11. L'uomo dietro alla maschera (REV)
Piton stabilì che il Natale, anche quell'anno, non aveva portato nulla di buono.
Anzi, dopo il difficile inizio alla festa da ballo nel maniero di Malfoy, le cose erano peggiorate con l'assalto a quel povero uomo di Weasley e la conseguente collera di Voldemort; poi erano drammaticamente precipitate con la richiesta di Silente di impartire lezioni di Occlumanzia a Potter.
*
Era già notte quando Crystal, terminata la lettura del trattato consegnatole dal Professore nel primo pomeriggio, decise di provare a preparare la pozione che tanto le stuzzicava l'immaginazione. Uscì silenziosa dalla stanza e si diresse all'aula di pozioni, quando un rumore improvviso la fece appiattire dietro una colonna, trattenendo il fiato: un'ombra nera si stava dirigendo verso di lei, con passo veloce ma claudicante.
Smise di respirare, mentre Piton passava oltre, dirigendosi verso lo studio.
Forse era meglio tornare a dormire, almeno per quella notte.
Però il mago zoppicava in modo vistoso e... doloroso.
Si avvicinò adagio alla porta che non si era neppure curato di chiudere e guardò attraverso la fessura: il mantello giaceva a terra e sul focolare già bolliva un calderone.
Piton era chino sulla caviglia destra, il piede posato sulla sedia, e mormorava una sconosciuta litania facendo ondeggiare piano la bacchetta. La sua mano tremava lievemente. Quando si diresse di nuovo verso il pentolone, il passo era più sicuro, ma certo il dolore non doveva averlo abbandonato.
Sembrava adirato, quasi furibondo, come mai lo aveva visto.
Nel buio del corridoio e della stanza non lo aveva notato, ma quando il mago puntò la bacchetta e tutte le candele si accesero, il volto pallido e tirato risaltò subito: stava soffrendo e l'abito era sporco di terra e fango, soprattutto dalle ginocchia in giù, così come inzaccherate erano le mani.
Doveva essere caduto, più di una volta, e magari era anche rimasto inginocchiato a lungo nel fango gelato della notte.
Il suo corpo era percorso da un lieve tremito, in apparenza incontrollabile; il respiro era breve e affannoso, come se sollevare la cassa toracica, per riempire d'aria i polmoni, fosse un dolore atroce.
Cosa gli era successo?
Cosa stava trafficando con il pentolone, invece di ripulirsi e riposarsi come avrebbe avuto bisogno?
Il mago osservò il calderone con un lungo e sconsolato sospiro, poi si lavò con cura mani e viso e frugò nella libreria tra diversi rotoli di pergamena. Ne afferrò deciso uno e lo srotolò sulla scrivania, fermandolo con due libri, e si mise a leggerlo concentrato: il tremito del suo corpo sembrava non voler cessare e Crystal ebbe l'impressione che non fosse il freddo, di certo sopportato a lungo, a provocarlo.
Le parve che tutti i muscoli fossero in tensione, sottoposti a un tremendo sforzo, come se cercassero di resistere a qualcosa e di opporvisi disperatamente.
All'improvviso, Piton si avvicinò al fuoco e vi lanciò una manciata di polvere presa dal vaso sopra la mensola: pochi istanti dopo il viso di Silente, con indosso una ridicola berretta da notte color cremisi con piccole lune d'argento ricamate, fece capolino tra le fiamme.
- Ooh sei tornato: ero preoccupato! – esclamò il preside – Non era neppure ora di cena quando il tuo Patronus mi ha riferito la richiesta imposta da Voldemort. Cos'è successo, dopo?
- Un fastidioso contrattempo. – sibilò il Professore a labbra serrate.
Silente lo osservò, notò gli abiti sporchi e il tremito del corpo e parve subito capire.
Per un istante abbassò gli occhi e fece un breve sospiro, poi tornò a guardarlo con fare interrogativo.
- Sì, posso preparare quello che vuole. – rispose Piton, asciutto.
Silente abbozzò un lieve sorriso e annuì.
