Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

20. Nell'anima lacerata del mostro (REV)

Premessa al capitolo 20

Se qualcuno legge questo capitolo e non capisce che anche Piton è stato violentato nel corpo e nell'anima e che lo stupro è un atto inqualificabile e intollerabile, feroce e disumano, allora quella persona è veramente un mostro.

Spero che quanto ho scritto faccia comprendere a fondo che cos'è uno stupro, e faccia inorridire e mai più scrivere, o accettare passivamente di leggere, e magari anche plaudire, gli allegri racconti di violenza carnale in cui la vittima, in fondo in fondo, gode della violenza e poi, magari, anche s'innamora del suo carnefice.

Dopo questa premessa, è chiaro che il capitolo che segue è atroce e sconsigliato a un pubblico giovane o sensibile, che potrebbe rimanerne turbato.

Ma se pensate che lo stupro sia solo una fantasia erotica, perversa ma in fondo eccitante, allora leggete, leggete con molta attenzione.



20 - Nell'anima lacerata del mostro

Il Cerchio li accolse festante, qualcuno già con la mano nei pantaloni, altri pronti a slanciarsi sulla preda, la brama negli occhi.

- E' solo mia. – ruggì Piton, il cuore che gli batteva martellante seguendo l'ossessiva nenia.

- No, per favore no...

Le aprì appena il mantello, cercando di proteggere il giovane corpo dagli osceni sguardi affamati, e la fece adagiare a terra sopra la stoffa morbida, con delicatezza, lei che neppure s'opponeva ai suoi gesti, ma lo guardava con occhi resi enormi dal terrore.

Anima mia, raccogliti in questo grave momento

e chiudi l'orecchio a un simil ruggito. (1)

Cercò di escludere dalla mente le bestiali incitazioni dell'orrido pubblico che sbavava alle sue spalle, sperando di gustare almeno le briciole dell'oscena violenza e s'inginocchiò a lato della ragazza, slacciandosi i pantaloni.

Sapeva di non avere alcuna erezione e che mai sarebbe riuscito ad averla in quelle condizioni.

Non aveva la più pallida idea di cosa fare, così, solo sussurrò, chinandosi su di lei e cercando di nascondersi alla vista dei compagni già eccitati in modo evidente:

- Non piangere, non ti farò del male.

Fu Goyle, così deficiente al solito, ma troppo scaltro quella notte, a capire per primo ed urlare:

- Dai, Piton, se non ti viene duro ci pensa lei a succhiartelo per bene!

In un istante Goyle già l'aveva tirata per i capelli, sghignazzando, spingendole il viso contro il pene floscio del mago che si sentì morire.

Con una vigorosa manata allontanò il Mangiamorte: non poteva umiliarla così!

Jamie aveva alzato il visetto pallido, striato di lacrime, e lo fissava tremante.

Severus ritrasse subito il bacino e con gesti gentili la fece accucciare con il viso rivolto verso di sé, ma chinato a terra, i lunghi capelli che scendevano folti ai lati del viso, fino a sfiorare il suolo.

Le risa sguaiate alle sue spalle accompagnavano a ondate i suoi movimenti, unite ad oscene incitazioni:

- Infilaglielo in gola, Piton!

Avrebbe voluto ucciderli tutti, subito.

Tornò a inginocchiarsi davanti a lei, la mano a coprire il pene, a tenerlo lontano dalla piccola bocca tremolante. Con l'altra mano premette piano il viso della ragazza verso di sé e si chinò mormorando:

- Chiudi stretti gli occhi Jamie e stai zitta: non ti farò nulla, ma non urlare, per l'amor del cielo.

Poi, coperto dai lunghi capelli della ragazza, cominciò ad accarezzarsi ritmicamente, sempre piegato su di lei, continuando a ripeterle:

- Tieni gli occhi chiusi e non gridare: non ti faccio nulla, ma tu non guardare, non aprire gli occhi, ti prego.

Mentre con una mano si stimolava con forza, con l'altra premeva piano sulla bocca di Jamie per sopire i poveri gemiti, i folti capelli a mascherare la disperata simulazione.

Maledizione, doveva riuscirci.

