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Capitolo 1


-Luce stai bene?- chiese la domestica notando i miei occhi lucidi.
-Ti prego non lasciarmi nonno.- esclamai in un singhiozzo.

Presi la sua mano nella mia, lui aprì leggermente gli occhi e facendo uno sforzo enorme, il dolore che il male gli stava procurando, parlò.
-Sei più forte di quanto credi piccola mia, questa non è la fine di tutto.-

Fissai i suoi occhi così sinceri.
-Ron si prenderà cura di te, me lo ha promesso.- continuoò indicando l' ombra in fondo alla sua camera.

Osservai il tipo, era alto e robusto, indossava un cappotto scuro e portava i capelli tirati indietro col gel. Ricambiò la mia occhiata.

Mi resi conto che quella sera sarebbe cambiato tutto.
Avrei lasciato la casa in campagna dove ero cresciuta con amore, gli alberi e gli animali del nonno. Avrei lasciato lui e il suo sorriso caloroso per andare via con un uomo che non conoscevo, che non avevo mai visto sorridere né sentito parlare a migliaia, forse miliardi di chilometri dal posto che amavo.

- Ti ho già detto cosa devi portare via da questa casa.- disse lui in un sussurro.
-Te,- gli risposi mentre una cascata di lacrime bagnava il mio viso-vorrei portare via te.-

-Sarò sempre qui.- Premette il dito ossuto consumato dalla malattia contro il mio petto indicando il mio cuore.
Fu l'ultima frase che gli sentii dire prima che i suoi occhi si chiudessero per sempre.

Strinsi più forte al petto la spilla, il diario e la capsula che mi aveva ricordato di prendere prima di lasciarmi e seguii l' uomo col gel di nome Ron verso la sua auto.

Era notte fonda.
-Si troverà bene alla Residenza.- disse Ron interrompendo il turbinio di  pensieri nella mia testa.
Era la prima volta che mi rivolgeva la parola e quindi che sentivo la sua voce bassa e roca.

Percorremmo circa quaranta chilometri prima di fermarci al distributore di benzina che conoscevo bene, nonno si riforniva sempre li per il prezzo vantaggioso del carburante.

Un tizio barbuto che non ricordavo di aver mai visto altre volte, si avvicinò al finestrino e porse qualcosa a Ron. Mi sporsi a sbirciare, sembrava una pietra molto scura.

Lui lo ringraziò poi chiuse gli occhi.
Non ne capii il motivo fin quando in un lampo dal buio pesto della notte passammo al sole splendente del mattino.

Quello fu il mio "battesimo", il mio primo viaggio tra due Mondi.
Il cuore mi martellò nel petto acquisita consapevolezza che fosse tutto reale e purtroppo lo era, i miei occhi non potevano mentire.

Ron la chiamò Residenza quello che mi apparve come un castello alto e imponente.
Si ergeva su una collina immersa nel verde, molto diverso dalle case che si vedevano nel mio Mondo12.

-E' giorno qui?- chiesi timidamente non riuscendo a nascondere la sorpresa.
Ron sembrò divertito.
-Il tempo scorre in maniera diversa nel Mondo11,- spiegoò mentre superavamo un grosso cancello.
Parcheggiamo di fronte un' enorme fontana posta proprio all' ingresso.
Fui lieta di non trovare nessuno ad aspettarci.

-Immagino tu sia stanca quindi ti lascerò riposare prima di presentarti agli altri.- disse Ron quasi leggendo i miei pensieri.
-Sto bene.- mentii.
Mi scrutò un secondo attraverso lo specchietto retrovisore senza scomporsi.
-Tuo nonno mi ha dato il compito di prendermi cura di te, non avere paura.- e  abbozzò un sorriso.

Se un posto più accogliente e assieme austero nel mondo esisteva, di certo la Residenza lo rappresentava appieno.
La prima impressione che ebbi una volta messo piede dentro fu di maestosa compostezza.
L'atrio con le sue larghe scale incorniciate da statue sul poggia mano messe lì quasi a volerti accogliere e il lampadario stratosferico di cristalli mi lasciarono letteralmente a bocca aperta.
Il maggiordomo che venne ad aiutarci con le valigie non nascose di averlo notato, anzi riuscii addirittura a strappargli una risata che sinceramente m' infastidì non poco.
Nessuno capiva lo stato d' animo di una ragazza che in meno di due ore aveva perso una delle persone a lei più care al mondo e al contempo il suo stesso Mondo?

C'erano delle regole da rispettare alla Residenza.
Ci si svegliava al mattino che il sole era alto, si faceva colazione e ci si allenava fino la momento di pranzo.
Potevi scegliere un qualsiasi sport da seguire per l'allenamento ma a dire il vero io non ero mai stata interessata a nessuno di questi fino e trovavo difficile doverlo fare obbligatoriamente.
Nel pomeriggio ci si riposava mezz'ora e si andava a lezione finche' non arrivava l'ora di cena.

Circa quindici persone abitavano il castello: la servitù, i professori di scuola e addestratori di discipline sportive e poi c'era la famiglia di Ron.
Sua moglie si chiamava Athea, eterea quasi come una dea, aggraziata nei modi ma anche agile e scattante nei movimenti.
Era gentile con me, il che mi faceva vedere di buon occhio anche Ron.

Poi c'erano i loro tre figli, pezzi grossi di qualche alta carica del loro mondo, motivo per il quale si vedevano poco alla Residenza.
Infine un'altra famiglia, quella della sorella di Athea con i suoi 2 figli, maschi anche loro.

L' unica ragazza che viveva al castello oltre me era la figlia della cuoca, Sana.
Un giorno mi confidò che Ron aveva quasi cinquant'anni il ché mi stupì parecchio perchè gliene avrei dati poco più di quaranta.
-Gli anni scorrono in modo strano qui, Luce.- mi spiegò un giorno mentre la inondavo di domande sulle due famiglie.

Mi era stato molto difficile capire come scorreva il tempo in effetti.
Non esistevano le settimane e neppure i mesi. Il passare dei giorni e delle ore veniva calcolato guardando il sole e le sue posizioni nel cielo

Da questo mondo si riuscivano a vedere nitidamente attraverso un semplice strumento simile ad un cannocchiale ma più grosso. Un uomo chiamato Metasio sapeva leggerle.

In ogni casato c'era una figura come lui. Era, come dire, un orologio umano.

Tutti portavano una specie di auricolare grazie al quale udivano a distanza il suono del suo strumento. Con un tintinnio esso scandiva le ore permettendoci di capire lo scorrere del tempo ovunque fossimo o stessimo andando.

-E' ora di cena Luce.- disse Sana cacciandomi via dalla cucina.
-Ti conviene andare al grande salone.-

Avevamo la stessa età. La invidiavo parecchio in quanto, essendo la figlia della cuoca non era costretta a lezioni o addestramenti serrati di cui nessuno mi spiegava mai la ragione.

Quella sera al tavolo dove solitamente ci riunivamo per la cena mancavano i due capi famiglia, Ron e il cognato Catto.
Trovai la cosa strana perché nei sei mesi trascorsi da me li non era mai accaduto.

Non ero una che si faceva molte domande, né una ragazza curiosa, le cose che succedevano soprattutto in quel Mondo me le facevo soltanto scivolare addosso.

-Luce ti aspettavamo.- disse Athea con un certa irrequietezza.
-Che succede?- mi azzardai a chiedere, senza tuttavia sembrare davvero interessata.
-La guerra fra i Mondi è iniziata e i nostri capi sono stati chiamati in battaglia.- disse.

Strabuzzai gli occhi mentre addentavo una patata al forno.
- Nonno mi aveva detto che prima o poi sarebbe accaduto. -risposi.
Athea mi gelò con lo sguardo. Aveva certamente notato il mio tono non curante
- Sembra che a te la cosa non interessi più di tanto, anche se posso assicurarti che la situazione è molto seria. Stiamo rischiando tutti, potremmo perdere la vita.-

Feci spallucce.
Ghaia, la sorella di Athea batté un pugno sul tavolo e mi sembrò che fosse sul punto di piangere.
-Si comporta così perchè non ha niente da perdere, ma noi si.- obiettò.
-Hai capito il mio punto di vista.- replicai spavalda.
Nella sala calò il silenzio.
ll figlio minore di Ghaia scoppiò a piangere e per un solo secondo mi sentii in colpa.

Mi congedai, portando con me il bicchiere col sidro alla rosa che aveva preparato la madre di Sana.

Non e' che non capissi le loro parole, semplicemente non le sentivo.
Avrei forse dovuto temere di morire? Riuscivo solo a pensare al nonno.
Morto lui non c'era più nessuno che tenesse davvero a me, ne in quel Mondo ne in un altro, ero da sola e anche se Ron e la sua famiglia mi avevano accolta, non ero una loro parente e non c'era affetto tra noi.

Ero solo un piacere, un debito che Ron pagava al nonno per chissà quale favore gli avesse fatto in passato.
Gli amici li avevo lasciati nella mia vecchia vita e anche lì potevo contarli sulla punta delle dita quindi ,se fosse scoppiata una guerra sarei andata incontro alla morte senza paura.

Scesi dal letto e mi spostai verso la scrivania, aprii il secondo cassetto, trovai la capsula e il diario che mi aveva lasciato il nonno. Le pagine erano vuote e ingiallite.
-Le scriverai tu.- mi aveva detto quando me lo aveva dato.
-E la spilla?- gli avevo chiesto.
-Indossala quando sei triste, era di tua madre.-

Mi guardai allo specchio, capelli biondi e lisci lunghi oltre le spalle, occhi verdi, avevo il dono della bellezza ma non della grazia.
Non mi vestivo mai in maniera da attirare l'attenzione su di me, purtroppo bastavano il mio viso, i miei lineamenti, quelli di mio padre a colpire tutti.

-Hai preso da tua madre.- mi disse una sera il nonno.
Sapevo bene che mentiva.
Avevo trovato una foto di papà nel baule di mamma avrà avuto 18 anni, ero la sua fotocopia al femminile.
-Dovevo starle dietro in continuazione, perché la corteggiavano tutti. -aveva continuato, poi aveva cambiato espressione.
- Peccato che si innamorò di tuo padre.-

Non sapevo molto su lui, tranne che non era stato buono con mamma.
Presi in mano la spilla e le due pietre rosa su di essa luccicarono. Sobbalzai. Nello stesso istante un boato squarciò il cielo e del fumo denso entrò dalla finestra socchiusa.
Portai istintivamente le mani alla bocca, non riuscivo a respirare, mi bruciava la gola.
Un' altro boato mi fece sobbalzare e una luce verde si allargò per la camera.

Sentii urla provenire dal salone, poi una voce familiare mi chiamò.
-Luce? Sei qui?- riconobbi Sana quindi mi precipitai ad aprire la porta di camera mia.
Sull' uscio notai che aveva un'espressione sconvolta, era terrorizzata.
-Sono qui!- dissi prendendole la mano. -Dov'è tua madre?- le chiesi.
Scosse la testa. -Non capisci, non c'è tempo. Sono arrivati.-
-Chi?- domandai.
-I guerrieri del Mondo 9.-
Strinse più forte la mia mano trascinandomi fuori con lei.
-Dobbiamo andare.-
-Aspetta.- gridai liberandomi dalla sua presa.
Ritornai dentro, presi lo zaino e ci ficcai dentro le ultime tre cose preziose che possedevo.

Corremmo come pazze lungo il corridoio, Sana mi tirava per la giacca e non riuscivo a starle dietro.
- Dove stiamo andando ?- le urlai.
Lei non rispose, continuò a correre per le scale, quasi non persi l'equilibrio al terzo gradino.
Finche' non lo vidi, un uomo ricoperto di fumo denso e verde, l'odore acre mi bruciò le narici.
-Tu vieni con me.- disse prendendomi per la gola. Gli occhi semi-chiusi per il fumo.

Sentii Sana gridare il mio nome. -Luce usa la capsula. -urlò.- Usala.-
La capsula? Come faccio? È nello zaino. Pensai a quei sei mesi di addestramento, solo nell'ultimo mi ero avvicinata alla boxe, ero stata davvero poco furba. Usando la forza che avevo tirai un calcio sullo stinco all' uomo verde che si divincolò per il dolore, mollandomi giù dalle scale.
Atterrai con le mani avanti, sentii un dolore profondo al polso sinistro. Forse si era rotto.

Cercai con lo sguardo Sana, la trovai in un angolo delle scale che si teneva la gola. Presa da un'adrenalina mai provata, cercai la capsula nello zaino, la trovai. E ora?
-Sana?- gridai.
Ma l'uomo verde era già sopra di lei.
Le torse il collo in un solo gesto.
Sentii le gambe cedermi mentre il corpo della mia amica crollava giù inerme, atterrando ad un passo da me.

-No!- lanciai un urlo di orrore. -Perché?-
Una spada trafisse l'uomo verde da dietro, lo vidi sciogliersi nel suo stesso fumo.
Le lacrime mi riempirono gli occhi mentre guardavo Sana giacere senza vita.
-Muoviti!-mi ordinò l'uomo con la spada e il cappuccio nero.
Portava un mantello e una maschera. Rinfoderò l'arma e mi afferrò per un braccio.
Non mi opposi.

Mi lasciai trascinare fuori in un vortice di emozioni e shock.
Sentii il respiro che mi abbandonava, mentre la gola bruciava ardente.

Spazio autrice:

Salve a tutti! Ho iniziato a scrivere questo racconto qualche anno fa, ciò nonostante non ho dimenticato Luce e le sue vicissitudini, spero la sua storia possa piacervi...

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