Piton lo guardò di rimando, furioso:
- Ma non l'antidoto, non ora almeno. Mi mancano diversi ingredienti e alcuni sono molto rari e difficili da trovare. Inoltre, prima vanno trattati, perciò ci vorranno come minimo due settimane.
- Va bene, Severus. – annuì ancora il vecchio mago.
- No, non va bene per nulla. – sibilò, sempre più furente – Tra due settimane sarà troppo tardi: quel pazzo avrà già consumato la dose che gli porterò e ne avrà già chieste altre. – esclamò stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nel palmo delle mani – Ed io dovrò assistere, ancora una volta impotente, alle conseguenze dei miei errori.
- Meglio questo che la profezia. – rispose imperturbabile il Preside. – Sai quanto è importante.
- Già, molto più importante della mia coscienza e dei miei rimorsi. – mormorò amaro.
- La tua posizione di spia è troppo importante per barattarla con qualsiasi altra cosa: Voldemort deve avere di nuovo completa fiducia in te. – rispose Silente con decisione - Consegnagli ciò che vuole: sai che hai sempre il mio pieno appoggio – la sua voce tremò appena - e il mio perdono.
- E al diavolo la mia anima! – sibilò il mago a denti stretti, il crepitio delle fiamme a impedire che Silente udisse le ultime parole.
Sento su me piombare tormentosi spaventi
e neri battaglioni di fantasmi implacati
che vogliono condurmi per strade scoscese,
sbarrate, ad ogni capo, da cieli insanguinati.[1]
Ma Crystal aveva compreso tutto: Piton si fingeva fedele Mangiamorte di Voldemort, ma era invece la spia di Silente.
Doveva avergli promesso qualche terribile veleno, per il quale non era in grado di preparare subito l'antidoto. Silente gli aveva ordinato di accontentare Voldemort, a qualsiasi costo, perché la profezia era più importante di tutto.
Ma quale profezia?
- Le tue mani tremano: ce la farai a prepararlo o ti serve aiuto?
- Ce la farò. Io ho sbagliato ed io solo pagherò. – rispose cupo guardandosi le mani affilate e pallide.
- E' stato molto duro?
- Come sempre. – mormorò Piton senza alzare lo sguardo e stringendo ancora i denti. – E' furioso perché non è ancora riuscito ad appropriarsi della Profezia. – aggiunse tornando a squadrare l'altro negli occhi. – Non vuole credermi quando affermo che nella mente del ragazzo non c'è alcuna informazione in merito. Così ora proverà lui a frugare nella mente.
- Per fortuna Harry non sa nulla, ma questo dimostra che insegnarli Occlumanzia è diventato essenziale. – sottolineò il preside in tono pacato.
Il giovane mago sbuffò:
- Sono lezioni inutili: il ragazzo non ci prova neppure a fare ciò che gli dico, né si esercita prima di andare a dormire. Lui gli sta riempiendo la testa di immagini e prima o poi anche quell'idiota di Potter capirà dov'è la profezia: finirà per portargliela su un piatto d'argento.
- Cerca di pazientare con Harry: è un bravo ragazzo. – disse Silente sorridendo.
Piton lo fulminò con lo sguardo, quindi aggiunse, in tono sbrigativo:
- La Cooman è in pericolo.
Il volto di Silente, fra le fiamme, lo osservò interrogativo.
- Gli ho mentito ancora, affermando che l'alcol ha devastato buona parte della sua memoria e il ricordo della profezia non è più estraibile dalla sua mente. Ma, - e il Professore si permise un lieve e doloroso sospiro - visto il particolare trattamento che mi ha riservato questa sera, ritengo che l'Oscuro Signore non sia propenso a credermi, almeno per ora. – terminò con il solito tono amaramente ironico.
- Resisterai? – chiese il vecchio mago, preoccupato.
- Finora l'ho sempre fatto. – rispose secco Piton. – Ma sta attento a quella veggente da strapazzo: fuori da Hogwarts è una donna morta e non potrò fare nulla per lei se cadesse nelle mani dei Mangiamorte.
