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Luna di miele a Venezia

Il giorno del matrimonio si era ormai concluso: era stato tutto perfetto, ma anche stancante. Infatti una volta finito di preparare le valigie io e Sev ci eravamo addormentati appena le nostre teste erano entrate in contatto con il cuscino, e adesso, appena sveglia, mi ero fermata a  contemplare mio marito.
La ruga che solcava la sua fronte dandogli quel cipiglio severo era quasi scomparsa, e le sopracciglia erano rilassate: quando dormiva poteva persino parere innocuo! Gli scostai una ciocca di capelli che gli era ricaduta sul viso, e con questo si destò, emettendo un debole suono gutturale; poi si girò verso di me, sorridendomi e sporgendosi un poco dandomi un bacio a fior di labbra.
“Buongiorno signora Piton, pronta per partire?” mi domandò mentre con le dita giocherellava con una ciocca dei miei capelli.
“Certo, non aspetto altro! Non vedo l’ora di vedere Venezia, mi è sempre piaciuta quella città!” feci sognante, immaginandomi già le gondole, i giretti per le calli, le visite ai musei ed ai negozi, per non parlare dell’hotel, che pareva uscito da un libro di favole.
“Sono sposato.” Disse poi, guardandosi l’anulare dove spiccava la fede con incinse le nostre iniziali.
“È già...” gli risposi io, alzandomi dal letto. Dovevamo muoverci se non volevamo perdere la passaporta, quindi mi diressi verso il bagno, per prepararmi, seguita poi da Severus.
Due ore dopo eravamo in una calle, dove ci eravamo smaterializzati senza farci vedere dai babbani. Per Morgana, per Merlino e per tutti i maghi del mondo magico, che bomba! Era bellissima, niente a vedere con le foto degli opuscoli!
Camminammo per cinque minuti, arrivando infine davanti al nostro hotel: entrammo e rimasi a bocca aperta, era tutto così… wow.
Dovevo essermi incantata, perché Severus mi disse teneramente di chiudere la bocca, altrimenti mi sarebbero entrate le mosche. Che deficiente!
Comunque seguii il suo consiglio, per evitare di essere scambiata per una menomata, e dopo aver preso le chiavi andammo nella nostra stanza. Mentre salivamo con l’ascensore, vidi che il piano prenotato era l’ultimo: piccolo particolare, quella era una suite!
Severus non mi aveva detto niente, aveva solo accennato ad una stanza singola in cui avremmo dovuto adattarci con la magia perché le stanze matrimoniali erano tutte esaurite.
“Sev, hai per caso sbagliato a schiacciare il bottone?”
“No, perché?” fece con un leggero ghigno ad increspargli le labbra.
“Perché stiamo andando nella suite, non so se te ne sei accorto.” Gli risposi io, guardandolo in attesa di una risposta.
“Sì, me ne sono accorto. Semplicemente stiamo andando nella nostra stanza.” Disse con voce incolore, come se fosse una cosa da tutti i giorni trascorrere la luna di miele in una camera super lussuosa.
“Tu sei completamente pazzo.” Continuai io, ancora incredula.
“Lo prendo come un complimento.” Finì lui, dandomi poi un bacio, mettendomi a tacere una volta per tutte.
~☆~
Piton aveva appena preso le chiavi ed era entrato in ascensore con Anastasia; aveva schiacciato il bottone per raggiungere la suite ed aveva aspettato che lei se ne accorgesse: si era comportato, infatti, un po’ da bastardo, perché a suo tempo non le aveva detto tutta la verità, solo che la stanza era singola. Beh, in un certo senso era singola, più che altro singolare. Avrebbero soggiornato lì una settimana e per quel giorno aveva organizzato una serata molto piacevole…
Finalmente Ana si era accorta del piano che stavano raggiungendo, e aveva incominciato a insultarlo amabilmente per aver speso così tanto per una camera, ma la mise a tacere con un bacio: il primo di una lunga serie per quella giornata.
