Capitolo 18 - Appuntamento (R)
Mi ero accorta che era da qualche giorno che sì ci parlavamo, ma non eravamo più tanto unite. Perciò, avendo solo lei come confidente e necessitando un quel momento di aiuto, la chiamai senza pensarci due volte.
Dopo tre lunghissimi squilli, finalmente rispose: «Ciao Diana! Come stai?» La sua voce squillante dall'altro capo della linea già mi fece stare meglio.
«Ciao Lydia, tutto bene. Tu?»
«Sto bene grazie. Ti serve qualcosa?»
«In effetti sì: avrei bisogno di te.»
«Che è successo?»
Forse non avrei dovuto usare quel tono disperato. «Mi serve il tuo aiuto per una cosa.»
«Sei a casa?»
«Sì.»
«Aspettami lì: tra dieci minuti vieni ad aprirmi la porta.» E riattaccò.
Come avrei fatto senza di lei?
***
«Quello nero, decisamente quello nero.»
Osservai la mia figura allo specchio: aveva ragione lei, stavo davvero bene.
Il vestito era un semplice tubino più aderente sul busto e composto da una morbida gonna nera che scendeva fino a metà coscia.
«E se fosse un appuntamento molto informale?»
«Quello che indossi andrebbe bene comunque e lo sai.»
Ero davvero agitata: non avevo la minima idea di cosa aspettarmi.
Fortunatamente Lydia non aveva fatto domande sul perché avessi accettato, si era limitata ad ascoltare la mia scarna spiegazione e ad aiutarmi senza battere ciglio
Mentre ancora discutevamo sulle possibili ipotesi di come si sarebbe svolta questa uscita, il mio telefono squillò.
Messaggio da Theo Reaken
"Sono sotto casa tua."
Mi affacciai alla finestra e notai una macchina nera parcheggiata nel vialetto accanto a quella della mia amica.
«La carrozza è arrivata?» scherzò la ragazza alle mie spalle.
«Con tanto di principe azzurro già a bordo» tentai di sembrare naturale ma la verità era che ero assolutamente in paranoia. Mi avvicinai a lei e l'abbracciai forte «Grazie mille.»
«E di cosa?» sentenziò ricambiando la stretta.
Mi allontanai e, prima di andarmene le rivelai dove fosse la chiave di scorta dicendole che poteva restare tutto il tempo che voleva, soprattutto perché né io né Cal ci saremmo stati tutta la sera. Sentii la sua dolce risata prima di chiudermi la porta alle spalle.
Theo, che nel frattempo era dalla macchina, se ne stava in piedi appoggiato alla portiera a guardarmi, anzi squadrarmi. Si morse il labbro inferiore e si avvicinò per darmi un lieve bacio sulla guancia, quasi non lo percepii nemmeno.
«Sei bellissima.»
Arrossii per la naturalezza con cui lo disse e ricambiai ad occhi bassi il complimento che pareva essere scontato; il mio accompagnatore anche era di una bellezza mozzafiato con indosso una semplice camicia nera e dei jeans scuri.
Mi aprì la portiera e subito dopo prese posto.
«Dove andiamo?» chiesi dopo i primi minuti di silenzio imbarazzante. Continuavo a torturarmi le mani, con lo stomaco chiuso in una morsa e la mente altrove.
«Sorpresa. Ti assicuro però che ti piacerà.»
«D'accordo, mi fido di te» affermai sincera.
Quando mai lo dissi.
***
«E così, dopo tutti questi anni ho deciso di tornare.»
Avevamo finito di cenare già da un pezzo e non avevamo mai smesso di parlare un momento.
«Chissà come deve essere stato rivedere tutti i tuoi vecchi amici, dopo così tanto.»
«Molto strano, soprattutto con ciò che è avvenuto nel frattempo.»
«Hai ragione: sono cresciuti tutti, sono sbocciati i primi amori e nuove persone hanno fatto parte delle loro vite, mentre tu eri lontano. Ti sei reso conto che ogni cosa era cambiata, il tempo era andato avanti senza di te, nonostante in un angolo del tuo cuore sperassi che ogni momento che questo si fosse congelato nel periodo della quarta elementare. Eppure, appena hai rimesso piede qui e hai realizzato che ognuno aveva continuato a svolgere la propria vita, speravi comunque che ti riaccettassero come se non fossi mai partito.» Solo in quel momento mi accorsi che era ammutolito e pendeva dalle mie labbra, come se avessi dato voce ai suoi pensieri e alle sue emozioni più recondite. «Scusa, forse parlo troppo.» Tentai di sviare la sua attenzione da me al cibo, ma subito mi interruppe.
«Ti va di fare una passeggiata? Sono stufo di rimanere seduto.» Annuii poco convinta: mi piaceva davvero l'atmosfera di quel piccolo ristorante, mi sentivo così al sicuro e aveva un non so che di familiare. Sarei rimasta qui per ore.
Feci per tirare fuori il portafogli, pronta a pagare, quando Theo lo intercettò strappandomelo dalle mani con poca delicatezza e se lo mise in tasca, affermando che mai avrebbe permesso alla ragazza a cui aveva chiesto di uscire, di saldare il conto.
Era la prima volta che qualcuno si comportava tanto galantemente con me e non potei nascondere un sorriso sornione.
Usciti, mi osservai intorno: la struttura si ergeva al centro di una piccola radura ed era alquanto difficile scovarla se non si sapeva bene dove cercare; attorno ad essa si estendeva un bosco fitto che si perdeva a vista d'occhio, in cui l'unica strada più o meno visibile era quella che avevano percorso in macchina.
«Da questa parte.» Fece un cenno verso gli alberi porgendomi il braccio. Colsi titubante quel gesto, ma non me lo feci ripetere due volte: la paura di perdermi era troppo grande.
Era davvero buio pesto, l'unica fonte di luce era la splendida luna piena che si ergeva padrona nel cielo stellato; rimasi ad osservarla incantata qualche attimo prima di accorgermi che Theo stava fissando me insistentemente.
«È splendida, non è vero?»
«Già. Non l'avevo mai vista brillare in questo modo» risposi sempre con lo sguardo rivolto ad essa.
«Oh giusto, anche la luna non è niente male questa sera.»
Per la seconda volta, riuscii con una semplice frase a farmi sciogliere.
Camminammo senza una meta precisa -così per lo meno credevo io- senza parlare per molto tempo, ognuno immerso nei propri pensieri.
«Siamo arrivati.»
Mi guardai intorno, spaesata: l'ambiente non era cambiato rispetto ai dieci metri precedenti con l'unica differenza che poco più avanti, se mi sforzavo, riuscivo a scorgere delle luci.
«Dove, per l'esattezza?»
«Al limite.»
Avevo assunto un'espressione piuttosto confusa perché lui, dopo un attimo di silenzio soddisfatto per la propria affermazione filosofica, scrollò le spalle e proseguì. «Vedi quel bagliore?» mi chiese indicando avanti a sé «Sono le luci della città: ancora qualche passo e ci ritroveremmo sul bordo di un precipizio. Se volessimo arrivare a Beacon Hills non potremmo proseguire per questa strada, a meno che non fossimo dei pazzi con manie suicida, dovremmo invece tornare indietro e fare il giro largo.»
«Mi hai portata fin qui per indicarmi una strada alternativa per tornare a casa, nel caso un giorno mi sentissi particolarmente intrepida?»
Rise, «No. Non avrei sprecato tempo prezioso con te per mostrarti una cosa simile.»
Il mio cuore perde un battito: perché riusciva ad essere tanto dolce in certi momenti, quanto irritante in altri. Lo osservai di sottecchi: immobile osservava un punto all'orizzonte, concentrato su esso come se sforzasse al massimo la sua vita per individuare qualcosa.
Attesi paziente che mi spiegasse il motivo vero e proprio di questa gita quando, prima ancora che riuscissi a reagire, mi trovai le sue labbra morbide sulle mie.
Subito rimasi immobile: non potevo davvero a capacitarmi che stesse succedendo, ma non appena mi cinse il viso e mi attirò a sé, ogni minimo dubbio, insicurezza e paura svanì.
Dopo un primo attimo di esitazione, il mio corpo reagì da solo: affondai le mani nei suoi capelli, tastandone la morbidezza e annullando completamente la distanza che vi era tra noi.
C'era solo lui in quel bosco, in quel momento: tutto il resto non contava.
Il bacio durò troppo poco perché lui improvvisamente si staccò, appoggiò la fronte sulla mia mia e sussurrò: «Prima che ti raccontassi ogni cosa e che tu scappi via, volevo solo farti capire che tu mi piaci, veramente.»
Lo fissai confusa.
Si allontanò da me, continuando comunque a mantenere il contatto fisico.
«Quando parlavo del limite, lo intendevo come una metafora: tu sei arrivata al punto in cui hai due scelte, giusto appena prima del limite. Una volta raggiunto esso non potrai più avere alcuna arbitrarietà. Dunque la prima possibilità: fingere che ogni avvenimento, comportamento o discorso strano sia solo frutto di una mente disturbata o della tua paranoia. La seconda: accettare ciò che ti è stato detto e fare un salto nel buio pronta a raccogliere ed accettare ogni cosa che avverrà da quel momento in poi. In nessuno dei due casi però potrai tornare indietro.»
Era davvero serio, nei suoi occhi non c'era alcuna traccia del solito scherno; vi lessi timore, rabbia e dolcezza, sentimenti tra loro contrastanti.
«E la terza opzione?» chiesi con un fil di voce, terrorizzata.
«Fare i bagagli e tornare a Londra, dimenticando per sempre di essere stata qui.»
Non si allontanò di un solo centimetro, appoggiò anzi la sua fronte sulla mia, si morse il labbro insofferente e rimase in attesa.
Io, dal mio canto, non sapevo cosa rispondere, mille scenari possibili vorticavano nella mia mente, cozzando l'un l'altro, sperando di trovare un senso.
Soppesai con cura le parole che aveva detto e, ancora convinta fosse tutto un enorme scherzo, lo canzonai.
«Davvero tu ci credi?» Avevo un groppo in gola, la mi testa si rifiutava di credere a tutta questa storia, eppure dentro di me sentivo che c'era un fondo di verità.
«Non è questione di crederci oppure no. Qui si tratta di decidere se vuoi continuare a nascondere la testa sotto la sabbia o affrontare di petto la realtà.»
«E se io non riuscissi a sostenere questo peso?»
Avevo molta paura: ciò che mi stava rivelando sembrava qualcosa di così segreto e oscuro che al solo pensiero, tremavo.
«Non devi preoccuparti. Io, i tuoi amici e la tua famiglia siamo qui per aiutarti e sostenerti.»
Restai ferma in silenzio per molto tempo, fino a quando l'unico pensiero a cui riuscii a far voce fu, «Portami a casa.»
Sembrava aspettarselo tanto che non aggiunse nulla e fece strada fino alla macchina.
Mi stava lasciando tempo per riflettere e decidere sul da farsi senza mettermi pressione: non lo avrei mai ringraziato abbastanza.
In quel momento avevo bisogno di parlare con una persona, l'unica che avrebbe potuto aiutarmi a dare un senso a tutto perché mi conosceva meglio di me stessa, avevo bisogno di Hanna.
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