57. My tears ricochet
𝚙𝚒𝚌𝚌𝚘𝚕𝚘 𝚌𝚘𝚗𝚜𝚒𝚐𝚕𝚒𝚘 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚊 𝚍𝚒 𝚕𝚎𝚐𝚐𝚎𝚛𝚎: 𝚖𝚞𝚗𝚒𝚝𝚎𝚟𝚒 𝚍𝚒 𝚝𝚒𝚜𝚊𝚗𝚒𝚗𝚊 𝚛𝚒𝚕𝚊𝚜𝚜𝚊𝚗𝚝𝚎, 𝚏𝚊𝚝𝚎 𝚞𝚗 𝚕𝚞𝚗𝚐𝚘 𝚛𝚎𝚜𝚙𝚒𝚛𝚘 𝚎... 𝚙𝚛𝚘𝚖𝚎𝚝𝚝𝚎𝚝𝚎𝚖𝚒 𝚞𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚜𝚊... 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘦𝘨𝘨𝘦𝘵𝘦 𝘪𝘭 𝘧𝘪𝘯𝘢𝘭𝘦.
🔴🔴🔴
JAMES
Che cos'è l'amore?
Qualche mese fa non avrei saputo dar riposta a questa domanda, probabilmente avrei dovuto cercare su internet, perché sebbene io sappia dare e ricevere amore, come si fa a descrivere un sentimento così complesso? So che fare questi pensieri mentre le separo le cosce con il ginocchio può sembrare poco romantico... Ma la realtà è che per me lo è. Come lo è sentire la sua parte più intima a contatto con la mia.
Svegliarmi nel cuore della notte e accorgermi di non essere solo perché il mio corpo è impigliato nel suo, le mie labbra che si fondono con il profumo estivo dei suoi capelli e il suo respiro regolare contro il mio torace palpitante.
E se fosse questo l'amore?
Un'intimità mai provata con nessuno prima d'ora, un'invasione di emozioni a cui non sono abituato, fatto di complicità, sorrisi e tutte quelle parole che mi dice quando ne ho più bisogno. Quelle sono come piccoli cerotti per la mia anima e lei non se ne accorge nemmeno quanto tutto ciò mi faccia stare bene, forse perché io non lo do a vedere e resto sempre in silenzio quando accade.
Di sicuro sono esplicito nel farle capire quanto mi piaccia affondarle dentro, quanto io brami il suo corpo caldo e stretto, lo stesso che ogni volta mi accoglie come se mi volesse abbracciare e non lasciarmi andare mai più.
Strofino il mio naso contro la spalla lasciata leggermente scoperta dalla maglia, perché lei non sembra dormire profondamente, infatti le sua gambe dondolano appena verso le mie.
Le sto cingendo la vita e per poco non boccheggio quando protende il suo corpo nella mia direzione, ad un tratto sento il suo culo premere contro di me, per strofinarsi lentamente sui miei boxer tesi. Porto il bacino in avanti, come a invitarla a continuare, ma è un gioco pericoloso, il gesto risulta così piacevole che ben presto comincio a percepire il cotone restringersi intorno a tutta la mia lunghezza, ormai irrigidita.
«Cazzo» le sussurro nell'orecchio con voce rauca.
Lei geme appena quando con il bacino scivolo un po' più in basso, per un migliore contatto tra le nostre intimità.
«Sei sveglia?» sussurro sottovoce.
«Sì James.»
«Mi piace come lo dici.»
La sento sorridere nel buio.
«Dillo ancora...»
«Allora trova il modo per farmelo dire ancora...»
Con le labbra ricurve immerse tra i suoi capelli sciolti, sorrido anch'io e mi crogiolo nella sua sfacciataggine, dovuta forse al fatto che siamo entrambi immersi nell'oscurità e non siamo occhi negli occhi. La mia mano sorpassa il suo fianco ricurvo e serpeggia sotto alla maglietta del pigiama, le stringo dolcemente il seno tondo con l'interezza del palmo, mentre con il pollice lusingo il suo capezzolo, già turgido per l'insistenza del mio polpastrello freddo.
«Sai cosa mi piace, Biancaneve?» mormoro, questa volta provocandole un brivido involontario.
«Cosa?»
Dolcemente, la spingo sul materasso e le finisco addosso. Con la testa scendo sul suo ventre per sollevarle la maglia, prima di affondare tra le sue curve sode con le mie labbra frementi.
«Ho gusti molto semplici...» mormoro, un attimo prima di distendere la lingua e infliggerle una slittata calda sulla pancia, ad un soffio dal bordo delle mutande.
La sento trattenere un gemito.
«Dimmelo James, cosa ti piace?»
«Stare con la faccia tra le tue cosce fino a fartele tremare.»
Lei finalmente rilascia quel respiro che sembrava imprigionato dentro al petto.
«Bravo con le parole, ma poi chissà...»
La sua provocazione impertinente arriva proprio mentre imprigiono i suoi capezzoli rosei tra le labbra, per poi torturarli con indolenti passate di lingua.
A quel punto le abbasso mutande e scendo tra le sue gambe per constatare che è già eccitata, tanto da dimenarsi quando insisto con la lingua sul suo clitoride appena rigonfio. Pianto entrambe le mani ben allacciate alle sue gambe per tenergliele ferme e ben aperte, mentre lei incatena il lenzuolo in due pugni serrati.
«James, sì...»
Le sue dita incerte s'intrecciano ai miei capelli scompigliati, ma io mi sollevo per darle un bacio sulle labbra.
«Ma che fai?» domanda confusa quando nota il cambio di scena.
«Sono riuscito a fartelo dire. Ormai è finito il gioco.» sogghigno, sapendo di farla stizzire un po'.
Sento i boxer bagnarsi dei suoi umori quando spalanca le cosce, esortandomi a premere contro di lei. E così faccio. Mi perdo in quell'attimo piacevole in cui la mia punta tesa spinge contro la sua carne morbida, nonostante i boxer. E nonostante il fatto che io non abbia più preservativi con me.
Cazzo
La sua mano avida s'immerge ancor di più tra i miei capelli, mentre con l'altra afferra la catenina che mi pende dal collo per invitarmi a tornare su di lei e a baciarla in modo languido e sfacciato.
Schiude le labbra lentamente, concedendomi di darle ripetuti affondi di lingua mentre i gemiti si mescolano nella stanza.
Impazzisco in quell'attimo. Il mio buon senso cessa di esistere e l'istinto prende il sopravvento.
E quando con la lingua comincia a giocherellare con il mio labbro inferiore, risucchiandolo, non resisto e glielo dico.
«Fammelo mettere senza.»
«Cosa? No, James»
«Non ne ho altri.» mugugno a denti serrati.
Sento le gambe formicolare, è una vera sofferenza fisica doverle resistere.
«Perché?»
«Non credevo mi perdonassi, June.»
Lei a quel punto sorride, inaspettatamente.
«Ne hai lasciato uno, l'altra volta.»
«L'hai conservato?»
«Sì, è al fondo del cassetto della mia biancheria. L'ho messo lì in modo che mia madre non lo trovasse»
June si riabbassa la maglietta e si sporge per rovistare nel primo cassetto del comodino, poi torna su di me.
«L'hai tenuto... mi stupisci sempre.»
Senza nemmeno pensarci, si posiziona sopra di me e allaccia le cosce intorno al mio bacino.
«Avrei dovuto usarlo con qualcun altro?»
Mi sollevo appena e l'afferro dagli avambracci, immobilizzandola, ma la mia presa è delicata, quasi impercettibile, tant'è che lei inverte immediatamente la situazione e afferra entrambi I miei polsi e li blocca sul materasso.
«Bella mossa Biancaneve, chi te l'ha insegnata?»
«A giudicare da come mi stai sotto...Di certo non tu.»
Mi mordo il labbro inferiore, umido dei suoi baci, poi la inchiodo con un'occhiata marmorea.
«Basta parlare. Scopami.»
Lei arpiona le mie spalle nude e prende a oscillare su di me, prolungando la mia agonia.
«June...» un piccolo rimprovero abbandona le mie labbra, così lei mi cala i boxer e con le mani incerte, prova ad infilarmi il preservativo. Ci mette un po' più del solito, vorrei dirle che non c'è fretta, che può prendersi tutto il tempo che vuole, ma ogni volta che sfiora le mie vene pulsanti con i polpastrelli, un mugolio roco e sofferto si libera nell'aria.
«Non ti resisto più...»
Le sollevo la maglietta, aiutandola a liberarsene e il supplizio arriva alla sua fine, quando lei indirizza la mia punta coriacea verso le sue pieghe lisce per poi farla scivolare nella sua fessura, cedevole e pronta a concedersi a me.
Nella penombra la vedo chiudere gli occhi per attutire la sensazione di pienezza che la travolge quando affondo, completamente, dentro di lei.
«Non hai la faccia di uno che l'ha fatto qualche ora fa»
Con la mano aperta e ben allargata le arrivo al collo, che allaccio con una presa stretta.
«Attenta a come parli Biancaneve.»
Lei sorride di quel gesto e prende ad aumentare il ritmo, incurante dei miei gemiti eccitati che si moltiplicano ogni volta che i miei occhi cascano sui suoi seni rigonfi.
«Perché non ti giri?» Risucchio un respiro ansimante mentre le faccio quella domanda.
«Che vuoi dire...»
Così, senza indugiare oltre, l'afferro dalla vita e con una mano sul fianco la induco a voltarsi per offrirmi la schiena.
Posiziono le sue caviglie vicino ai miei fianchi, poi aggancio una mano alla testiera del letto, prima di direzionare la mia eccitazione tra le sue cosce, per strofinarla sulla sua intimità rovente. Vengo risucchiato senza pietà e quando lei comincia a muoversi timidamente, sono costretto a serrare i denti i denti.
«Cazzo sì.»
La luce è scarsa ma riesco a vedere i suoi capelli lisci ondeggiare lungo la schiena nuda.
Le afferro una natica per guidarla nel movimento e tento di mantenere la concentrazione, ma la realtà è che sto impazzendo da questa prospettiva.
Lei si curva in avanti, forse per ottenere un'angolazione migliore, così ne approfitto e porto il pollice sulla sua pelle bollente per carezzarle la spina dorsale, dall'alto verso il basso.
«James.» ansima, contraendosi intorno a me.
«Scusa.» mormoro sottovoce.
«Che vuoi fare?»
«Tu continua, non provare a fermarti.» ringhio prima di sollevare il bacino e darle una scoccata così profonda da lasciarla senza fiato.
Il suo corpo sudato è ormai languido sotto le mie mani, June scivola in avanti, così mi spingo sopra di lei. Gli anelli s'impigliano nella sua pelle chiara marchiandola, le stringo fianchi per ottenere una presa migliore, mentre con l'altra mano le afferro i capelli per obbligarla ad inarcare la schiena e godere di quella posizione in cui la sovrasto. I nostri corpi s'infrangono senza sosta.
«Ti faccio male...?» Chiedo, provando a trattenere i mormorii eccitati.
Lei abbandona la guancia sul materasso, seguita a gemere il mio nome e quando mi sporgo per premere il palmo sulle sue labbra e zittirla, la vedo chiudere gli occhi. Abbasso lo sguardo sul nostro punto di congiunzione, esco e rientro, e più lo faccio, più lei cominciare a pulsare e restringersi. Il suo corpo viene sopraffatto da spasmi intensi che si riverberano sulla mia lunghezza, finché non mi si spezza il fiato e, finalmente, mi riverso dentro di lei.
«Cazzo.» È l'unico commento che riesco a fare in questo momento.
«Abbiamo fatto casino?» Lei si copre con la maglietta e mi rivolge uno sguardo insicuro. Scandaglio i suoi capelli biondi che, scombinati, si rovesciano sulle sue guance arrossate mentre il suo petto si alza e si abbassa ritmicamente.
«Non lo so, prima fai casino e poi fai la santarellina?» sogghigno divertito.
Uno schiaffo sul bicipite non me lo leva nessuno.
Non faccio altro, l'abbraccio.
Ti amo
Come cazzo glielo lo dico?
«June...»
«Mmm...»
Io sto impazzendo e tu partirai
«Non se c'è la farò....»
Che cazzo sto dicendo?
«June?»
Lei non risponde, forse si è appena addormentata tra le mie braccia.
Il suo respiro si regolarizza, così lo sussurro nel suo orecchio.
«Ti amo.»
JUNE
Un trillo mi perfora il cervello.
«Ma che cazzo di sveglia hai? »
James salta su dai cuscini con gli occhi semichiusi e i capelli arruffati.
«Non è la sveglia, James.» Mi strofino la fronte che è un covo di ciocche spettinate. «Mi stanno chiamando.»
«Riformulo la domanda allora: chi cazzo ti chiama alle sette del mattino?»
«Oddio, siamo in ritardo per scuola.» esclamo spaventata.
Il cellulare smette di suonare, così la questione "telefonata" passa in secondo piano e James si butta giù dal letto con solo un paio di boxer addosso.
Lo vedo dirigersi al mio armadio per frugarci dentro. Un ghigno modella le sue labbra rosse quando spalanca entrambe le ante del mobile.
«Guarda un po' cos'abbiamo qui... Una vera e propria collezione Hunter-White autunno inverno»
James comincia a esaminare tutte le sue felpe, impilate in ordine nel mio armadio.
«Dai smettila»
«Le tieni come trofeo?»
«Ne hai tante.. Puoi prenderne una se vuoi» lo canzono.
«Generosa la mia ragazza.»
Tra un battibecco e uno spintone, mi districo tra armadio, per vestirmi, e bagno, per lavarmi i denti.
«Perché non c'è il mio spazzolino nel tuo bagno?» domanda James a quel punto, prima di spremersi il tubetto di dentifricio in bocca.
La porta di camera mia si spalanca facendomi inorridire sul posto.
James è in felpa e boxer, io fortunatamente indosso già l'uniforme di scuola.
«Cosa ci fai ancora qui?»
Mia madre fa la sua apparizione, ma James non è minimamente turbato dall'accaduto.
«Oh no, il mostro marino è risalito dagli abissi»
«Sto ridendo?» s'inacidisce lei, assottigliando le palpebre.
«Devo migliorare April? Vuoi prestarmi un po' del tuo senso dell'umorismo inesistente?»
«Devi migliorare e tornartene a casa tua.»
«Okay, ora si mette i pantaloni e se ne va»
Faccio cenno a James di muoversi, mentre provo a placare l'imminente furia di mia madre.
«Vuoi assistere April?»
«Vedi di muoverti.» sputa lei, prima di sbattere la porta e andarsene.
James a quel punto si avvicina per baciarmi, ma la strana smorfia che mi si dipinge in volto non passa inosservata.
«Che c'è?»
«Brian...» sussurro nel guardare lo schermo del telefono.
James affina lo sguardo inasprendo i lineamenti del suo volto perfetto.
«Perché cazzo ti chiama di prima mattina?»
«Non lo so.»
«Non lo sai?»
Resto immobile a fissare il display mentre lui s'infila i pantaloni della tuta, poi va alla finestra a fumare una sigaretta.
«Non lo richiami per sentire che voleva dirti?»
«No, se fosse stato importante...» Ma in quel preciso istante lo schermo s'illumina.
«June.» Brian ha solo pronunciato il mio nome, ma la sua voce ha una nota preoccupata. Sgrano gli occhi e James se ne accorge, quindi si avvicina lentamente.
«Che succede?»
James mi fa un cenno con il capo, quindi decido d'impostare il vivavoce.
«È successa una cosa.»
«Che cazzo c'è? Parla?» sbotta James spazientito.
«Calmati, è da un'ora che provo a chiamarti.» si lamenta Brian.
La notizia però non sembra rassicurare James, che inevitabilmente alza la voce.
«Quindi se io non rispondo chiami lei? È questo che fai?»
«James...» Lo rimprovero, e questa volta sono io a fargli un cenno, quello di mantenere la calma.
«Amelia è sparita. Svanita nel nulla.»
«Sarà con il suo professore preferito, non ci hai pensato?» lo istiga James, senza mezze misure.
Io però mi ritrovo a scrollare il capo in segno di diniego. Ho una strana sensazione nelle ossa.
«Non è mai successo, Amelia non sparisce così. Ho paura sia andata via con lui.» mormora Brian con un filo di voce.
«Con tuo padre?» domando io, mentre James non ne vuole sapere di collaborare.
«Fammi capire, prima ero io il pazzo che s'inventava storie su tuo padre, ora invece cerchi il mio aiuto?»
«James, Brian potrebbe avere ragione... Amelia era strana ieri sera.»
Provo a usare un tono pacato, ma dentro di me sono un miscuglio di emozioni tormentate.
«A me però non interessa..» sputa sulla difensiva, prima d'imprigionare tra le labbra, la seconda sigaretta della mattinata.
«Era strana anche con me ieri, ma è stato non vederla tornare a casa questa mattina a farmi preoccupare. Non risponde alle chiamate.» prosegue Brian.
Con una mano copro il telefono, per poi rivolgermi solo a James.
«Brian mi sembra un tipo orgoglioso, se chiede il nostro aiuto è perché è seriamente in pensiero per la vita di sua sorella. E se fosse in pericolo?»
James però lancia gli occhi al soffitto e torna a parlare con Brian.
«Resta il fatto che quando ero io a dirti che tuo padre era un assassino, quando ero io a dirti di non fidarti di lui, tu non mi hai mai creduto.»
Sta diventando una cosa personale tra Brian e James, come sempre.
«Stai parlando di mia sorella, di mio padre. Perché non capisci?» lo aggredisce il moro.
La sua voce si sporca d'inquietudine e io vengo scossa da un brivido. Ma non James.
«Bene, cazzi tuoi quindi. Ciao.»
James chiude la chiamata al posto mio lasciandomi esterrefatta.
«James!» sbraito irritata.
«Tu non conosci gli Hood. È una vita che provo ad aprire gli occhi a quei due e loro cosa fanno? Non muovono nemmeno un dito quando sono nei casini per causa loro.»
«James, però ragiona...» Provo a trattenerlo dalla manica, ma lui è già sulla porta.
«Ci vediamo a scuola.» sbuffa ricacciando nelle tasche l'accendino.
«Ma...»
Esce da camera mia con una sigaretta in bocca e la sua felpa rubata al mio armadio.
Confusa, resto a contemplare il vuoto, riflettendo su tutto ciò che è accaduto in così breve tempo. Con James è sempre così. Tutto perfetto, poi basta un attimo che le prospettive si ribaltano.
Quando scendo a fare colazione mia zia e May sono già a tavola. Ovviamente accompagnate dall'immancabile April, che mi fissa con aria sospettosa. È però mia zia a parlare per prima.
«Com'è andata ieri sera?»
«Bene, ma immagino tu lo sappia, dato che la mamma ti avrà già aggiornata su qualsiasi cosa.»
Le due mi guardano con espressioni immacolate, come se non avessero trascorso la mattinata a scambiarsi qualsiasi tipo di pettegolezzo che riguarda la vita sentimentale di June White.
«May? Ti sei divertita?» Domanda mia zia a quel punto.
Mia cugina finisce di sorseggiare la sua tazza di latte e caffè poi, senza alcuna emozione dipinta in volto, ci fa il favore di rispondere.
«Sono stata chiusa in camera per quasi tutta la serata, quindi direi di sì.»
Mia madre mi lancia un'occhiata di fuoco che sta a significare solo una cosa "Ti avevo detto di aiutare May a fare amicizia"
«Io non.. ehm... Ricordo...»
«Tu dov'eri? Non eri presente al tuo compleanno?»
«Certo mamma. Ora vado o farò tardi a scuola.»
Ma invece che limitarsi alla sua solita scrollata di spalle, mia madre mi segue fino alla porta d'ingresso.
«Ti devo parlare.»
La sua faccia seria mi crea uno strano vortice nello stomaco, ma decido d'ignorare quella sensazione, ho già abbastanza casini a cui pensare oggi.
«Quando torno parliamo, okay?»
«Va bene June.»
Ma ovviamente i casini sono appena cominciati.
James è pensieroso questa mattina. Stranamente non mi provoca, né mi punzecchia. Anzi, non ha proprio aperto bocca da quando ci siamo visti. Siamo agli armadietti, quando poco distante da noi, passa Brian. L'avvicinamento non è casuale, probabilmente ci stava già cercando. Il moro lascia i libri dentro al suo armadietto, poi sferra un'occhiataccia a James, che è ancora al mio fianco.
«Nemmeno la divisa ti degni di mettere?»
«Che cazzo vuoi?» ringhia James osservandolo dall'alto.
In un secondo i miei occhi sono già piantati al soffitto.
«Ci vediamo a lezione di teatro, June.»
«Ci vediamo a teatro, June» gli fa il verso James.
«Che bambino.» commenta Brian scrollando il capo.
«Chi è che sta gongolando da una settimana perché potrà baciarla e farmi un torto, eh? Non sei forse tu?»
«James! Ma che dici!» esclamo sgomenta.
«No certo, che dico? Come al solito io dico cazzate.» A quel punto James torna a rivolgersi a Brian. «Non muori dalla voglia di farmela pagare per Ari, vero?»
«E anche se fosse?» replica l'altro, a testa alta, come se io non esistessi.
«Fermi. Non ci sarà nessun bacio. Chiederò al prof di eliminare la scena del bacio.» m'intrometto separando le loro sagome rigide, ormai prossime a collidere pericolosamente.
James emette un mugolio di soddisfazione, prolungato, volutamente teatrale.
«Che problemi hai?» lo rimbecca Brian con un'occhiata stizzita.
James china il capo e gli occhi blu sfrecciano sui pantaloni della tuta, invitando Brian a seguirlo con lo sguardo.
«Mi sono appena eccitato nell'udire che la mia ragazza non ti bacerà, vuoi sentire tu stesso?»
«Ma quanto sei stronzo.»