~☆~
La suite era magnifica, non c’erano altre parole per descriverla: camera gigantesca, come il bagno e il soggiorno, per non parlare poi della vista, mozzafiato.
Dopo aver sistemato i bagagli, visto che era ormai passata l’ora del pranzo, scendemmo e uscimmo per farci un giro, fermandoci anche a mangiare un piatto di buona pasta italiana in un ristorantino appartato.
Tutto il pomeriggio lo passammo gironzolando: la città era stupenda, e al solo pensiero di restare lì per una settimana intera, il mio cuore si era riempito di gioia.
Quando giunse la sera, eravamo nel soggiorno, io sulla terrazza a guardare Venezia all’imbrunire e Sev sul divano a leggersi il giornale.
“Allora che facciamo stasera?” domandai curiosa. Non mi ero accorta che nel frattempo Severus era apparso dietro di me, e me ne resi conto solo quando sentii la sua voce calda vicino al mio orecchio, cosa che mi fece ovviamente sobbalzare dalla paura.
“Per prima cosa andiamo a cena.” Disse suadente al mio orecchio, prendendomi i fianchi con le mani e pressandosi contro di me.
“Poi mi pareva di essere stato chiaro ieri, ti farò urlare il mio nome per tutta la notte, Ana.” Concluse lui, dandomi un bacio sul collo, che mi fece venire la pelle d’oca nonostante facesse caldo.
“Il programma non potrebbe essere dei migliori.” Affermai convinta. Mi aveva già fatto eccitare con una frase sussurrata, non osavo immaginare cosa mi potesse fare più tardi!
~☆~
La cena era finita e lui e Ana stavano tornando mano nella mano alla suite. La serata era stata piacevole e le portate ottime. Ora veniva il gran finale: solo a pensarci si stava eccitando.
Mentre lei era andata un attimo al bagno, una volta arrivati, lui aveva chiamato il servizio in camera: gli servivano dei cubetti di ghiaccio…
~☆~
Dopo che fui uscita dal bagno, trovai la camera in uno stato di penombra, ma di Sev neanche l’ombra: forse il gioco aveva già avuto inizio… infatti sentii due mani posarsi sui miei occhi, seguite poi da una benda. Sentivo che Severus era a petto nudo, ma indossava ancora i pantaloni di stoffa leggera, che mi solleticavano le gambe lasciate scoperte dal fresco abito estivo.
“Adesso inizia la tortura…” disse poi in modo misterioso. Non feci in tempo a ribattere che mi ritrovai girata tra le sue braccia con le sue labbra sulle mie. Mentre approfondiva il contatto, mi fece scivolare il vestito, seguito successivamente dal reggiseno e dagli slip. Pensavo continuasse, ma con mio disappunto si fermò e mi fece coricare a letto, supina. Poi mi prese le braccia, carezzandomi la pelle fino ad arrivare ai polsi, che legò con un nastro di velluto e che fissò alla testiera del letto. Stavo iniziando ad innervosirmi, perché mi sentivo impotente e questa cosa non mi piaceva.
“Severus, slegami o levami la benda, non è divertente.” Feci io, lasciando trapelare un po’ d’angoscia. Non ero mai stata legata così!
Lui mi levò la benda, e mi persi in due occhi resi ancor più scuri dal desiderio.                                                     “Ti fidi di me?” mi domandò poco dopo, facendomi una lenta carezza sul fianco, mentre era seduto sui talloni e mi osservava.
Io annui, in fondo gli avrei affidato anche la vita se fosse stato necessario. Feci un profondo respiro e mi rilassai.
“Perfetto. Brava.” Mi disse Severus, sporgendosi e baciandomi le labbra. Ero stata una stupida ad innervosirmi ed incominciai a domandarmi cos’altro aveva in serbo per me. Mi baciò sensualmente, passando la sua lingua più volte sul labbro inferiore e poi approfondendo nella mia bocca. Dio mio, che bacio da capogiro… 
Dopo alcuni minuti senza nemmeno una pausa, non avevo più ossigeno e lui si staccò per prendere qualcosa, mentre io riprendevo un po’ di fiato. 
