È destabilizzante quando una presenza costante si trasforma in totale assenza e disinteresse.
È destabilizzante il brusco cambiamento e la variazione di ciò che prima mi era noto e sicuro.

Ogni volta che apro gli occhi penso a lui e alla sua mancata presenza al mio fianco. Penso a lui e al nostro patto. Quanto sono stata stupida.

Nel rigirarmi tra le lenzuola mi manca il suo corpo vicino al mio, il suo braccio posato sul  mio fianco e il fiato caldo sulla schiena. A volte che restava lì e altre mentre scendeva. Mi manca muovere un ginocchio fino a trovare la sua gamba. Mi manca disegnare con le dita figure irregolari sul suo petto. Mi mancano le sue labbra sulle mie braccia e tutti i segni che lasciava il loro passaggio.

Ed è a questo a cui penso ogni mattina, mentre guardo il soffitto in cerca di risposte.

Melanie, la mia compagna di stanza, è già andata via ed il letto opposto al mio è ben rifatto. Frequenta i corsi di psicologia ed è sempre precisa e ordinata. Mel è decisa e oggettiva, a volte può parere fredda ma con me è gentile e disponibile. Condividiamo questa piccola stanza da un anno e si è creato un bel legame.
La Boston University è diventata, oramai, la mia casa; il passato è troppo burrascoso per ritornarci.

L'università non aspetta chi rimugina sulle sue scelte sbagliate, quindi mi devo muovere. La suoneria squillante del cellulare risuona in tutta la stanza. Allungo il braccio per spegnere quell'aggeggio quando noto la chiamata da parte di Colton, decido di rispondere.
-Hey, ciao- mi passo una mano sulla fronte.
-Lydia, dove sei? Vieni a lezione senza passare per la caffetteria- comunica serio.
-Ma..-
-Fai come ti dico-
-Ma perché...-
-Ti tengo un posto-
Riattacca.

Ho un sacco di domande. Perché mi ha chiamata per dirmi questo? Cosa c'entra la caffetteria? Vorrà dire che starò senza colazione. Mi preparo mettendo i primi indumenti che trovo vicini, forse ho messo la felpa di Melanie, non importa, ormai ci scambiamo ogni cosa.

Cammino a passo svelto, è impossibile evitare la caffetteria, situata vicino alla segreteria. So che Colton mi spiegherà tutto, quindi mi porto una mano vicino agli occhi come scudo mentre supero il luogo da evitare.

Io e Colton ci conosciamo da una vita, c'è stato sempre per me e oramai lo tratto come un fratello maggiore. Mi ha consolata, mi ha protetta, in poche parole mi ha cresciuta, nonostante la poca differenza di età.
Dopo esser stato bocciato il secondo anno di liceo, Colton ha deciso di cambiare vita ed eccolo qui: nella mia stessa università.
Andiamo sempre d'accordo, anche se siamo diversi in molte cose. Le decisioni, per esempio. Lui prima pensa e poi fa, io prima faccio e poi penso; dovrei migliorare.
Con il suo sorriso paterno non si stanca mai di me, qualunque cosa io faccia, questo mi rassicura.

Lo trovo nella spaziosa sala di comunicazione e giornalismo ad osservare le matricole che camminano incerte lungo il corridoio alle mie spalle grazie alla grande porta aperta. Lo raggiungo e mi siedo accanto a lui.
-Non puoi capire, ho adocchiato una bionda bellissima-
-Grazie dell'informazione- roteo gli occhi divertita.

Poso la borsa sotto alla sedia e posiziono, con la mia precisione mancata, il mio quaderno degli appunti sul tavolo chiaro e freddo.
-Vedo che sarai ordinata quest'anno- commenta passandosi una mano tra i suoi capelli biondi dopo aver visto una ragazza nuova in questo corso.
-Carne fresca- si passa la lingua sul labbro superiore. Rispondo con una gomitata.

-Cos'è successo in caffetteria?- voglio informarmi.
-È meglio che tu non lo sappia- taglia corto con tono deciso e la lezione inizia. Scrollo le spalle, insoddisfatta di quella risposta.

-Quando parliamo di giornalismo intendiamo una serie di informazioni plasmate ed elaborate affinché possano essere vendute, ma attenzione: i materiali non devono essere di scarsa qualità- le lezioni di settimana in settimana si fanno sempre più interessanti. Adoro le metafore che usa Mr.Griffin per spiegare, Colton non potrebbe dire lo stesso perché ad ogni parola sbatte la mano contro il tavolo ed esordisce con "Ma perché?" oppure "studio giornalismo, non scultura". Frasi seguite da qualche mia risata soffocata contro il palmo.

-Mi passi i tuoi appunti?- mi chiede appena finisce la lezione.
-Mi dici cos'è successo in caffetteria?- lui rotea gli occhi.
-Okay, ma prima i fogli- glieli cedo. Lui li mette sottobraccio e mi fa cenno di andare. Faccio come dice, mentre mi segue. Usciamo dall'aula e, vista l'ora libera, andiamo a camminare nella zona comune.

-Ora puoi dirmelo?!-
-Non so se lo vuoi sentire- si rigira di mano in mano i miei appunti, senza guardarmi. Glieli strappo di mano e lui mi guarda imbronciato. So che nella faccenda che mi tiene nascosta ci è coinvolto anche lui e voglio saperlo.
Si decide a parlare:- È coinvolto anche lui- lo dice nello stesso momento in cui l'ho pensato.
Sospiro rassegnata:- Cosa ha fatto?-
Colton fa una smorfia come se stesse trattenendo qualcosa che potrebbe farmi arrabbiare.
-Brian è stato trovato a violentare una ragazza-
-In caffetteria- aggiungo io con un filo di voce.
-Nel bagno della caffetteria- corregge.
Silenzio.

Ogni volta che sento il suo nome è una coltellata al petto. So di cosa è capace, lo so bene, ma non credevo arrivasse a tanto. D'altronde è sempre stato così, passa ogni notte con una ragazza diversa. Non so il motivo per cui mi sia saltato in mente che con me sarebbe stato diverso. Lui è così ed io me ne sono accorta troppo tardi.

-Lydia- Colton mi chiama muovendo una mano davanti ai miei occhi.
-Ehm, la ragazza sta bene?-
-Se non contiamo lo shock e il probabile trauma psicologico, sì-
Annuisco.
-Perché non sarei dovuta andare in caffetteria?-
-Non volevo che lo incontrassi, magari avrebbe potuto...- lascia la frase sospesa, riferendosi in parte a ciò che è successo tra me e Brian.
Vuole proteggermi, ma sono caduta nelle grinfie della bestia già da tempo.