lo sguardo per la stanza e adocchiai in un angolo il vestito nero che avevo usato la sera prima. «Ciò di cui dovresti preoccuparti, è il fatto che magari lui faccia lo stesso nei miei confronti.»

Strinse con forza le lenzuola tanto che le nocche diventarono bianche, in risposta liquidai il discorso scrollando le spalle e proseguii. «Tranquilla, non è il mio tipo.»

Come sei falsa, Diana. «Adesso ho Theo. Credo che abbiamo portato la nostra amicizia ad un livello superiore dopo ciò che è successo ieri notte.»

Gongolai per ciò che avevo detto non appena vidi la ragazza di fronte a me, deglutire vistosamente e aggrottando le sopracciglia con un misto di diffidenza e rabbia.

«Ah sì? Da estranei siete diventati conoscenti? Complimenti, magari per la fine dell'anno potrete considerarvi amici.» Sapevo che lei aveva perfettamente capito a cosa stessi facendo riferimento perciò continuai a punzecchiarla, nonostante mi rimanesse sconosciuto il perché se la prendesse così tanto.

«Se continuiamo di questo passo, entro la fine dell'anno mettiamo su famiglia» conclusi soddisfatta con un ghigno malizioso e assai allusivo.

Malia perse definitivamente il controllo: improvvisamente i suoi occhi si colorarono di un azzurro ghiaccio, le unghie si trasformarono in artigli che squarciarono le coperte e i denti si affilarono come fossero zanne di un animale.
Ringhiò in modo alquanto gutturale ed io, dopo un primo momento di sbigottimento, urlai a squarciagola e scappai a gambe levate il più possibile lontano dal quell'essere; corsi giù dalle scale e per poco non mi ruppi l'osso del collo scivolando sul parquet lucido. Arrivata in cucina mi rannicchiai in un angolo tremante, non riuscivo in alcun modo a calmarmi e il respiro così irregolare mi provocava violenti capogiri.

Mi aspettavo che mi corresse dietro e che ad un certo punto si avventasse contro di me e mi sventrasse eppure, quando tesi l'orecchio tentando di captare dei passi, non udii altroché strani rumori provenienti dal piano di sopra.

Che cosa stava succedendo?

Era molto strana come situazione, però pian piano ogni tassello andava a posto: i due ragazzi che volevano rapirmi, le strane parole di Lydia, i discordi di Stiles e Theo ed infine questo. Questa città era davvero strana.

Tornai al piano di sopra cauta ed in punta di piedi; nel corridoio sul quale davano le camere da letto vi era mio fratello che teneva Malia, ancora in quella strana versione di sé, sospesa per  il collo contro il muro mentre le sussurrava minacciosamente parole che non udii; appena notò la mia presenza, lasciò con poca delicatezza la ragazza che velocemente tolse il disturbo senza nemmeno prendersi la briga di un spiegazione.

«C-cosa è lei?» chiesi balbettante.

«Ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare.»
No, non ero ancora pronta per sapere, volevo rimanere sotto la mia amata campana di vetro ancora un po'.

«Domani.» E per la seconda volta in un giorno, scappai dai problemi e mi rinchiusi in camera mia, a chiave.

Tutto aveva un senso, tutti avevano un ruolo ed io? C'entravo qualcosa o ero semplicemente una ragazza che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato? Ero arrivata al limite, dovevo scegliere la strada, solo che non ero sicura di nulla.

Con questi pensieri mi addormentai, sognando mia sorella Hanna mentre combatteva contro grandi lupi dagli occhi rossi.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro