Capitolo 3
Dedicato a SiennaGrey1723
Lucius
Sono da poco tornato a casa, dopo aver tolto le scarpe le ho riposte nel Getabako.
Infilo le ciabatte e avanzo entrando in soggiorno.
«Mamma, papà, eccomi sono a casa!» Nessuna risposta. Non sono ancora tornati da lavoro.
Avverto un profumino invitante provenire dal forno spento, forse la mamma avrà preparato qualche prelibatezza per il mio compleanno?
Il pensiero di aprirlo e scoprire cosa si cela dentro sta prendendo il sopravvento, ma ignorando la curiosità avanzo sul Tatami e mi affretto a salire le scale al piano superiore dove raggiungo la mia camera, apro la porta scorrevole e appoggio lo zaino sulla scrivania.
Avverto Astral, dal manto castano e una macchia bianca sulla fronte, che sta abbaiando oltre il fusuma, il mio amico volpino torna sempre a casa a quest'ora.
Aprendo la porta, lo lascio entrare e appena mi vede inizia a scodinzolare verso di me e ad abbaiare.
«Astral, ciao, sono tornato.»
Il volpino mi guarda, inclinando leggermente il capo verso destra. Avverto il suono di un motore di un'auto fermarsi davanti casa. Dalla finestra intravedo i miei genitori scendere dal fuoristrada cinque porte, una Suzuki Vitara 1.6 SZ5 azzurra, ed entrare in casa. Eccoli, sono arrivati!
Mi accomodo sulla sedia girevole vicino alla scrivania, con il portatile spento.
«Tesoro, sei qui? Dai, vieni ad aiutarmi a cucinare il pranzo.» Mia madre mi chiama, bussando alla porta scorrevole.
«Sì, mamma, un attimo e ti raggiungo», rispondo e insieme raggiungiamo il soggiorno. Avanzo sul tappeto in vinile con decorazione di un giardino giapponese. Oltrepasso il paravento bilaterale nell'angolo, con decorazione di ciondoli giapponesi.
Mi siedo sul divano futon rosso davanti al tavolo zen con i Zabuton posti accanto.
Prepariamo i Gyoza: ravioli cotti sulla piastra, ripieni di spinaci e funghi shiitake. Li cuociamo sulla piastra da un lato solo, in modo che si formi una leggera crosticina, accompagnati dalla salsa di soia. Sono buonissimi! Ho già l'acquolina...
«Ecco è pronto il pranzo, buon appetito!» Una volta seduti a tavola ci accingiamo a pranzare.
Tra un boccone e un sorso di tè verde conversiamo tra di noi.
«Com'è andato l'ultimo giorno di scuola?» Inizia mio padre, guardandomi tra il serio e il curioso, mordicchiando un Gyoza.
«Benissimo, grazie!» rispondo, addentando il raviolo di spinaci e funghi, assaporando il gusto salato. «Cos'è questo profumino?» Domando guardandoli interrogativo, mentre mia madre se la ride.
«È una piccola sorpresa per te!» Mentre prende dal forno una teglia contenente una Cheesecake giapponese.
«Oh, accidenti, ma è il mio dolce preferito, grazie!»
Mia madre inizia a tagliare un paio di fette e le gustiamo in armonia, ha un sapore delicato, leggero e soffice come una nuvola tanto da sciogliersi in bocca.
«Questa cheesecake è squisita!» Commenta papà gustandosi il dolce.
Addentando una fetta apprezzo la morbidezza e il sapore dolce acidulo dovuto al limone. «Mamma, sei un fenomeno in cucina!» Riferisco con sincerità.
Mia madre sorride, portandosi una ciocca di capelli color miele dietro l'orecchio, mentre mi fa l'occhiolino.
«Anche tu sei bravissimo in cucina, in fondo tale madre tale figlio», ridacchia mentre mio padre le lancia uno sguardo indecifrabile e mia madre si zittisce di colpo.
«Lucius, tesoro, dovremo parlarti di una cosa che ti riguarda...» Borbotta mio padre e con un'espressione distaccata evita di guardarmi negli occhi.
«Cosa devo sapere?» Chiedo perplesso sbattendo un paio di volte le palpebre guardando mio padre con un cipiglio interrogativo.
«Ti abbiamo adottato. Mi dispiace rivelarti in questo modo che non siamo i tuoi genitori. Eri così piccolo...» Accenna mio padre con gli occhi lucidi.
Serro i pugni lungo i fianchi, mordendomi il labbro inferiore, li guardo negli occhi trattenendo le lacrime.
«Mi avete mentito per tutti questi anni, perché?! Lo avevo sospettato, ma non pensavo fosse vero...» Mi alzo di scatto dalla sedia e gli volto le spalle.
«Lucius, tesoro, aspetta, lasciami spiegare!» Ignorando il richiamo di mio padre senza proferire parola mi avvio nella mia camera.
Perché mi hanno nascosto la verità che sono stato adottato?
Entrando vedo Astral accoccolato teneramente sul tappeto con raffigurati i sakura Cherry blossom. Sonnecchia mentre gli lascio una ciotola con acqua e croccantini di manzo.
Mi intrattengo a studiare nella mia camera, e una volta finito, poso la penna e i libri nello zaino.
Sorrido perché noto Astral che sta mangiando dalla ciotola.
Guardo le foto sul comodino una in cui mi ritrae insieme ai miei genitori al mare. Eravamo felici. L'altra mostra me e Leithian che la tengo per mano sulla spiaggia.
Mi hanno nascosto per tutti questi anni che sono stato adottato. Perché? Cosa li avrà spinti a mentirmi?
Sbuffando annoiato, mi sento avvilito nel cercare una giusta motivazione per cui mi hanno nascosto la verità.
Eppure, anche se non sono veramente i miei genitori, per me non cambierà niente. Li amo e considero parte della mia famiglia.
Ripenso a come mi sono comportato e me ne sono pentito.
Spero che non siano arrabbiati con me per come ho reagito, vorrei chiarire con loro...
Avverto la notifica del mio cellulare, un SMS in arrivo. Appena scritto nella cartella messaggi ricevuti leggo: SMS da Leithian. «Ciao, Lucius, sto arrivando a tra poco», sorrido, avvertendo il battito del cuore accelerato, mentre le scrivo un: ciao, bene, allora dopo e un emoticon con un bacio e invio il messaggio.
Più tardi uscirò con Leithian, è il mio primo e vero appuntamento, vorrei riuscire a dichiararle i sentimenti che provo per lei.
Quando siamo insieme sono felice.
Indosso una semplice camicia bianca, jeans blu, scarpe da ginnastica e ho anche indossato il costume.
«Tesoro, posso entrare?» Sento la voce della donna che credevo fosse mia madre.
«Entra pure», borbotto guardando la porta che si spalanca e la figura della donna che mi si avvicina.
«Sono qui per chiarire, il papà ha voluto che fossi io a parlarti. Anche se non sei nostro figlio ti amiamo come se lo fossi. Ti trovammo ai piedi di un albero di ciliegio in fiore, piangevi spaventato, avvolto in un mantello ornato. Questo cimelio l'ho conservato per anni attendendo il momento che sapessi la verità. Il tuo nome e cognome appartiene alla nobile casata dei Devon!»
Mi consegna un pendente d'argento con una spada con drago nero a intreccio e una croce, una pietra blu intarsiata al centro e ai lati del crocifisso, sul retro l'incisione: casata Devon e il mio nome e cognome!
Oh, Dio, è assurdo, questo significa che sono veramente di sangue nobile, appartengo a una dinastia! Se non erro l'origine del cognome Devon è del Regno Unito.
«È duro sapere che un giorno ci lascerai e te ne andrai lontano da noi, nel tuo mondo d'origine, ma sappi che ti amiamo nonostante non abbiamo vincoli di sangue!»
Sgranando gli occhi osservo la mia matrigna.
«Provengo da un altro mondo? È assurdo! Non è possibile, non ci credo, mi stai mentendo!» borbotto trattenendo le lacrime, gesticolando ansioso.
«Ti giuro, tesoro, mentirti è l'ultima cosa che vorrei fare, provieni da un altro mondo, e sei un principe, lo sappiamo tramite ricerche di libri antichi, la dinastia Devon è di origini inglese», dichiara mia madre con fermezza dandomi una carezza sul viso.