Il brontolio di Brian non passa inosservato, tant'è che James si porta alla labbra un pugno serrato, poi si allontana di qualche passo per sbollire la rabbia.
«Brian non credo di poterlo fare.»
Il moro a quel punto ne approfitta per sussurrare. «Perché devi lasciare che sia lui a decidere al posto tuo?»
«Non è James a decidere, ma io. E io non voglio baciare qualcuno che non sia lui.»
Vedo Brian irrigidire la mandibola che si contrae in una linea dura.
«Come vedi la mia ragazza ha un cervello e lo usa per pensare.»
Mi ritrovo costretta a trascinare via James dal braccio questa volta.
«Io invece lo uso poco, quindi stai molto attento a quello che fai.» conclude mentre ci allontaniamo da Brian.
«Andiamo.»
Ma invece che dirigerci in classe, James decide di fare una piccola deviazione nel bagno dei ragazzi.
«Che fai, non mi parli più?» domando quando lo vedo giocherellare con la sigaretta spenta tra le dita adornate di anelli.
«Oggi non mi va di parlare.»
E prima che io possa replicare, prima che io possa usare il buon senso, vengo tramortita da una scarica di adrenalina, perché il mio corpo viene ben presto pressato dal suo. D'un tratto mi ritrovo schiacciata contro il muro, ad accogliere la sua bocca nella mia. James morde, poi succhia dolcemente il mio labbro inferiore, obbligandomi ad inarcare la schiena per via dei brividi piacevoli provocati dalla sua lingua esperta che scivola tra le mie labbra.
Il suo sapore di menta e sigaretta s'insinua con maestria nella mia bocca, attorcigliandosi alla mia lingua, che risponde a fatica all'irruenza dei suoi baci istintivi e travolgenti. James intanto prende a rovistare con entrambe le mani sotto la mia gonna e quando riesce a sollevarla, mi agito appena.
«E dovesse entrare qualcuno?»
«Lo mando via.» mugugna prima di afferrarmi dai fianchi per indurmi a sedere sul bordo del lavandino.
«E poi non voglio parlare. Questo è molto meglio.» bisbiglia appigliandosi alle mie gambe con le dita fredde.
Torniamo a rincorrerci con baci sfacciati, languidi, mentre la mia testa viene riempita e svuotata di emozioni contrastanti. Il brivido che possa entrare qualcuno e la sensazione leggera che mi carezza lo stomaco, proprio come il battito d'ali di farfalle, ogni volta che le nostre labbra morbide e umide, si ricongiungono.
James però sta osservando qualcosa. Lo vedo con testa china a fissare lo spazio tra le mie cosce, lasciato scoperto dalla gonna sollevata.
«È entrata mia mamma e mi è scivolato il ferro. Smettila di guardare.» sbotto abbassando l'orlo della gonna.
Quando però mi accorgo della morbidezza del suo sguardo, anche il mio tono di voce smette di essere aggressivo e si fa più dolce.
«Che c'è? Non l'avevi visto ieri?»
«Ti sono stato tra le gambe per mezz'ora. Certo che te l'ho visto, ma... Non così.» mormora preoccupato.
«Ti ho detto che mi è scivolato. E poi con lo spacco del vestito continuavo a tenerlo coperto.»
Mi riferisco ai nostri momenti d'intimità e James capisce immediatamente.
«Non devi farlo.» Il suo broncio accennato diventa ormai una smorfia infastidita, dolorante.
«Che c'è?»
«Forse non dovrei dirlo e forse ho poco tatto, ma cazzo...»
«Cosa?»
«Non mi piace che ti fai del male, June.» sbuffa facendo vibrare le labbra gonfie ad un soffio dalle mie.
A quel punto il mio collo fiacco disegna una curva, quindi abbasso sguardo, mentre, con il pollice, James disegna dei cerchi sul mio ginocchio, tenendomi ferma sul lavello.
«Ci sto provando anch'io, okay? Non è facile» Vado subito sulla difensiva, non so fare altrimenti.
«No, non hai capito. Non ce l'ho con te. Non ti sto colpevolizzando, ma stavo pensando... Se esistesse un modo per caricarmi delle tue preoccupazioni, delle tue paure, vorrei prendermele tutte.»
Le sue parole mi scavano un tuffo nel petto. Quella sensazione di stare sul precipizio di un burrone sfuma lentamente, forse perché qualcuno di speciale mi ha appena teso una mano.
Decido quindi di aprirmi e dirgli cosa mi tormenta. Partendo dalla preoccupazione più leggera, il cerchio più largo. Mi chiedo se mai arriverò al nucleo, al centro di tutto, un giorno.
«Oggi pomeriggio ho l'allenamento di cheerleading... Ma lo salterò.»
James si acciglia.
«Perché?»
«Dovrei mettere dei pantaloncini sotto il vestito e si vedrebbe comunque.»
«Tanto domani abbiamo le ultime verifiche, dovresti comunque passare il pomeriggio a studiare, no?»
«Sì e anche tu James.» Sorrido davanti alla sua premura nei miei confronti, la stessa che lui non usa mai per se stesso.
«Secondo Jackson, gira voce che il coach ci rivoglia in squadra.»
«Davvero?»
James solleva il cappuccio sulla testa e le ciocche mosse prendono a cadergli sulle ciglia folte che adornano le sue iridi luminose.
«Avrà capito che senza di noi non vincerà la finale del campionato.»
«Ti vedo pensieroso però...»
«Mmm...No.»
«Sei preoccupato? Per il football o per le verifiche?»
James deglutisce. Entrambi sappiamo che non si tratta di questo.
«James... volevo solo dirti che non ci sarebbe niente di male ad essere preoccupati per Amelia. Lo sono persino io.»
Lo vedo mimare un breve cenno di dissenso.
«Cosa mi nascondi allora?»
Il mio sorriso si spegne in fretta, perché mi accorgo che James questa volta non sorride di rimando. Seguita a giocherellare con le dita sulla mia coscia scoperta, mentre i nostri occhi faticano a restare incollati.
«Conosci un modo per far andare veloce il tempo, June?» chiede ad un tratto, confondendomi ancora di più.
«Ma di che parli?»
«Per far passare velocemente le prossime due settimane?»
Corrucciata, lo fisso confusa.
«Non capisco, James...»
«Tiff ti ha già parlato?» Lui cambia discorso, così decido di assecondarlo.
«No, ma devo vedermi con Tiff e Poppy dopo l'intervallo.»
«Che vogliono?»
«Penso tu lo sappia, James. Mi devono parlare del regalo...»
«Tanto non si potrà realizzare.»
Un broncio enigmatico deforma la curva della sua bocca.
«Non sono Akinator, James. Ma di che parli?»
«Volevano regalarti un viaggio, da fare tutti insieme.»
Spalanco la bocca, dalla quale non fuoriescono suoni.
«Ovviamente è tutta un'idea di Will.»
«Ecco perché mi ha fatto quella domanda, a casa tua...»
«Ha detto di avertene parlato e che tu non sembravi contrariata.»
«Infatti è un'idea stupenda. Potrebbe anche starci un viaggio, perché dici non se ne farà nulla?»
James a quel punto decide arbitrariamente di non mentire, ma nemmeno di rispondere, quindi controllo l'ora sul cellulare e noto che sono già in ritardo per la lezione di teatro.
«Devo andare o il prof mi sbrana.»
«Ti aspetto all'uscita per accompagnarti a casa?»
La sua domanda è accompagnata da una lieve carezza, James fa scorrere il pollice sul mio labbro inferiore, poi mi allaccia un braccio intorno alla vita.
Annuisco mantenendo una compostezza che non mi si addice, dato che dentro di me sto facendo i salti di gioia.
Ci salutiamo quindi con un bacio sfuggente, infine mi dirigo a lezione di teatro.
Sono un po' agitata e la cosa non gioca a mio favore: non ricordo mai le battute quando vado nel pallone. Devo stare calma.
Mi fermo sulla soglia della sala e lì scorgo Brian, già pronto sul palco. Indossa la camicia e i pantaloni della divisa della scuola.
Do un colpetto di mano alla gonna, una districata ai capelli, poi entro.
"Oh no" mi ritrovo a pensare quando capisco che cominciamo proprio da noi due, su suggerimento del prof, che sembra già stufo di stare lì. Dal mio canto, mi accorgo di essere un po' indietro con le battute, devo ancora sbirciarle nei fogli e il prof si sta spazientendo.
«Mancano poche settimane e tu non sai nulla a memoria, White?»
«Le imparerà» viene in mia difesa Brian, causando lo sbuffo sonoro da parte del professore.
«Andate a ripassare tutto da capo. E ora sparite, avanti gli altri.»
Ci caccia via dal palco in malo modo, ma io mi faccio coraggio e mi avvicino alla cattedra posizionata al centro della sala.
«Posso parlarle?»
Il prof è sempre intento a bere caffè, a mangiare e a guardare tutti con superiorità.
«Sentiamo.»
«Vorrei muovere una proposta, eliminare il bacio dall'atto uno, scena cinque.» annuncio senza paura, dopo aver incamerato un lungo respiro.
«Perché?»
«Beh sarà uno spettacolo per famiglie e io...»
«Va bene, no bacio, non mi interessa. Va a memorizzare tutte le tue battute, ma sappi che non mi accontenterò solo di questo. Tutti e due.» L'uomo richiama bruscamente anche Brian. «Vedete di darmi l'impressione che ci sia chimica, passione tra di voi. Per quel che mi riguarda, potete anche baciarvi sulla guancia o prendervi a schiaffi, ma voglio credibilità.»
«Dovrebbe essere la rappresentazione di un l'amore struggente» sottolinea l'assistente con la sua vocina sottile.
«L'unica cosa che si sta struggendo, signorina, è la mia pazienza con questi due...per non dire altro.»
A quel punto io e Brian veniamo cacciati dall'aula di teatro con un po' di anticipo, quindi ci fermiamo ai rispettivi armadietti.
«Come passerai vacanze?» Gli chiedo curiosa.
Lui resta rigido, immobile davanti all'anta aperta, senza battere ciglio.
«Lascia stare. Non serve che tu finga June.»
«Non sto fingendo, Brian. Voglio sapere con chi passerai il Natale.» insisto con decisione.
«Mia madre ha detto che farà di tutto per tornare a Natale, ma... Finché non la vedo a casa, non ci credo. Amelia, invece, a quanto pare ha deciso di passarlo con mio padre, senza però farne parola con me.» Mi fredda con occhi cupi.
«Brian, tua madre tornerà di sicuro e penso che...»
«Non c'è nulla da pensare. Sono solo, June.» Sbotta chiudendo l'armadietto con rabbia.
Il suo tono di voce grave è pesante, così come il suo cuore. Lo sguardo rammaricato e per nulla felice, mi lascia intendere che forse Brian sia la persona più sola che io conosca.
«E Blaze?»
Brian a quel punto muove dei passi verso di me, riavvicinandosi alla mia figura, accorciando le distanze tra di noi.
«Non lo vedo più. Non so più nulla di lui da quando si frequenta con il suo "nuovo amico".»
Le sue parole rimbombano per il corridoio sgombro.
«Se vuoi... Io e mia mamma trascorriamo tutti gli anni il Natale insieme a mia zia e...»
Una folata gelida mi scuote la spina dorsale quando Brian si china verso di me, facendo allineare il suo viso al mio, senza esitazioni.
Prima che le sue labbra sfiorino le mie, mi scanso prontamente.
Saranno state lezioni di difesa con James, ma non sapevo di avere dei riflessi così pronti.
«Ma sei impazzito e se non mi fossi spostata?» urlo spaventata, con entrambe le mani strette al petto.
La testa vortica e nell'indietreggiare in modo repentino, perdo l'equilibrio e schianto le spalle contro l'anta metallica. Il gesto mi provoca un lieve dolore.
Lo spazio intorno a noi è vuoto, silenzioso, ma io giurerei di sentire il mio cuore a mille.
«Se non mi fossi spostata, eh?» Strillo con i denti serrati.
«Ti avrei baciata, voglio baciarti.» confessa lui con voce profonda.
«Non farlo mai più.»
Sto sbraitando, tremando e nemmeno me ne rendo conto. Mi ritrovo destabilizzata da quell'atto sconsiderato, quindi mi allontano da lui a passo svelto, smarrita e in preda alla confusione.
Come ha potuto fare una cosa del genere?
Proseguo per il corridoio a passo spedito ed esco dalla porta antincendio. Il sole di mezzogiorno mi illumina il viso, scaldando il mio corpo che rabbrividisce dall'agitazione.
Senza accorgermene sono giunta alle scalinate del campo da football e qui, scorgo i ragazzi da lontano.
Vorrei stare da sola.
Chino il capo, come se bastasse a non farmi riconoscere, ma sento la voce di Will richiamarmi.
«Stai bene June?»
Jackson solleva la testa dal cellulare e con uno sguardo sembra leggermi dentro.
James è di fianco a lui e sta fumando con occhi sottili.
Succederà un casino, già lo so.
«Che c'è June? Stavi venendo qui da noi?» domanda Marvin nel vedermi vagare senza meta davanti al campo.
«Stavo...ehm...niente»
«June, eccoti!» Anche Poppy mi richiama.
Mi avvicino alla bionda, ma alle mie spalle sento dei passi. Poi una voce.
«Porca miseria...»
E quando arriva anche Brian, capisco che a breve finirà il mondo.
JAMES
Le dita stretta intorno al cellulare tremano. Non mi guarda negli occhi.
Sono seduto sulle scalinate insieme a Jackson e Marvin, mentre Poppy e June sono in piedi, a qualche metro da noi.
Poppy comincia a parlare, ma io non la sto ascoltando perché è appena arrivato lo stronzo.
Nemmeno June sembra essere interessata a cosa racconta Poppy, e dire che lei è una delle poche che normalmente l'ascolta con attenzione.
Assottiglio lo sguardo per intuire lo stato d'animo di June, ma quando Brian le si avvicina, lei sembra sobbalzare, come punta da vespa.
«Devo andare. Ci sentiamo dopo James?»
Io però non ribatto, continuo a fumare e a fissarla, mentre Poppy rovescia le sopracciglia in un'espressione dispiaciuta.
«June non hai risposto però.» insiste la bionda.
«Dimmi, scusa.»
«Dicevo... Stasera potremmo studiare tutti insieme. I miei sono alle Maldive e io odio studiare da sola.»
«Io odio studiare, quindi perché no?» Ecco, Marvin non aspettava altro.
Lui e Poppy si scambiano un sorriso velato, Jackson invece annuisce.
«Va bene.» commenta il biondo.
«James e June?»
Io non proferisco parola, sono troppo concentrato a esaminare le sue mosse, così lei annuisce distrattamente.
«Brian?»
«Ehm...»
Le guance di June diventano colorate. Serro i denti intorno alla sigaretta e i pugni lungo le ginocchia.
«Ma Amelia? È da ieri mattina che non la sento.»
Poppy rivolge quella domanda a Brian, che però resta in silenzio.
«Amelia è con suo padre.»
Apro la bocca solo per pronunciare quella provocazione, ma il moro sembra non abboccare, ci scambiamo un'occhiata fugace, nient'altro.
«Gli avrà consegnato i documenti che lui cercava?» domanda Jackson, sotto alle facce confuse di Poppy e Marvin.
«No.» asserisce June con convinzione.
«Come fai a saperlo?» la interrogo a sguardo serrato.
«Ci ho parlato la sera del mio compleanno.»
«Non mi fido di lei.» annuncia Jackson, causando il consenso da parte di Marvin.
«Nemmeno io, ma... Ho avuto come l'impressione che fosse scottata dal litigio con il professore»
June aggiunge quel dettaglio e Brian la fulmina immediatamente.
«Di nuovo con questa storia?»
«Perché non vuoi mai credere a quello che ti diciamo?» lo aggredisco con tono stridente.
«Calmatevi.» Suggerisce Marvin quando vede arrivare William. «Will vieni a studiare da Poppy per la verifica di domani?»
«Quale verifica, scusa?»
«Will sei quello con i voti peggiori...» lo rimbecca Jackson.
Marvin sorride soddisfatto, stranamente non è lui quello a rischio bocciatura quest'anno.
«Okay, allora è deciso. Ci vediamo tutti da me stasera.» Poppy compie un piccolo saltello sul posto, mentre June curva la testa nella mia direzione.
«Che c'è, sei strano?» sibila con il labiale.
«Sei tu quella strana.» controbatto risoluto, senza smettere d'inspirare il veleno della sigaretta.
«Va beh... Io torno a casa prima. Ci vediamo stasera.»
June sembra impaziente di fuggire via e a me la cosa non va giù.
Faccio per alzarmi e seguirla, ma Jackson mi trattiene dal braccio.
«Che succede? Sei incazzato.»
Senza pensarci due volte, sgancio un pugno al corrimano metallico che costeggia la scalinata intorno al campo.
«Lo sapevo... L'hanno fatto.»
«Cosa?» Jackson sembra non capire, anche la faccia di Marvin è interrogativa.
«Si sono baciati.»
I miei amici non fiatano, solo Will apre bocca.
«Sì ma l'hanno fatto per la recita, no?»
Lo uccido
«Mi aveva detto che non l'avrebbe fatto.»
«James non saltare a conclusioni affrettate, chiediglielo almeno.» suggerisce Jackson, con il suo tono pacato.
«Li ho visti. Non c'è un cazzo da capire. Lei era imbarazzata e non riusciva a guardarmi negli occhi.»
Conosco quella sensazione.
«Si sentiva in colpa.» aggiungo poi con un filo di voce.
«Ehi voi due scansafatiche. Il coach vi vuole parlare domattina!»
Connell arriva trafelato, con la divisa da football addosso.
«Prima sbollisci la rabbia e poi le parli, James. Ora finiresti solo per trattarla male.»
Jackson mi massaggia la spalla dolcemente e io non posso fare altro che dargli retta.
«Sai Corbell, a volte faccio delle scoperte che mi lasciano senza parole.»
L'intervento di William causa il sopracciglio innalzato di Connell.
«Sentiamo, che avresti scoperto Cooper?»
«Pablo Escobar era colombiano, non messicano.» risponde Will, scaturendo le risate di tutti.
Ma non le mie.
Decido di ascoltare Jackson, quindi evito June per tutta la mattinata, ma nel pomeriggio la chiamo.
«Ti vengo a prendere per andare da Poppy?»
«Mi vuole accompagnare mia mamma. Verrà anche May.»
«Non mi hai nemmeno salutato oggi.» mi lamento.
«Ho detto ciao.» sostiene lei a quel punto.
«Non mi saluti così. Nemmeno un cazzo di bacio?»
«E dai James, per una volta che ero io quella con la testa altrove.»
Altrove?
Restiamo in silenzio, finché lei non pronuncia quelle parole.
«Dobbiamo parlare.» aggiunge, facendomi rabbrividire.
«Parliamo questa sera» mugugno prima di riattaccare.
Quando verso le otto arrivo da Poppy, non so di preciso cosa mi aspetta, ma di una cosa sono quasi certo: April avrà già parlato con June nel pomeriggio.
Quello che invece non mi aspettavo, è arrivare e vedere May seduta sul divano.
«Dov'è June?»
Lei mi fissa senza parlare.
«Riesci a rispondere o devi per forza continuare a guardarmi con quella cazzo di mono espressione incazzata?»
«In psicologia la chiamano "proiezione".» ribatte lei, calma come un robot senza emozioni.
Scaravento il mio sguardo irritato verso l'alto.
«Voglio sapere dove cazzo è la mia ragazza, non voglio una psicanalisi da parte di una mocciosa.»
Le scappa un'occhiata fugace verso la cucina e io capisco.
Dalla sala da pranzo arrivano gli schiamazzi, perché è lì che Poppy ha allestito la tavolata con fogli, penne, bigliettini per ripassare e una grossa lavagna magnetica. Ignoro i battibecchi tra Taylor e Marvin e mi dirigo in cucina.
Per poco non mi si ferma il cuore quando spalanco la porta e vedo June e Brian discutere animatamente. Non riesco a starmene lì ad origliare, non riesco a resistere. Entro e d'istinto, dico la prima cosa che mi passa per la mente.
«Non vorrei interrompere niente...»
June sgrana i suoi occhioni azzurri quando mi vede arrivare.
Lo sapevo. Non dovevo fidarmi. Perche l'ho fatto? Perché lo faccio sempre?
«James...»
«Non interrompi niente.»
Brian sembra scottato dalla mia presenza, sembra non voglia nemmeno stare nella mia stessa stanza e la cosa è reciproca. Prende l'uscita sul retro e se ne va immediatamente.
«Tu lo sapevi, vero?» June si rivolge a me cogliendomi di sorpresa.
Indossa un paio di shorts e una felpa grigia oversize. È mia, la indossa con naturalezza, come se fosse ormai di sua proprietà. Come il mio fottutissimo cuore.
Resto incantato a guardare i fili sottili che le circondano le guance piene e lievemente arrossate.
«Di che parli?» domando controvoglia.
«Mia mamma ha detto che vuole portarmi dai nonni per Natale e che tu lo sapevi.»
Annuisco senza scompormi troppo.
«Per questo mi hai detto che il viaggio insieme non si sarebbe fatto, James?»
«Sì ed era anche per questo che non ero felice oggi.» confesso a quel punto.
I suoi lineamenti s'inteneriscono sotto al mio sguardo corrucciato.
«Tu? Sei contenta di partire?»
La vedo stringersi le mani congiunte al petto, mentre si libera di un respiro opprimente.
«Sono un po' confusa al momento.»
«Certo, sei confusa.»
Indico la porta dalla quale è appena uscito Brian.
«Non è successo niente tra noi, James.»
E invece che restare fermo, ostinato nella mia convinzione, le sue parole mi causano un tuffo al cuore. Un sospiro di sollievo abbandona le mie labbra. Le credo all'istante. I suoi occhi sono troppo limpidi per celare menzogna.