Lo strofinava con violenza, implorandola di tenere gli occhi chiusi stretti e le labbra serrate e non gridare, di non gridare per favore.

Cercava di convincersi che, se non l'avesse fatto lui, sarebbero stati gli altri a stuprarla e per Jamie sarebbe stato molto peggio.

Perché il pene non voleva rispondere al suo stimolo forsennato, ormai disperato?

Erano mesi che reagiva anche alla minima sollecitazione, spesso nei momenti meno indicati: bastava che Crystal si avvicinasse, a volte bastava anche solo il pensiero della maga. Perché ora se ne rimaneva lì, afflosciato, nonostante ogni suo sforzo?

Eppure non riusciva, non voleva pensare a Crystal: sarebbe stato come violentare anche lei.

Jamie gemeva sommessa, mentre con la mano le sfiorava la guancia incontrandola in quel ritmico movimento: lei, obbediente, seguiva con il capo l'oscillare dell'altro falso movimento che la sua mano, appoggiata sulla nuca, delicata le imprimeva.

Per quanto la ragazza potesse anche essere ingenua, aveva capito la finzione inscenata: si sentiva un mostro e si vergognava profondamente, ma se non fosse riuscito ad avere un'erezione per lei sarebbe stato molto peggio.

Se l'era ripetuto decine di volte, ma non ne era per niente convinto.

Alla fine, ancora non sapeva come, era riuscito ad avere un'erezione quasi decente; spinse di nuovo delicatamente a terra Jamie, le si mise sopra sostenendosi sulle braccia, accompagnato dalle urla eccitate degli animali che gli smaniavano intorno, e supplicò:

- Stai tranquilla e rimani rilassata: non ti farò male se non ti opponi e non ti irrigidisci. Te lo prometto, te lo prometto!

Merlino, stava spudoratamente mentendo!

Chiuse gli occhi e si morse le labbra: come poteva farlo, dove avrebbe trovato la forza di violarla così, come sarebbe potuto sopravvivere a quell'atto di totale ignominia?

Quando tornò a guardarla, lei osservava terrorizzata le lacrime dell'uomo che stava per stuprarla.

Severus si avvicinò di più, sostenendosi su un gomito e infilò la mano tra i loro corpi, poi sfregò fra loro le dita: magicamente si ricoprirono di un consistente velo d'olio e, con delicatezza, prese ad accarezzarla cercando di lubrificarla un poco.

Ancora strofinò i polpastrelli fra loro e altro olio li ricoprì, quindi inserì piano un dito nella vagina contratta, mentre la scongiurava:

- Ti prego, sai che ti farò male se t'irrigidisci, ed io non voglio, te lo giuro, non voglio farti male.

Come poteva credergli, povera Jamie, se già le stava facendo male nel vano tentativo di prepararla alla penetrazione ungendola un poco.

- No, per favore no...

- Farò piano, pianissimo.

Sapeva di non mentire, ma questo non le avrebbe risparmiato dolore, non nella situazione di terrore e totale contrattura muscolare.

Di nuovo stropicciò fra loro le dita a creare nuovo olio di cui si cosparse la punta del pene che poi diresse, con tutta la delicata lentezza di cui fu capace, dentro di lei, mentre ancora con le dita spargeva il prezioso velo d'olio.

-No, per favore no...

Jamie ripeteva sempre più concitata le ossessive parole, senza neppure respirare.

- Ti prego, Jamie, non fare così: respira, respira per favore. – implorò tra le lacrime. – Faccio piano, faccio piano... senti, sono fermo ora, ancora non ho...

Le urla del Cerchio si levavano impazzite e le incitazioni si susseguivano le une alle altre e, benché avesse cercato di escluderle dal livello di percezione, qualcuna riusciva a penetrare la barriera, angosciandolo oltre misura.

- Avanti, Piton, e sfondala una buona volta!

- Dai, Piton, ficcaglielo tutto dentro alla svelta e falla urlare come si deve!

Non poteva più aspettare, né concederle altro tempo.

Ritrasse la mano e si sollevò su entrambe le braccia, il corpo a sovrastare l'essere minuto, chiedendosi perché, perché gli uomini sapevano essere peggiori delle bestie.