Sentii un tintinnio e vidi un cestello che fino a poco fa non avevo notato: da lì Severus prese quelli che si rivelarono essere dei cubetti di ghiaccio. Vedendo la mia espressione sbalordita mi sorrise malizioso, prendendo il cubetto fra i denti e chinandosi su di me: iniziò a passarmelo sul collo, arrivando poi sui seni, stuzzicando i capezzoli, prima uno e poi l’altro, facendomeli inturgidire subito. Era un’esperienza strana, perché il ghiaccio era piacevole sulla pelle accaldata, mandava impulsi su tutto il mio corpo, e volevo muovere le braccia, ma non ci riuscivo. Gemevo contrariata infatti e sentivo Sev sorridere. Mi stava decisamente ripagando con la stessa moneta del suo regalo di compleanno…
Ora il cubetto di ghiaccio era vicino all’ombelico, e si stava muovendo in cerchi sempre più giù. Quando sfiorò la mia femminilità inarcai la schiena, emettendo un sospiro più forte degli altri.
Appena Sev lo sentì, si staccò, poggiando il ghiaccio sull’ombelico; ne prese un altro, più freddo ancora, e tornò all’assalto, stimolandomi con maestria, facendomi urlare il suo nome; dopo poco venni, per la soddisfazione di Severus.
“Te lo avevo detto che avresti urlato questa notte… e non è ancora finita…” sussurrò lui vicino al mio orecchio, mentre cercavo di stabilizzare il mio respiro, ancora accelerato dall’orgasmo appena avuto.
Mi baciò un’altra volta, facendo scivolare la sua lingua sulla mia per un tempo che mi parve infinito; io ancora ero bloccata e decisi di alzare il bacino, stuzzicandolo un poco, facendolo scontrare con la sua eccitazione.
Lui grugnì dal piacere, fermando il bacio e guardandomi negli occhi, per poi alzarsi e prendere altro ghiaccio: mio Dio, mi avrebbe fatto impazzire!  Questa volta prese due cubetti per mano e mi fece alzare la schiena, iniziando a farmi un massaggio alquanto freddo, per poi scendere fino alle gambe e risalire fino al punto più desiderato. Una volta giunto a destinazione si sbarazzò dell’acqua solidificata e con le mani gelide e con la lingua ricominciò a stuzzicarmi, facendomi perdere un’altra volta il controllo e tremare dal piacere. Mentre mi riprendevo, Severus si alzò, togliendosi finalmente i pantaloni e i boxer, liberandosi da quegli indumenti che ormai lo stavano martoriando. Il suo limite di sopportazione era altissimo, a differenza di me, che non sapevo trattenermi nemmeno per due minuti.
“Hai una pelle morbidissima…” disse lui eccitato, baciandomi il collo e mordendomelo un poco. Sicuramente l’indomani mi sarei trovata un bellissimo succhiotto in bella vista. Poi mi penetrò, molto lentamente, facendomi gemere estasiata.
“Sev, ti prego, slegami, voglio toccarti.” Lo pregai, mentre ruotava il bacino spingendosi sempre più in fondo.
Non ce la facevo veramente più: mi si erano anchilosate le braccia in quella posizione! Per fortuna Severus mi accontentò, togliendomi il nastro dai polsi e io, dopo tanto tempo, riuscii ad abbracciarlo, carezzandogli le spalle ampie ed afferrandogli i capelli. Man mano i suoi movimenti, da lenti e cadenzati divennero più veloci e frenetici, facendomi venire per la terza volta.
Pensavo esplodesse anche lui, ma con una forza di volontà ferrea, scivolò fuori da me, trattenendo il respiro. In un batter d’occhio mi ritrovai di fianco, ancora mezza intontita dal piacere, con Sev che mi lasciava una scia di baci infuocati sulla spalla e mi alzava una gamba, pronto per affondare di nuovo.
Continuammo così non so per quanto, fino a che non urlai dal piacere altre due volte e infine gemette estasiato anche lui, svuotandosi dentro di me. Uscì subito, attirandomi a sé, ed io, esausta dopo cinque orgasmi, mi abbandonai soddisfatta sul suo petto, tracciando con la punta del dito le cicatrici.
“Wow, eri serio ieri quando mi hai detto che avrei urlato tutta la notte!” dissi di punto in bianco, alzando lo sguardo per guardarlo. Lui, perso in chi sa quali pensieri, mi sorrise, ma quando mi guardò divenne di colpo serio. C’era qualcosa che non andava. “Severus è tutto OK?” domandai preoccupata dal suo sbalzo d’umore: a volte era peggio di una donna incinta!
Lui non mi rispose subito, ma prese il mio polso che era appoggiato sui suoi pettorali e lo osservò, con una punta di terrore. C’era il segno del nastro, ma stava svanendo, non mi aveva nemmeno fatto male.
“Cosa ho fatto…” Fece deglutendo a vuoto, e sentivo che la sua mano tremava leggermente, mentre mi passava lentamente il pollice sul piccolo solco. Era stato tutto romantico e perfetto, fino a che erano tornati i fantasmi del passato: non era la prima volta che succedeva dopo aver fatto l’amore, era accaduto anche dopo le prime volte, ancora all’inizio, di solito quando restava qualche segno sulla mia pelle, ad esempio sui fianchi, che afferrava con troppo vigore.
I succhiotti non gli creavano fastidio, ma gli altri segni che assomigliavano a lividi lo terrorizzavano a morte. Questo era un piccolo difetto di Severus, e ogni volta lo tranquillizzavo: così avrei fatto anche in questo caso. Si mise a sedere con la testa fra le mani, ed io mi alzai, raggiungendolo e posandogli le mani sulla schiena, facendogli una specie di massaggio, e poi lo abbracciai stretto stretto, posandogli un delicato bacio sulla scapola.
“Severus, ascoltami. Non mi hai fatto male, non ho sentito dolore e poi sta ormai sparendo tutto, fra cinque minuti la mia pelle tornerà candida come la neve e non si vedrà più niente.” Iniziai io, per poi aspettare una sua risposta.
“Ti ho legato contro la tua volontà.” Concluse con un sospiro.
“Ti giuro che mi è piaciuto. È stato tutto perfetto.” Dissi sciogliendo l’abbraccio e carezzandogli i capelli, affinché alzasse la testa. Lui resistette un poco, ma alla fine vinsi io, e girò il suo volto verso di me, così mi ritrovai davanti una faccia disgustata e due occhioni da cucciolo: mi veniva voglia di coccolarlo, ma prima dovevo eliminargli ogni paura infondata.
“Come posso fartelo entrare nella testa dura che ti ritrovi, cocciuto d’un Serpeverde?” gli domandai, sorridendo, e con questo si lasciò scappare un sorrisino anche lui.
Poi alzai il mio braccio e gli mostrai il polso: non c’era nulla, niente di niente, tutto era normale.
“Vedi? Te lo avevo detto, non è successo niente.”
Con questo lui si rilassò, e io mi distesi, trascinandomi giù anche Severus. Gli feci appoggiare la testa sul mio petto e lo coccolai, come facevo ogni volta che aveva avuto un incubo.
Lo permise per un po’, ma poi improvvisamente mi ritrovai sopra di lui, bloccata in un abbraccio, con la sua bocca a tre millimetri dalla mia.
“Grazie…” e detto questo mi baciò dolcemente, senza fretta, gustandosi per bene le mie labbra.
Dopo diverso tempo scesi dal suo corpo, per non pesargli troppo e mi accoccolai pronta per dormire, sprofondando poco dopo in un sonno profondo.
~☆~
Piton, dopo che Ana si era addormentata, si era alzato senza fare rumore, si era messo i pantaloni del pigiama ed era uscito sul terrazzino: doveva schiarirsi le idee dopo quello che era successo negli ultimi minuti.