Sono però incerto. Vorrei chiederle se ne è sicura al cento per cento, ma la verità...è che ho paura di qualsiasi risposta.
Mi siedo sul bordo del bancone della cucina, mentre lei resta raggomitolata in un angolo poco distante.
«Lo fate tutti gli anni, vero? La tradizione di andare in Virginia.»
«Di solito vediamo solo i nonni e gli zii.»
«Vuoi dire...»
«Sì, ci sarà anche mio padre quest'anno.»
La osservo parlare con gli occhi buttati al pavimento e non mi va di tormentarla con domande riguardanti la mia gelosia.
Quello è un problema mio, non suo.
In quel momento entra Marvin per prendere da bere insieme a Will.
«Come fai a studiare bevendo birra, Marvin?» Lo redarguisce June.
«Mica la bevo, la tengo vicina. Porta fortuna. Dovresti provare.» ridacchia lui sollevando la bottiglia, in segno di brindisi.
«Senti... Studiamo, poi però organizziamo il viaggio.»
Gli occhi chiari di Will luccicano, probabilmente gli è già passato di mente che dovrebbe essere un regalo per June.
«Quale viaggio? La festeggiata non viene.» interrompo i loro sogni con freddezza.
Marvin arrotonda la bocca in una smorfia delusa, Will invece non si dà per vinto.
«Noi ci andiamo lo stesso, vero?»
A quel punto torno con lo sguardo su di lei.
«Quindi ci andrai? A passare il natale con i tuoi nonni?»
Mi aspettavo che lei annuisse, lo sapevo già.
«Mi dispiace June, ma May se vuole può venire con noi» propone Marvin mentre Will corruga la fronte.
«Chi è May?» Chiede quest'ultimo.
«È mia cugina.»
«Quella seduta sul divano?»
«No, quella è un'esposizione privata del museo delle cere. Chi cazzo pensavi fosse quella sul divano, Will?» lo prende in giro Marvin.
Will e Marvin spariscono dalla nostra vista e dopo aver battibeccato tra loro, li sento discutere con Taylor.
«Cosa possiamo portare al confine con la California? Erba?»
«Io non passo il mio Natale dietro alle sbarre insieme a Cooper. Non contatemi per questo viaggio.» sbotta la bionda.
Scendo dal bancone sbuffando, June però stringe nel pugno il cotone della t-shirt nera che mi fascia il torace, provando a bloccarmi.
«James, non abbiamo finito di parlare.»
Quindi c'è dell'altro?
«Devo farmi una sigaretta ora.»
Ci squadriamo dall'alto al basso, ma il livore tra di noi dura poco.
«Andiamo da me?» le chiedo senza smuovermi da lì.
«No, finché non parliamo non risolviamo niente.»
Lei non sembra contenta della mia domanda, perché mi passa a fianco dandomi una spallata vigorosa.
«Capisco che vuoi sempre toccarmi, ma se vuoi scopare... dillo.»
E questa dev'essere stata una battuta di cattivo gusto, sennò non mi spiego perché mi sta guardando contrariata.
«Non così James.» ribatte seria.
Digrigno la mascella e i muscoli del collo mi si irrigidiscono.
Cosa ti costa chiedermi di venire con te?
E invece no, lei deve fare l'incazzata con me anche se non ho fatto niente.
«Facciamo uno seduta spiritica?» sento la voce di Stacy provenire dalla sala da pranzo.
June storce il naso mentre torniamo in salotto, dove sorprendiamo Connell prendere in giro Tiffany.
«Che hai, la smetti di mangiare?»
«Dille di fare o non fare qualcosa e io ti ficco questo dove dico io.»
Taylor sventola davanti al naso di Connell la gomma della lavagna magnetica, che ha un'ambigua forma allungata.
Controvoglia, mi appoggio con la spalla alla finestra aperta e comincio a fumare sputando fumo nel giardino buio.
«Dio mio quanto sei acida, la smetterai mai di odiarmi?» Connell s'inasprisce verso la bionda.
«La smetterò quando mi lascerai il tuo posto nella recita.»
La risposta di Taylor mi sorprende, tant'è che io e June ci guardiamo accigliati.
Connell invece scoppia a ridere.
«Vuoi fare Mercurzio, Taylor? Lo sai che è un maschio e ti manca quello.»
L'imbecille indica la gomma dalla forma fallica causando una smorfia altezzosa sul volto della bionda.
«Quello ce l'ho più grosso di te, Connell. Non che ci voglia tanto.»
«Senti, che cazzo hai in mente?»
«Io e Tiff interpreteremo Mercuzio e Benvolio al posto tuo e di Scott.»
«Quelli sono maschi, non potete farlo.»
«Giusto, perpetriamo la disparità di genere che dilaga indisturbata nella letteratura.»
S'inserisce May, giungendo a braccia incrociate.
«Ma che cazzo dici tu...»
«Lo sai che la maggior parte dei personaggi letterari appartiene al sesso maschile? Questo dovrebbe farti presumere che all'interno di una rivisitazione teatrale, potrebbero partecipare solo studenti maschi, eccezion fatta per Giulietta, in questo caso. Caro Corbell.»
May spara raffiche che Connell schiva solo grazie alla sua ignoranza fotonica.
«Non ho capito un cazzo, ma se Romeo e Giulietta fossero due donne e volessero darci dentro sul palco... Io non mi opporrei.»
«Connell sei un coglione» lo rimprovera Jackson.
«È una rivisitazione, anche quest'opzione potrebbe essere plausibile.» lo istiga May, senza paura.
Tiffany invece, che è seduta al tavolo con loro, ad un tratto sembra colta da un'illuminazione.
«May non ha tutti i torti, pensaci, Taylor. Tu hai sempre voluto fare Giulietta, non Mercuzio»
«Già.... Ho anche voluto fare la capo cheerleader... Ma a quanto pare le cose sono cambiate quest'anno.»
A quel punto indirizza un'occhiata felina a June, ma quando Tiffany capisce che Taylor si è appena rabbuiata, cambia subito argomento. Inizia a frugare nel suo zainetto da Mary Poppins per poi estrarre qualcosa.
«Parliamo di cose serie.» La mora si rivolge proprio a June. «Abbiamo un regalo per te.»
Con fare incerto, June si avvicina a Tiffany, che le consegna una busta. Questa al suo interno contiene un biglietto aereo per il Nevada.
«Siamo un po' disorganizzati...» spiega Tiff guardando di sottecchi William. «Avremmo dovuto già prenotare tutto, ma chi si doveva occupare dell'hotel, ha battuto la fiacca.»
«Tranquilli. Sono contenta e vi ringrazio per il regalo, ma mia mamma vuole portarmi in Virginia a trascorrere il Natale con la mia famiglia.»
«Puoi sempre raggiungerci dopo?» chiede Poppy speranzosa.
«Sì certo.»
«La partita di football sarà a fine anno, quindi abbiamo una settimana sulla neve, non di più» puntualizza Jackson.
Il fatidico momento di studiare purtroppo è arrivato, Poppy comincia ad accendere alcune candele profumate e degli incensi che fanno tossire Marvin ripetutamente.
«Non studio in una fottuta chiesa» mi lamento sbuffando.
«Fidatevi, aiuterà a rilassarci.»
«Prenderemo tutti voti di merda, già lo so» si dispera Jackson.
«Almeno non mi fate sentire solo per una volta» controbatte Marvin, che si siede accanto a Poppy senza nemmeno un libro davanti.
«Perché Blaze non è qui?»
«Forse suo padre vuole che studi per davvero, a differenza nostra?»
L'acido sarcasmo di Jax mi fa venir voglia di lanciargli qualche battutina, ma prima che io possa dire qualcosa, June si alza dalla sua sedia per uscire dalla sala da pranzo.
«James, lo sapevi che avevamo pensato al viaggio con June... Quando hai saputo che andava dalla sua famiglia, perché non me l'hai detto?» Tiffany mi bracca, evitando che io possa andarmene.
«Non avevo capito fosse per lei, pensavo fosse per Will dato che non faceva che parlarne» ironizzo, infastidito da tutta la situazione.
«Annulliamo allora?» chiede Jackson.
«Non scherzare, perché? June può sempre raggiungerci dopo Natale. Parole sue.» Will ovviamente non demorde.
«Sì ma a capodanno torniamo, abbiamo una partita.»
Taylor è l'unica che non interviene, resta muta come un pesce, ma si alza e viene nella mia direzione con aria funesta.
«E il maritino non va con lei dalla famiglia?»
«Fatti i cazzi i tuoi.» Mi volto per offrirle la schiena, ma lei mi segue con sguardo tagliente.
«Alle mie spalle hai fatto le cose peggiori.» sussurra quando siamo prossimi al corridoio e nessuno può sentirci.
Mi volto di scatto. Perché Taylor sta bisbigliando?
«Mi auguro solo che tu le abbia fatte con il preservativo.»
«Eh?»
«Fa' lavorare il cervello e comincia a scavare nella memoria.»
Ma di che parla?
Taylor si defila non appena Marvin ci passa a fianco per andare a recuperare un'altra birra.
«Mi spiace June.» lo sento dire quando arriva in cucina.
«Lei non verrà, Marvin. Grazie, l'abbiamo capito» Sbuffo facendolo allontanare all'istante.
Ma è Brian a riapparire sulla soglia e a sogghignare.
«Che cazzo vuoi Hood?»
«Parli sempre al suo posto.» insiste lui.
«Posso anche prenderti a schiaffi al suo posto. Che ne dici, proviamo?»
June s'intromette tra noi per l'ennesima volta.
«Brian, basta provocare e tu finiscila!» si volta verso di me con occhi supplicanti. «Perché non gli dai una mano a capire dov'è Amelia? Se fosse in pericolo per davvero?»
«Forse dovrei chiamare la polizia.» sentenzia Brian a quel punto.
«Non fare cazzate, lo sai che se facciamo un passo falso, quello stronzo di tuo padre se la prende con tutti noi!» sbraito adirato, mentre una smorfia deforma il viso del moro.
«Certo, tu puoi avere paura per il tuo fratellino, mentre io me ne devo stare buono anche se mia sorella è scomparsa da quasi ventiquattro ore?»
June ha il fiato corto e lo sguardo smarrito.
«James, mi dispiace ma questa volta Brian ha ragione.»
«Sei troppo buona, non vedi le cose con chiarezza» la rimprovero duramente.
«Già, pur di non farlo stare male ti sei tirata indietro.»
Mi si ghiacciano le ossa.
«Cosa?»
«Niente.» Lei lo mette a zittire all'istante.
«Hai segreti con...» Mi si rompe il fiato in gola e per poco non mi si annebbia anche la vista. «Con lui?» la interrogo, riluttante al solo pensiero che possa essere veramente così.
«No.» June si affretta a rassicurarmi, ma io sono troppo scosso.
«Cosa cazzo significa allora?»
Lei non ha il coraggio di parlare, così parla lo stronzo.
«Ho provato a baciarla, okay?»
Lancio i miei occhi sbarrati verso June, come a chiederle una spiegazione.
«Lei non voleva.»
La mandibola mi si affila, intanto lo sguardo mi s'inietta di astio e vendetta.
«Pensi che dicendo così migliorerai la situazione?»
Mi getto immediatamente verso di lui, ma June mi si para davanti.
«James rifletti.»
«Su cosa cazzo devo riflettere? Perché non me l'hai detto?»
«Sapevo ti saresti arrabbiato. Sono gli ultimi giorni che stiamo insieme, non volevo passarli a litigare per qualcosa che non è successo e non ha importanza per me.» strepita lei dal basso.
Fatico a ragionare, persino a respirare in questo momento.
«Che succede?» Will e Marvin si preoccupano quando si accorgono del tumulto che si è appena creato.
«Io e te usciamo fuori, fumiamo.»
Indico Brian che però non sembra intenzionato a seguirmi.
«Non è vero.» sospira lui, guardingo.
«No, non è vero... Voglio spaccarti la faccia ma preferirei risparmiare ai miei amici lo spettacolo.»
«James, picchiarvi farà andare a monte tutti i tuoi buoni propositi. Per favore, lascia perdere. Domani abbiamo un colloquio con il coach, vuoi mandare tutto a farsi fottere?»
A quel punto sopraggiunge anche Jackson, che, con uno sguardo deluso, mi rivolge quelle parole.
«Parliamo soltanto.» mi sforzo a dire, poi curvo il capo in direzione di June «Te lo prometto.»
«È meglio se parlate per davvero.» asserisce lei, riuscendo questa volta a convincerlo.
Brian sembra realmente intenzionato a parlarmi. Forse è davvero preoccupato per sua sorella ma a me non me ne importa un cazzo in questo istante.
Così finalmente usciamo in giardino, dove lui non ci mette molto ad avviare la conversazione.
«Ascolta James, in questo periodo...»
«No, dimmi perché l'hai fatto. Lo sai che sta con me, perché cazzo dovresti baciarla?»
Stringo i pugni lungo i fianchi, provando a restare immobile, a prendere lunghi respiri, perché è tanta la voglia di scagliarmi contro la sua faccia per renderla irriconoscibile anche alla sua stessa madre.
«Si è spostata subito.»
«Non è questa la domanda.»
La brezza serale è fresca, ma non è quella a farmi rabbrividire.
Lui si poggia con le spalle al muro, la t-shirt aderente fascia il suo petto largo e scolpito. Mi sono illuso a lungo, pensando che l'attrazione fisica tra noi fosse reciproca, ma quando abbiamo smesso di essere amici, ho cominciato a disprezzare il suo essere, mai il suo aspetto esteriore.
«June è l'unica che è sempre gentile con me, mi capisce.»
«Non me ne frega un cazzo. Anche Poppy e Ari ti stanno vicine. Riprova.»
«Con Poppy non mi ci trovo e Ari... mi ha ferito troppo.»
«Non è una ragione valida.»
Mi appresto a lui e basta la mia vicinanza a farlo sbottare.
«Odio la mia famiglia. Mia sorella non mi parla. Il mio migliore amico vive una vita segreta e non mi reputa all'altezza per potersi confidare con me. Non ho fatto nulla per meritarmi questo, l'unica persona con cui mi sono comportato male sei tu.»
La sua confessione mi esplode in faccia. Non me l'aspettavo.
«Lo chiamano karma.» lo pungolo.
«Sì ma cos'ho fatto per meritare mia madre accettasse un lavoro nelle vacanze di natale, che mia sorella se ne andasse proprio ora? Tu hai una ragazza, tuo fratello ti vuole bene, i tuoi amici...Persino tuo padre, cazzo.»
«Ti rimane la borsa di studio»
«Dici?»
«Tuo padre ha corrotto la commissione.» bofonchio nel buio.
«Ha sborsato soldi?»
«No. Il suo lavoro e quello di Austin è di ricattare la gente. Ha ricattato una persona della commissione, usando me. La sua relazione con me. Tutto normale.»
Brian solleva il mento per allineare il suo sguardo al mio.
«Ma tu non avrai quella borsa di studio.»
Mi avvicino a lui, che è ormai con le spalle premute contro il muro.
«E soprattutto, non puoi avere June.»
Lo vedo deglutire ad un soffio dal mio viso.
«E non perché lo dico io, ma perché lei non ti vuole.»
«Infatti non è June il tuo problema. Dillo perché sei incazzato con me, James.»
La sua voce profonda mi fa trasalire mentre la visione dei suoi occhi affilati mi fa serrare la gola.
«Hai picchiato me quando io non c'entravo un cazzo, eri arrabbiato con Amelia.»
A quel punto esce anche June. Mi stupisco abbia pazientato dentro casa per cinque minuti esatti, senza venire a curiosare.
«Dillo a June che hai sempre provato qualcosa per me.»
«Io ti ammazzo.»
Mi rivolgo a lui sollevando il pugno in aria. Qualcosa mi si squarcia nel petto. Il fiato corto e l'agitazione mi scuotono le membra. Sto tremando.
«James...»
La voce di June mi riporta alla realtà. Non è necessario che mi sfiori, compio un passo indietro, lasciando Brian libero di respirare.
«Chiedile scusa.» ringhio sottovoce.
Brian la guarda mortificato.
«È tutto okay...» minimizza June, ancora scossa dall'accaduto di questa mattina.
«Chiedile scusa ho detto.» Insisto con voce dura.
«Lo sapevo non avresti ricambiato, in quel momento mi sentivo... Scusa.» biascica Brian.
Porto un braccio intorno alle spalle tremolanti di June e la stringo a me.
«Andiamo a casa.»
In macchina restiamo in silenzio a lungo. All'apparenza sembriamo due persone che hanno finito le parole, ma la realtà, è che siamo entrambi spaventati dal dire la cosa sbagliata.
«Vuoi salire?» domanda lei quando parcheggio davanti casa sua.
«No, meglio di no.»
«James non volevo baciarlo, non l'avrei mai fatto»
«Lo so.»
«E allora che c'è? Vorresti che le cose si mettessero bene con Brian?» ipotizza poi, nel vedermi ancora assorto.
«Non so come fare. Avevo una mezza idea di aiutarlo con Amelia, ma cazzo... Poi si comporta così con te.... Mi rende tutto più difficile.»
«Cominciate smettendola di mettervi le mani addosso per qualsiasi cosa, James.»
Sprofondo, cadendo nella sfumatura estiva del cielo racchiuso nelle sue iridi.
«Tu non sei qualsiasi cosa, June.»
Lei sorride, abbassando lo sguardo sulle ginocchia.
«Mi so difendere da sola. Mi sono spostata, gli ho detto di no e lui ha capito.»
«Non mi piace il fatto che gli piaci.»
«Non credo di piacergli davvero, penso abbia solo bisogno di un amico.»
Lo so dove vuole arrivare, ma non è tentando di baciare la mia ragazza, che può pensare di riallacciare i rapporti con me.
Allungo il braccio e le sposto una ciocca dietro all'orecchio.
«Ci vediamo domani»
«Vieni anche tu, dobbiamo ancora finire di ripassare.» la sento mormorare nell'abitacolo silenzioso.
«Io e te finiamo a fare altro e tu non studi. Ti ho già rovinato la serata.»
June si avvicina per regalarmi un piccolo bacio sulla guancia. E io, come la prima volta, chiudo gli occhi abbandonandomi alla sua coccola delicata.
«Mi mancherai tanto James.»
Soffio via un lungo sospiro. È proprio quello che voglio sentirti dire.
«Però passerà in fretta e se vuoi, puoi venire anche tu...» prosegue lei.
«Davvero?»
«Sì, certo.»
«Ma non me l'hai mai detto.»
«Te lo sto dicendo ora.» controbatte, causandomi un cipiglio confuso. «Pensaci...»
La fermo dalla coscia prima che possa aprire la portiera.
«Non fare cazzate.»
Lei annuisce brevemente.
«Promettimelo o mi piazzo fuori da casa tua e dormo al freddo.»
«Che cretino...» Sorride. «Mia madre mi ha sequestrato tutto. Comunque non l'avrei fatto.»
«Davvero?»
«No.»
Le lascio una leggera carezza sulla guancia che la porta a curvare il viso verso il mio palmo.
«Sei stato bravo.»
«Che ho fatto?»
«Non hai massacrato Brian.»
«Ti prego non mi ci fare pensare... Vorrei ucciderlo.»
Le distolgo i capelli dalla guancia, imprigionando una ciocca liscia tra indice e medio, poi, mentre ci giocherello, avvicino le labbra alle sue. Prendiamo a baciarci e i miei affondi di lingua diventano immediatamente urgenti e passionali.
«Meglio se vai ora.»
Con le dita scavo sotto al bordo degli shorts che le fasciano le cosce.
«Sennò?»
«Ti scopo nel sedile posteriore.»
Lei reprime un sorriso imbarazzato.
«Io ti mancherò James?» domanda ad un tratto.
«Chi tu, White? Ma figurati.»
E ben presto, la nostra complicità si trasforma in un piccola lotta, fatta di pizzicotti, risate e qualche bacio della buonanotte.
Il giorno seguente tutti gli studenti sono in fermento, è l'ultimo giorno di scuola prima della pausa natalizia. A me frega solo dell'appuntamento con il coach, che vuole me e Jackson negli spogliatoi per parlare. O forse vuole solo me, dato che quando vede il biondo, solleva il labbro superiore in una smorfia schifata.
Jackson resta con i ragazzi a chiacchierare, mentre l'allenatore mi prende in disparte, in corridoio.
«Sarà l'ultima partita della stagione. Ti voglio dentro Hunter.»
«Quindi mi vuole usare all'occorrenza? Che n'è stato del "Il mio cane sa miagolare", "Lo smalto ti fa venire la vagina" e...»
«Il cane sarebbe finito in canile presto, visto che è vecchio e malato. Lo smalto farò finta di non vederlo, tanto hai i guantoni. Poi? Devo farti le sviolinate e dirti che sei il migliore della squadra?»
«Pensavo reputasse Hood il migliore, dato che assegneranno a lui la borsa di studio.»
«Questo non c'entra.»
«Invece c'entra.» m'impongo.
Indico la sagoma massiccia di Jackson, che s'intravede oltre la porta aperta dello spogliatoio.
«Sto parlando di te.» insiste lui.
«Io non gioco se non gioca Jackson»
Incrocio le braccia al petto. So che lo stronzo qui presente è un osso duro, ma io so essere più testardo di lui se si tratta di Jackson.
«Perché non lo vuole all'ultima partita? Hai paura che i talent scout possano notarlo?»
L'uomo sbuffa spazientito.
«Io e lui, o niente.»
«Sei un caso perso Hunter»
«Non è il primo a dirmelo. Ha qualcosa di nuovo da riferire?»
«Non capisci. O forse non vuoi capire. In questi anni ho provato a darti degli insegnamenti, ma tu devi fare di testa tua e non darmi mai ascolto. La vita è una lotta continua Jamie. Se non pensi a te stesso, verrai divorato dai predatori più grandi.»
Sogghigno divertito davanti a quelle cazzate.
«Jax?»
«Sì?»
