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Capitolo 11.

Zee's pov.
Quando mi separai da Saint per seguire le lezioni sembrò che il tempo non volesse più scorrere.
Guardavo ripetutamente sullo schermo del cellulare, senza farmi scoprire, l'orario.
<<Hey amico, stai attento, che dopo gli appunti non te li passo.>>
<<Mmh, non ci credo non saresti così cattivo con me Bright.>>
Il mio compagno di banco e anche il mio unico amico oltre Saint mi rivolse un sonoro rimprovero, direi anche peggio di un professore.
Di solito parlavo con tutti ma non ero amico di nessuno, rivolgevo qualche parola qua e là ai miei compagni di classe ma sempre distaccatamente, solo Bright fu l'eccezione.
Nonostante fossero due anni che ormai faceva parte della mia vita quotidiana e che a volte capitava anche di uscire insieme nessuno poteva raggiungere i livelli di Saint, io e lui eravamo una cosa che andava oltre, indefinibile a parole umane, solo con lui sentivo di poter essere me stesso, che se anche non avessi proferito una sola sillaba lui mi avrebbe capito.
Appena suonata la campanella che segnava l'inizio del pranzo sgattaiolai fuori dalla scuola, lo facevo sempre, sapevo come muovermi.
Vicino l'edificio  c'era una pasticceria che faceva dei fantastici dolci, volevo davvero che Saint ne provasse uno in particolare, cioccolato e mirtilli.
Amava i mirtilli.
Questa era la sua combinazione preferita e la scoprii per caso, quando eravamo piccoli , insieme, al salice.
Infondo Nong era come quel pasticcino.
Delicato, fragile, mostrando tutta la sua sensibilità ma così come andando a fondo si ritrovava un sapore acido e deciso di frutta, così nong era una sorpresa, giorno dopo giorno, così nong mi dava forza ed era forte come il sapore dei mirtilli.
Saint mi aveva mostrato che non tutte le persone erano uguali, che non tutti fingevano di tenerci. Lui nel suo essere e nel suo piccolo mi aveva dato le attenzioni che mi erano sempre mancate, mi aveva insegnato come prendersi cura della persona a cui si vuole bene, mi aveva insegnato l'affetto.
Era solo grazie a Saint se in futuro avrei potuto sperare di non essere l'uomo che voleva mio padre.
Buttai la confezione che mi avevano fatto quando ritornai a scuola, non doveva sapere che ero uscito o non lo avrebbe mangiato.
Quando arrivai mi bloccai ad osservarlo da lontano.

Oh, il mio piccolo nong.

Sembrava un bambino, era tutto sporco sulle labbra di uno strano condimento.
Mi piaceva vederlo mangiare, in questo modo tranquillizzavo il mio animo vedendolo stare bene.
Non potei continuare a fare così a lungo dato gli schiamazzi inutili delle ragazze avevano raggiunto anche le sue orecchie facendogli posare lo sguardo nella mia direzione.
Quando alzò la testa però mi vide già in movimento verso di lui e poggiai il mio pensiero sul banco mentre mi dirigevo in quello dietro di lui.
Ero davvero stanco, ogni fibra del mio corpo gridava "letto".

Ahhh e pensare che avrei dovuto fare questo tutte le mattine ma come mi riduci nong!

Una volta posizionatomi sulla superficie fredda iniziai a stuzzicarlo, soffriva da morire il solletico ma la sua mano bloccò la mia.
Per quanto potesse essere piccola e sudaticcia mi sentivo bene lì, sembravo essere tornato nel mio ambiente naturale.
Avrei potuto toglierla, avrei potuto lasciarlo mangiare in pace ma io la volevo quella mano, la volevo intorno alla mia.
Mi calmava così tanto che finii per addormentarmi, avevo un disperato bisogno della sua presenza per non cadere nel mio baratro, nei problemi della mia famiglia.
Saint era l'unico che poteva farmi rimanere umano, o mi sarei trasformato in una bestia.
Era lui che mi faceva essere così.
Nella mia mente fuggì il ricordo di cosa sognai ma doveva essere proprio bello perché quando aprii gli occhi lo trovai  che mi guardava sorridente.
<<Stavi pensando al cibo, dì la verità!
Eri così sereno.>>
Mi disse mentre le mie iridi si lasciavano trasportare dall'immagine della sua persona.
Forse non stavo sognando proprio niente, era solo la sua vicinanza che mi rendeva felice.
Lo vidi a breve distanza dal mio volto, giurai di sentire l'odore del cacao dalle labbra carnose, le sue mani finirono nei miei capelli scompigliandoli sempre di più ma mai come questa volta non mi interessava.
Era davvero vicino, tanto, troppo.

Forse sto ancora sognando ma se davvero fosse cosi Dio, ti prego, non svegliarmi.

Non mi mossi, non mi allontanai, non lo scostai, rimasi lì, guardando, desiderando.
Ebbi la conferma che non ero in un mondo diverso quando lui mi tirò i capelli facendo scontrare la sua fronte alla mia e incrociare i nostri sguardi ancora di più.

Che dolore.

<<Dimmi la verità o non lascio i tuoi preziosi peli della testa.
Dove hai preso quel paradiso di dolce? Non è possibile che sia della macchinetta.>>
<<Saint lasciami mi fai male!!!!!!>> gridai quasi come un pazzo facendo voltare le poche persone che erano in classe e dando degli schiaffi sulla mano che mi teneva prigioniero.
<<Dovrei tirare più forte allora Phi?>>

E menomale che ero io il più grande.

<<Nonononono va bene, pietà. Guarda che è entrato il professore comunque...>>
Si voltò di scatto lasciandomi ma continuò a dolere il punto in cui poco prima c'era la sua presa ben salda.
Sgattaiolai fuori dal banco nella frazione di secondo in cui si rese conto che lo stavo prendendo in giro.
<<Ma guarda è ora di tornare in classe la pausa è finita.>> mi diressi gioioso verso la porta ma lui venne con me.
Mi afferrò per la camicia facendomi girare.
<<Non farlo più Zee.>>
Era troppo intelligente il mio nong.
<<Beh, questo dovrei dirlo io a te...me la paghi dopo.>>
Il suo viso si incupì leggermente, vedevo la preoccupazione aleggiargli intorno.
<<Dopo...devo rimanere...>>
C'era qualcosa che non andava, le parole faticavano ad uscire dalla sua bocca di poco tremante.
La mia aria scherzosa svanì quando compresi quanto fosse difficile per lui completare la frase e lo sforzo che compiva.
<<...devo andare da...>>
Spostai leggermente i capelli dalla sua fronte tentando di dirgli che poteva anche non dirmelo se non se la sentiva.
Mi guardò quasi deluso, forse da se stesso per non riuscire a farcela.
Spostò la mia mano con dolcezza e terminò la frase guardandomi dritto negli occhi con una determinazione inaudita.
<<...dalla psicologa scolastica.>>
Immaginai subito che sua nonna avesse cercato di metterlo a suo agio e di convincerlo a parlare di sé e dei suoi sentimenti con qualcuno data la situazione delicata.
Non dissi niente, non volevo sapere in più a quanto mi diceva Saint nè ero curioso, mi limitai ad annuire sull'argomento.
<<Vado... a prenderti un altro pasticcino allora...>>
Dissi correndo via da lui sorridendogli prima che potesse sgridarmi sul serio ma almeno il suono della sua risata echeggiò nei corridoi e mi accompagnò per affrontare il resto della giornata.
Voltando l'angolo mi fermai di colpo, faticavo a respirare eppure non avevo corso molto, avevo il cuore che mi scoppiava in petto, eppure avevo sempre sopportato abbastanza bene la pressione fisica.
Ripensai a prima, a quando quello strano impulso mi stava pervadendo alla vista delle labbra di Saint tanto vicine.
Non era niente.
Non poteva essere qualcosa, lui era il mio nong.
Volevo tanto bene al mio nong alla fine era normale, no?
Andai in classe cercando di scacciare via inutili pensieri.

