48. Epilogo.
Jungwon's POV.
Sono uscito da quell' aula vittorioso; finalmente ho superato gli ultimi esami e con buoni voti, tranne in inglese, ma quello era prevedibile.
Un anno è passato molto lentamente senza Jongsong; di notte a volte piangevo stringendo il cuscino perché mi mancava, terribilmente, gli scrivevo fino alle quattro del mattino durante i weekend, pensavo a lui sempre e trascuravo spesso i miei doveri da studente per chiamarlo e parlarci il più possibile. Malgrado tutto questo anno arduo me lo sono lasciato alle spalle e devo dire che l'ultimo mese, in cui ho studiato seriamente tutto il giorno, è stato assai ostico.
Sono arrivato nell' alloggio felice, ma anche un po' triste, siccome dovevo lasciare quel posto dove sono successe veramente tante di quelle cose!
I miei amici li rivedrò ancora, certo, anzi stiamo già pensando di andare a vivere vicini per incontrarci sempre. Quei posti purtroppo non li avrei più rivisti.
Ho fatto la valigia, svuotando l'armadio da cima a fondo, ho messo tutti i libri negli scatoloni per venderli agli studenti successivi.
Ad un certo punto mi è capitato in mano una collana con la catenina in argento, con un ciondolo a forma di lettere "J e S" e allora mi sono ricordato che me l'aveva regalata Seojoon un annetto fa. Mi ricordo ancora quando l'ho abbracciato felicissimo per quel dono, ma col senno di ora esso mi da il voltastomaco, infatti non mi pento nemmeno un po' di averlo buttato dalla finestra.
Ho raccolto tutte le mie cose e ho lasciato gli scatoloni fuori dalla stanza, sarebbero stati raccolti da dei collaboratori scolastici in un secondo momento.
Mi è venuta una gran malinconia, ma allo stesso tempo una sorta di impazienza legata alla nuova vita che mi attendeva fuori da quelle mura.
Prima di lasciare la stanza per sempre, ho fatto quello che ogni studente fa per tradizione: ho inciso sul legno consumato e segnato già in precedenza "Jungwon è stato qui".
Su quel mobile stavano segnati altri nomi e il mio è l'ennesimo componente di una lunga discendenza. Magari tra qualche anno qualcuno leggerà il mio nome e dirà: "ma io lo conosco" oppure "mi è familiare" o semplicemente scrollerà le spalle perché il mio nome gli sarà nuovo, chissà. Ciò che importa è che il mio nome, inciso su quel legno scuro, durerà per sempre.
Ho salutato l'infermiera della scuola, che è stata per me come una zia per tutti questi anni, mi mancheranno i suoi sproloqui in una lingua che non comprendo!
Con un groppo in gola ho raggiunto l'atrio, dove io e Jongsong abbiamo ballato e ci siamo salutati dopo il suo diploma; lo stringevo fortissimo a me piangendo mentre mi accarezzava i capelli, cercando invano di calmarmi...
"Ti prometto che non ti tradirò mai, nemmeno col pensiero." Gli avevo promesso e per me questi patti di fedeltà valgono più dell'oro.
"Nemmeno io, Jungwon, te lo giuro." Chissà se ha mantenuto la parola data- mi chiedevo tra me e me, anche se queste preoccupazioni erano inutili, ne ero certo-
Nell' atrio mi aspettavano Sunoo e Riki, entrambi felici per gli esiti degli esami.
Il mio migliore amico mi è corso in corso euforico.
"Wonie, finalmente ce l'abbiamo fatta! Quanto ti hanno dato?"
"75." Ho risposto io.
"Buono!" Ha esultato lui.
"Tu invece?"
"80."
"Devi sempre superarmi, maledetto che non sei altro!" Ho scherzato, facendolo ridere.
"Guardate che ci sono anche io." Si è intromesso Riki leggermente offeso, ma sempre col sorriso stampato in faccia.
"Scusa, giapponesino, a te com'è andata?"
"60 e non sono mai stato più felice!" Ha esclamato colui che non studia nemmeno se lo minacci con un fucile.
Mi sono avvicinato all' orecchio di Sunoo.
"Dopo questa divento credente." È riscoppiato a ridere.
"Ah ah spiritoso!" Ups mi ha sentito!
"Sto scherzando, congratulazioni."
Sunoo ha smesso di ridere e ci ha interrotti.
"Perché non usciamo? Siamo stati troppo tempo qui dentro." Ha proposto e noi abbiamo accettato.
Siamo usciti scherzando del più e del meno, ripensando a tutte le nostre avventure, come quando io e Riki ci siamo nascosti negli spogliatoi per evitare ginnastica e Sunoo ci copriva, abbiamo dovuto uscire dalla finestra e percorrere il perimetro della scuola a piedi per tornare in classe: cosa molto stupida, se ci penso, perché avremmo potuto semplicemente scappare negli alloggi.
"Vi ricordate di quella volta in cui Riki è entrato in classe vestito frate?" Ha chiesto Sunoo ridendo.
"Come si fa a dimenticarlo?! Ho esclamato... Già... Come si fa a dimenticarlo? Ha letteralmente lanciato la Bibbia (tirata fuori da chissà dove) in faccia al professore e poi è scappato fuori.