«Il coach ci rivuole dentro. Tutti e due.»
L'uomo a quel punto getta la spugna. Scrolla il capo e se abbandona lo spogliatoio sotto al mio sguardo soddisfatto.
«Alla fine ha ceduto. È solo un coglione.»
Quando io e Jackson usciamo dallo spogliatoio però, c'è una sagoma conosciuta ad aspettarci.
«Ma guarda che casualità...» commento divertito, quando vedo Blaze.
«Sei ancora incazzato?» gli chiede Jackson.
«Dovrei?»
«No, dovresti dirci cosa sa tuo padre della borsa di studio.» m'intrometto io.
«Niente, perché non mi dici cosa sai tu, James?»
Blaze distoglie immediatamente lo sguardo, perché prendo a fissarlo.
«Hood ha corrotto la commissione. Brian avrà la borsa di studio.»
«Quindi è ufficiale?» Jackson sembra realmente confuso.
«Ha ricattato uno degli esponenti maggiori.»
«Mio padre non c'entra.» ci tiene a specificare Blaze, mentre sto sventolando davanti al suo naso un mazzo di chiavi.
«Dove le hai rubate?»
Blaze riconosce immediatamente il portachiavi con il diamantino verde.
«Prese in prestito. Io non rubo.» puntualizzo, prima di curvare le labbra a lato.
«Le ho prese al coach. È lo stesso portachiavi che aveva tuo padre?»
«Sì, ma se aprissero qualcosa che è nascosto nel giardino di Hood?» L'ipotesi di Blaze mi lascia perplesso.
«Credi a Mr. Rabbit e Benjamin Franklin?»
«Cos'è, uno scherzo?» chiede Jax mentre ci avviamo verso l'uscita di scuola.
«Dobbiamo recuperare una pala.»
«Una pala? Io non ho una pala a casa.» si acciglia Blaze.
«Ma mio nonno sì.» Jackson ci fa cenno di seguirlo in auto. «Andiamo.»
Quando giungiamo davanti casa dei nonni di Jackson, io e quest'ultimo scendiamo dal pick-up.
«Vieni?» domanda il biondo quando si accorge che Blaze si è barricato in auto.
«Dentro? Non c'è tuo nonno?»
«Hai paura di un vecchietto ricurvo?» Io ovviamente non perdo mai l'occasione per prenderlo in giro.
Blaze a quel punto sbuffa, poi decide di farsi coraggio ed entrare insieme a noi.
«Jackson che succede?» Si allarma sua nonna quando ci vede entrare senza preavviso.
«Niente, devo prendere una cosa, poi andiamo a studiare da William.»
«"Dobbiamo seppellire un cadavere" era più credibile.» mormoro sarcasticamente, mentre il biondo si defila in giardino per frugare tra gli attrezzi da giardino del nonno.
«Jamie tesoro, vuoi un bicchiere di latte?» La nonna di Jackson ovviamente ha solo occhi per me.
«Grazie, signora Lena.»
«Vedi? Conosce già le mie abitudini.» mi vanto con Blaze che non viene minimamente calcolato.
La nonna mi porge il bicchiere e solo allora si accorge del moro.
«E lui chi è?»
«Beh, dovrebbe saperlo»
Blaze mi guarda in cagnesco, prima di rivolgere un sorriso alla donna.
«Sono Blaze.»
«E un bel ragazzo... Che begli occhi...» sussurra la nonna facendomi uno sguardo ammiccante.
«Siete un coppia, Jamie?»
Entrambi sgraniamo gli occhi. Blaze arrossisce, mentre io per poco non sputo il latte sulla vestaglia a fiori della donna.
«No. Assolutamente no.» specifica Jackson, che giunge alle spalle della nonnina con una grossa pala in mano. Lei sbianca nel vedere l'arnese.
«Jackson, sicuro che sia tutto...»
«Tutto sotto controllo, come sempre signora.»
Così salutiamo la nonna e torniamo in auto, dove Blaze sembra farsi curioso.
«Tuo nonno?»
«Era al circolo con i suoi amici.»
«Ah ecco perché mi hai invitato a entrare.»
«Quindi?»
Le battutine velenose tra loro si moltiplicano man mano che ci avviciniamo a casa di Brian, ma io non li ascolto, ho in mente solo il giardino degli Hood, dove arriviamo dopo poco.
La macchina di Brian non è parcheggiata nel viale, non c'è nessuno in casa.
«Perché tuo padre aveva le chiavi del coach, Blaze?»
«E se non fossero del coach?»
Iniziamo con le nostre congetture, quando Jackson, armato di pala, chiede dove cominciare a scavare. Gli indichiamo lo stesso punto dove gli animali si erano fermati: l'angolo del giardino vicino ad una piccola aiuola di rose.
«Chi è l'addetto a scavare?» chiede Blaze, un po' timoroso.
«Il più alto.» annuncio accendendomi una sigaretta.
«Facciamo a turni» sputa Jackson, che si è già messo all'opera.
Dopo qualche affondo, Jackson inizia ad asciugarsi la fronte con l'avambraccio.
Il sole è quasi tramontato, ma la luce aranciata delinea i muscoli vigorosi del suo torace. Si sfila la maglietta sudata e me la porge.
«Vuoi sniffare?» prendo in giro Blaze, sventolandogli la t-shirt rossa davanti al viso.
«Fottiti.»
«Perché pago Netflix quando nel giardino dei miei vicini di casa succede questo?»
Udiamo una voce femminile e quando mi giro verso la villa adiacente, una bambinetta che avrà sì e no dieci anni, ci fissa dal suo monopattino.
«Sparisci.» l'aggredisco.
«Cos'è? Avete ucciso un gatto? Lo state seppellendo?»
«Seppelliamo bambole, vuoi vedere?»
La bambina a quel punto fugge via spaventata.
«Tu muovi sempre e solo la bocca vero? Non puoi darmi una cazzo di mano?» si lamenta Jackson a quel punto, ormai stremato.
«Vederti scavare è così rilassante...»
Lo prendo in giro prima di chinarmi sulla fossa appena formata. Noto che c'è un piccolo zainetto scuro.
Mi sporgo per raccoglierlo e quando abbasso la zip e lo apro, al suo interno trovo dei fogli.
«Cosa sono?»
«Non lo so. Fammi luce.»
Blaze attiva la torcia del telefono per illuminare le scritte che compongono quei papiri che hanno tutta l'aria di essere dei documenti,
«Documenti di... Austin? C'è la sua firma.. Non capisco.» mi acciglio.
«Fammi leggere.» Jackson mi ruba i fogli dalle mani.
«Da quando saresti espert...»
La voglia di scherzare passa in secondo piano, quando incontro lo sguardo serio di Jackson.
«È un testamento, parla di case e immobili.» annuncia con tono solenne.
«Anzi...È un esclusione dal testamento...» prosegue causandomi un'espressione spaesata.
«Esclusione di chi? È il testamento di Austin?»
«Sì, sembra essere il suo. Ci sono i nomi dei suoi figli. Ethan e Tom Austin.»
«Ma che cazzo...?»
«Austin ha escluso i suoi figli dal testamento?» domanda Blaze.
«C'è un'unica beneficiaria.»
«Chi?»
Il biondo a quel punto si sposta i capelli dalla fronte leggermente imperlata.
«Greta Alison Mayer»
«Chi diavolo è?» Domanda Blaze mentre Jackson si stringe nelle spalle.
Cazzo
«È mia madre.» sibilo sottovoce.
«Secondo te perché Hood ha questi documenti?»
Ha un piano, devo scoprire quale.
«Devo andare da Austin, ora.»
«Io invece devo tornare a casa... Mio padre mi segue a vista. È stato un piacere» commenta Blaze.
«Ti accompagno?» Jackson si offre volontario, ma il moro rifiuta.
«No. Faccio due passi. Voi andate.»
«Ti chiamo dopo.»
«Se te lo ricordi...»
«Che permaloso quello stronzo.» commento quando io e Jackson torniamo alla sua auto.
«Ehi, modera i toni.» mi redarguisce dopo aver messo in moto.
«Chi è?» domanda poi, allungando il collo verso il mio cellulare.
«June. Dovevamo stare insieme questa sera, domani parte.»
«Perché non vai con lei?»
«Magari ci andrò...»
«E il nostro viaggio?»»
«Tiff ha detto non se ne fa più nulla, no?»
«Andarci lo stesso non se ne parla? Chi glielo dice a Will adesso?» esclama Jackson.
«June non posso venire ora» le invio un vocale.
«Perché?»
«É successa una cosa, devo andare da Austin.»
«Passami a prendere.»
«Non ci penso neanche.» ribatto.
«Passami a prendere o domani parto e non mi vedi piú»
Jackson scoppia a ridere.
«È un cazzo di ricatto, ti rendi conto?» sbraito a gran voce, registrando l'ultimo vocale.
«Vedo che sei perspicace. Muoviti.»
JUNE
Quando James mi viene a prendere, fa un breve riassunto di cos'hanno trovato nel giardino di Brian e Amelia.
«Scusa e cosa se ne fa? Non è il suo testamento. Lui e tua madre non sono imparentati. Cosa vuole da lei?»
«Lo scopriremo» sintetizza James, prima di varcare la soglia del locale di Austin.
«Potevi dirmelo che c'era anche lei, mi facevo la barba...»
L'uomo è nel suo ufficio, seduto alla sua scrivania, ricolma di appunti e fascicoli.
«Non siamo qui per scherzare.» annuncia James.
«Tu mi stai sul cazzo con quella aria di superiorità.» afferma l'uomo indicando l'alta sagoma di Jackson.
Poi è il turno di James. «E tu invece, smettila di venire sempre qui, a rubare in casa mia.»
«Rubare?» domando confusa. «Di cosa parla James?»
«Niente.» minimizza lui con il suo solito sogghigno nascosto.
«Armi. Devi togliertelo questo vizietto.»
«James!» erompo a quel punto.
«Dov'e Willy?» Austin causa lo sbuffo stizzito da parte di James.
Io e Jackson quindi, restiamo un po' indietro e lasciamo che i due parlino tra loro.
«Ho due domande. La prima è... Perché il vicesindaco era qui?»
Austin non si muove dalla sua seggiola, incrocia le braccia al petto prima di rispondere conciso.
«Affari, politica, scambi, il solito. L'altra domanda?»
James si paralizza e lui capisce subito.
«Quell'uomo ti ha raccontato altre palle vero?»
«Mi ha detto cazzate, sì.»
«Ti ho cresciuto provando a insegnarti una cosa semplice. Non devi fidarti nessuno, mai. Eppure torni sempre nello stesso errore. Questi due? Ti fidi ciecamente di loro?»
Austin indica me e Jackson.
«Sì.» replica James senza nemmeno pensarci.
«E come mai sei qui?»
«Ho trovato dei documenti, sembravano autentici. Perché hai intestato tutto a mia mamma?»
«È solo una parte della mia eredità, siamo stati insieme per tanti anni. Cosa c'è di strano?»
Le ciglia di James hanno un lieve tremolio.
«Dimmi il perché.»
«Continuo a pagare le sue cure, i suoi alcolici, la riabilitazione, il suo andare dentro e fuori dalle cliniche. Devo farti la lista? E poi se mi succede qualcosa, tu e Jasper restate senza niente.»
«Perché adesso fingi che...»
Il tono di James si sgretola, facendosi sottile, quasi debole.
«Perché hai escluso i tuoi figli?» m'intrometto io, prima che James ricaschi nello stesso argomento che gli causa tanta sofferenza.
«Non mi fido di loro, spendono soldi in cazzate.»
«Ma sono i tuoi figli.»
«Ho anche dei conti all'estero, qual è la tua preoccupazione James?»
«Non capisco perché Hood avesse questi documenti.»
Un'espressione di terrore mista a sorpresa deforma i connotati dell'uomo.
«Cos'hai detto?»
«Hai capito bene. Ne aveva una copia nascosta in giardino.»
A quel punto la sedia sembra farsi rovente, perché Austin si alza in piedi e comincia a girovagare per lo stanzino.
«É il classico tipo che ucciderebbe sua moglie per incassare un assegno o per l'eredità. Sua moglie lo sa, per questo prima del matrimonio hanno fatto la separazione dei beni. Ma quella non è sua moglie e non potrebbe trarre profitto da me. Non è nemmeno imparentato con me.»
L'uomo comincia a rifletter a voce alta.
«I tuoi figli sanno di questa tua decisione?»
«No che non lo sanno. Ho cresciuto due criminali, quanto pensi ci metterebbero a puntarmi una pistola contro e farmi cambiare il testamento, prima di farmi fuori? Sono tanti immobili, non parliamo di una sola proprietà. Si tratta di milioni.»
James è nervoso, quindi estrae il pacchetto di sigarette dalle tasche e comincia a fumare.
«Ti ricordo che Hood voleva farti saltare in aria il locale.»
«E Amelia è sparita. Con lui.» aggiungo io, senza sapere bene se sia una mossa corretta, quella di rivelare quell'informazione.
Ma qualcuno deve pur fare qualcosa.
Austin però non sembra minimamente interessato all'incolumità di Amelia, pensa alla sua.
«Te l'ho detto che la figlia era la chiave per arrivare a lui! Adesso non ha più paura di niente, può presentarsi qui nel cuore della notte. Mi ammazza nel sonno e io nemmeno me ne accorgo. Sei sempre il solito rammollito.»
Quelle parole non sembrano ferire James, che questa volta affronta il suo patrigno a testa alta.
«Pensa a quante persone ti vogliono morto, solo per i tuoi soldi. I tuoi figli, Hood... Puoi provare a farmi le tue grandi morali, a darmi i tuoi insegnamenti di vita, ma ora ti ritrovi in questo stato. A dormire con una pistola sotto al cuscino perché non sai se mai ti risveglierai vivo domani.»
«Però ero il tuo eroe quando ero piccolo.»
«Non me ne frega un cazzo, non voglio fare questa vita. E se pensi di poter lasciare tutto a mia madre o a me, solo perché vuoi che io continui tutto questo impero dello schifo, beh sappi che te li puoi tenere tutti i tuoi soldi. Io non li voglio.»
James sembra a corto di fiato, infatti esce per un attimo da quello stanzino, forse per incamerare un po' d'aria.
«Perché mi guardi così?» mi domanda quell'uomo.
«Non la vuole la tua eredità, voleva una cosa sola da te e da sua madre.»
«Andiamo June. Qui è una perdita di tempo.» bofonchia James, tornando sulla soglia.
L'uomo però lancia un mazzo di chiavi a Jackson, che è rimasto sullo sfondo per tutto il tempo.
«Cos'è?»
«Abbiamo uno chalet in montagna. Tua madre sta passando le vacanze di Natale lì. Puoi andarci se vuoi.»
«Ma...»
«Va bene, andiamoci.»
La voce di Will ci sorprende alle spalle.
«Ti dico di presentarti qui alle sette e arrivi quando cazzo ti pare?» lo sgrida James stringendo le labbra in una linea dura.
«Scusa.» bofonchia William, risistemandosi i capelli con un gesto vanitoso che non gli si addice.
«Che stavi facendo Will?»
«Niente.»
Niente, certo...Si accettano scommesse.
«Senti parlare di chalet in montagna e ti materializzi così, magicamente?»
William sorride, ma il sorriso svanisce in fretta nell'udire le prossime parole di Austin.
«Ci sono anche i tuoi i fratelli lì con lei.»
«Non sono i miei fratelli»
Austin è strano, più debole del solito, così ne approfitto per fargli una domanda indiscreta.
«Perché sembravi quasi gentile con lui?»
Mi aspettavo mi sbranasse da un momento all'altro, ma l'uomo non lo fa.
«Ho sempre fatto il possibile per James.»
«Avresti dovuto fare solo una cosa. Tenere quell'uomo lontano da James. Si è fidato di lui, di nuovo e voleva solo usarlo.»
«June andiamo, non farmelo ripetere cazzo.» insiste James, indicandomi l'uscita dell'ufficio.
«È come sua madre, si fida delle persone sbagliate.»
James non scatta nemmeno, ma Jackson e Will lo fermano preventivamente.
«A tal proposito... io l'andrei a trovare.»
«No.» sputa James, più deciso e perentorio che mai.
«Perché?» domando curiosa, quando sono ormai sulla soglia.
«Non se la passa molto bene. Portaci tuo fratello.»
La voce di Austin è seria e io vengo percorsa da un brivido. Temporeggio un po', fingo di seguire i ragazzi verso l'uscita, ma quando loro abbandonano lo stanzino, lancio un'occhiata verso Austin.
«Che le succede?»
«Si sta ammalando.»
«O mio dio.»
«È già malata, ma non ha mai detto nulla. Di giorno in giorno sta peggiorando. È solo per questo che continuo a pagarle un'assicurazione sanitaria, i farmaci e le cure. Dopo quello che mi ha fatto... dovrei lasciarla morire da sola... ma non ci riesco.»
«Malata in che senso?»
«Polmoni. Il piccolo dovrebbe vederla entro un paio di mesi, non penso possa reggere di più...»
Non riesco nemmeno a parlare, ma la mia faccia sconvolta sembra dire tutto, perché l'uomo prosegue.
«Quando un mese fa l'ho saputo, ho visto la vita passarmi davanti. Perciò ho deciso di fare un testamento e lasciare tutto quello che ho di valore a lei.»
«E se lei dovesse...»
«Non lascerei mai quei due in mezzo a una strada.»
«Parli di James e Jasper?»
Lui annuisce accendendosi un sigaro, causa dell'odore acre e insopportabile nello stanzino.
«Se gli vuoi bene, perché hai lasciato che quell'uomo approfittasse di lui? Solo per fargli due foto e ricattarlo?»
«Ho fatto tutto per il denaro nella mia vita, ragazza. Non posso tornare indietro, ma se potessi, tante cose le farei diversamente.»
Decido di non rispondere e con il cuore pesante, esco da lì.
In macchina James ha lo sguardo cupo e la voglia irrequieta di accendersi una sigaretta dopo l'altra, così chiedo a Jackson di accompagnarci a casa mia.
Mia madre passa la serata a fare la valigia, quindi io e lui ci rifugiamo sul tetto.
«June?»
Non facciamo nemmeno in tempo a scambiarci un bacio a fior di labbra, che lei mi richiama.
«Mamma l'ho fatta la valigia, che c'è?»
Rientro dalla finestra e la trovo in camera mia.
«Cosa c'è?» ripeto, infastidita.
«Porta aperta.» asserisce lei con aria fiera, causando la mia esasperazione.
«Sììì»
«Come va con la psicoterapeuta? Ho saputo non ci sei andata oggi...»
«Solo perché domani partiamo e oggi vorrei passarla diversamente, invece che stare in uno stanzino con una sconosciuta.»
«"Diversamente" è fuori sul tetto con te?»
«Spiritosa. Stiamo solo parlando.» la rassicuro.
«Quindi... Come va con la psicoterapeuta?»
«Bene mamma.»
«Sicura? Bene cosa significa?»
«Che quando torneremo, continuerò ad andarci.»
«Perché?» Mia madre appare confusa, quasi scandalizzata dalla mia risposta.
«Voglio dire... Non mi aspettavo questo entusiasmo.» si corregge subito, rendendosi conto della reazione spropositata.
«Non è entusiasmo, è che... Per la prima volta...»
Come direbbe James.... "Non ho fatto cazzate".
«Perché mi va. Posso andare ora?»
«Mmm...Mi raccomando, June...domani ci alziamo alle sei.»
Sebbene sia sospettosa, decide di lasciarmi un po' di momenti con James prima della partenza.
E se inizialmente davo per scontato che lui venisse con noi in Virginia, ora non penso sia la scelta migliore.
«Andrai da tua madre?» gli chiedo tornando a sedermi di fianco a lui.
«Non lo so. Perché dovrei?»
Forse dovrei dirgli cosa mi ha confessato Austin. Ma come faccio ora?
«Il viaggio con i ragazzi?»
«Will vuole andarci a tutti i costi. Ma tu mi hai chiesto di venire con te...»
«Lo so, ma tu devi andare con loro. Porta Jasper. Non lasciarlo solo per Natale, James.»
«E tu non lasciarmi...» sussurra con voce vellutata.
«Come hai detto?» boccheggio con una voragine nel petto.
«June, di una cosa sono convinto.»
«Cosa, James?»
«Nulla ci separerà mai.»
«Anche se farai lo stronzo?»
«Te l'ho già detto. Ti verrò a riprendere ogni volta.»
Provo a dissimulare, fingendo che le sue parole non siano frecce infuocate, ben impresse nella mia pelle.
«Mi chiamerai ogni sera?»
James storce il naso, mimando un'espressione fintamente schifata.
«Non fare il prezioso, lo sanno tutti che non ti addormenti senza di me»
Lui sorride con sue fossette accentuate e io non posso fare diversamente.
«Se ti chiamo ogni sera, è come se dormissimo insieme ogni sera?» domanda confuso.
«Devi andare a trovarla James.»
«Perché?»
«Perché potrebbe non stare bene....»
Lui sembra non volermi dare retta. Con il naso all'insù, resta a fissare il vuoto di stelle nel cielo.
«Pensi ancora a Hood?»
«Sì. So che Austin non si fida dei suoi figli, ma non so come Hood sia venuto a conoscenza della questione del testamento.»
«Forse Hood era davvero innamorato lei» ipotizzo, ignara della situazione.
«No June...non lo era.»
«Come fai a dirlo?»
«Quando ha scoperto che era incinta di me, l'ha picchiata sperando mi perdesse.»
Sembra di riceverla io quella botta nello stomaco, perché fatico a respirare.
«Ancora prima che nascessi, eri già più forte di lui.» gli stringo la mano e lui sembra piacevolmente colpito da quel piccolo gesto.
«Hai mai quella sensazione...»
«Quale James?»
«A volte, la notte, non riesco a dormire. C'è qualcosa che mi tiene sveglio e non capisco cos'è... continuo a cercare qualcosa. Sempre. Non riesco a darmi pace.»