Una voce metallica lacerò la notte:

- Allora, Severus, quanto ancora devo attendere prima che i miei ordini siano eseguiti? La mia pazienza si è esaurita.

Devo farlo, devo farlo, devo farlo.

- No, per favore no...

Perdonami, perdonami, perdonami.

- No, per favore no...

Due folli litanie, due disperazioni a incontrarsi nell'orrore di una notte senza fine.

Severus ricominciò a spingere per penetrarla, ma Jamie s'irrigidì ancor di più.

- No, non così. – supplicò di nuovo tra le lacrime, sempre più disperato. – Così mi costringi a farti ancora più male. Lasciati andare, ti prego, ti prego.

Ancora continuò la lentissima penetrazione e poi, all'improvviso, di nuovo si bloccò: ora comprendeva perché Jamie era così contratta e si opponeva disperata.

Era vergine.

No, non poteva farlo.

Fece per ritrarsi, ma la voce di Voldemort sibilò piano, vicino alla sua spalla.

- Ancora cinque secondi e se non ce la fai la getto in pasto a un altro: c'è la coda!

La barriera posta a protezione delle percezioni esterne crollò di colpo e un fiume di turpi parole si abbatté su di lui.

- Avanti, Piton, che è un fiorellino innocente l'abbiamo capito tutti, ormai. Cos'è, non ce l'hai abbastanza duro per sverginarla?

La folle risata di Bellatrix sovrastò tutto:

- Non ce l'avevi così moscio, un tempo, quando mi fottevi alla grande, tutti i giorni e in tutte le posizioni!

Severus alzò gli occhi e se la ritrovò a pochi centimetri dal volto, le gambe oscenamente divaricate e la veste sollevata, la mano a masturbarsi in attesa che le offrisse un più stimolante divertimento.

L'avrebbe uccisa, dopo aver ammazzato Voldemort: sarebbe stata la prima e lo avrebbe fatto con infinito piacere.

- Crepa e vai all'inferno, ninfomane! – le sibilò addosso.

Abbassò di nuovo il viso, serrò stretti gli occhi e le labbra e penetrò definitivamente Jamie, cominciando a spingere con disperazione crescente, mentre le lacrime cadevano invano su occhi saturi di terrore.

Perdono, perdono, perdono.

Una spinta, un urlo.

Non potrà mai esserci perdono per me.

Ora la sua vittima non implorava più: urlava, urlava, urlava.

Merlino, com'è stretta... e asciutta.

Non c'era olio abbastanza, dentro, e sentiva la punta del pene sfregare contro le pareti, mentre ancora, vanamente, cercava di tranquillizzarla, senza trattenere le lacrime, senza riuscire a pensare a come interrompere l'atroce tortura, disperato carnefice a sua volta violentato e straziato.

Lei non piangeva, solo urlava, gli occhi sbarrati nel terrore che si tramutava in lancinante dolore.

Lenti e inesorabili i secondi trascorrevano e un minuto si dilatava nell'eternità.

Anche il suo membro cominciava a fare male, nel ruvido sfregamento: quel poco olio introdotto era insufficiente.

La progressiva percezione del proprio dolore lo portò a comprendere il tormento che la povera vittima provava in quel momento, un nuovo urlo per ogni sua maledetta spinta.

Doveva far cessare la tortura, subito, impossibile continuare: doveva trovare il modo per ucciderla pietosamente e porre fine alle sue sofferenze.

Non poteva più seguitare, ma le bestie intorno a lui l'avrebbero fatto al posto suo, fino a farla morire in un'orribile e lenta agonia.

Non aveva neppure la bacchetta, o il pugnale, solo le mani: soffocarla sarebbe stata una morte atroce e troppo lenta.

Una nuova spinta, un altro urlo, ancora perforante dolore.

Stava per impazzire, non poteva continuare, ma non riusciva a ragionare lucidamente. Strozzarla sarebbe stato altrettanto lungo e crudele: non avrebbe mai retto.

Doveva trovare un dannato modo per far cessare quella mostruosità.

Agghiaccianti, le urla di Jamie seguivano il ritmo dei suoi movimenti, in una perfetta sincronia d'orrore.

Poi, adagio, percepì la lacerazione progressiva dei delicati tessuti interni.