"Ho rischiato la bocciatura, ma ne è valsa la pena." Ha sghignazzato Riki, ancora fiero del suo operato.
Abbiamo rievocato anche il Natale di due anni fa, in cui Sunoo è entrato nel mio alloggio pallido come se avesse visto un fantasma e zoppicante come Efesto cacciato dall' Olimpo...
"Appena ti ho visto camminare la domanda è passata da "cos' hai fatto?" A "chi ti sei fatto?"... Sunoo, vergogna!" Ho scherzato ancora, ormai con lo stomaco dolorante dalle troppe risate.
"Sta' zitto che neanche tu sei un santo, caro mio Jungwon!"
"E tu allora? Cos'avete fatto nell' aula di arte?" Ho ribattuto.
"Possiamo cambiare argomento per favore?" È intervenuto Riki, rosso come un pomodoro.
Le risate coprivano il rumore delle valigie, le cui rotelle sfregavano sull'asfalto talvolta sconnesso e crepato. Avevamo attraversato il campo da calcio, dove Sunoo si è fermato per qualche momento a osservarlo malinconico. So bene che quello è da sempre stato il suo posto preferito.
"Hey, Sunoo, non abbatterti! Giocheremo a calcetto altrove." Ha detto Riki.
"Credo di conoscere un posto." Ho continuato.
"Ma non è la stessa cosa..."
"Comunque sia, non ci possiamo fare niente." Ho concluso.
"Hai ragione... Andiamo dai."
La sua allegria non ha tardato a ritornare, come il suo solito sorriso.
Infine siamo arrivati davanti al cancello aperto e davanti ad esso c'era una persona, ma da lontano non la riconoscevo. Mi sono avvicinato, aumentando sempre di più il passo, il mio cuore stava accelerando così come i respiri. Mi sono messo a correre più veloce che ho potuto.
Non appena ho urlato il suo nome, ha distolto lo sguardo dal telefono e se lo è messo in tasca.
Gli sono saltato addosso, stringendolo fino a stritolarlo... Sì! Finalmente! Finalmente insieme! Io e Jongsong.
Ha quasi perso l'equilibrio, nel tentativo di sorreggermi. Mi ha avvolto le braccia attorno alle spalle e ha appoggiato le labbra sulla mia fronte e l'ha baciata in più punti.
"J-Jay... F-finalmente! Finalmente!" Sono state le uniche parole che ho pronunciato, prima di scoppiare a piangere dalla gioia. Un gaudio immenso mi scaldava sia il cuore sia le lacrime.
Jongsong ha stretto la presa ancora più forte, fino a che il pianto non si fosse arrestato, successivamente si è staccato appena per guardarmi negli occhi. Abbiamo stabilito un contatto visivo dopo tanto tempo e avevo le farfalle come se fosse la prima volta.
È diventato ancora più bello: mascella leggermente più pronunciata, sguardo più intenso e zigomi appena più evidenti. Le sue meravigliose labbra che cercavo da tanto tempo erano rimaste uguali.
"Jungwon, ma sei davvero tu?!" Ha chiesto.
"Certo... Che domande!"
"Sei ancora più bello di quanto ricordassi." Le parole più belle che avessi mai sentito.
"Che esagerato che sei!" Ho distolto lo sguardo per l'imbarazzo.
"È la verità." Ha ribattuto, ha preso ad accarezzarmi la guancia.
"Ho mantenuto la mia promessa." Ha aggiunto, dopo un attimo di silenzio.
"Quale?"
"Non ti ho tradito nemmeno col pensiero."
Ne ero sicuro, Jongsong sa bene che succede a chi mi tradisce!
"Nemmeno io, amore, te lo giuro."
Dopodiché si è sporto e mi ha baciato. Le sue labbra a contatto con le mie mi hanno fatto sentire un piacevole brivido, intanto ho sentito degli "uuh" dai miei due amici, che si stavano godendo la scena.
"Viva la Jaywon!" Ha esclamato Riki, applaudendo.
Dopo tutto questo tempo quel bacio è stato ancora più bello: un sogno, nient'altro che questo e me lo volevo godere fino alla fine. Ora capisco come deve essersi sentito Odysseo quando ha udito il canto delle sirene, credo che avesse provato la mia stessa sensazione di estasi.
Quando si è staccato, io ho fatto uscire un piccolo lamento di disappunto.
"Ne vuoi un altro?"
Ho annuito e ne è ricominciato un altro, stavolta più breve.
"Jungwon..."
"Sì?"
"Vuoi essere ancora il mio amante?" Questa frase l'avevo già sentita.
"Per quanto?" Ho risposto ancora, come se stessimo rifacendo la scena di un film, ma questa volta non sbaglierò, com'è successo nella prima.
"Per sempre."
Ho esitato un attimo a rispondere.
"Certo, amore mio, fino alla fine dei nostri giorni."
E qui si conclude una commedia, teatralmente parlando, la cui trama è stata smanettata più volte, seguendo intrighi e intrecci complessi.
E il titolo di questa opera? Ogni commedia, romanzo o poesia deve avere un titolo che lo rappresenti, o no?
Enemy to Lovers? No. Troppo lungo... Ho trovato! Lovers!
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