«Sì, mi è capitato.»
«Che cos'è secondo te, June?»
«Qualcosa che non ci hanno dato.» provo ad azzardare.
James a quel punto si volta verso di me, con uno sguardo intenso che mi fa tremare il cuore.
«Lo avremo mai?»
La sua domanda mi spiazza, così come il colore dei suoi occhi.
«Non lo so, mi piacerebbe»
«Dimmi una cosa... Vuoi andarci davvero da tuo padre, oppure April ti obbliga?»
«Chiamami stupida, ma mi piace vedere mamma e papà seduti allo stesso tavolo»
James annuisce e la mia mano stringe la sua, più forte.
«Non ti chiamerei mai stupida per una cosa del genere. È giusto che tu vada, June.»
«Non piangere.» lo prendo in giro, per alleggerire un po' i nostri cuori.
«Non sto piangendo cazzo» mormora guardando il cellulare.
«È Will, dice lo chalet a Mount Washington è molto meglio che il Nevada.»
«Tipico di Will.» Commento.
«Mentre penso per te sia meglio andare dai tuoi.» asserisce James.
«E per te è meglio andare a trovare tua mamma» m'impunto io.
«Quindi io e te separati...»
«È la cosa migliore...» concludo la sua frase con un po' di rammarico.
Il contorno disegnato delle sue labbra rigonfie richiede tutta la mia attenzione.
«Ti dico una cosa, June.»
Con l'estremità della sua bocca morbida sfiora la mia guancia, per giungere al mio orecchio.
«Non c'è niente di meglio di me e te insieme.»
❄️❄️❄️❄️❄️
MARVIN
Con la macchina noleggiata all'aeroporto ci dirigiamo verso le montagne di Mount Washington.
Dopo ore di tragitto, il paesaggio intorno a noi comincia a farsi rarefatto. Finalmente le montagne innevate e le casette caratteristiche che avevo visto solo su internet o nei film natalizi.
«Non dovremmo istituire delle regole?» chiede Jax, insensibile al fascino del paesaggio innevato.
«Per...?» Mi strofino la nuca arcuando le sopracciglia.
Non sto capendo.
«C'è Jasper con noi, è un bambino.» abbozza Jackson indicando lo specchietto retrovisore che raffigura l'immagine del ragazzino seduto vicino a me.
«E quindi che cazzo vuol dire?» s'indispettisce James seduto di fianco a Jackson, che sta guidando da ore.
«La parolaccia che hai appena detto, ad esempio.» sottolinea il biondo.
«Vive con James, pensi non abbia mai sentito una parolaccia?» William ridacchia.
«Vaffanculo, Will» risponde James.
«No alcolici prima che lui non sia dormire.» annuncia Jackson.
«Cosa? Stai scherzando vero? Non posso bermi una birra di pomeriggio?» Salto su io aggrappandomi alla testiera del sedile anteriore dov'è seduto Jackson.
Poi però mi rivolgo al diretto interessato, che sembra divertito da tutte le nostre preoccupazioni.
«Senza offesa Jasper, ma Jackson ha preso troppo sul serio il ruolo del papà in questo viaggio»
«A proposito... Perché Blaze non è venuto?»
La domanda di Will provoca la sonora sbuffata da parte di Jackson.
«Suo padre non ha voluto»
«Perché?»
«Non...non lo so.»
«Sa di voi due?» domanda Will a quel punto.
«No.»
«O forse sì..?»
È James a parlare questa volta.
«Cosa vorresti dire, James?»
«No, dicevo...»
Jackson a quel punto va sulla difensiva. Le labbra traforate si distendono in una linea dura.
«Che cazzo gli hai detto?»
Alla domanda del biondo, segue la scrollata di spalle di James.
«Il preside ha visto la tua giacca da football in giardino, l'hai dimenticata da Blaze.»
«Tu cosa ne sai?»
«Senti ero passato per salvarvi il culo quella sera e lui ha capito.»
«Cazzo, per questo non lo fa più uscire di casa..?.» Jackson sembra realizzare tutt'ad un tratto.
«Perché non me ne parla?»
«Forse perché non si sente ancora pronto a parlare di voi due...» ipotizza Will.
Al mio fianco avverto un piccolo movimento. Jasper sembra contento.
«Sei contento?»
Annuisce, non fa altro.
«Il gossip ti piace? Allora sei nel posto giusto.»
Quando mi volto verso il finestrino, vengo accecato dalla luce bianca del paesaggio innevato che ci circonda. Jackson parcheggia l'auto davanti ad uno chalet completamente ricoperto da un manto di neve fresca. James a quel punto s'infila una sigaretta in bocca e Jasper gliela sfila in un batter d'occhio.
«Incominciamo bene.» commenta James controvoglia.
Entrando in casa scopriamo subito che la mamma di James non è allo chalet, ma in compenso nel tardo pomeriggio ci raggiungono Ethan e Tom Austin.
«Cosa ci fate qui?»
«Siamo venuti a trovare mamma e a sciare.»
I due non sono soli, ma si trovano in compagnia di due tizi che hanno un'aria tutt'altro che amichevole, come loro d'altronde.
«Hola.»
«Non sono spagnoli Will.»
«Andiamo a pattinare? Capite l'inglese?»
I due brutti ceffi commentano qualcosa in una lingua straniera, ma passano inosservati perché finalmente ci raggiungono anche Taylor, Tiff, Poppy, Brian e Ari.
Le ragazze non hanno nemmeno intenzione di disfare le valigie, l'unica loro missione della serata è andare a pattinare.
«Se c'è una cosa che odio, dopo studiare, è pattinare.» annuncio tenendo lo sguardo su Tiffany per evitare che gli occhioni di Poppy possano in qualche modo convincermi.
«E dai, rendi felice due ragazze!»
Tiffany mi sta pregando, indicando Poppy.
«No. Perché non chiedete a Jackson?»
«Jackson vuole passare il pomeriggio a sistemare i suoi preziosissimi vestiti e tra poco tramonta il sole!»
Non menziono James, perché lo vedo trascorrere il suo tempo in compagnia di una sigaretta in bocca e gli occhi perennemente incollati al cellulare.
Non menziono Will, perché voglio che Poppy torni a casa sana e salva.
Sbuffo, poi mi volto verso la mia nuova ombra.
«Jasper non mi guardare così, vorrei vedere te»
«Lui ci viene infatti, sei tu l'unico guastafeste.» annuncia Taylor, sbattendo le folte ciglia nella mia direzione. Mi chiedo quando abbia trovato il tempo di truccarsi e cambiarsi con una tuta da sci aderente.
«Ha parlato il Grinch, quella che fa tutta "Oh sì, addobbiamo il giardino con le lucine di Natale, così faccio vedere ai vicini quanto è bella casa mia, ma poi di nascosto vado dai bambini a dire che Babbo Natale non esiste!"»
La bionda sogghigna poi prende il fratello di James sotto la sua ala.
«Jasper li senti anche tu questi lamenti? Cosa saranno? Gli orsi? Le marmotte?»
«Che fastidiosa che sei. Non ci vengo. Andate voi.» borbotto convinto.
«Andiamo ad affittare i pattini, Jasper. Chissà, finalmente oggi Poppy troverà un bel ragazzo, magari un esperto pattinatore.»
Jasper ridacchia delle provocazioni.
«Non mi convincerai così facilmente.»
E sono anche deciso di quello che sto dicendo, ma quando Poppy torna nel salone con due trecce che fuoriescono da un cappellino bianco, il naso costellato di lentiggini e un bel sorriso... Beh, dimentico anche dove mi trovo in questo momento.
Le ragazze e Jasper s'imbacuccano da capo a piedi, tra strati di sciarpe, guanti e cappotti, mentre io mi siedo sul divano a godere del caldo che arriva dal caminetto acceso.
«Io parlo troppo, potremmo essere amici io e te.» Sento Poppy rivolgersi a Jasper, mentre stanno ormai uscendo di casa.
Ma cosa faccio qui?
«Poppy ehi, aspettatemi.»
Che io sia maledetto
Odio il ghiaccio, forse perché non ho equilibrio.
«Ti tengo io.» sussurra Poppy, provando ad acciuffarmi, mentre io continuo a scivolarle via.
Che figura.
«Ce la faccio da solo.»
Le rivolgo un cenno e mi basta alzare il braccio, per perdere quel poco di equilibrio precario che avevo trovato su quei maledetti pattini.
«Reggiti a me, fidati, non ti faccio cadere.» la sento dire roteandomi attorno con leggiadria.
Io mi allontano di nuovo da Poppy e per poco non mi schianto addosso a Tiff.
Jasper, Taylor e Poppy sembrano nati per il ghiaccio, mentre io e Tiff siamo i più impacciati. Perlomeno lei riesce a muovere due passi senza cascare e si lascia aiutare, io sono imbarazzante.
«Marvin levati, che mi fai prendere un'altra culata!»
La mora mi spinge via e per poco non rimbalzo su Poppy.
«Scusa.» mormoro quando le arrivo addosso. Lei mi tiene dagli avambracci e finalmente ritrovo la stabilità.
«Non fa niente, anch'io all'inizio ero imbranata come te. E poi... sei carino»
Abbasso gli occhi sulla lastra di ghiaccio.
«Comunque non so quando è successo»
«A cosa ti riferisci?» chiede lei con piglio curioso.
«Questa cosa tra noi...»
Poppy non fiata, perciò sollevo lo sguardo per costatare di avere davanti la stessa ragazza che non ama stare zitta, sin da quando ha imparato a dire le prime parole.
«Tu che mi guardi a malapena negli occhi....» abbozzo impacciato.
«Io che non riesco a dire due parole di fila..» bisbiglia lei sottovoce.
Siamo sempre stati amici, che cosa succede?
«È strano, Poppy.»
Lei rabbrividisce.
«Vuoi la mia giacca? Hai freddo?» le chiedo con premura.
«Se provi a levarti la giacca ora, come minimo finisci faccia a terra Marvin.»
Scoppiamo entrambi in una risata fragorosa.
Lei a quel punto allenta la presa sulle mie braccia e porta entrambe le mani sul mio cappellino di lana, per aggiustarmelo.
«Non ho freddo, Marvin. Penso faccia parte della cosa strana di cui parlavi...»
Resto ipnotizzato dal suo sorriso innocente, mentre le sue iridi terse si bloccano sulle mie labbra.
«Do...dove vai?» domando confuso quando la vedo scivolare via, slittando sul ghiaccio in modo disinvolto.
Porca miseria, c'ero quasi.
«Ti devi buttare.» suggerisce lei. «Devi fare la prima mossa.»
Mi indica i pattini e le mie gambe inchiodate al corrimano, al quale mi sto aggrappando con entrambe le braccia. Mi chiedo se stia ancora parlando di pattinaggio.
Fanculo
Decido di darmi uno slancio e, senza pensarci due volte, le arrivo davanti. Con le mani le avvolgo le guance fredde, poi chino il capo e raggiungo la sua bocca per baciarla.
I suoi occhi brillanti sono l'ultima cosa che vedo prima di serrare le palpebre.
Ci scambiamo un lungo e dolce bacio, che rende ovattato qualsiasi suono intorno a noi.
«Alla fine non è poi così male pattinare...»
«Ti piace?» domanda lei con le guance colorite di un rosa tenue.
«Mi piaci da impazzire.»
Lei schiude le labbra, ma questa volta non esce un suono.
«Dillo, sono stato il primo a toglierti le parole.»
«Beh...»
Stiamo continuando a sorriderci, tra bambini che ci sfrecciano intorno, quando un urlo mi fa raggelare il sangue.
Ci voltiamo e noto una sagoma sdraiata a terra, mentre un'altra sta accovacciata al suo fianco.
È Tiffany.
«Muovetevi voi due, ho bisogno di una mano!» sbraita Taylor senza fiato.
Jasper e Poppy si catapultano sulla mora, che lamenta forti dolori di pancia.
«Hai battuto?»
«Mi fa un po' male» Tiff sussurra nell'orecchio della bionda, che rivolge i suoi occhi di ghiaccio verso di me.
«Dobbiamo portarla all'ospedale.»
Così aiutiamo Tiff a sollevarsi, poi ci dirigiamo verso l'auto. James è appoggiato contro la carrozzeria e non stacca gli occhi dal cellulare.
Messaggia senza sosta, sappiamo tutti con chi.
«Che cazzo succede?» domanda masticando svogliatamente una gomma.
«Tiff è caduta.»
Lui però non si accorge della gravità della cosa.
«È un'impedita, lo sappiamo tutti e quindi?»
«E quindi mettiti al volante prima che ti faccio pentire di essere nato.» tuona Taylor senza lasciargli possibilità di replicare.
«Cosa cazzo vuoi da me?»
«Dobbiamo andare all'ospedale James, non farmelo ripetere.»
«Ma...»
«Non fare domande, metti in moto»
Taylor si sfila la sua preziosissima giacca e la posiziona sul sedile posteriore, dove aiuta Tiff a sedersi.
«Metti la mia giacca sotto.»
«Giacca?» si acciglia James, già al volante.
«Perde sangue.»
JAMES
«Io starò tranquilla solo quando mi farete entrare nella sua stanza!»
Taylor sta dando il suo solito show, tormentando medici e infermiere, ma stavolta ha tutte le ragioni per essere preoccupata.
«No, signorina solo parenti stretti.»
«Sono sua sorella.»
«Non credo proprio, mi faccia vedere un documento.»
«Guardi, due gocce d'acqua, io entro.»
Chiedo a Marvin e Poppy di accompagnare Jasper alla caffetteria, in modo che possa mangiare qualcosa, mentre io aspetto in sala d'attesa.
Resto frastornato quando i miei occhi incontrano le sagome di Tom e Ethan Austin.
«Cosa ci fate qui?»
«Visita giornaliera alla mamma. Oggi è pure la vigilia. Perché tu cosa ci sei venuto a fare?»
«Visita...?»
«Non lo sapevi? Non dirmi che papà non te l'ha detto. È ricoverata al piano di sopra da ieri pomeriggio.»
I due proseguono per il corridoio, mentre resto a fissare le loro figure che si allontanano.
«Vuoi venire a farle un saluto con noi?»
«No.» borbotto con voce dura.
Un problema alla volta.
Quando finalmente, dopo i vari accertamenti, posso entrare anch'io in stanza per vedere come sta Tiffany, Taylor mi accoglie scagliandosi contro di me.
Schivo il colpo abbassandomi, ma per poco non mi sferra un ceffone sulla guancia.
«Taylor! No!» strilla Tiffany. «Non è colpa sua.»
«E invece sì. È tutta colpa sua. Hai rovinato tutto!»
Gli occhi di Tiffany sono due specchi neri e lucidi che mi fissano dal lettino bianco.
«Che cazzo sta succedendo qui?» sbotto senza capire come mai Taylor ce l'abbia così tanto con me. Poi non l'ho mai vista così tanto preoccupata.
«Cosa cazzo sta succedendo?»
Le due si guardano.
«Puoi dirmelo?»
Tiffany fa cenno di sì alla bionda, che si siede sulla sedia di fianco al lettino in cui è distesa l'amica.
«Ha un cerotto sul braccio, le hanno fatto un prelievo.» spiega Taylor.
«E...?»
«Sono incinta.» annuncia la mora con occhi rivolti al lenzuolo candido.
«No, non lo sei.» sbotto senza riflettere.
«Sì invece»
No, cazzo
«Sai già...» Un singulto rumoroso m'impedisce di proseguire.
Calmiamoci. Tiff ha una vita sessuale molto attiva, potrebbe essere di chiunque
«No che non lo sa. Ma le analisi del sangue non sbagliano. Dovrà fare un'ecografia tra poco, per capire di quante settimane è e di conseguenza fare due calcoli. Spero tu sia bravo con la matematica quanto a tradire la tua ragazza con la sua migliore amica, senza usare il preservativo!» si sgola Taylor a quel punto.
«Ho sempre messo il preservativo. Tiff, perché fai parlare lei? Tu sai benissimo cos'è successo tra noi.»
«Lo so ma... Eravamo spesso ubriachi e...»
O mio Dio
Mi porto entrambe le mani tra i capelli, riavvio le ciocche con un gesto nervoso, provocandomi quasi dolore.
«Io non so come funziona questa cosa... Ma io e te non scopiamo dalla scorsa estate» mugolo a voce bassa.
«Tiff? Che hai dire?» la interroga Taylor.
«James ha ragione.» Poi però abbassa nuovamente lo sguardo e capisco che alcune cose non riesce a dirle davanti a Taylor, forse ha paura del suo giudizio.
Devo chiamare Connell.
«Okay, devo andare da mia madre, ma torno dopo.»
«Sentilo, il paparino si sente già responsabile...» mi prende in giro Taylor con voce stridente.
«Tu riesci ironizzare anche in situazioni del genere, cazzo!» sputo prima di uscire dalla camera.
A quel punto chiamo immediatamente lo stronzo.
«Il coach ti vuole qui, perché non siete all'allenamento?»
«Voglio parlare con te Connell.»
«Di cosa?»
«Di Tiffany»
«Chi cazzo è Tiffany?
«Connell vedi di fare il serio e parlare. Ci sei stato a letto, vero?»
Lo sento sghignazzare.
«C'è forse una tua amica che io e te non ci siamo scopati?»
Una serie di sbuffi contrariati abbandona le mie labbra imbronciate.
«Te lo chiedo per favore.»
«La lesbica? Certo che me lo sono scopata»
«Quando? In gita?»
«Prima della gita. Era il tuo compleanno, eravamo entrambi ubriachi fradici.»
«Perché cazzo Tiff non me l'ha detto?» ragiono a voce alta.
«Se farlo per noi è un vanto, per loro è motivo di vergogna.»
«Già. E questo grazie a quelli come te.» mormoro riluttante.
E a quelli come me.
Ma invece che tornare da Tiffany, decido di salire al piano superiore.
Mi chiedo se gli altri riflettano prima di agire, io non lo faccio quasi mai. E forse è proprio questo il motivo di tutte le mie cazzate.
Il mio pensiero va a June.
Poi a mia madre.
Un'infermiera mi scorta fino alla sua camera e qui apre la porta.
Vedo una sagoma abbandonata in un letto. Sta dormendo e io non ho il coraggio di chiedere cos'abbia.
Di sicuro è più smunta e pallida del solito.
«Sei suoi figlio?» domanda l'infermiera anziana.
«Si vede?»
«Vi somigliate molto.»
Così mi faccio coraggio e glielo chiedo.
«Cos'ha?»
«Il fegato non regge più. Ha delle lesioni irreversibili. Ma quello che preoccupa i medici sono le metastasi, ormai diffuse nei polmoni.»
«Abusi di droghe, alcol e farmaci? È questa la causa?»
«Non siamo qui per cercare una causa. Ma so che tua mamma era qui in vacanza, dovranno presto spostarla in un ospedale vicino a casa sua.»
Mi porto una mano sul viso, quasi sicuro di trovarci delle lacrime che però non fuoriescono.
«Quali sono le cure?»
«Beh, a dirla tutta...»
La donna sembra avere una faccia dispiaciuta, forse prova pena per me e io decido di risparmiargli quella scena patetica.
«No, non lo voglio sapere. Grazie.»
Non voglio sapere niente di lei
Così torno al piano delle emergenze e sento il cuore stritolarsi, quando i miei occhi incontrano quelli di Jasper.
Ma invece che parlare con lui, mi fiondo in camera da Tiffany.
«Perché non mi hai detto di Connell?»
Il mio rimprovero le smuove qualcosa dentro, perché Tiffany scoppia a piangere al solo sentirlo nominare. I capelli color cioccolato le cascano a fiotti sulle guance, mescolandosi alle lacrime.
«I miei non la prenderanno bene.»
«Tra tutti, proprio lui?»
«Smettila James, è già abbastanza difficile»
A redarguirmi prontamente è Taylor, che sta sulla soglia insieme a Jasper.
Io però mi sporgo verso il lettino e abbraccio Tiffany che è un cumulo di ossa fredde.
«Ti aiuterò se ne avrai bisogno. Troveremo un modo.»
A quel punto entra il medico, così slaccio la nostra unione e torno verso l'ingresso.
«James.»
«Dimmi Tiff.»
«Non siamo poi così distanti dalla Virginia.»
TIFFANY
Taylor sta parlando con Jasper, ha lasciato la porta socchiusa e c'è un silenzio così assordante che riesco a sentire tutto. Oltre ad un'angoscia terrificante che mi martella lo stomaco.
«Lo so che ti è sempre stata antipatica... Ma Tiff è speciale.»
Tipico di Taylor, sta provando a convincere Jasper che non sono poi così male, come lui ha sempre creduto.
«Ci siamo fatte del male, eppure eccoci qui...»
Il medico finisce di spiegarmi le solite cose, poi esce per rassicurare anche i ragazzi, che stanno aspettando in sala d'attesa.
«Però meglio evitare attività pericolose.»
«Pattinare è pericoloso?» sbotta James.
«Ha una strana concezione pericolo» sottolinea Taylor.
«Il pericolo glielo farò vedere io se non mi dice che Tiffany sta bene.» insiste James a quel punto.
«Sta bene.»
«Sul serio?»
«Sì, è stata una perdita innocua, ma è meglio che stia a riposo e sotto osservazione del suo medico. E, ovviamente, no alcol e no fumo.»
«Posso vederla ora?» sento Taylor assillare il medico.
«Sì, ma niente discussioni. Lasciatela tranquilla.»
Taylor fa il suo ingresso nella stanza grigia e il mio cuore accelera sempre un po' ogni volta che vedo il suo profilo perfetto e sento il profumo di zucchero che si spande nell'aria circostante.
I capelli biondi e lucenti ricadono sul dolcevita aderente.
Non so perché, ma torno a singhiozzare sotto al lenzuolo.
Lei è gelida, lo è sempre.