- Per fortuna, Sibilla non esce mai dalla sua torre. – sorrise Silente, conciliante.
- Ora vattene: devo lavorare.
Il viso conciliante del preside svanì in un ultimo crepitio di fiamme e Piton si trovò a fissare il fuoco, i pugni sempre serrati stretti e il corpo percorso dal doloroso fremito.
Sì, Crystal ne era certa: quell'incessante tremore doveva essere molto penoso per lui.
Lo vide dirigersi verso un armadietto ed estrarre alcuni ingredienti; con la mano instabile urtò una piccola fiala nell'angolo che cadde andando in mille pezzi. Il mago imprecò allontanandosi.
Dispose con cura gli ingredienti sul tavolo da lavoro e cominciò a travasare un liquido scuro e polveroso in una provetta graduata: le mani gli tremavano e il tintinnio dei cristalli che risuonavano l'uno contro l'altro lo innervosì finché una goccia fuoriuscì colandogli lungo le dita. Il Professore inveì e interruppe il lavoro recandosi rapido al lavandino: una scia scura segnava la carnagione chiara. Vi soffiò sopra imprecando ancora e tornò al tavolo da lavoro appoggiandosi sopra con entrambe le mani bene aperte: sembrava cercare di calmarsi e controllare l'inesauribile tremito.
Crystal riconobbe il liquido: era acqua di testa di Kappa ed era terribilmente urticante. Perché Piton non aveva usato i guanti protettivi come ricordava sempre ai suoi allievi di fare?
La conversazione avvenuta tra i due maghi era stata illuminante e, visto i due errori commessi dal Professore, la maga decise che aveva bisogno del suo aiuto ed entrò decisa nello studio.
Il mago si voltò di scatto e l'apostrofò:
- Cosa ci fa lei, qui?
Gli occhi neri scintillavano nel viso pallido e contratto, mentre lo sguardo la perforava.
- Stavo andando in aula per esercitarmi su una pozione, quando l'ho vista arrivare.
- Cosa ci fa lei qui, ora? – ripeté minaccioso.
- La porta era socchiusa - mormorò Crystal sapendo che stava cacciandosi in grossi guai, – e ho ascoltato la conversazione col preside. – terminò in un soffio.
A un veloce cenno della mano del mago, la porta si chiuse con un tonfo alle sue spalle e lui le sembrò più spaventoso che mai, con le rosseggianti fiamme del camino a lambire quelle dei suoi occhi.
Sì, si era di nuovo cacciata nei guai e rimanere chiusa nel suo studio, con il Professore così furente, non le sembrava più un'idea attraente.
Si ripeté che non era un Mangiamorte, ma la spia di Silente.
Questo, però, non glielo faceva apparire meno pericoloso.
Eppure era lo stesso uomo che le aveva sfiorato le labbra con infinita dolcezza sulla terrazza di Malfoy, lo stesso uomo che sapeva trarre note struggenti dal candido violino.
Deglutì la paura e esternò i suoi propositi.
- Le sue mani tremano e non riuscirà mai a preparare la pozione come si deve. Il suo corpo è scosso da un tremito incessante. - affermò guardandolo in profondità negli occhi – Non so a cosa è imputabile, ma sono certa che sia molto doloroso.
Piton s'irrigidì e si raddrizzò, fissando con sguardo interrogativo la donna che continuava a stupirlo con le sue intuizioni.
- Glielo si legge in faccia, anche se sta di nuovo cercando di indossare la sua maschera di disgustata indifferenza, - affermò Crystal – quel pallore estremo, le labbra serrate a dominare ogni più piccolo lamento e il nero dei suoi occhi: un pozzo infinito di sofferenza!
Il mago si lasciò sfuggire un sospiro e rilassò un poco il corpo dolorante per la crudele Cruciatus con la quale il folle Signore delle Tenebre aveva cercato, ancora una volta, di estorcergli un'informazione che mai gli avrebbe rivelato.
La maga lo osservava cercando di comprendere e lui si scoprì felice che non capisse, che non riconoscesse i devastanti effetti di una lunga Cruciatus scagliata dall'essere che, più d'ogni altro, sapeva godere e nutrirsi dell'altrui sofferenza. Crystal non sapeva cosa fosse una Cruciatus e il mago avrebbe solo voluto che non dovesse mai scoprirlo.
- Lasci perdere il mio dolore: non è importante. Cos'ha compreso della nostra conversazione? – chiese secco.
- Tutto quello che c'era da capire, salvo la Profezia, l'Occlumanzia e la questione di inserirsi nella mente altrui.
- Troppo. – valutò Piton, osservandola a occhi socchiusi.
- Prego?
- Ha capito troppe cose e, anche per la sua sicurezza, devo farle un Oblivion.
- No!
- Dubito alquanto che lei possa anche solo pensare di opporsi. Se l'Oscuro Signore frugasse nella sua mente, io sarei spacciato.
- Non è che io e Voldemort ci frequentiamo tutti i giornio: perché diavolo dovrebbe farlo?
Piton si trovò quasi a sorridere: quella donna aveva un'incredibile faccia tosta.
- Cos'è l'Occlumanzia? Perché la sta insegnando a Potter? Serve a evitare di farsi leggere la mente? Perché non posso impararla anche io?
Un fuoco di fila di domande intelligenti: gli aveva risparmiato solo quella sulla Profezia, denotando così altro acume dato che non avrebbe mai avuto una risposta per quel particolare quesito.
- No.
- Perché no? Se può farlo Potter, posso imparare anche io.
Questa volta un ironico sorriso gli sfuggì: Potter non stava imparando un bel niente ed era sicuro che non sarebbe mai riuscito a cavare un ragno dal buco con lui. Crystal era invece naturalmente dotata per l'Occlumanzia, ci riusciva quasi d'istinto e la sua mente di solito era sempre ben protetta.
Afferrò la bacchetta e gliela puntò contro in un rapido movimento, esclamando:
- Legilimens!
Solo poche frazioni di secondo e una pesante barriera di indignazione lo respinse con violenza.
In quei fugaci istanti, però, aveva colto il proprio viso, con le labbra dischiuse nell'atto di un bacio, e aveva percepito con estrema chiarezza il desiderio di Crystal per lui.
- Questo è scorretto! – urlò la maga, saette d'oro a solcare il cielo burrascoso delle sue iridi.
Piton sorrise appena, imbarazzato e incredulo, ma intimamente compiaciuto.
- Sa cosa ho visto? – chiese con totale distacco.
- Ciò che non doveva vedere! – rispose Crystal arrossendo appena.
Avrebbe voluto sorriderle ancora e ringraziarla per quel rossore che la rendeva ancora più bella, invece disse, laconico:
- E' stata molto brava a respingermi.
- Si diverte spesso a frugare nella mia mente? – chiese astiosa.
Rimase a fissarla, disorientato. Non riusciva a non desiderarla e in quel momento aveva una gran voglia di stringerla tra le braccia: se fosse stata lei, a cercare di leggergli la mente, avrebbe trovato un'immagine molto più imbarazzante. Ma inequivocabilmente vera.
- No. Se lo facessi se ne accorgerebbe subito, proprio come ora.
Era certo che Crystal avesse tirato un lieve sospiro di sollievo nello scoprire che i suoi pensieri non erano stati violati. Ma quello che le aveva appena detto non corrispondeva del tutto alla verità.
- Le insegnerò Occlumanzia, giacché è così portata per questa difficile arte.
La maga lo stava fissando in profondità negli occhi, di nuovo cercando di entrare nella sua anima. Quella non era Legilimanzia, ma un'arte ben più antica: sembrava essere andata perduta da centinaia d'anni, ma ora brillava luminosa negli incantevoli occhi di Crystal. Riusciva a opporsi solo perché era un Occlumante di rara maestria, ma con gli altri maghi era certo che avesse la via spianata.
Sollevò la mano e la frappose fra i loro occhi.
