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- Come ti senti adesso?
Deborah aveva accompagnato Luce a casa e durante il tragitto non avevano praticamente parlato. Ora Luce si era fatta una doccia, si era cambiata e Deborah le aveva fatto mangiare un pacchetto di cracker.
Erano sedute sul divanetto dello "studio" e Luce aveva appena acceso lo stereo, lasciando basso il volume in modo che la voce ovattata e calma di Fabrizio De Andrè riempisse ò'imbarazzto silenzio che era calato tra loro mentre lei sbocconcellava i cracker.
- Bene... - trattenne il fiato: sapeva che ci sarebbe stato un seguito.
- Senti, ti devo parlare...
Ecco, lo sapeva. Guardò fisso il pavimento e si morse il labbro.
- Non so se poi vorrai seguire il mio consiglio, non sei obbligata. Però io sono tua amica e mi sento in dovere di dirti cosa penso di questa storia... - Prese fiato e cercò le parole più adatte per quello che stava per dire: non era una cosa bella, soprattutto per Luce e lei lo sapeva.
- Be', ascolta, non so che reazione avrai, ma te lo dico direttamente e senza giri di parole: con Luca non puoi andare avanti. So che non dovrei essere io a dirtelo, ma devi trovare uno soluzione: o la situazione cambia o non so proprio cosa ti potrà succedere!
Luce tirò un sospiro di sollievo: allora non si riferiva al suo sttrano comportamento di quel giorno! Poi lo stupore prese il sopravvento:
- Cosa vuoi dire?
Riuscì a guardare Deborah negli occhi mentre le parlava.
- Intendo... Be', mi sbaglierò, ma se ho ragione la questione è seria. Io penso che tu oggi abbia vomitato per la paura che lui potesse vederti. Ricordi quello che mi hai detto mentre stavamo scendendo?- Se lo ricordava. -Be', non è normale! Devi parlargli! Non puoi andare avanti così! Un conto è mettersi insieme quasi per scherzo per la somigliamza del nome, un altro è vivere nella paura di incontrarlo. Se metti le cose in chiaro adesso potrete restare amici. Fallo rpima che sia troppo tardi! Dammi retta!
Lo sguardo che le rivolse era pieno di aspettativa. Luce pensò a quel fiume di parole e vide, come in un film, gli occhi supplichevoli di Deborah, lei piegata a metà tra gli scogli che vomitava, Luca che le urlava contro sulla spiaggia, al centro di un crocchio di ragazzi con la bocca spalancata, a metà tra lo stupefatto e l'idignato, con lei che, rossissima, avrebbe voluto sprofondare e il giorno in cui per la prima volta avevano accoppiato il suo nome con quello di Luca. E ancora, quella mattina le parole vaghe e vuote al telefono che Luca le aveva rifilato e quello che invece aveva detto qualche ora più tardi a Stefano, la felicità e il senso di libertà che aveva provato quella mattina con il vento che le scompigliava i capelli, mentre il windsurf scivolava veloce sull'acqua cristallina.
- Sì, - disse lentamente, - hai ragione. Devo fare qualcosa. Ancora non so cosa, ma qualcosa farò.
Il viso di Deborah si rischiarò.
- Sono contenta. Sai, non è stato facile per me. Ma ora non parliamone più!
- Ok. Senti, ma Ste e Rebe venivano qui?
- Non so, provo a chiamarli.
§§§
- Dobbiamo aspettare ancora molto?
- Anche la fine della gionata, se necessario.
- Ma secondo te, cosa è successo?
- Non so, forse dopo l'esperienza di questa mattina, il suo corpo si è rifiutato di toccare ancora l'acqua... E' possibile, no?
- Be' sì, forse sì. Però certo che è strano...
- Avevi fatto una promessa!-
- Oh, già, sì scusa, è vero.
Il silenzio calò di nuovo sugli scogli di Capo Pino. Lo interruppe "Blowin' in the wind".
- Pronto? ...... Sì, stiamo arrivando ...... Ok, ciao.
- Cos'ha detto?
- Stai calma sorellina!- rispose lui ridendo. -Ha detto che Luce sta meglio e ha chiesto se stiamo andando lì
- Ah, ok... Ma cosa facciamo poi lì?
- Non so... Be', quando saremo arrivati decideremo.
§§§
- Vengono?
- Sì...
- Be', senti, ma cosa vengono a fare? Cioè... Intendo... Cosa facciamo?
- Senti, Luce, smettila di preoccuparti! Sono le cinque, inventeremo qualcosa e poi tra un'ora ce ne andiamo.
Erano le sei e mezza. Avevano passato il pomeriggio a rincorrersi sul prato o ad arrampicarsi sugli alberi, come facevano quando erano bambini. Per la seconda volta quel giorno, Luce era felice e si era dimenticata di tutti i suoi problemi.
- Be', forse per noi è meglio andare...
Stefano non voleva, ma non gli sembrava giusto aspettare ancora. Luce si rabbuiò. Improvvisamente le tornò in mente tutta la giornata. Non voleva che se ne andassero, o sarebbe rimasta sola con i suoi pensieri. Non osò però dire niente e li accompagnò al cancelletto. Quando Deborah vide la sua faccia, si fermò:
- Senti, mi potresti prestare quel CD che satvi sentendo prima? C'è una versione di una canzone che io non ho...
- Ok.
Mentre Stefano e Rebecca si allontanavano, le due amiche risalirono la scalinata e rientrarono in casa. Quando furono in camera, Deborah rifiutò il CD:
- No, senti, era solo una scusa. Volevo chiederti perchè hai quella faccia. C'è qualche problema?
Luce si chiuse a riccio. Dopo poco però decise di invitare l'amica a cena.
- Ti prego fermati! Ci facciamo un'insalata e un gelato. I miei non torneranno prima delle due! Chiama i tuoi! Ti prego!
Anche se non aveva detto niente direttamente, Deborah capì: Luce non voleva stare sola. Non sapeva il motivo, ma poteva fare delle ipotesi. Comunque decise di fermarsi e Luce riuscì a dimenticare ancora una volta quello che le era successo. E anche quando l'amica se ne fu andata, si addormentò felice.
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