Un nuovo urlo, acuto, lancinante, interminabile, mentre avvertiva il calore del sangue che avvolgeva il pene e la sua anima era squartata fino a frantumarsi.

Un mostro non possiede l'anima e lui, ora, aveva implacabilmente massacrato la propria.

Guardò ancora il povero visetto, oltre le inutili lacrime che gli appannavano la vista, gli occhi devastati dal dolore e dal terrore: il dolore che le stava infliggendo, il terrore che la stava annientando.

In quel preciso istante seppe che non avrebbe più potuto continuare la bestiale recita: il suo corpo l'aveva abbandonato e la minima erezione che era riuscito a procurarsi era svanita.

Anche la ragazza aveva capito che qualcosa era cambiato e aveva smesso di urlare, anche se pareva che dolore e terrore non avrebbero mai più potuto abbandonare lo sguardo velato.

- Continua a gridare. – supplicò il mago, il suo membro ormai fuori dal corpo della giovane donna, ripetutamente schiacciato contro il pube dai fasulli ma violenti movimenti di spinta che continuava a imprimere.

- Grida, Jamie, ti prego grida, come se ancora stessi...

La disperata finzione non poteva reggere a lungo: se fosse stato scoperto entrambi erano perduti: Voldemort lo avrebbe obbligato ad assistere all'atroce agonia di Jamie, povero pezzo di carne disputato tra bestie feroci; poi sarebbe venuto il suo turno, orrendo carnefice tramutato in vittima e, se fosse stato abbastanza fortunato, alla fine la morte l'avrebbe liberato.

Desiderava soffrire, anelava morire, ma prima doveva riuscire a uccidere Jamie nel modo più rapido e indolore possibile.

Morta dissanguata o di terrore, gli aveva intimato Voldemort.

La prima alternativa non si sarebbe mai verificata, non era così grave il danno inflitto; ma il terrore, quello sì era enorme, amplificato dalle brutali richieste che si levavano dal Cerchio.

- Dai, Piton, facci vedere qualcosa di meglio.

- Sì, incula quella cagna Babbana, Piton!

Un vecchio sortilegio dimenticato, al quale non aveva mai creduto: non pensava potesse mai esserci tanto orrore nella vita di un uomo.

Ma ora c'era: nella sua vita adesso ce n'era a sufficienza.

Jamie aveva ripreso a urlare, lo stupore negli occhi che si tramutava in nuovo terrore ad ogni sua spinta, violenta e potente ora che il suo maledetto pene non poteva più violarla: avrebbe voluto maciullarlo e ridurlo in poltiglia.

Perdonami, Jamie, devo farlo.

Chiuse gli occhi e richiamò a sé ogni singolo orrore della sua vita, ogni crimine compiuto, ogni atrocità cui aveva assistito.

Poi riaprì gli occhi di colpo e vide il suo orrore trasformarsi in terrore negli occhi di Jamie.

L'orrore di se stesso era riflesso nel fondo degli enormi occhi innocenti, che mai più avrebbe dimenticato.

Neppure un respiro, soffocato da troppo terrore, uscì dalla piccola bocca.

Jamie era morta, gli occhi affacciati sull'orrore di un uomo che era diventato un mostro.

Perché, perché il sortilegio aveva esaurito il suo potere, perché non era morto anche lui, vedendo infine riflesso, negli occhi sbarrati, tutto l'orrore della propria vita?

Perdonami, Jamie, se non ho potuto salvarti.

Perdonami per aver violato la tua purezza.

Ma Jamie era morta e non avrebbe mai potuto perdonarlo, non avrebbe mai voluto farlo.

Anche lui era morto in quella notte maledetta: Severus Piton era scomparso e al suo posto c'era un mostro, capace di uccidere con il solo orrore dei ricordi.

Un mostro non ha diritto a implorare perdono.

Un mostro senz'anima non piange, ma le lacrime rigavano il suo volto distrutto, mentre si chinava a sfiorare appena, con rispettosa delicatezza, le labbra già fredde che l'avevano scongiurato di non farle del male.

Lui glielo aveva fatto, invece, tutto il male possibile, tutto il male che un uomo può infliggere a un suo simile.