- Ma solo se lei m'insegnerà questa antica arte, da tempo perduta, con la quale cerca di entrare nella mia anima.
Crystal sorrise e mormorò, sconcertata:
- Lei è l'unico essere al mondo capace di resistermi: lo sa?
- Lo so. – sussurrò piano.
Aveva una gran voglia di cedere al proprio desiderio: stringerla forte tra le braccia e... no, meglio non pensarci.
La pendola batté l'ora e il mago sussultò: il tempo correva veloce e aveva un sacco di lavoro da fare prima dell'alba.
In un attimo si trovò di nuovo furibondo con se stesso.
- Se ne vada. Devo lavorare e mi ha già fatto perdere troppo tempo! – ordinò seccato.
- Nulla è mutato, rispetto a pochi minuti fa. – rispose Crystal pacata – Le sue mani continuano a tremare e ha sempre bisogno del mio aiuto per preparare la pozione per Voldemort.
- No! – grugnì Piton.
- Si può sapere perché è così incazzato con se stesso? – sbottò infine la maga.
In certi momenti aveva proprio voglia di strozzarla, soprattutto quando riusciva a metterlo a nudo, senza neppure aver cercato di frugare nella sua anima. Come diavolo faceva a capire sempre che emozione stava provando? Possibile che con lei non riuscisse a fingere come con tutti gli altri?
- E' vero, sono furente perché mi sono lasciato incastrare come un pivellino da Voldemort e ora dovrò preparargli un veleno orribile. Non ho modo per rimediare, né di preparare un antidoto. – esclamò, posando di nuovo con forza i palmi delle mani sul tavolo, nell'impossibile tentativo di bloccare quel tremito maledetto.
- Silente però le ha ordinato di farlo.
- Fa presto, lui. Poi è sulla mia coscienza che graveranno quei morti, - sospirò il mago – sono io che li vedrò morire tra atroci sofferenze, costretti a rivelare preziose informazioni. E sarò sempre e solo io che dovrò escogitare un modo per ucciderli pietosamente prima che rivelino troppo!
- Perché proprio lei? – chiese Crystal, ritraendosi inorridita dalle sue parole.
- Perché sono almeno riuscito a convincere Voldemort che il veleno è difficile da dosare e va calibrato con millimetrica precisione. – spiegò, le labbra a riprendere la consueta piega amara – Che una sola, piccola goccia in più può uccidere invece di torturare a fondo anima e corpo. Così solo io avrò l'onore di somministrarlo - mormorò sarcastico, serrando i pugni – e ogni volta sarò punito vedendoli morire con una lenta e atroce agonia davanti ai miei occhi.
Vittime in lamento, calate giù,
calate lungo il sentiero dell'eterno inferno!
Sprofondatevi nel più profondo abisso,
con tutti i crimini sbattuti da un vento non celeste
che ribollono alla rinfusa con rombo d'uragano!
Ombre folli, correte al fine dei vostri desideri!
Quando mai la vostra rabbia sarà sazia?[2]
Piton emise un lungo e sconsolato sospiro prima di continuare:
- Ora se ne vada: devo portargli quella maledetta pozione entro l'alba.
- Le tue mani tremano ancora, Severus, e tu stai sempre male. Combinerai solo pasticci: lascia che ti aiuti.
Gli occhi del professore la fulminarono:
- Se ne vada: faccio da solo! – le intimò aspro. – Già è dura così, figuriamoci se permetto che altre mani si sporchino di sangue innocente al posto mio!
La porta si riaprì alle spalle di Crystal, mentre il Professore di Pozioni tornava a chinarsi sul tavolo da lavoro e cominciava a preparare gli ingredienti.
Dopo pochi istanti la porta si richiuse con un tonfo.
[1] Baudelaire, Les Fleurs du Mal, tratto da « Poesie condannate »: III – Donne dannate – Delfina e Ippolita.
[2] Baudelaire, Les Fleurs du Mal, tratto da « Poesie condannate »: III – Donne dannate – Delfina e Ippolita.
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