✯Capitolo ventunesimo ✯
Il sole era appena tramontato, lasciando dietro di sé un cielo macchiato di rosso. Tife e Daniel cercavano un luogo sicuro per accamparsi. I loro cavalli, stanchi dopo una lunga giornata di viaggio, trotterellavano docilmente dietro di loro, il suono degli zoccoli che rompeva il silenzio del deserto egiziano.
«Lì» disse Daniel, indicando un piccolo avvallamento riparato dal vento. «Quel posto dovrebbe bastare».
Tife annuì senza parlare. Nonostante la lunga giornata, il suo spirito era ancora vigile, mentre osservava il paesaggio circostante con occhi attenti. Daniel invece sembrava più rilassato, come se la stanchezza e il territorio aperto non potessero toccarlo.
Dopo aver sistemato i cavalli e acceso un piccolo fuoco, si sedettero su alcune pietre vicine. Il cielo era ora un mare di stelle, e il silenzio del deserto li avvolgeva come un mantello.
«Manca molto a Menfi?» chiese Tife, rompendo il silenzio.
«Un paio di giorni, forse meno se non ci saranno imprevisti» rispose Daniel, aggiungendo un pezzo di legno al fuoco. La luce tremolante illuminava i contorni del suo volto, facendo risaltare la linea netta della mascella e il bagliore degli occhi azzurri.
«Non ricordo chi mi ha detto che le danzatrici egiziane sono di una bellezza straordinaria» disse lei con noncuranza. «Se hai bisogno di qualche loro cura puoi dirmelo. Ci possiamo intrattenere qualche giorno in più».
Daniel rimase sconvolto da quella proposta. Le carezze di una donna non gli mancavano più da quando aveva lei accanto.
«Non ho bisogno delle loro attenzioni»
«In sette anni di campo i miei uomini non facevano altro che ripetere quanto gli mancasse la compagnia femminile».
«Io non sono come gli altri» le rispose quasi ferito.
«Lo apprezzo...» si lasciò sfuggire lei. I loro occhi si incrociarono per pochi istanti, l'azzurro di lui pareva riflettere il verde smeraldo di lei.
Daniel si alzò e le porse la mano. «Vieni» disse, indicandole il cielo. «Voglio mostrarti una cosa».
Con un misto di sospetto e curiosità, Tife prese la sua mano. La sua presa era salda, ma gentile. La condusse su una piccola altura vicina, dove il cielo sembrava ancora più vasto e pieno di stelle.
«Guarda» disse, indicando l'enorme squarcio luminoso nel cielo «Ora che siamo lontani dai fumi delle città e la Galaxias kyklos è ancora più bella e maestosa».
Tife alzava di rado gli occhi al cielo notturno, ignorando talvolta ciò che si apriva sopra la sua testa. Ma in quel momento, con Daniel accanto e i suoi occhi azzurri luminosi, le parve di osservare le stelle per la prima volta. E con la stessa meraviglia.
«È la via lattea, mio padre mi diceva che serviva come sentiero in mare aperto» rispose lei, ricordando vagamente ciò che le veniva raccontato da bambina.
«Per noi greci è uno spruzzo di latte sfuggito dalla dea Era, ma io l'ho vista sempre in altri modi...»
«Ovvero?»
«Il ricordo di quando Michael ti ha tagliato le ali è sempre stato vivido nella mia mente, fin da bambino. Quando alzavo lo sguardo in alto e vedevo queste luci credevo fosse la polvere della tua essenza che mi indicava dove trovarti... Come un...» si bloccò. L'uomo si rese conto di aver parlato troppo, realizzando di aver liberato i suoi sentimenti con troppa imprudenza. Terrorizzato voltó lo sguardo verso il suo angelo, trovandola ancora ad osservare il cielo.
Le sue parole la lasciarono senza fiato, ma finse di non aver sentito. Aveva sentito il proprio cuore vacillare, come se qualcosa dentro di lei continuasse a sciogliersi. E la cosa peggiore era che non sembrava dispiacerle.
«Se vuoi possiamo andare» fu Daniel a parlare ancora, spezzando quel momento.
«Sì, non è prudente lasciare tutto incustodito».
Quando tornarono al fuoco, nessuno dei due parlò. Ma Tife sapeva che qualcosa era irrimediabilmente cambiato. E mentre si sdraiava accanto al fuoco, con la spada sempre a portata di mano, si rese conto che il pensiero di Daniel stava diventando troppo familiare.
Quella mattina Tife si era alzata più tardi di Daniel, ritrovandosi con la pesante coperta ben sistemata su di lei.
Sembrava che qualcuno gliel'avesse sistemata e che lei non se ne fosse accorta.