Ora gli era passato, ma non poteva fare a meno di pensare al livido sul polso di lei.
Era tornato indietro di anni, a quando suo padre violentava sua madre lasciandole decine di ematomi ovunque.
Già da adolescente si era ripromesso di non fare mai una cosa del genere ad una donna, e così era stato. Ma quando, dopo aver fatto sesso, si accorgeva di aver lasciato dei segni sulla pelle perfetta di Anastasia a causa della sua forza, non lo sopportava.
La paura di averle fatto in qualche modo male si trasformava in terrore allo stato puro. Lei riusciva sempre a calmarlo, per fortuna, ma lui si sentiva lo stesso in colpa.
Dopo aver liberato la mente da questi pensieri sgradevoli si decise a tornare a letto, per cercare di dormire un po’; la mattina seguente si sarebbe fatto perdonare.
~☆~
La mattina successiva mi svegliai per la luce del sole che filtrava dalla enorme finestra della camera. Mi stiracchiai e presi una t-shirt di Severus dal comodino, visto che lui non c’era. Speravo solo che la sua assenza non avesse a che fare con la sera precedente, e che non si fosse fatto prendere dai sensi di colpa.
“Severus dove sei?” domandai quando mi fui messa a sedere sul letto.
“Sono qui in soggiorno, ora arrivo.” Mi rispose, e poco dopo lo vidi spuntare con un vassoio colmo di ogni ben di Dio. Si avvicinò, lo posò sul letto, dandomi poi un bacio a fior di labbra. “Questo è per te.”
“Grazie. Come mai tutte queste attenzioni?” gli feci ridacchiando, ma in fondo mi ero già immaginata la ragione.
“Così, non si può portare la colazione a letto alla donna che si ama?” mi rispose Severus con disinvoltura.
“E allora non ha niente a che fare con ieri notte? Sei sicuro?” continuai io, sondando il terreno. In fin dei conti non mi aveva mai detto il perché della sua paura sui lividi.
Lui mi squadrò un attimo, e poi sospirò.
“Volevo solamente scusarmi.” Disse lui, sputando finalmente il rospo. Allora mi decisi una volta per tutte a fargli una domanda personale, e se mi avrebbe risposto lo avrei ricompensato.
“Sev, devo domandarti una cosa… un po’ personale.” Iniziai io, guardandolo in faccia per capire se potevo continuare o no. Lui mi fece un cenno positivo ed io proseguii.
“Perché ogni volta che mi resta qualche piccolo e insignificante livido dopo aver fatto l’amore il tuo volto diventa una maschera di terrore e inizi a crearti mille paranoie? Non mi piace vederti così, mi si stringe il cuore.” Conclusi, sperando di ottenere una risposta.
Restammo per un po’ in silenzio, poi lui si fece coraggio e iniziò a parlare.
“Credo sia un trauma infantile, non sono uno psicologo d’altronde.” Disse amareggiato. “Mio padre era costantemente ubriaco e picchiava sempre mia madre ogni volta che tornava a casa. Non voglio essere o diventare come mio padre.”
Io ero rimasta sbalordita: sapevo che non aveva avuto un’infanzia felice, ma non credevo che suo padre avesse potuto arrivare a tanto.
“Severus, tu non sarai mai come lui, ne sono sicura.” Affermai, per poi spostarmi verso di lui e andarmi a posizionare sulle sua gambe, a cavalcioni.
“Mi spieghi come fai ad esserne così sicura?” sospirò passandomi una mano sulla guancia.
“Me lo hai appena dimostrato.” Dissi per poi baciarlo. Ero soddisfatta della risposta che mi aveva dato, quindi si meritava la ricompensa.
“Severus, hai fame?” gli domandai allora, cambiando totalmente argomento. Lui mi guardò stranito, ma annuì: ormai aveva capito che con me era inutile fare troppe domande…
Mi sporsi un po’ trascinando il vassoio verso di noi e lo guardai: c’era di tutto, dalla frutta ai dolci, e afferrai un bignè alla crema.