Le sue dita lunghe e fredde si posano sulle mie, obbligandomi ad abbassare il lenzuolo che usavo per nascondermi.
«Non l'ho chiesto io.»
«Lo so, ma devi iniziare a pensare a cosa fare.» mi sprona lei.
«La mia vita sarebbe meglio senza. Non so se potrò studiare e poi i miei mi uccidono. Sono troppo....»
«Rispetterò qualsiasi tua decisione, ma pensaci Tiff...»
«Dillo, lo faresti anche tu.»
Taylor a quel punto sorride, è raro vederla sorridere in modo spontaneo, come ora.
«Ma vuoi sapere qual è la cosa bella di te, Tiff? Tu non sei me.»
«Non è affatto una bella cosa. Darei qualsiasi cosa per essere simile a te.»
Lei scuote la testa bionda e con un gesto delicato mi discosta i capelli che mi offuscano il viso.
Io non so mai da dove prendere il discorso.
E lei non vuole mai affrontarlo... forse perché sa che mi spezzerebbe il cuore.
«Devi pensarci bene valutare tutte opzioni, non puoi decidere ora.» mi rassicura senza mai lasciare la mia mano.
«Stai dicendo...»
«Sto dicendo che io ti starò vicina, fino in fondo. Qualsiasi sia la tua scelta.»
«Ma Connell...è Connell» mi lamento io.
«Lo so, ma non può essere un motivo che possa condizionare la tua decisione.»
«Ma se lui è il padre... siamo io e lui a decidere»
«No Tiff, non hai capito.» Taylor si avvicina al mio viso e il profumo del suo burro cacao al lampone m'inonda i sensi. «Siamo io e te qui.»
«In che senso?»
«Se la tua preoccupazione è che questo bambino possa non avere un padre, sappi che avrà te. E io ti starò accanto, sempre.»
Stringo le palpebre e una lacrima mi riga lo zigomo.
«Vorrei mi baciassi.» sussurro deglutendo un singhiozzo che fuoriesce imbizzarrito.
Ma quando riapro gli occhi, lei si è già rialzata in piedi.
«Non complichiamo le cose, Tiff. Lo sono già abbastanza.»
«Non sei il Grinch come sosteneva Marvin» cambio immediatamente discorso, ma lei è ancora seria.
«Mi sono presa un cazzo di spaventò Tiff, non farlo mai più.»
«Jamie dov'è?» domando a quel punto.
«C'è sua madre ricoverata di sopra. Scommetto che passerà la vigilia in uno stato disastroso. Non starà sobrio nemmeno per mezz'ora.»
«Sua madre è malata?»
«Che ne so. Lo sai che lui non parla.»
«Torniamo allo chalet?» Provo a sollevarmi dal lettino ma a quel punto mi accorgo che ho anche una flebo collegata al braccio.
«No Tiff, è meglio se resti in osservazione. E io rimango qui.»
«Ma sto bene ed è la vigilia di Natale, non puoi restare qui Tay...»
«A quanto pare posso. Guarda che bella sedia scomoda sulla quale dormirò questa notte...»
Si spaparanza su una poltroncina minuscola, distende le sue gambe chilometriche, mentre le nostre risate liberatorie si propagano per tutta la stanza.
JAMES
«Finalmente sei tornato. Stavo per passare la vigilia di Natale a fare il babysitter con Ari. Ti rendi conto?»
«Grazie Jax.» biascico nel notare che il mio amico esce dalla stanza in cui Jasper sta già dormendo.
M'infilo un paio di pantaloni della tua, poi una felpa comoda. Mi rifiuto d'indossare quegli stupidi maglioni natalizi.
Siamo tornati tardi dall'ospedale, abbiamo saltato cena e io sono riuscito a fare a malapena una doccia. E poi ho cominciato a svuotare la riserva di liquori di Austin, quindi Jackson è rimasto con Jasper.
«Poppy e Marvin?» La vista mi si annebbia, ma i nomi dei miei amici li ricordo ancora.
«Non so, loro due non li ho più visti.» bofonchia il biondo.
Si tira su il cappuccio della felpa rossa dalla quale fuoriescono le ciocche bionde e io gli faccio cenno di seguirmi.
«Ho bisogno di uscire da qui.» mormoro agitato.
«E Jas?»
Mi appoggio al corrimano della scala, quando una sagoma mi sorprende nel buio.
«Se volete resto io.» bofonchia Ari, che indossa già il pigiama. «Brian è uscito.»
«Dove cazzo è andato?»
«Non so se posso dirlo.»
«Parla.» le ordino.
«Con Will.»
«Con Will? Dove?»
«E quegli altri due tizi.»
«C'entra Amelia con questa storia?» ringhio adirato.
Lei si fa piccola contro la parete.
«No, lei non c'entra. Mi ha chiamato poco fa.»
«Lo sapevo.»
«Sta bene.» puntualizza Ari.
«Brian lo sa?»
«Sì. Brian si è arrabbiato perché non gliel'ho detto subito, per questo ha deciso che non voleva stare qui insieme a me.»
«Usciamo.» ordino a Jackson che in tutta risposta si lamenta.
«Ma c'è il caminetto acceso, vorrei guardarmi un film! E poi ha iniziato a nevicare!»
Si ritrova però obbligato a scrollare il capo quando io non gli do retta e spalanco il portone d'ingresso.
Una raffica gelida mi trafigge il collo scoperto e le scarpe da ginnastica sprofondano nella neve fresca.
«Prendi una giacca, andiamo. Facciamo una passeggiata, magari ti passa la sbronza.» suggerisce il mio amico.
«Jackson voglio fare una cazzata.» annuncio a quel punto.
«Ma dai, non l'avrei mai detto. Basta che ti tieni i vestiti addosso, visto che ci saranno meno dieci gradi, grazie»
«Ti sento particolarmente sarcastico questa sera, Jackson, oserei dire acido. Non è che ti manca una sana dose di ca...»
«Di calci in culo per averti dato retta, James? Quella sì.»
Scoppio a ridere, ma non appena torno serio, glielo chiedo.
«Andiamo da lei?»
«Come prego?»
«Andiamo da June.» annuncio imprigionando una sigaretta spenta tra le labbra tremolanti e irrigidite dalle folate ghiacciate.
«È notte e non si vede un cazzo.» Jackson mi indica la macchina che abbiamo noleggiato, è immersa nel buio più profondo. Non c'è nemmeno un lampione a illuminare la strada.
«E dai Jax, per via della regola di Jasper, tu non hai bevuto. Puoi guidare tu, saranno un paio d'ore.»
«Sono tredici fottutissime ore da qui alla Virginia, James! E dai. Ragiona.» sbraita nervoso.
«Per favore, voglio vederla. Non è un capriccio.»
«Lo so e se fossi tu a doverti fare tredici ore di viaggio con uno mezzo ubriaco, ti direi, fai pure... ma dato che sono io a dover guidare...»
«Grazie Jax, sei un vero amico. Ma prima devo andare in un posto...»
«James è tardi, torniamo a casa e basta.»
«Mi manca troppo.»
JUNE
La nuova moglie di mio padre è così magra che mi chiedo come abbia fatto a partorire quelle due creature che stanno giocando nel salotto addobbato con lucine e decorazioni natalizie. Insieme ai due bambini, c'è anche il figlio più grande, che la donna ha avuto dal suo primo marito. Bradford, un tizio che squadra tutti dall'alto al basso come se ce l'avesse solo lui.
«A me non sta antipatico.»
«Guarda, non avevo dubbi May. Siete fatti l'uno per l'altro.» la prendo in giro, mentre stiamo sedute come due burattini imbalsamati alla cena di famiglia, per la vigilia di Natale.
«Sai June, da questa tua risposta, devo dedurre che il tuo spirito di osservazione sia davvero...»
Il cellulare mi vibra proprio mentre siamo a tavola. Avevo promesso a mia madre di lasciarlo in camera, ma dopo che James mi ha raccontato della caduta di Tiff, sono troppo preoccupata e ho deciso di nascondermelo sotto alle gambe.
«Posso alzarmi da tavola, mamma?»
«Per?»
«Una chiamata.»
«June... adesso arriva il secondo.»
Sorridi e annuisci anche se stai scoppiando
«Mamma e dai, gli faccio solo gli auguri.»
«Lo richiami dopo, una volta che abbiamo finito di cenare.»
Sbuffo sonoramente, ma devo darmi un freno o tutti i parenti mi vedranno fare la scorbutica.
«Benvenuta del club.» borbotta May.
«Che club?»
«Di chi mal sopporta le festività.» spiega mia cugina.
«Non è il Natale che mal sopporto.» dico fissando in cagnesco mia madre.
«Però da un lato ha ragione. Lo richiami dopo, che ti cambia?»
May ovviamente non sa che quando si parla di James, è sempre tutto incerto.
Magari ha bisogno di aiuto o gli è successo qualcosa...
Così finiamo di cenare e finalmente sono libera. Infilo il cappotto ed esco sul porticato. Vengo scossa da un brivido di freddo e con le mani gelide chiamo James.
«James? Tutto bene?»
«Sto bene.»
«Dove sei?»
«In macchina con Jax.»
«Non stai guidando tu vero?» mi preoccupo.
«Tu immagina se avessi messo incinta Tiffany»
Sento i muscoli della schiena irrigidirsi, così tanto da farmi male.
«Cosa stai dicendo?!» mi altero e alzo inevitabilmente il tono di voce.
«O un'altra ragazza...»
«James sei ubriaco?»
«Dio mio, la mia vita... Cosa ne sarebbe stata?»
«Sei decisamente ubriaco. Fammi parlare con Jackson»
James sbuffa come un bambino dispettoso, poi passa il telefono all'amico.
«Jax che succede? Tiff come sta?»
«Ora sta bene.» spiega Jackson. «Taylor ha insistito che facessero altri accertamenti, la dimettono domani.»
Jackson compie una piccola pausa.
«Ma non c'era solo Tiff all'ospedale...» mormora abbassando la voce.
«Una piccola reunion.» sento borbottare James in sottofondo
«Che vuol dire?»
«Ho visto i fantasmi.» prosegue James.
«C'era sua mamma.»
«Jax, sicuro che James stia bene?»
«È solo un po' ubriaco. Gli faccio fare una passeggiata al freddo così riprende, poi lo riporto a casa.»
«Okay. Mi raccomando.»
Sto per riagganciare, quando mi fermo.
«Jax?»
«Dimmi.»
«Grazie»
«Lo farei anche se tu non esistessi, June. Lo sai, vero?»
Sorrido e lo sento fare lo stesso.
«Digli di non fare sciocchezze.»
«Perché non me ne va bene una? Perché non mi merito un momento di felicità? Uno, non chiedo tanto.» Sento James biascicare a stenti.
«Buonanotte. E mi raccomando.»
Prima di tornare nella camera degli ospiti che condivido con May, passo dalla cucina per prendere il mio bicchierone d'acqua. Mia nonna ama esagerare con il sale nel tacchino ripieno.
Quando però mi apposto sulla soglia della cucina, scorgo due sagome vicine.
Sono mia madre e mio padre, li sorprendo ad abbracciarsi.
«June!»
O no
«Stavo andando a dormire, buonanotte.» mormora lui salutandomi con un sorriso distaccato.
«Anch'io, buonanotte.» ribatto fredda.
April però non sfugge, resta in cucina e mi chiede di non andarmene e farle compagnia.
«Che vi dicevate?»
«Niente, parlavamo dei tempi passati.»
Il nostro mormorare sussurrato è l'unico suono udibile, sono già tutti a dormire.
«Sembrate andare d'accordo.»
«Amo tuo padre»
La sua affermazione mi spiazza.
«Davvero?»
«Sì, lo amerò sempre.»
«Ma lui no, non ti ama.» sentenzio acida, mentre lei mi versa dell'acqua fresca nel bicchiere.
«June, non se n'è andato perché non ci voleva più bene.»
«E perché se n'è andato?» la sfido con aria impassibile.
«Perche gli ricordavamo vicende passate, negative.»
«La cosa non mi consola, mamma. Sapere di rappresentare la sofferenza per qualcuno, non è affatto bello. Quindi ogni volta che ci guarda negli occhi, sta male?»
«Non volevo dire questo June, solo che non siamo il suo ricordo più felice. Il ricordo negativo è il momento in cui tuo fratello se n'è andato, non siamo noi due.»
«Lo so ma...»
Abbandono il bicchiere sul tavolo, sento la mano tremare e lo stomaco cominciare a contorcersi per l'inquietudine.
«Tu e lui insieme siete il mio ricordo più bello. Tutti noi quattro insieme.»
Lei a quel punto mi cinge le spalle con il braccio e mi ritrovo ben presto con la guancia premuta contro il suo sterno. Il battito regolare del suo cuore, mi riporta a ricordi lontani, forse della mia infanzia.
«Vorrei solo che fosse qui ancora una volta.» farfuglio trattenendo le emozioni che mi si accavallano in gola.
Non me ne rendo nemmeno conto, ma i singhiozzi scalpitano scuotendomi il petto, fino a riversarsi al di fuori, sotto forma di un pianto sommesso.
«Shh...»
Sento la sua mano ferma tenermi stretta a lei.
«Cosa fa quello scapestrato?»
Mi ha chiamato ubriaco fradicio
«È con Jasper, da sua madre.»
«Oh...»
«Lei è malata.» sussurro asciugandomi le lacrime.
«Mi dispiace, June. Ne hanno passate tante quei due ragazzi, avrebbero bisogno di un po' di pace.»
Rimaniamo in silenzio per qualche istante, mentre fuori dalla finestra la neve scivola lenta, formando un tappeto soffice.
«Andiamo a dormire, domani ci aspetta un pranzo di Natale che mi farà prendere tre chili.» la sento sussurrare, ma io non ho intenzione di slegare quell'abbraccio.
I preparativi per il pranzo di Natale sono più intensi del previsto. Mia nonna March è ancora in forma per l'età che ha e urla dietro a mia zia e a mia madre tutte le volte che provano ad aiutarla. Mio nonno invece è un tipo paziente, lascia correre qualsiasi cosa pur di non interferire con il caratterino nervoso di mia nonna. È burbera con tutti, tranne che con la sua nipotina preferita, ovvero io.
Mio padre rincorre i due marmocchi in salotto, non fanno altro che orbitare intorno all'albero. Ogni tanto mi sorprende a guardarli, quindi mi rivolge un sorriso di circostanza.
«Mettiamoci a tavola. È tutto pronto.» annuncia mia nonna verso l'una, quando le pance ormai brontolano affamate. Finalmente, tra una chiacchiera e l'altra, cominciamo a mangiare.
May indossa lo stesso colore di ieri, il nero, solo che oggi si è messa un vestito aderente e ha legato i capelli corvini in una capigliatura elegante.
«Dai, sentiamo il parere non richiesto»
«Stai molto bene. Hai passato la mattina a prepararti?» la punzecchio.
«Ho passato la mattina a leggere sonetti.»
«Sempre Shakespeare?» ammicco alludendo al suo omonimo.
Lei arrossisce immediatamente.
«Buonasera.»
Una voce conosciuta mi colpisce le guance, tendo immediatamente la schiena.
«Buonasera? È giorno, cosa dice quel signore?» salta su un marmocchio.
«Chi sono questi drogati che sono entrati in casa nostra? Carl, chiama la polizia.» strilla mia nonna.
May scoppia a ridere, io per poco non svengo nel vedere chi si materializza sulla soglia di casa.
James e Jackson?
«James è giorno» Mia madre lo sta già rimproverando con sguardo sbigottito.
«Voleva dire Buon Natale.»
Lo corregge Jackson che, con due occhiaie profonde intorno agli occhi azzurri, appare alle spalle di James.
«Sono barboni?»
«Mamma... Mettiti gli occhiali. Sono due ragazzi.» borbotta April.
«Vogliono da mangiare? Abbiamo degli avanzi» propone mio nonno.
C'è un po' di trambusto, uno dei due bambini comincia a lagnarsi, mia nonna si agita, mentre l'unica che sta ridendo è May.
«Daglieli e mandali via, ho paura ci rubino in casa. Carl è vecchio ormai, non ha più il fisico per difenderci» sento borbottare mia nonna.
«Mamma, siamo tutti qui, sono solo amici di June»
Lei a quel punto cambia faccia.
«Oh, allora possono restare.»
Si riposiziona il tovagliolo in grembo e ricomincia a mangiare come se niente fosse.
Come se due ragazzi grandi e grossi non avessero appena fatto irruzione nel nostro pranzo di Natale.
«Figuriamoci, solo perché June li conosce... Ti faresti vendere anche droga da loro» sussurra mia madre infastidita, facendomi sorridere. Mia nonna invece la ignora.
«Parla, hai la faccia di uno che ha da dire qualcosa»
In modo brusco, mia nonna invita James a parlare.
«Non penso esista qualcosa di più forte di questo.»
O no, è ubriaco
«Non riesco a immaginare qualcosa di più forte di quello che provo per te.»
«Ma perché quel maleducato non dice Buon Natale?» strilla uno dei due bimbi, seduti dall'altra parte del tavolo.
«L'avrà tradita e le sta chiedendo scusa, gli uomini fanno così.» bofonchia la moglie di mio padre, con fare maleducato.
James però non l'ascolta nemmeno, allaccia i suoi profondissimi occhi blu ai miei e comincia a parlare.
«Sei la persona più testarda e ficcanaso che io abbia mai avuto l'onore di conoscere. Se sono sicuro di conoscerti per davvero, è perché so sempre cosa dire per farti ridere quando ce l'hai con me. Ci provi a fare l'incazzata...»
Mia nonna spalanca gli occhi inorridita, Jackson si porta una mano sulla fronte, mia madre invece rotea le iridi al soffitto.
«Arrabbiata» gli suggerisce Jackson da dietro.
«...Ma l'arrabbiatura ti durerà poco perché farò sempre di tutto per farti spuntare un altro sorriso. E io quel sorriso vorrei vederlo ogni sera, prima di andare a dormire... Tutte le mattine, al mio risveglio.»
«Questo è Facebook o Tumblr?» ridacchia May sottovoce.
«Vorrei stare con te fino a quando me lo consentirai, June. Perché il "per sempre" è troppo romantico da dire, ma è anche tutto ciò che vedo quando ti guardo negli occhi.»
La mia spina dorsale viene elettrizzata da un milione di brividi.
«Okay questa era carina.» commenta May.
«Devo smetterla di cercare. Sei tu il mio momento di felicità June.»
Mia nonna sembra aver ritrovato la gioventù perché scatta in piedi per applaudire.
«Mamma siediti, non siamo a teatro. Ricomponiti!» la riprende mia madre.
«Beh, il biondo laggiù per me può cominciare anche a dare uno spettacolo, io lo guarderei.»
Mio nonno scrolla il capo, abituato al modo di fare di mia nonna.
«Lo guarderei anch'io.» commenta sottovoce il figlio della nuova moglie di mio padre.
Le mie attenzioni però, vengono catalizzate dal ragazzo che sta in mezzo al salotto, in tutta la sua bellezza.
«Perché mi fissi così, June?»
«Sei un cretino, dici certe cavolate...»
Sento le guance formicolare. Che imbarazzo
«Stai sorridendo però...»
Perché mi ha fatto piacere
Quando mi alzo in piedi mia madre mi rimprovera immediatamente.
«June»
«Lasciala andare.» le suggerisce mia nonna.
Io a quel punto ho solo un obiettivo: trascinare James via da lì.
Jackson invece resta lì imbambolato senza sapere cosa dire.
«Vieni, abbiamo cibo in abbondanza.» lo invita mia nonna, allungandogli la sedia di fianco alla sua.
Io e James ci avviciniamo all'uscita di casa.
«Ma sei impazzito?» Lo aggredisco, spintonandolo verso la porta d'ingresso.
«Sei ubriaco fradicio, ti presenti a casa dei miei nonni e mi metti in imbarazzo in questo modo?»
«Scusa non...»
Con i palmi raccolgo le sue guance fredde e lo bacio.
«È stata la cosa più bella che tu potessi mai fare»
Le nostre labbra si uniscono, così come le nostre mani e io percepisco qualcosa di estraneo tra le sue dita.
«Cos'hai lì, un cerotto?»
«No.»
Nasconde la mano nella manica del giubbotto e io m'insospettisco ancora di più.
«Cos'è James?»
«Niente, fatti cazzi i tuoi.»
Senza curarmi di usare delicatezza, gli afferro la mano e ispeziono l'anulare sinistro, il dito ricoperto da una pellicola trasparente. Riesco a scorgere qualcosa impresso sulla sua pelle.
VI-
«Perché c'è un sei in numeri romani?»
«Quante ne sai... mamma mia che palle»
«Perché c'è un trattino dopo?»
«È una data da completare.» spiega lui.
«Che data, cos'è successo a Giugno?»
I nostri occhi s'incontrano e un incendio prende a divampare nel mio petto.
«Stai scherz...» le parole però, non vogliono sapere di fluire dalla mia bocca.
«È un mese, è solo un fottuto mese, June.»
«Quanto eri ubriaco ieri?» domando, con le guance che mi fanno male per i troppi sorrisi.
«Così tanto che mi sono risvegliato con un mese tatuato addosso. Il mio preferito.»
Gli getto le braccia al collo, mentre lui sorride tra i miei capelli.
«Quanto sei presuntuosa, penserai mica...»
Smettiamo di ridere per dare spazio ad un altro bacio.
«Grazie per tutto ciò che hai detto.»
«È stata una vendetta, tu te ne sei andata e io ti ho ripagato mettendoti in imbarazzo.»
«Tu usi i post-it ma sei molto più bravo di me a parole, James.» ribatto seria, prima di allontanarmi dalle sue braccia.
È uscito mio nonno e io m'irrigidisco.
«Volete restare per stanotte?»
La richiesta di mio nonno mi sorprende.
«Ehm...No, dovremmo tornare. Per Jasper.» specifica James guardandomi.
«Si prevede un brutta nevicata per stanotte, inizierà tra qualche ora. Dovete restare o andarvene subito, sennò finite per guidare con condizioni troppo avverse.»
James si acciglia e prima che possa fare una battutaccia delle sue, gli spiego come mai mio nonno sia così affidabile sull'argomento.
«Mio nonno è un ex meteorologo.»
«Ecco dove l'avevo visto! In televisione.» esclama James.
«Ti faccio un autografo ma non ti voglio vedere con le mani addosso a mia nipote.»
La premura di mio nonno fa sorridere James.
«Resta, ti prego.» sussurro stringendogli un braccio.
«Devo prima chiamare Marvin e Poppy, per Jasper...»
«Jasper non è un bambino. Perché non chiami direttamente lui o gli scrivi?»
«Se vuoi presenziare alla mia stessa tavola, per cena, devi prima farti una bella dormita ragazzo.»
«E otto caffè» lo prendo in giro, dando man forte a mio nonno.
Così, dopo aver chiamato Marvin ed essersi assicurato che Poppy e Ari siano con Jasper, James ritorna in casa.
«Ti dispiace non essere rimasto con lui per Natale, James?»
«Sì. Non so se dispiace anche a lui...»
«Scrivigli» lo sprono mentre ci incamminiamo verso il piano superiore.
Ti dispiace che non sono rimasto lì con te oggi?
Tendo il collo verso il cellulare che James tiene tra le mani per sbirciare la risposta di Jas.
È il primo Natale che non sono da solo. Puoi restare lì ☀️🤍
«Che dice?»
«Alla fine non è poi così male stare con i miei amici.» lo vedo sorridere con il mento chino.
«Dove state andando voi due?»
Mia madre ci sorprende dal fondo delle scale, quando ci vede percorrerle.
«Lo accompagno ... ehm... in camera... sua. No?»
La mia espressione angelica non la intenerisce affatto.
«Mi raccomando. Ti do due minuti per fargli vedere la camera degli ospiti, poi scendi. C'è il dolce.»
«Arrivo, mamma.»
«Ma io il dolce lo vorrei subito....» si lamenta James con voce da bambino dispettoso.
Mi agguanta dai fianchi non appena mettiamo piede nella piccola stanza con due letti a castello, ma io mi divincolo e lo aiuto a spogliarsi.
Mi curvo sul mobile del lavandino, gli mostro gli spazzolini e l'occorrente per farsi la doccia. Lui resta fermo alle mie spalle, con solo i boxer addosso e una catenina argentata.
«James ...» lo rimprovero quando mi accorgo che non mi sta ascoltando.
Sento la ruvidezza delle sue dita fredde scivolare sul retro delle mie cosce.
«Mi sento ancora ubriaco...» mormora prima di spintonarmi nella doccia insieme a lui.
«Sei impazzito? Non aprire il getto o mi lavo.» sbraito ridendo.
«Perché hai messo la gonna? Non le metti mai.»
«Mia madre ha insistito affinché fossi elegante oggi.»
«Vedo che qualche volta April sta dalla mia parte.»
Per rimuovere le mie mutande e spostarle a lato, James compie un piccolo arco con le dita, che ben presto finiscono a spingere dentro di me con veemenza, obbligandomi ad accoglierle fino in fondo.
I miei occhi bruciano sulle sue labbra prominenti, dalle quali trapela un sospiro. Il suo torace possente viene stravolto da un ritmo più sostenuto, quando cominciamo a baciarci.
«Non ci faranno dormire insieme, lo sai James?»
«Eppure noi dormiremo insieme ugualmente, lo sai June?»
«June Madeline White?»
La voce di mia madre.
«O mio dio, devo uscire»
«Arrivo!» Urlo spaventata.
«Ci vediamo questa notte» sussurra lui, prima che io esca dal bagno.
WILLIAM
«Senti non voglio guai oggi. È Natale.» mi ritrovo ad affermare mentre vado avanti e indietro per il salone dello chalet.
Brian mi si avvicina per indagare il mio stato d'animo.
«Perché non vuoi venga con te, Cooper?»
«Perché uno di quei due ha investito tua sorella, l'ho visto come li guardi. Non possiamo fare cazzate, ci mettono due secondi a tirare fuori un'arma quelli.»
Il moro non riesce a capacitarsi della mia improvvisa saggezza. La verità è che James e Jackson sono partiti, Jasper è rimasto qui con noi e io non posso permettermi passi falsi.
James non me l'ha detto chiaro e tondo, ma mi ha chiamato ieri notte, facendomi capire che conta su di me per la tranquillità di questi giorni festivi.
"William le cazzate tienile per quando mio fratello ti sta a chilometri di distanza." ha detto.
"Gli Austin sono criminali e gli altri due sono mafiosi russi, quindi fa il bravo."
Brian però non sapeva di dover dividere vitto e alloggio con gli Austin ed è da oggi pomeriggio che è nervoso.
«Allora? Siete dei nostri?» Domanda Ethan Austin irrompendo in salotto.
«Va bene» annuncio io infilandomi la giacca.
«Ma che cazzo vuoi fare?» sbraita Brian a quel punto.
«Ci sta proponendo una gara di auto, ne ho fatte almeno una decina.»
Ameno stanno tutti lontani da Jasper.
«Hai mai fatto una gara sul ghiaccio?» m'interroga Brian mentre usciamo.
«No.»
«Mi sembra pericoloso» sussurra Ari venendo da noi a curiosare.
Lei, Marvin e Poppy passano il pomeriggio a giocare a scarabeo con Jasper.
Vorrei potermi divertire anch'io con loro, ma purtroppo i giochi da tavolo non fanno per me.
Ho bisogno di qualcosa in più.
«Allora, Cooper e Hood? Siete entrambi dei nostri?»
Brian indurisce i lineamenti nell'incontrare gli occhi vitrei di Ethan Austin.
«Sì.»
JUNE
Nel pomeriggio James e Jackson dormono nei loro lettini a castello. James non ci sta con le spalle, mentre Jackson ha le gambe troppo lunghe per quei materassi minuscoli.
Io decido quindi di aiutare mia madre con la cena.
«Gli avanzi non bastano» si lamenta mia nonna, senza mai fermarsi un attimo.
«Sono piena da oggi. Basta cucinare mamma.»
«Facciamo solo una crostata» annuncia mia nonna, sfoggiando un rossetto appena steso.
«Stai bene tesoro?» domanda poi rivolgendosi a me.
«Sì... Tante emozioni, ma sto bene.»
«Non c'è nulla che una torta non possa aggiustare» annuncia lei rimboccandosi le maniche. «E parla con tuo padre.»
«Perché devo parlarci io? Dovrebbe venire lui.» m'impunto mentre le passo la farina e le uova.
«A me non interessa cosa fanno gli altri, in questa famiglia sono le donne a fare il primo passo, June. Se non fosse stato per me, a quest'ora tuo nonno partiva per la guerra scapolo!»
«E tornava morto.. certo lo sappiamo a memoria» brontola mia mamma.
«E invece?» Sorrido, fingendo di non conoscere il finale, dandole la soddisfazione di raccontare la sua storia per l'ennesima volta.
«E invece è partito con una promessa di matrimonio che l'ha tenuto in vita.»
«Miss March è meglio di un giubbotto antiproiettile...» ironizza mia mamma a braccia incrociate.
«Già che non ci dai una mano a preparare la crostata, April... capisci almeno cosa sto dicendo a tua figlia?»
«June non ha voglia di parlare con lui e giustamente non lo fa. È sua figlia, esattamente come quei due, eppure lui sta sempre con loro.»
Mia madre indica la finestra attraverso la quale scorgo la figura di mio padre che sta facendo un pupazzo di neve insieme ai bambini.
«Cosa ci è venuto a fare?» sbotta lei a quel punto. Sembra decisamente più scottata di me dal comportamento di mio padre.
«Come se non lo conoscessi da una vita! Lo sai che è fatto così. È introverso e probabilmente si vergogna di se stesso. Non c'è tempo per fare l'orgogliosa. Lasciamo la permalosità e il risentimento ai deboli, June.»
Con quelle parole, mia nonna mi convince ad uscire.
I bambini invece, sono appena rientrati, impiastricciando l'ingresso di nevischio e fango.
«L'ho dovuta parcheggiare lì, in vista della grossa nevicata.»
Mio padre mi indica la sua auto.
«Okay.» Annuisco stringendomi nel cappotto.
«Vuoi fare due passi, June?»
Sollevo un sopracciglio.
«Tu?»
«Sì, perché no.»
Sembra non te ne freghi niente
«Okay.»
Restiamo in silenzio per qualche momento, finché lui non decide di prendere parola.
«Sai June, tua madre è sempre stata quella forte dei due.»
Una nuvola di vapore si spande nell'ambiente innevato.
«Lo so.»
«I miei genitori non volevano mi sposassi con tua madre. Volevano finissi i miei studi e che diventassi un avvocato...»
Con lo sguardo serrato mi volto nella sua direzione. Abbiamo lo stesso taglio di occhi, forse sono un po' troppo grandi per il viso.
«Io invece volevo aprire la mia catena di birre artigianali. Alla fine si è rivelato un fallimento. La mia carriera è stata mediocre....Ma tua madre non me l'ha mai fatto pesare.»
«Anche la tua vita con mamma è stata mediocre? Per questo te ne sei andato? »
«Non è mai stata mediocre.»
È troppo breve la sua risposa.
«E con me e August?»
Le parole mi escono gracili, quasi impercettibili, come qualcosa d'inespresso che finalmente trova la forza di uscire allo scoperto.
A quel punto lui si ferma nel bel mezzo della stradina innevata.
«No, June. Perché pensi una cosa del genere?»
Mi stringo nelle spalle senza parlare.
«Per me è stata dura. Ho perso tutto in un attimo.» aggiunge sottovoce.
«Lo è stato anche per noi. E poi...C'eravamo io e la mamma.» sputo risentita.
«Lo so ma, non sono stato abbastanza tenace, coraggioso per rimanere al vostro fianco.»
«Lei lo è stata per entrambi.» sottolineo causandogli un cenno del capo, sta annuendo.
«Ho preferito fuggire, lo sai. Probabilmente ho sbagliato ma...»
«Hai una nuova famiglia.»
Ci voltiamo quando entrambi udiamo le urla infantili, mescolate alle risate prodotte dai due bambini che corrono per casa con i regali in mano.
«Quello è il risultato» mormora chinando lo sguardo.
«L'amore non è mai sbagliato.» commento dopo un lungo sospiro.
Impacciato, quasi freddo, è l'abbraccio che ci scambiamo in quel momento.
«Lo so che non te l'ho dimostrato...»
«Hai avuto tre anni. Ma hai preferito lasciare che io passassi tutti i giorni a pensare che non mi volessi più bene»
«June...»
«Ti ho delle scritto cose.» Cambio immediatamente argomento.
«Le leggo volentieri.»
«No, non te le voglio mandare.»
Soffio via i capelli che mi ricascano sul naso con le braccia incrociate al petto. La mia posizione buffa gli provoca un sorriso.
«Che c'è?»
«Siete uguali tu e tua madre.»
«Allora facciamo così. Se proprio insisti, se sei realmente curioso, posso dirti qualcosa. Vuoi un riassunto?»
Comincio a raccontargli della scuola, delle peripezie di William, delle ingiustizie del coach e del fatto che un bandito messicano mi abbia rapita durante la gita.
«Certo che ne hai di fantasia...» mi canzona lui, pensando io mi stia inventando tutto.
«Cosa fate qui? Dobbiamo andare!»
Mio nonno e mio zio hanno organizzato un piccolo torneo di slittino sulla neve per i miei cuginetti, ma io non ho nessuna intenzione di parteciparvi.
«Prima che tramonti il sole e che cominci a nevicare sul serio.» annuncia mio nonno, la cui ossessione è chiaramente il meteo.
«Siamo obbligati, June» realizza mio papà a quel punto, mentre ci avviciniamo al pianerottolo di casa.
Le mie attenzioni però, vengono rubate in un attimo dalla sagoma che si palesa sulla soglia d'ingresso.
James esce di casa con addosso una t-shirt aderente a maniche corte.
«Sicuro di non avere freddo?» lo rimbecca mia nonna dal basso, con le sopracciglia aggrottate.
«Sì nonna. Sono sicuro.» la prende in giro prima di infilarsi la giacca.
Lei restringe lo sguardo per mettere a fuoco la sua figura possente.
«Quanti muscoli hai lì sotto? Passi le giornate a scuola o in palestra?»
Io scoppio a ridere, mentre mia nonna mi fa l'occhiolino. «Lo sta testando. È ancora in prova il giovanotto.»
Ma non è l'unica a guardare James, anche mio padre e il figlio di sua moglie lo stanno osservando.
«Che c'è?» mi chiede il ragazzo, quando si accorge che lo sto fulminando con uno sguardo infuocato.
«C'è che finisci con la faccia sepolta nella neve se non la smetti di guardarlo, Bradford.» bisbiglio tra i denti.
«La gara di slittino sarà a coppie. Posso fare coppia con te?» domanda il ragazzo, questa volta rivolgendosi a Jackson.
«Ehm...»
Dopo le raccomandazioni di mia nonna, c'incamminiamo verso la collinetta dietro casa, io e James proseguiamo l'uno di fianco all'altro ma non distolgo lo sguardo da Jackson e Bradford.
«Ci sta provando con Jax?»
«E quindi?» ridacchia James «Jackson è adulto»
«Perché non accetti che stia con Blaze?» gli do una spallata che non lo muove nemmeno di un millimetro.
«Lo accetto, ma vorrei che quell'imbalsamato di Blaze faccia qualcosa per lui. Che cazzo ha fatto fino ad ora? Se ne sta lì a lamentarsi, ma non lo vedo mai muovere un dito per Jax.»
«Vuoi che Blaze parli a suo padre della borsa di studio, James?»
«No.»
«Pensaci però. Sarebbe un'opzione. La commissione è corrotta e tu ne hai le prove. Se tu lo dicessi al preside, lui non ti crederebbe mai, ma magari potrebbe dare retta a suo figlio.»
«Non mi abbasso a chiedergli aiuto.» ribatte James con la mascella serrata.
«Finché potevi minacciarlo... ti ci abbassavi, eh»
«Tu non me ne fai mai passare mezza eh, June Madeline White»
«Blaze non è un ingrato James, ha solo un carattere molto diverso dal vostro.»
«Più simile a te?» domanda lui accigliato.
«Non gli è facile esprimere ciò che sente, lo capisco.»
Finalmente arriviamo al luogo predestinato, non è una pista vera e propria, ma un pendio dove veniamo quasi tutti gli anni, sin da quando ero piccola. Mio zio ci raggiunge in auto perché è l'addetto a trasportare gli slittini e i bambini, che non ne vogliono sapere di camminare con le loro gambine.
«Facciamo così. Ti propongo una sfida. Se io vinco, spiegherai la situazione a Blaze e gli chiederai l'aiuto del preside.»
James mi osserva dall'alto, sta valutando la mia proposta.
«E se vinco io...» A quel punto curva le labbra in un ghigno divertito che gli taglia il viso intorpidito dal freddo. «Dirai a tua madre che dormirai con me stanotte.»
«Non ci penso neanche»
«Sì invece»
«No James. Scordatelo. May, muoviti dobbiamo vincere.»
Con un paio di falcate, Bradford scende dalla collinetta per raggiungerne il fondo. Si posiziona all'arrivo, poi alza il braccio e fa un cenno a mio nonno, che invece controlla che gli slittini siano tutti sulla stessa linea. Dopo aver dato il via, io e May scendiamo insieme, ma ovviamente James e Jackson ci superano di gran lunga perché James non usa il freno nemmeno per sbaglio.
«Ma sei pazzo? Vuoi farmi morire prima del diploma, cazzo?» si lamenta Jackson guardando l'amico con occhi adirati.
«Sei una schiappa White.» urla James con gli zigomi rossi e le labbra violacee.
«Ripetilo!» Gli lancio una palla di neve appena modellata con i guanti.
«Aiuto, questi due quando litigano mi fanno paura.»
Jackson si defila con Bradford e May, mentre James si china sulla neve e raccoglie così tanta che penso mi voglia seppellire da un momento all'altro.
«Metti da parte il tuo essere competitivo Hunter.»
«E tu rispetta i patti! Hai perso. Dirai a tua madre che dormi con me e mentre che ci sei, le chiederai anche un preservativo perché io non ce l'ho.»
Mi prende in giro, pensando di farmi alterare ancora di più.
«Non ti servirà caro Jamie e sai perché?»
Mi avvicino a lui che, disorientato, abbassa il viso, pensando io voglia baciarlo. Io però con facilità aggancio il bordo dei suoi pantaloni per infilargli dentro della neve appena raccolta.
«Perché non avrai più un luogo in cui infilartelo il preservativo.»
«Cazzo» urla mentre io sto già correndo verso la casa dei nonni.
Quando arrivo alla porta d'ingresso per riprendere fiato, vedo che James è piegato in due a causa dello scherzetto che gli ho appena fatto. A quel punto solleva lo sguardo e m'incenerisce con un'occhiata che mi sta giurando vendetta.
Ci provo a scappare, ma non sono veloce quanto lui e in attimo sopraggiunge alle mie spalle.
«Ti ho presa.»
James aggancia il braccio intorno la mia vita e mi tira su con disinvoltura quando entriamo in casa, dove si sente solo lo scoppiettio del caminetto e un delizioso profumo di crostata di mele appena sfornata.
«Siamo soli?» chiede guardandomi con due pupille immense.
«Sì, mia mamma e mia nonna sono dalle vicine»
Gli basta quella risposta a convincerlo a spingermi contro il muro del sottoscala.
«È fredda...» mi lamento quando la sua mano prende possesso della mia pelle coperta da vari strati di vestiti. Scivola sotto il mio maglione per sollevare l'intimo e palparmi il seno.
«Ho anche qualcos'altro di freddo grazie a te, vuoi sentirlo dentro?»
Porto una mano davanti alle sue labbra umide e invitanti, con il solo obbiettivo di zittirlo.
«Shhh... zitto.»
Poi però non so cosa succede, il battibecco si trasforma presto in una lotta di sguardi, poi di bocche affamate. Cominciamo a baciarci con foga, le lingue lottano impazzite provando ad avere la meglio l'una sull'altra mentre le nostre temperature corporee vanno alle stelle.
«Sicuro di avercelo ancora intatto?» lo provoco portando avanti il bacino per percepire la sua durezza.
«Giuro che ti scopo qui se non la smetti.»
«Non possiamo, se rientrano...» Mi guardo intorno agitata.
«Andiamo su.»
Arriviamo quindi nella camera che condivido con May. Lanciamo le giacche sul letto, ma prima che io possa fare un'altra mossa, James mi abbraccia da dietro.
La sua mano fredda slitta sulla pelle sensibile della mia pancia, dandomi i brividi.
Mi sbottona i jeans che ho indossato appositamente per la gara di slittino, causando l'accelerazione del mio respiro.
«James...»
E in un attimo le sue dita gelide lusingano il mio punto più caldo.
«Vuoi che mi fermi? È per questo che ti strusci sul mio cazzo in questo modo, Biancaneve?»
«No...»
«Non trattenerti, ti prego.» La sua voce rauca m'induce a chiudere gli occhi, facendomi liquefare completamente.
James risucchia il mio lobo tra le labbra, prima di assestargli una leccata avida che mi fa tremare le gambe.
Porto una mano all'indietro, a cercare il suo viso che, alle mie spalle, resta affossato nel mio collo. Con le dita sfioro la sua collanina e la strattono, portandolo verso di me, mentre le sue labbra piene e riverse nel mio orecchio, sussurrano parole proibite.
Con le dita continua il supplizio e il mio basso ventre comincia a contrarsi e le mie gambe a serrarsi. James affonda i polpastrelli nel mio interno coscia per tornare ad allargarmele.
«James non posso... Stanno tornando...»
«Se non finisci, non puoi scendere.»
Mi mordo il labbro inferiore, mentre James si lascia andare a qualche gemito sofferto ogni volta che le mie curve si strusciano sulla sua lunghezza nascosta dai pantaloni della tuta.
«June siete a casa?»
«Ma porca...»
Un ansito abbandona le mie labbra, quando James fa scivolare via le dita dai miei jeans.
Me li sollevo, abbottonandomeli immediatamente.
«È ora di cena»
Udiamo la voce di mia nonna provenire dal piano di sotto.
«Sono le cinque, che cazzo di problemi hanno nella tua famiglia?»
WILLIAM
«Sei mila dollari. L'hai detto tu.» esclamo trafelato uscendo dall'auto con il cuore a mille.
Ho guidato come un pazzo finora e adesso mi merito ciò che mi spetta. È da ieri che me ne parlano.
«Hanno soldi da buttare quegli stronzo?» Brian ispeziona i due rossi.
No, la realtà è che gli Austin non si aspettavano la mia vittoria.
Siamo nel bel mezzo del nulla, il circuito in cui abbiamo gareggiato non è a norma, è gestito da alcuni delinquenti russi che di certo non tengono all'incolumità dei partecipanti.
«Nessuno credeva potessi vincere, Cooper.» confessa Ethan.
«Pensavi perdessi, così sarei stato in debito con te?»
«Dateci quello che ci spetta.» insiste Brian, forse perché non conosce a fondo i soggetti in questione.
«Tu taci Hood. Tua sorella l'ho messa sotto in auto, la prossima volta la metto sotto in un altro modo.»
Brian però questa volta non ribatte e tiene a freno la sua rabbia proverbiale. Si avvicina a me per bisbigliare.
«Mi sembrano armati, Will»
«Sembrano...» ridacchia Tom, l'imbecille dei due.
«Lo sono, ma non m'importa. Ho rischiato la vita per questa stupida gara.» m'intestardisco.