«Siamo pronti per ripartire? Così continui a raccontarmi della guerra».
«Sei sicuro di volerlo sapere solo per curiosità e non per un tornaconto personale? L'andamento della guerra potrebbe aiutare il tuo paese».
«Sei troppo sospettosa» sorrise bonariamente Daniel e per un istante, in quel piccolo sorriso, lei si sentì rapita. «Io sono solo molto curioso»
Tife alzo le spalle con indifferenza, attenta a non incrociare ancora i suoi occhi azzurri. Riflettè sulle conseguenze che avrebbe portato il parlare di quegli eventi, Daniel poteva anche essere una spia greca interessata a ledere l'impero persiano, ma le sarebbe dovuto importare? Non era più un loro generale.
Ricordare quegli anni sembrava ormai talmente facile che le parole le sfuggivano dalla bocca senza rendersene conto.
«Bene... Dov'ero rimasta? Ah già... I Medi erano stati sconfitti, io ero diventata generale. La tappa successiva fu dichiarare guerra ad Astiage, il re Medio che aveva succeduto Ciassare...»
"La nostra vittoria è molto vicina" aveva detto Ciro il grande, davanti ai comandanti delle sue truppe. E fra loro c'era naturalmente Tife.
"Certo sire, ma io proporrei di stringere alleanza" aveva proposto Nicias, un generale di origine greca.
Fu una proposta che però non riscosse grande successo. Tutti sapevano che Astiage aveva una presa debole sul suo impero, sconfiggerlo con le loro sole forze gli avrebbe arrecato più disonore.
L'impero che Ciassarre aveva lasciato ad Astiago era vasto, al contrario, Ciro, possedeva una trentina di tribù persiane, mercenari greci e truppe fenice.
"Anche io credo che dovremo stringere alleanze" era intervenuta Tife. Lei sapeva che il re prendeva sempre in attenta osservazione i suoi consigli. E infatti Ciro si rivolse a lei con sguardo luminoso.
"E con chi credi sia opportuno allearci?" fu la domanda del monarca, che aveva volutamente ignorato Nicias.
Tife aveva estratto la mappa di tutti i territori e l'aveva srotolata sul tavolo davanti all'uomo.
"Senza ombra di dubbio con Nabonedo di Babilonia. I caldei ci affiancheranno nella lotta contro i Medi, anch'essi loro nemici. Questo porterebbe molti vantaggi al vostro impero nascente. Innanzi tutto allontanerete le voci secondo i quali la Fenicia è vostra complice segreta e otterrete la potenza di Babilonia liberando le terre fenicie dal loro spietato controllo. È il mio popolo vi concederà in cambio le rotte marittime verso la Grecia, l'Italia e l'Egitto".
Ciro aveva riflettuto prima di rispondere, le dita gli intrappolavano la bocca e il respiro gli si affollava sulle nocche "Che sicurezza gli daremo che stiamo vincendo? Astiage è ancora al potere di un vastissimo impero"
Tife stava attendendo quella domanda "ora posso riferirle la splendida notizia che poco fa avevi cercato di darvi, ma che voi non mi avete dato il tempo di comunicare" poco distante da lei, alcuni uomini armati sghignazzavano tra loro e a lei parve di udire che si erano accorti di come il re fosse concentrato nell'osservare il generale più che ad ascoltarla.
Se il prezzo per essere ascoltata e per mantenere il potere sulle truppe era il sorvolare sugli sguardi lascivi di Ciro, ne valeva la pena. Lei da sola valeva come venti uomini, però questo non le garantiva il controllo indiscusso. Guardó negli occhi Ciro, con le mani ancora posate sulla mappa e continuó a parlare: "I satrapi medi hanno iniziato a ribellarsi uno dopo l'altro ad Astiage e a giurare fedeltà a voi. E la notizia si sta diffondendo velocemente, uscendo perfino dai confini dell'impero.
La debolezza dell'imperatore medio ormai non è un mistero quasi per nessuno."
«Sai una cosa Tife? » la interruppe Daniel. «Se tu ed io possedessimo un territorio ciascuno e tu mi dichiarassi guerra io avrei seriamente paura. Sei una stratega assolutamente pericolosa» nella sua voce sembrava esserci davvero una nota personale, come se quella possibilità potesse davvero arrecargli dei danni.
«C'è però una cosa che non riesco a capire... Babilonia è ancora indipendente, la Lidia invece sta per cadere. Ciro non ti ha più ascoltata? »
Tife gli rivolse un'occhiata seccata. «No. A causa di un suo sciocco capriccio».
«Ovvero? »
«Il mio ennesimo rifiuto di entrare nel suo letto».
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