Saint's pov.
Quando assaggiai il pasticcino un marea di immagini felici si proiettarono davanti ai miei occhi, di me, di Zee, di noi.
Si era ricordato la combinazione strana che preferivo.
Mi voltai ad osservarlo non slegando le nostre mani e continuando a gustarmi il suo gesto che era ancora più dolce ora.
Non pensai a niente quando mi avvicinai a lui, quando ci divideva solo la volontà di andare più avanti, quando sentii il suo respiro nel mio su quel banco, in quella classe davanti a tutti.
Eravamo amici da anni eppure quella era la prima volta che gli ero così realmente vicino.
Mi ripresi giusto in tempo per fargli una bella ramanzina, lo sapevo che era uscito da scuola per comprarmi il dolce.
Quando mi diede appuntamento a dopo la fine della lezione mi pietrificai.
Avevo una paura fottuta.
Credevo mi avrebbe giudicato un pazzo, credevo mi avrebbe guardato con occhi diversi se avesse saputo che sarei andato da una psicologa.
Il mio problema era che non me ne importava niente del mondo ma di Zee si, non volevo che qualcosa cambiasse per questo fu difficile dirglielo.
Da un lato mi sentii in colpa e arrabbiato pensando che lui, lui tra tutti, mi avrebbe giudicato quando mi aveva sempre dimostrato il contrario e anche quella volta lo confermò.
Non mi disse niente, non pretese che io ne parlassi, ascoltò e annuì.
Il mio Zee.
Solo lui poteva farmi sentire così a mio agio nel parlare di una cosa così scomoda.
Il pomeriggio arrivò e mi aspettava una chiacchierata che non avevo intenzione di tenere in alcun modo, semplicemente perché mi bastava parlare con Zee per stare meglio.
Andai verso l'ufficio del preside, non dissi niente a Tommy, Jimmy e Park, uscii prima dall'aula salutandoli e scomparendo dalla loro visuale.
La segretaria fuori al suo ufficio mi disse di entrare perché la dottoressa mi attendeva, era lì che si tenevano gli incontri.
Mi aspettavo di trovare una donna con tailleur, tacchi a spillo e montatura degli occhiali appariscenti mentre aprendo la porta si presentò una figura minuta, con felpa e pantaloni neri senza occhiali.
Era seduta al posto del preside e in mano aveva un grande quaderno in pelle, pronta ad annotare qualsiasi cosa dicessi.
Era buona educazione presentarsi ma aspettai che parlasse lei per prima.
<<Siedi pure, io sono Vanessa.>>
<<Grazie, Saint.>>
<<Bene per il momento ritengo che tu possa dirmi quello che senti, poi vedremo.>>
Bene, silenzio tomabale, non le dissi assolutamente niente semplicemente la fissai, anche volendo non sarei riuscito a proferire parola, mi intimidiva e infastidiva tutta la situazione.
<<Mhh interessante...>>
Inizio a buttare qualcosa sulle pagine ma con una scrittura a me incomprensibile.
Passarono minuti interi in cui lei mi esortò più volte con delle domande.
<<Che rapporto hai con tua madre?>>

Di merda.
Non la incolpavo, non me la sentivo di farlo ma quando provò a farlo rientrare in casa, quando provò a giustificarlo quella notte in cui lo cacciai di casa avrei voluto abbandonarla a se stessa e non aiutarla più.

L'unico rumore presente nella stanza era il ticchettio della sua penna a sfera.

<<Come ti senti ora?>>

Bene, libero, anche se non dovrei pensare certe cose, anche se le mie idee sono cattive spero che quell'ammasso schifoso possa marcire in carcere per sempre.

Il cellulare nella tasca dei miei pantaloni vibrò, lo presi di nascosto cercando di leggere i messaggi.

《Parla, o non uscirai prima di domani.》

Era Zee, ma come faceva a saperlo?

《Girati verso la finestra.》

Con la disinvoltura che non avevo mi voltai di scatto verso l'ampia apertura che faceva entrare la luce del tramonto.
Affacciava sul giardino interno della scuola e potevo vederlo lì, appoggiato ad una colonna di cemento.
Mi guardò e poi fece segno al cellulare invitandomi a leggere sullo schermo.