Solo un sussurro straziato sulle sottili labbra socchiuse:

- Perdonami...

Le lacrime caddero sugli occhi spalancati di Jamie, ma non avrebbero mai potuto lavare via l'orrore di quella morte.

Ora, il mostro voleva solo morire.

Si sollevò dal povero corpo violato, veloce richiuse i pantaloni mai calati del tutto e si voltò verso Voldemort dicendo con voce spenta:

- E' morta di terrore: ho obbedito ai tuoi ordini, Padrone, come un servo fedele deve fare.

Nel buio della notte, rischiarato solo dal grande falò, nessuno aveva realizzato l'accaduto.

Piton era troppo vulnerabile e lo sguardo di Voldemort lo trafisse prima che riuscisse a proteggere la mente dagli occhi di sangue che l'aprirono come un vecchio libro, inesorabilmente destinato a mostrare quella particolare pagina: le lacrime sul suo volto erano il tragico segnalibro e Voldemort vi lesse tutta la verità di quella notte tremenda.

Gli occhi dell'Oscuro Signore arsero all'improvviso di rabbia rovente e staffilate di fuoco, in rapida successione, colpirono Piton in pieno petto e sul volto.

Rimase fermo, inerme, senza difendersi.

Una nuova sferzata, più violenta delle precedenti, lo sospinse indietro facendogli perdere l'equilibrio; cadde e si rialzò, il sorriso sul volto ferito, felice delle torture, del dolore che solo lui, ora, stava patendo: la piccola Jamie non soffriva più, non ricordava più, non aveva più terrore di lui.

Frustate ardenti straziavano il suo corpo, rabbia e furore di chi sapeva di non averlo ancora piegato.

La bianca mano scheletrica come fuoco solido gli strinse il petto, quasi a volergli strappare il cuore, e poi lo spinse indietro con violenza. Piton arretrò, inciampò e si ritrovò di nuovo in ginocchio, la schiena volta verso il suo aguzzino, che di nuovo lo colpì con potenti scudisciate di fuoco che lo schiacciarono al suolo.

Si ritrovò a terra, boccheggiante, a pochi centimetri dagli occhi spalancati della ragazza che aveva appena stuprato e ucciso, occhi ancora sbarrati sull'orrore della sua vita.

E l'anima di Severus Piton bruciò, arse nella notte nera, oltre l'orrore e il dolore, immersa nell'Inferno immondo a espiare colpe commesse diciotto anni prima da un giovane folle, troppo ingenuo e ambizioso.

La sua anima era in fiamme, così come bruciava il suo corpo sotto la Cruciatus di fuoco del mago disumano che credeva ancora d'essere il suo padrone.

Che abisso si spalanca

in me! L'abisso del mio cuore

che brucia, come un vulcano, profondo come il vuoto!

Nulla sazierà mai questo mostro in lacrime

e nulla smorzerà la sete dell'Eumenide

che lo brucia fino al sangue con la torcia in mano! (2)

Ma Severus Piton era felice di quel tormento, s'immerse sorridendo nelle fiamme infernali che, sole, potevano portargli l'agognato oblio della morte.

Con penoso sforzo si sollevò da terra e si parò davanti al suo torturatore:

- Uccidimi! – esclamò, più un ordine che un'implorazione.

Voldemort si fermò e, nitido e preciso, vide il desiderio di morte brillargli nella mente.

La rovente ira si esaurì nello stesso istante:

- No, tu vivrai, Severus Piton, perché voglio il peggio per te. Vivrai perché non sei capace né di dimenticare né di assolverti. – sibilò, il fuoco ormai solo negli occhi. – Vattene, ora, striscia via di qui come un servo fedele che questa notte ha deluso il padrone: saprò trovare la giusta punizione per te. – concluse, gettandogli tra i piedi l'ormai inutile bacchetta.



(1) Baudelaire, Les Fleurs du Mal, tratto da « Quadri parigini »: XXXVI – Il crepuscolo della sera.

(2) Baudelaire, Les Fleurs du Mal, tratto da Poesie condannate: XXXVI – Donne dannate – Delfina e Ippolita. L'Eumenide è una delle tre Erinni (Furie) infernali.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro