Capitolo 15 - Segreti Svelati (R)
«Possiamo parlare?»
Lydia se ne stava ferma sulla soglia, con una strana luce negli occhi, tuttavia sembrava stare benissimo.
«Uhm, certo.»
Pochi attimi dopo apparve mio fratello, a torso nudo, con la maglietta in mano
«Dee, dove posso-» Appena alzò lo sguardo e notò la mia amica, a momenti gli cascò la mascella; li presentai velocemente e trascinai la rossa in camera mia.
«Quindi è così che ti stai dando da fare ultimante. Interessante.»
Si sedette sul letto e mi lanciò un'occhiata maliziosa; al solo pensiero rabbrividii per il disgusto.
«Che schifo! Non ci penso neanche.»
Lei sorrise maliziosa, lasciandosi andare a un risolino. «Schifo non è la parola che avrei utilizzato e se non lo vuoi tu, posso prenderlo io.»
Quasi riuscii a leggere nella sua mente, che già elaborava chissà quali piani.
Tesi le mani avanti, per farle capire che poteva anche tenerselo. «Tutto tuo. Anche se dubito rimarrà molto, conoscendolo.»
«Scommetti che gli darei un ottimo motivo per restare?» Sbottonò un bottone della camicetta azzurra che indossava, ammiccando allegra. Io non potei fare altro che ridacchiare, certa che mio fratello avrebbe di sicuro apprezzato.
Presi posto accanto a lei e, per un momento, la vidi irrigidirsi; le cinsi dunque una mano con la mia per metterla più a suo agio e, non appena cominciai a parlare, notai che la freddezza che la avvolgeva non era scomparsa e che si era ritratta al contatto.
Finsi di non esserci rimasta male, anche perché me lo meritavo. Perciò, sviai il discorsone «Provaci pure. Anche se mio fratello non è molto il tipo che si lascia abbindolare dalla prima che passa. Senza offesa.»
«Frena un attimo. Quel ragazzo tutto addominali e bicipiti è tuo fratello?» Pronunciò le ultime due parole con voce strozzata. «Allora cambia tutto.» La guardai interrogativa, ma prima che potessi chiedere spiegazioni, il sopracitato finalmente vestito entrò con due tazze di the e alcuni biscotti.
«Signorine, vi ho portato qualcosa da sgranocchiare, mentre vi scambiate i segreti e vi acconciate i capelli l'un l'altra.»
Strabuzzai gli occhi alle sue parole e per poco non mi strozzai deglutendo.
Non l'hai detto davvero, pensai colpendomi la fronte con il palmo della mano.
«Hai dimenticato di menzionare il sistemarci le unghie a vicenda. Vorrei perciò farti notare quanto possa risultare difficile mangiare con lo smalto fresco, anche se so che non puoi capire.» La mia amica non la prese male, anzi sembrava contenta di quella intrusione.
Calum fece scorrere lo sguardo sul corpo della rossa, soffermandosi un po' troppo sulla scollatura profonda. «Potrei imboccarvi, da grande gentiluomo che sono.»
Mimai un conato, osservando la scena da muta spettatrice, anche perché sembravano essersi dimenticato della mia presenza.
«Grazie Cal, ma adesso noi grandi dobbiamo parlare di cose serie. Torna pure a giocare ai videogiochi.»
Con poca delicatezza, mi alzai e lo spinsi fuori dalla camera chiudendomi la porta alle spalle.
«Scusami, sa essere fastidioso quando vuole. Dove eravamo rimaste? Ah sì, tu che sbavavi dietro a mio fratello.»
In tutta riposata mi beccai un cuscino in faccia e una risata colpevole; sorridendo, tornai a occupare il posto accanto a lei e attesi qualche istante in silenzio, cercando le parole giuste ma venni anticipata.
«Mi dispiace. Non dovevo dirti certe cose. Anche perché posso solo lontanamente immaginare ciò che hai passato e che tutt'ora stai passando. E sì, ti stavo ignorando.»
Rimasi spiazzata: ero indecisa se abbracciarla forte o indignarmi per il fatto che mi stesse evitando. Optai per la prima reazione e le sussurrai con il viso tra i suoi capelli mille scuse e ammisi quanto io sia stata stupida ed immatura a essermi comportata così.
«Niente più litigi. Promesso?»
«Promesso.»
Restammo sdraiate sul letto a chiacchierare del più del meno, fino a quando mi resi conto di una cosa: non sapevo assolutamente nulla di lei e credetti che lei ebbe lo stesso mio pensiero, perché subito mi chiese di raccontarle qualcosa della mia vita prima del trasloco.
«Non ci sono chissà quali storie da raccontare. Ammetto che la mia vecchia vita potesse sembrare un sogno: la mia famiglia è molto ricca e vivevamo in centro a Londra; scuola privata, presidente d'istituto e capitano della squadra d'atletica leggera. La mia migliore amica Giselle, invece, è esattamente il mio opposto: poltronaia da far impressione, voglia di studiare ed andare a scuola pari a zero e milioni di fidanzati.» Le porsi la fotografia della ragazza di cui stavo parlando per mostrargliela e continuai il racconto. «Nonostante ciò, avevamo moltissime cose in comune e la stessa enorme cotta per nuovo arrivato, Drake. Non le volli subito dire di questa mia infatuazione e tenni pure segreto il fatto che ci frequentassimo, sapendo che anche lei ne era presa; dovetti inventare un ragazzo immaginario per poterla depistare fino a quando scoprì, tramite una stupida foto scattata ad una festa della nostra "relazione clandestina".» Quella serata era cominciata assai male e si era conclusa anche peggio; l'unica cosa che ricordo bene era la pace dei sensi che avevo raggiunto. «Inizialmente si arrabbiò moltissimo, più per il fatto che glielo avessi nascosto che per il rapporto in sé, ma alla fine, come suo solito, presto se ne trovò altri dieci con cui rimpiazzarlo.» La mia voce assunse poi un tono amareggiato: certo, avevamo chiarito tutto, però da quel giorno il nostro rapporto si era incrinato. «Questo in sostanza è il bellissimo aspetto superficiale della mia vita. Tuttavia c'è ben altro che ti racconterò un altra volta però. Dimmi qualcosa di te ora.»
Le sorrisi incoraggiante e attesi impaziente; lei ricambiò con uno sguardo assente, immerso nei propri pensieri e poco dopo cominciò a parlarmi di cose che non avrei capito per un po' di tempo.
«Da dove iniziare? Sono nata a cresciuta in questa pressoché monotona cittadina in cui ci sono da sempre le stesse persone e si fanno sempre le stesse cose. Se non altro così era stato fino a quando una nuova ragazza non ha spezzato la solita routine: Allison era meravigliosa, la mia migliore amica. Già dal primo giorno avevamo legato e questo rapporto, con il passare dei mesi, si è rafforzato sempre di più. Ne abbiamo passate tante assieme: non puoi minimamente immaginare che cosa abbiamo dovuto affrontare per essere ancora qui o almeno, io sono ancora qui. Eppure, nonostante tutto, eravamo unite come sorelle.»
Una lacrima le rigò la guancia e il tono si fece sempre più oscuro. Subito le presi una mano tra le mie, stringendo forte. «Era una ragazza incredibile: impavida e coraggiosa, non ci pensava mai due volte prima di mettersi in pericolo per salvare le persone a lei care. Poco prima del suo arrivo iniziarono ad accedere fatti davvero strani, morti misteriose e inspiegabili spesso attribuite a qualche animale; così tante in poco tempo: neanche il tempo di eliminare una minaccia che quella dopo era già pronta a bussare alla nostra porta.» Ricambiò la mia presa e mi fissò negli occhi decisa. «Alla fine, lei non ce l'ha fatta. Si è sacrificata per le persone a cui teneva di più. Il fatto peggiore però, è che io sono qui che ogni giorno mi tormento chiedendomi se fosse stato diverso se non avessi avuto paura, se non avessi implicitamente chiesto aiuto, nonostante pretendessi di non volerne.»
Un brivido mi percorse la schiena. Riuscivo a sentire il dolore nelle sue parole, nella sua espressione del volto e nei suoi occhi. Quei dolci e grandi occhi verdi erano colmi di ricordi e rimpianti. «Lydia non so se sarebbe cambiata la situazione, tuttavia una cosa è certa: la colpa non è tua.» E lo credevo davvero: nessuno dovrebbe portare un simile peso da solo.
Altre lacrime sgorgarono e la sua voce si fece flebile e tremante. «Sai come abbiamo dovuto giustificare la sua morte? Con una stupida rapina finita male. Lei è morta da eroina, ma ciò non le verrà mai riconosciuto al di fuori di noi che eravamo presenti.»
La abbracciai, stringendola forte. «Io posso solo immaginare ciò che tu abbia passato, ma rimango della mia idea, ossia che tu non sia in alcun modo colpevole.»
Alla fine, ruppe in pianto violento e in quel momento riuscii a percepire anche la sua rabbia, la sua frustrazione e l'immensa tristezza per aver perduto la sua migliore amica. Restammo così per molto tempo, senza parlare fino a quando lei non si fu calmata e proseguì.
«Tu non hai minimamente idea di quello che sia successo in questa città e quanti amici io abbia visto soffrire pene fisiche e mentali; quanti amici io abbia visto morire davanti ai miei occhi a causa di creature soprannaturali e quante notti insonni io abbia passato a cercare risposte a domande che non ne avevano. Io mi sono affezionata a te e non voglio che ti accada niente altro. Ecco perché ti sto dicendo tutto, una volta conosciuta la verità, puoi stare in guardia.»
Mi staccai da lei, tenendola per le spalle e guardandola bene in faccia. «Cosa stai cercando di dirmi?» chiesi confusa, in attesa che mi fornisse più dettagli.
Aveva smesso di piangere e la sua espressione si era fatta dannatamene seria. «Le favole che ti raccontano fin da piccola non sono altro che un modo per indorare la pillola: non si vuole credere nel mondo soprannaturale perché non si conosce e si ha paura. Il grande lupo cattivo? Be', non sempre viene da te per ucciderti, a volte ti salva la vita.»
Scoppiai in una risata isterica, tanto che dovetti coprirmi il volto con le mani perché ero davvero sguaiata. «Ti stai rendendo conto che non ha senso ciò che dici, vero?» domandai ironica. Non poteva davvero credere in quelle sciocchezze, era una ragazza intelligente e sveglia dopotutto.
Mi diede una sberletta sul braccio, come a intimandomi ad ascoltarla e a smetterla di comportarmi così. «Forse ancora non hai avuto occasione di avere incontri ravvicinati, ma se rimani qui ancora a lungo, stai pur certa che ti accorgerai di quanto le mie parole siano veritiere.»
Un ricordo mi assalì violento, facendomi tentennare. Mi allontanai da lei il più possibile. «Lydia se questo è uno scherzo, non mi sto divertendo.»
La ragazza davanti a me non sembrava avere alcuna intenzione di arrendersi.
«Credimi, non sai quanto io vorrei che tutto questo fosse un brutto sogno. Non sai cosa avrei dato per non sentire la mia migliore amica e il ragazzo che mi piaceva, morire infilzati con una spada da uno spirito giapponese; quanto avrei voluto chiudere gli occhi e riaprirli sperando che tutto ciò fosse stato frutto della mia immaginazione. Ma così non fu.»
Colmò nuovamente la distanza che avevo creato, costringendomi a scattare in piedi. Non volevo rivivere una seconda volta quell'orribile pomeriggio. «Non permetterò subisca lo stesso destino e prima accetterai quello che ti dico, prima sarà meglio per te. aperti.» Comprese i miei gesti per segni di chiusura nei suoi confronti e finalmente fece un passo indietro.
«Ti chiedo solo di tenere gli occhi bene aperti.»
Se ne andò, lasciandomi sola con mille dubbi e la crescente consapevolezza che la mia vita stava cambiando.
E non in meglio.
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