Lo morsi, lasciandone fuori un pezzo e sporcandomi le labbra, per poi avvicinarmi a Severus e baciarlo, condividendo così il primo dolce boccone. Lui mangiò tutto, gustandosi la pasta friabile e leccandomi le labbra, ripulendole.
“Ne vuoi ancora?” feci maliziosa. Ovviamente conoscevo già la risposta e infatti Sev me la confermò.
“Sì…” disse passandosi la lingua sul labbro inferiore.
Siccome eravamo partiti con il dolce, continuai con la frutta: presi un’albicocca e la aprii a metà; poi ripetei i movimenti di prima e condividemmo anche quel frutto.
Ormai però sentivo che Sev non era più interessato al cibo, bensì a qualcos’altro… infatti fece levitare il vassoio allontanandolo dal letto, ma facendo questo per sbaglio rovesciò la brocca di succo sui suoi pantaloni, bagnando anche me.
“Oh, cavoli…” esclamai, ormai tutta appiccicaticcia. “Vado a lavarmi.” Dissi cercando di alzarmi, ma rimasi bloccata nel suo abbraccio.
“Vengo anch’io, d’altronde serve anche a me una doccia…” e detto questo si alzò, portandomi in braccio nel bagno. Nonostante lo avessimo fatto praticamente ovunque ad Hogwarts, ad esempio nel laboratorio, sulla poltrona, schiacciati al muro, sul letto, ovviamente, su un tavolo, mancava sotto l’acqua, ed ero impaziente di provare questa nuova avventura.
Spinse la porta del bagno con un piede e se la richiuse alle spalle, iniziando a baciarmi con trasporto, mentre apriva l’acqua della doccia, infilandosi subito sotto, nonostante i vestiti. Mi mise giù e mi sfilò la maglietta, lasciandomi nuda, e un brivido mi attraversò la schiena, dopo aver visto il suo sguardo famelico. Si tolse i pantaloni e mi riprese fra le sue braccia, carezzandomi i glutei e pressandosi contro di me con tutto il suo corpo.
Io nel frattempo gli passavo le mani sul torace e sulle scapole, facendo divampare così il suo desiderio. Infatti non resistette a lungo a mi penetrò, con un solo colpo di reni. Boccheggiai soddisfatta e Severus mi abbracciò più stretta, baciandomi il collo e la mascella, completamente in estasi.
“Ti amo Severus.” Sospirai, mentre spingeva man mano più profondamente. Lui non rispose, ma aumentò la velocità, facendomi gemere più sonoramente.
“R-ripetilo…” mi disse ad un certo punto, rallentando un po’.
“Ti amo, ti amo, ti amo.” Iniziai come una litania e questo contribuì a velocizzare ancora di più Sev.
“S-sei mia.” Sibilò, per poi esplodere insieme a me.
I nostri respiri accelerati, l’acqua che fluiva tra i nostri corpi, i baci bagnati e gli sguardi languidi: un mix perfetto d’amore.
“Pensavo dovessi farti una doccia, Sevvi…” lo presi in giro io, rimettendomi sulle mie gambe e prendendo il bagnoschiuma per versarmelo sui palmi. Poi lo spalmai sul suo torace, insaponandolo per bene, e così feci su tutto il corpo.
“Infatti, ma vedo che stai facendo tu, quindi adesso tocca a me.”
Era un cosa spettacolare: le sue mani sapienti che frizionavano i miei fasci muscolari e carezzavano ogni centimetro della mia pelle… semplicemente sublime.
Non avrei voluto essere da altre parti se non lì con Severus, a scambiarci coccole sotto la doccia: in quel momento capii che non ne avrei mai avuto abbastanza di tutto ciò, era come linfa vitale. Severus Piton era tutto per me. Volevo trascorrere ogni momento possibile con lui, il mio splendido marito.

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