Serro il medaglione nel palmo della mano, poi con un gesto deciso lo allaccio al collo e lo occulto sotto la camicia.
Abbraccio mia madre adottiva.
«Capisco. Grazie per esservi presi cura di me, siete dei genitori stupendi! Vi voglio bene. Ecco, io... cioè non sapete chi sono miei genitori biologici?» Chiedo con un groppo in gola.
«No, mi dispiace, ma di loro non sappiamo nulla», conclude mia madre asciugandosi una lacrima.
«Lucius, tesoro, c'è la tua amica.» La voce di mio padre mi interrompe.
«Sì, papà, un attimo e arrivo!»
Mia madre si allontana uscendo dalla stanza.
Aprendo la porta scorrevole, esco dalla camera e nel corridoio vicino al bonsai mi trovo di fronte alla mia amica.
«Ciao, che cosa stavi facendo? Sembri preoccupato, tutto bene?» Mi chiede con uno sguardo indagatore.
«Studiavo, ehm, non è niente, tranquilla. Sai, pensavo a quello che è successo stamattina a scuola... Che cosa strana», rispondo impensierito.
«Già, chissà cos'era quel varco dimensionale e dove conduceva. A proposito, hai sentito il notiziario? Quei portali sono stati avvistati in città. Fortunatamente, i mostri non sono emersi da essi, ma sono scomparsi dopo che hai sconfitto il lupo gigante!»
È tutto collegato? Cosa sarebbe successo se non fossi riuscito a sconfiggere il nemico, altri mostri sarebbero usciti dai portali? Spero che si scopra la causa di questo misterioso fenomeno.
Leithian indossa un grazioso vestitino di seta bianca e un fiocco azzurro sul petto.
«Bene, allora sei pronta per il viaggio a Shirahama? Prenoto i biglietti online alla Tōkyō Station», faccio una pausa, tossisco schiarendo la voce. «Ehi, ti vedo pensierosa, tutto bene?»
Mi guarda, abbozza un timido sorriso e poi agita la mano in alto. «Ehm... Tutto ok, sono pronta, andiamo!»
Noto che ha una Furoshiki blu e con fiori d'argento e arancione. Salutiamo i miei genitori.
«Buon viaggio e divertitevi!»
«Grazie, ti mando un messaggio quando arriviamo a destinazione, vi voglio bene!»
Li salutiamo, Astral ci raggiunge in soggiorno e inizia ad abbaiare. «Ehi, bello, scommetto che vuoi venire con noi al mare, eh?»
Astral abbaia scodinzolante e così uscendo di casa saliamo sulla bici.
Sul mio smartwatch che ho al polso, il termometro registra la temperatura esterna segnalando 34°C.
Il cielo è come un mare in cui le nubi paiono le onde e la luna è una barca che naviga tra le stelle.
Appoggio il volpino nella cesta davanti e ci dirigiamo verso la stazione ferroviaria di Nerima, che è situata nel quartiere in cui abito e serve le linee Ikebukuro, Yūrakuchō e Toshima delle Ferrovie Seibu e la Linea Ōedo della metropolitana di Tokyo.
Giungiamo alla stazione, e posizionata la bici nella rastrelliera, prendo Astral dal cesto e lo adagio sul pavimento tenendolo al guinzaglio.
Ci avviamo al binario 4 e mostro i biglietti allo staff. Dopo un cenno affermativo saliamo a bordo del treno Saphir Odoriko di colore azzurro e ci sediamo ai nostri posti assegnati, siamo seduti vicini.
L'espresso prosegue dalla stazione di Tokyo alla Izuku-Shimoda.
Lo shinkansen Tokaido va da Tokyo ad Atami, dove dobbiamo cambiare mezzo di trasporto per prendere il treno locale per Shimoda. Entrambi i viaggi richiedono in totale 2 ore e 45 minuti.
«Ehi, perché non scattiamo qualche selfie, mettiti in posa, dai!» Propongo sorridendo, e subito dopo, prendo il cellulare imposto la fotocamera, siamo in posa. Astral si è messo in mezzo a noi, schiaccio il pulsante e dopo poco osservo la foto.
I nostri volti sono rilassati, gli occhi che brillano di gioia. «Bella foto!»
Sposto lo sguardo su Leithian. È silenziosa, sta osservando il paesaggio dal grande finestrino del treno con un'aria malinconica.
«A cosa stai pensando? È da quando siamo partiti che hai quella faccia da funerale, è morto qualcuno per caso?» Tento di farla sorridere, ma fallisco miseramente.
«Tu sei il solito spiritoso, non capisci che ho paura di perderti?!» Il suo tono di voce cambia, attirando l'attenzione dei coniugi seduti di fronte a noi: un uomo biondo e con occhi verdi e una signora dai capelli rossi e occhi azzurri, insieme ai loro bambini, un maschietto e una bambina che somigliano ai loro genitori. Sembrano turisti e ci guardano perplessi.
«Cosa? In che senso scusa, non capisco, spiegati meglio, per favore!» Imploro mentre mi sento a disagio nell'essere al centro dell'attenzione.
«Te lo spiegherò, ma non adesso», con il broncio gira la testa verso il finestrino e incrocia le braccia sul petto.
Ottimo, adesso è arrabbiata con me, dannazione, questo non ci voleva!
«E va bene», sbuffando punto lo sguardo fuori dal finestrino. Il paesaggio circostante scorre davanti ai miei occhi, sfila oltre i binari il profilo del mare, una ferrovia costiera che si addentra tra scogliere, anfratti e foreste del litorale giapponese. Al primo pezzetto di azzurro che balena in lontananza, incollo il naso al vetro. La luce che si rifrange sull'acqua ha il bagliore di uno scrigno.
La terra procede, una linea a zigzag che saetta a destra e a sinistra. Vi si avvicendano paesini di mare arrugginiti avvolti dal verde come bozzoli, cittadine termali da cui sospirano colonne di fumo denso. Infilate scompostamente nel golfo le curiose forme della rinomata Atami, località di villeggiatura per molti turisti.
Mi perdo a contare quelle sfilate di isolette e scogli, issati sulle rocce nude nei loro giri nodosi, le chiome a ombrello dei pini giapponesi fanno loro compagnia: passatempi da viaggi in treno scortati da panorami sorprendenti.
Procediamo in discesa, lungo tutta la Penisola di Izu, fino ad arrivare a Shimoda. Da qui prosegue tra un serpente di tornanti, fino a scorgere, per un gioco di bizzarre prospettive, l'inusuale pendenza di Shirahama.
La voce metallica dello speaker annuncia: «A tutti i gentili passeggeri del Saphir Odoriko, siamo giunti a Shirahama, grazie di averci scelto e arrivederci!»
Astral si è addormentato sulle mie gambe, mentre Leithian si è appisolata, la sveglio dolcemente.
«Ehi, dormigliona, sveglia!» Mi avvicino leggermente scostando una ciocca di capelli davanti al viso.
Apre gli occhi e la vedo arrossire.
«Siamo arrivati?» Si alza e serra un po' la presa sul Furoshiki.
«Proprio adesso», prendendo il cellulare invio un messaggio avvisando mia madre che siamo arrivati. Sono le 18:20 pomeridiane.
Scendiamo dal treno, tenendo Astral al guinzaglio e per mano Leithian usciamo dalla stazione. E in questo istante si sente nell'aria il profumo frizzante della salsedine. La spiaggia si vede all'orizzonte oltre al torii, un'infinita distesa al di là del ciglio della scogliera, in bilico dove la risacca delle onde abbattendosi esplode bianca verso l'alto, le nuvole che corrono come lampi al limitare del mare, il vento che si arrotola gorgogliando sul portale sacro. Lo stridio dei gabbiani che sorvolano il cielo.
Oltre la soglia di questo luogo che pare davvero abitato dai kami, le divinità.
Shirahama non è la località di mare più facilmente raggiungibile da Tokyo, se si vuole risparmiare un po', 3 ore di treni locali, ma giù dai finestrini che paesaggi!
Mi dispiace che Leithian se li sia persi a metà del viaggio.
«Wow! Lucius, ma questo posto è bellissimo!» Fa una giravolta su se stessa e un refolo di vento le scompiglia i capelli, facendo svolazzare il suo vestito bianco, sorride di cuore mentre entusiasta si guarda intorno meravigliata.
treno Saphir Odoriko
Il medaglione della casata dei Devon
Lucius e Leithian da piccoli
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