L'aria ghiacciata mi spacca le labbra e mi riempie i polmoni.
«Ok facciamo così, vieni.» annuncia Ethan, seguito a ruota dall'inquietante Tom «Non avere paura.»
Uno dei due russi apre il bagagliaio, dentro c'è una valigetta piena di dollari in contanti.
«Da dove arrivano?» domando eccitato.
«Abbiamo fatto una festa ieri, venduto qualcosina. Hai vinto al tuo gioco, vediamo se vinci al nostro.»
«Che gioco?» domando senza timore.
«In Russia è un gioco famoso.»
Il tipo alto e biondo tira fuori una pistola facendo sobbalzare il povero Brian.
«No, niente roulette russa, gente. Cooper, sfigato com'è, ci resta secco, poi chi lo sente mio padre?» grugnisce Ethan Austin facendo ridere gli altri.
«Meglio andare. questi non scherzano» insiste il moro, provando a tirarmi dal braccio.
«Hood se la fa sotto peggio di Hunter, mi fa ridere.» sghignazza Tom.
«Magari vuole sentire una cosa. Vuoi sentire una cosa?»
Tom estrae il suo cellulare e ci fa sentire un audio. Io e Brian riconosciamo immediatamente la voce di Amelia.
"Non capisco cosa vuoi da mio padre" Riesco solo ad intuire quella frase.
«Dov'è mia sorella?»
«Con il suo papino.»
«Cosa cazzo c'entrate voi due con Hood?»
La mia domanda non trova risposta, tutti gli altri ragazzi che hanno gareggiato contro di me sono già andati via. Siamo rimasti solo noi cinque. I due russi, gli Austin e io e Brian.
«Allora giocate o no?»
«Dov'è mia sorella?»
A Brian è bastato sentire la voce di Amelia e guardare la faccia divertita di quell'idiota di Tom, per perdere la bussola.
«Stanno bluffando, Amelia è con tuo padre. Ci ha parlato Ari. Sta bene.»
Sto provando a concentrarmi su Brian, ma i miei occhi stanno già fissando il ferro che il russo tiene tra i guanti slabbrati.
«Non mi fido. Non mi ha chiamato nemmeno per farmi gli auguri Will. C'è qualcosa di strano.»
«Poverino, la sorellina non ha chiamato per fargli gli auguri. Vuoi metterti a piangere?»
Tom seguita a sghignazzare in modo sguaiato.
«Perché non ho chiamato la polizia, sono un coglione.» sbraita Brian a quel punto.
«Calmati.»
Gli Austin ridacchiano, mentre i russi si stanno innervosendo.
«Di quale gioco parlava?» domando rivolgendomi a Ethan, che sembra essere l'unico in grado di ragionare, ma anche il più crudele.
«Una gara di bevuta. Tre shottini.»
«Okay. Che saranno mai? Tutto qui? Tre shottini e mi date i soldi che mi spettano?»
«Sì.»
«Ci direte anche dov'è Amelia. Oppure non se ne fa niente» negozia Brian, con un po' di coraggio.
Con mia sorpresa Ethan mette a zittire le risatine di quella iena di suo fratello e acconsente.
«Va bene. Cooper ci dai la tua parola? Parteciperai al gioco? Gli faccio mettere via la pistola e prendere la vodka?» mi chiede indicando il russo.
«Sì.»
Ma non faccio in tempo ad abbandonarmi ad un sospiro di sollievo, che Ethan comincia a spiegare le regole.
«Devi bere svestito e senza usare le mani, se vuoi i tuoi seimila dollari.»
Lì per lì la proposta sembra un po' pazza, sì, ma niente di assurdo.
«Non ne vale la pena Will, sono solo soldi.» suggerisce Brian con tono apprensivo quando mi sto già denudando.
«Che cazzo di cagasotto. Pensavo volesse rivedere la sua sorellina questo stronzo.» commenta Tom facendomi raggelare.
Brian risponde alla provocazione di Tom provando a gettarglisi addosso, ma la canna argentea gli sfiora la tempia. Uno dei due russi gli punta la pistola contro, prima che il moro possa muovere un altro passo.
«Tu in macchina. Tu mi hai stufato. Tu non sei divertente come lui»
«Oh cazzo. Okay cosa devo fare?»
Sono in preda ad uno stato confusionale, misto al freddo e all'adrenalina, quando mi ritrovo ormai in boxer.
«Devi tornare alla baita a piedi. Qui metto i tre shottini.»
Il russo senza pistola riempie di vodka dei bicchierini di carta e li posiziona nella neve.
«Will, sono dieci minuti di camminata, forse venti, muori di freddo.» sento Brian dire quelle parole ma non lo sto ascoltando.
«Sta nevicando. No sotto zero.» mugola uno dei russi levandosi giacca e maglione.
«Chi dei due arriva prima, vince.» Ethan Austin sta chiaramente gongolando ma a me non importa.
«William no.» Incontro gli occhi di Brian che mi scruta impaurito dall'auto.
«Andate. Ce la posso fare.»
Passare la vita a voler dimostrare il proprio valore a tutti i costi, è una sorta di schiavitù. Ma non conosco altro modo per affermarmi, per mettermi in gioco.
«Accetto la sfida ma voi dovrete dirmi dov'è Amelia.»
Gli Austin si guardano. Brian trasalisce.
Tom apre bocca ma Ethan lo silenzia subito.
«Arriva vivo allo chalet e lo scoprirai.»
Non mi tiro indietro questa volta, non importa quale sia il prezzo da pagare.
«Lascia perdere.» prova a convincermi il moro.
«Nessuno si aspetta niente da te, Brian. Facile parlare così...»
«Vaffanculo Will.»
Brian esce dall'auto incurante delle minacce dei russi, per trascinarmi via da lì.
Io mi divincolo e lo spingo via.
«Guarda che non ho cercato di fregarti la ragazza, né la sorella. Hai capito?»
«Ah no?» ringhia lui.
«No.»
«Fallo tornare dentro.»
È Ethan a dare ordini agli altri. Fa cenno di tenere Brian in auto, poi torna su di me. «Accetti o no?»
«Sì ma non voglio uno dei russi, voglio uno di voi due.»
La risata fragorosa di Ethan Austin mi fa rabbrividire.
«Papà pensa sei meglio di James e di noi. La verità è che sei solo un pazzo, Cooper.»
«Resta Tom» annuncia poi, mentre i russi tornano in auto.
«Will è una trappola, non so cos'hanno in mente ma non devi fidarti» sento Brian pronunciare quella frase, mentre viene trattenuto in macchina contro la sua volontà.
«Nah... È solo un gioco» sibila Tom con un ghigno terrificante.
JAMES
Per una qualche assurda ragione ho smesso di tenere a mente tutti i cibi che hanno toccato la mia bocca questa sera. Riesco a percepire uno strano calore che mi culla il cuore, ma non so dire se questo sia dovuto al fuoco che scoppietta nel caminetto, alle chiacchiere famigliari o ai sorrisi di queste persone che mi fanno sentire come a casa.
«Di solito la divori la crostata della nonna» si lamenta April, notando che June non ha toccato nulla, se non del tè caldo.
«Ho lo stomaco chiuso» bofonchia lei guardandomi.
April senza nemmeno pensarci, le leva il piatto da sotto il naso e me lo schiaffa davanti.
«Mangia. Hai fatto tredici ore di viaggio e non hai mangiato nulla.»
Jackson nel frattempo ha divorato gli avanzi del tacchino, tutti gli antipasti e pure la crostata, sotto allo sguardo adorante della nonna che sembra averlo preso in simpatia. Lo scruto ridacchiando, lui si giustifica con una scrollata di spalle.
«Che ti devo dire? Piaccio alle nonne»
«Non solo.» Bradford si lascia andare ad un colpo di tosse volontario, mentre sua madre lo guarda di storto.
La cena scorre senza intoppi, Jackson May e Bradford organizzano una piccola battaglia di neve in giardino, ma io non ho nessuna intenzione di andarci.
Gli adulti restano a tavola, mentre June dice di avere un lieve mal di testa e si rifugia nella sua stanza.
Vorrei seguirla, ma non prima che April mi blocchi al fondo delle scale.
«Grazie.»
Lei si acciglia nel vedermi mormorare quella parola con il labiale.
«Per...?»
«Per farmi sentire in famiglia. Quello che ho detto oggi a tua figlia, non l'ho detto solo perché ero ubriaco.»
April curva il capo e sorride.
«Lo so James...»
«Posso dormire con lei?»
«No, fili in camera tua e ... Un'altra cosa.»
Sbuffo, pensando mi arrivi l'ennesima strigliata.
«Mi dispiace per tua mamma.»
Annuisco con il collo rigido, poi, quando finalmente mi lascia andare, entro nella stanza che divido con i ragazzi.
Con una mano mi sorreggo al lettino al castello. La testa mi gira.
Ho passato un'ora spensierata, immerso nell'illusione di avere una famiglia, di avere intorno delle persone che mi vogliono bene. La realtà è che questi sconosciuti mi hanno trattato meglio di quanto lei non abbia mai fatto.
Passo davanti alla stanza di June e noto che ha solo un asciugamano a coprirle il corpo. Si è appena fatta la doccia e si sta acconciando le ciocche bionde e lisce con un arricciacapelli.
Quella visione mi fa dimenticare tutto il dolore che si annida nel mio cuore.
Decido di non interrompere quel momento e dopo aver scambiato qualche messaggio con Jasper, mi distendo sul letto e la chiamo.
«Sveglia?»
«Sì James.»
La sua risposta mi fa venire voglia di provocarla. Ancora.
«Mi piace come lo dici. Dillo ancora.»
«Ci sono i miei parenti di là... Ma aspetto solo che tu venga qui a farmelo dire...»
Non ci penso due volte ad uscire dalla stanza e raggiungere la sua.
La luce è ormai calata, nella penombra noto la sua figura formosa seduta sul letto, illuminata solo dal portatile aperto. Sta guardando qualcosa.
«James dimmi che non hai appena chiuso a chiave la porta...»
«Ho appena chiuso a chiave la porta.» sussurro sfilandomi la t-shirt.
Sono ormai sopra di lei, sul letto, quando le nostre bocche si allacciano in un lungo bacio.
«Stavo guardando Harry Potter...»
Sentire la sua lingua calda leccarmi il labbro inferiore con così tanto ardore, mi fa venire l'immediata voglia di abbassarmi i boxer.
«Sì ma apri quelle cosce»
«James...»
Intrappolo la pelle del suo collo tra le labbra facendola gemere e mentre le sollevo la maglia, noto che sotto ha solo le mutande, che sposto prontamente per carezzarle il clitoride con il pollice.
La mia collanina le oscilla sul viso, ma non sembra darle fastidio, anzi, June immerge il naso nel mio torace nudo e sembra bearsi del mio profumo. Vengo inebriato dalla piacevole sensazione dei nostri corpi a contatto. La mia erezione resta ferma e pesante in prossimità della sua fessura bagnata. Sono pronto a penetrarla con tutta la mia lunghezza.
E quando sprofondo dentro di lei mi si blocca il respiro. Sempre.
Inizio a scivolare dentro di lei con naturalezza, è calda e bagnata e sembrava aspettasse proprio me.
Sono costretto a posare entrambe le mani sulla testiera di legno per ridurre il cigolio del letto e la foga delle spinte che le assesto, mentre aumento sempre di più il ritmo.
«Troppo?»
É indelicato, forse un po' troppo animalesco, il modo in cui sto venerando lei e il suo corpo, ma June sembra gradire, perché mi stringe a sé come se non volesse lasciarmi più andare via da quel letto.
«No.» sussurra prima che possa rubarle un bacio delicato dalle labbra schiuse.
«Se ti faccio male dimmelo.» Lei mi bacia il collo io le restituisco quelle coccole tra i capelli.
«No, è più piacevole del solito James»
«Ti sento così mia...»mormoro mentre il suo corpo sobbalza sul materasso per la violenza delle mie spinte intense.
Ma l'ultimo affondo è più profondo del dovuto e io sono costretto a uscire.
«June siamo senza protezioni...»
Guardo la mia erezione massiccia e palpitante con aria sofferente.
«Se continuo a prenderti così finisce davvero che divento padre.»
Esco immediatamente, ma lei mi trattiene stretto a sè, con le cosce serrate intorno ai miei fianchi e le unghie ben conficcate nella mia schiena.
«Dio, tu vuoi»
La mia punta sensibile è indirizzata di nuovo lì, tra le sue carni invitanti, ma so che devo fermarmi.
«Muovi i fianchi e baciami.»
Provo a far rallentare il mio battito impazzito, ci provo cominciando a baciarla lentamente, ma ormai siamo un cumulo di gemiti.
Lei rovescia la testa all'indietro così ne approfitto per darle carezze sul suo punto sensibile tanto da vederla pulsare e portarla all'orgasmo.
«Brava, così.»
Sento il mio addome bagnarsi di lei e il mio orecchio macchiarsi dei suoi piccoli gemiti. Sono silenziosi e posso sentirli solo io, come un regalo proibito, solo mio.
Con l'altra mano comincio ad adulare la mia erezione che punta verso l'alto.
Seguito a toccarmi con le palpebre socchiuse, ben piantate sui suoi seni turgidi e nudi, prima di tornare a guardarla nei suoi bellissimi occhi.
«Oddio» ansimo prima che i fiotti caldi della mia eccitazione le colpiscano i capezzoli tesi.
Accaldati e con il respiro corto, ci fissiamo per qualche istante, prima che lei si sporga verso di me per abbracciarmi.
«È la cosa più bella che tu possa fare, June.»
«Cosa?»
«Abbracciarmi, dopo.»
Con i capelli scombinati e il viso accaldato, resta sempre bellissima.
«Ti ha dato fastidio?» domando nel vedere il mio piacere macchiare i suoi seni sodi.
«No. Non importa come lo facciamo, è ogni volta... speciale.»
«Un po' breve in questo caso. Ma è per ricordati che non può sempre durare quanto Titanic.»
Mi chino verso di lei, che inarca la schiena esibendo i seni quando li lecco avidamente.
«Perché non lo guardiamo per davvero?» sibila prima di andare in bagno per lavarsi.
«Noo ti prego.» mi lamento seguendola.
«Allora guardiamo Harry Potter.»
«Non posso. Ho promesso a Jasper che l'avremmo guardato insieme.» mi giustifico ridendo.
«James...»
«Vieni con me dagli altri domani.» le sussurro nell'orecchio, abbracciandola da dietro. «Fallo per Jasper, non per me.»
Lei sorride.
«Va bene. Ma solo per Jasper.»
Non so se lo faccia per me o mio fratello, ma non me ne frega un cazzo, voglio solo passare del tempo con lei.
La guardo indossare un pigiama in tema natalizio. La maglia rossa le sta larga, mentre i pantaloni bianchi ornati di disegni natalizi le stanno aderenti, fasciandole quel bel culo che si ritrova.
«Ti piace?»
«Oh sì. parecchio.» mormoro spaparanzato in quel lettino minuscolo, mentre lei girovaga per la stanza.
«Ho un regalo per te James.»
«Un altro?»
«Cretino.»
Si china sotto al letto e agguanta qualcosa.
«Tu hai il vizio di nascondere i regali sotto al letto, vero?» la prendo in giro.
«Tieni.»
E quando scarto il pacchetto rosso e scopro lo stesso pigiama che lei ha adosso, per poco non mi viene da lanciare tutto per aria.
«No June.»
«Dai, mettilo.»
«Ma che cazzo. Sembro un... »
I miei occhi incontrano i suoi, grandi e speranzosi, quindi decido di evitare le lamentele e accontentarla.
«Grazie.»
»Grazie a te, Jamie. Sei così carino.»
Ma io l'afferro subito dai fianchi e comincio a darle il tormento.
«Hai deciso cosa fare con tua mamma?»
«Se la neve ce lo permette, torniamo dagli altri e tu vieni con noi.» ripeto, evitando accuratamente l'argomento.
«Lo so che non vuoi parlarne James»
«Allora non parliamone»
«Ma...Devi andare a trovarla. Per favore. Porta anche Jas.»
June mi sta letteralmente supplicando.
«Okay»
«Promettimelo»
«Sì» sbuffo controvoglia.
Ora il mio umore non è dei migliori, forse è per questo che June mi fa una proposta che mi provoca un grosso sorriso. E non si tratta di film d'amore.
«Che ne dici se chiamiamo Will? Hai sentito Jasper, Marvin... ma niente da lui.»
Poso un braccio dietro alla nuca, mi accomodo con la testa sul mio cuscino e avvio la chiamata.
Nessuno risponde.
«Perché cazzo ci mette così tanto a rispondere?» mi agito.
«Non ne ho idea.»
June è distratta, perché troppo impegnata a risistemare il copriletto tutto stropicciato.
Dopo qualche tentativo, finalmente Will risponde.
«Ti sento lontano.» mi lamento provando a mettere il viva voce.
«Anche June vuole farti gli auguri..
«Il telefono mi è scivolato fuori dalla tasca, è per terra.»
Le parole di William sono strane. Frammentate.
«Non puoi raccoglierlo?»
«Ho le mani legate.»
Mi tiro su a sedere.
«Se è uno scherzo, non fa ridere Will. Proprio per un cazzo.»
«Mi si stanno bloccando gambe...»
«Che cazzo dici? Cosa sta succedendo?»
«Sono caduto, stavamo facendo un gioco...»
Sta scherzando? Sta scherzando.
«Perché annaspi Will?»
«Perché è da troppo tempo che non faccio nuoto. E che non ti dico che ti voglio bene, James.»
Mi acciglio e anche June si volta di scatto nell'udire quelle parole sussurrate con voce tremolante.
«Will?»
«Non mi è mai importato che volessi più bene a Jax»
«Voglio bene a entrambi, non dire cazzate lo sai.» mi ritrovo ad ammettere senza capire bene la situazione.
«Io ti voglio come fossi mio fratello ma... Non riesco a muovere le labbra.»
«Dove sei Will???» June a quel punto alza la voce, spronandolo a parlare.
«Non posso prendere il cellulare, ho provato a tirarlo fuori dalle tasche quando hai chiamato ma è scivolato. Sono scivolato. C'è ghiaccio ovunque.»
Ad un tratto una secchiata gelida invade i miei sensi. Cosa cazzo sta succedendo?
«Con chi sei?»
«Da solo. Prima c'erano gli Austin.»
«Cosa cazzo facevi con loro?»
«Non sgridarlo.» mi redarguisce June, posandomi una mano sul bicipite teso, con dolcezza.
«Non sento più le gambe James. Nè le mani»
«Will, June sta chiamando il 911. Sai dove ti trovi?»
«Sono vicino allo chalet, ma... Credo di essermi perso, ho sbagliato strada, il ghiaccio era sottile e sono caduto in acqua.»
«Oh porca puttana.»
«Secondo te perché mio padre mi taglia i fondi se è preoccupato, ma poi non mi chiama mai per sapere come sto, James?»
La domanda di Will arriva lontana.
Mi manca il respiro. Mi sento morire in questo istante. Come ho potuto lasciarlo da solo?
June invece è fredda, ha la mente lucida mentre spiega all'operatore del 911 la situazione.
«Mi fa male il petto non riesco a respirare»
«Respira Will, respira. Parlami. Chi è stata l'ultima persona che hai visto?»
«Ethan Austin, credo.... O era Tom?»
Lo sento sempre più confuso e debole.
«È ancora vicino a te?»
«No. Io... Sto tremando dal freddo, ma ho tanto caldo.»
«Cazzo sta andando in ipotermia.»
Mi rivolgo a June che prova a dare all'operatore le coordinate del nostro chalet in montagna. L'unico riferimento che abbiamo.
«Non sento le gambe, James. Sono l'unica cosa che mi tengono a galla.»
«Will ti ammazzo se ti succede qualcosa, hai capito? Io ti giuro che...»
«A lungo ho desiderato di somigliare un po' a te, James.»
«Will no, per favore.» lo supplico con il cuore spezzato.
«Poi ho desiderato che lei scegliesse me»
Le lacrime sono amare quando cominciano ad insinuarmisi tra le labbra.
«Ho desiderato essere diverso così tante volte....»
«Abbiamo chiamato i soccorsi, resta in linea.» lo esorta June. Will però non sembra darci più ascolto.
«Ora vorrei solo... Avervi tutti qui con me, ancora una volta.»
Con gli occhi annebbiati dal dolore e il petto masticato dalla rabbia, decido di comporre il numero di Ethan Austin sul telefono di June.
«Senti stronzo...Non so dove hai lasciato William, ma torna a riprenderlo perché se gli succede qualcosa ti giuro...»
«Ma che dici? Era un gioco, c'è anche mio fratello là fuori...»
«Non me ne frega un cazzo. Ti solo una cosa. Finora sono stato debole e non ti ho dimostrato di che cosa sono capace, ma tocca Will e ti giuro che non risponderò più di me stesso.»
Riprendo il mio telefono, lo stesso che June mi porge con occhi lucidi.
«Will? Sei lì?» La sento urlare.
«Will?»
Il silenzio.
Beh, non so voi ma io i biglietti li ho fatti...
🧳
Spero vi sia piaciuto il capitolo.... nonostante tutto ❤️🩹
Siate buone con le denunce📜
Manca davvero poco ⏳
Non sapete quanto mi dispiace finire questa storia 🥹🫶🏻
Lasciatemi una stellina se vi è piaciuto e ci vediamo su insta (Stefaniasbooks) per piangere insieme ❤️🩹
Volevo fare un salutino a Giulia che compie gli anni il 10. Le tue amiche mi hanno chiesto di farti una sorpresa e aggiornare il giorno del tuo compleanno, ma non volevo fare aspettare troppo le lettrici e ho deciso di aggiornare oggi 🫶🏻un sauto anche a Daria e Armela che volevano farle la sorpresa 🤍
Vi amo (anche se dalla fine del capitolo non sembra 🫶🏻)
A presto ✨
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