《Ti aspetto.》

<<Sarò costretta a chiederti di venire più spesso, penso che tu abbia un blocco ora... è comprensibile...>>
<<No! Io... sono solo timido mi scusi.>>
<<Ah, finalmente ho il piacere di sentire la tua voce.>>
Mi parve che avesse guardato fuori dalla finestra per qualche secondo ma non ne fui sicuro.
Subito ebbi la sua attenzione perché iniziai a parlare, non volevo far aspettare Zee, più parlavo, più in fretta mi avrebbe fatto uscire di lì.
Me l'aveva detto.
Questa volta non me l'aveva fatto capire, Zee mi stava aspettando.
Parlai più veloce di un treno sputando quello che invece Zee aveva capito senza che neanche parlassi.
<<Va bene Saint, penso che possiamo anche fermarci per oggi.>>
<<Allora posso andare? >>
<<Si va' pure, ci vediamo giovedì questa volta, al solito orario e luogo, la prossima settimana. >>
Presi lo zaino di fretta e mi avviai alla porta, mi stavo dimenticando di salutarla.
<<Grazie... mi scusi... arrivederci.>>
Ormai il sole era tramontato ma Zee era ancora lì, quando uscii lo incontrai quasi subito.
<<Perchè hai aspettato, dovevi andare!>>
<<Non pensi di dirmi troppo spesso cosa fare nong?>>
<<Ma adesso devo andare a prendere il treno, passerà a breve!>> urlai cercando di prendere fiato dalla corsa.
<<Appunto, andiamo?>> disse lui stupendomi ancora una volta.
Si avviò senza prestare attenzione a me e lo raggiunsi dandogli una spallata.
<<Aspettami almeno!>>
<<L'ho fatto fin troppo.>> sorridendomi con un ghigno mi fece sentire tremendamente in colpa, brutto bastardo.
Quando arrivammo alla stazione notai che non c'era quasi nessuno nella zona esterna, era molto isolata e Zee era a pochi passi da me.
D'improvviso sentii la sua mano sulla mia spalla e mi spostò appena in tempo facendomi passare dal lato opposto.
Un tizio con un cappellino ero si diresse di fretta nella nostra direzione.
Zee parò il colpo che era destinato a me scontrandosi con lui ma continuò a camminare e così anche quel tizio, senza voltarsi e senza scusarsi.
Ma che razza di modi, feci per girarmi ma Zee mi bloccò.
<<Continua a camminare Saint, svelto.>>
Arrivammo all'interno della stazione e poi giù alla banchina ricca di persone diversamente dalla zona superiore.
<<Ma stai bene? Cosa è successo prima.. >>
<<Molto probabilmente un borseggiatore, stai tranquillo, voleva prendere il telefono dalla tua tasca, non tenerlo più così.>>
<<Come?! E tu me lo dici così?>>
Iniziai a tastarlo ovunque, visto che alla fine aveva toccato lui e non me, avendo paura che avesse qualche ferita o gli mancasse qualcosa.
<<Hai tutto?>>
<<Si, ti ho detto tranquillo.>>
Continuò a tenere il braccio sulle mie spalle mentre aspettavamo la metro.
<<Grazie per avermi accompagnato.>> dissi mentre sentivo il fischio che annunciava l'arrivo del macchinario.
Non mi rispose, feci per allontanarmi da lui visto che era arrivata ma continuò a tenermi salendo con me.
<<Zee ma che fai! Come torni poi indietro?!?!>>
<<C'è l'ultimo treno no?>>
<<Scendi sei ancora in tempo!>>
Le porte si chiusero ma comunque lui non si mosse di un centimetro anche perché non poteva.
Io ero schiacciato contro la porta opposta a dove eravamo entrati a causa della folla che spingeva per entrare e lui era davanti a me.
<<Non mi ascolti mai.>> dissi sconsolato e appoggiandomi un po'di più alla porta.
In quel momento ero più basso di lui per la posizione nella quale mi trovavo e lui non perse occasione di sottolinearlo.
<<Mi piace disobbedire tappetto.>>
<<Parla chi normalmente è più basso.>>
<<Saint, mi incazzo, non è vero, siamo alti uguale e chiudiamo la questione.>>
<<Non direi proprio Phi>>
Tentai di muovermi per dimostrarglielo ma il risultato di una brutta manovra del conducente e la gente ammassata fu che mi ritrovai a pochi centimetri dal suo viso, nell'angolo tra la la spalla e il collo.
La sua pelle leggermente lucida mi fece venire voglia di toccargli la guancia.
Ridemmo entrambi e il vagone risuonò di noi.
<<Meglio dopo nong.>> disse lui.
Per un momento solo, un flebile istante, appoggiai la mia fronte in quel piccolo spazio che sembrava fatto apposta per me.
Il sudore misto al suo reale odore mi inebriava le narici e mi sentivo vivo come non mai accanto a lui.
<<Meglio dopo Phi.>>




Questi potevano essere loro se si fossero baciati.
Ho quel bacio in gola.
Buona lettura, fatemi sapere cosa ne pensate, solo per voi pubblico anche stasera!

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