47. I've been the archer, I've been the prey
Eccoci 🖤
🔴🔴
🦋JUNE🦋
Il pavimento diventa lava rovente sotto ai piedi e il calore si propaga fino alle mie guance, forzandomi ad arrossire con violenza.
Non può essere vero, questo è un maledetto incubo
«Mamma...»
Mia madre non sembra far caso alla mia voce tremolante, impegnata com'è a fissare in cagnesco la t-shirt che indosso.
«In macchina. Sbrigati.»
Con evidente disappunto, indica l'auto parcheggiata nel viale che circonda la villa.
«Ma devo prendere la mia roba...»
«Cosa? I tuoi vestiti? Mhm?»
A quel punto abbandona ogni compostezza e scoppia in una reazione istintiva.
«Cristo santo! Da te non me lo sarei mai aspettato! Sparisci per un giorno intero senza avvisare e ti becco...»
Non riesce nemmeno a dirlo ad alta voce.
Io però mi ritrovo a sgranare gli occhi quando avverto i passi di James alle mie spalle. Poi la sua voce.
«Jax, ti ho detto che l'erba l'ho fini...»
Pausa.
«O cazzo»
«Dicevi?»
Lei incrocia le braccia al petto e lo invita a continuare con sguardo omicida.
James in tutta risposta dà un colpo di tosse, è chiaramente divertito dalla faccia adirata di mia madre.
«Dicevo... l'ho tagliata. Nel prato, intendo»
A quel punto scoppia a ridere davanti agli occhi infuocati della donna che mi ha messo al mondo. La guardo e mi accorgo che lo sta fissando in modo truce, nemmeno avesse visto Lucifero in persona.
Con la coda dell'occhio noto invece che James è ancora a petto nudo, si nasconde dietro alla porta d'ingresso, per evitare che gli sia tutto in bella vista.
«Comunque... tempismo invidiabile.» borbotta masticando il labbro inferiore sotto ai denti, come a trattenere un'altra risata.
Possibile che sia così divertito dalla situazione? Forse è abituato che i suoi genitori lascino correre qualsiasi cosa lui faccia, perciò non ha realizzato che questa, per me, sarà a breve una faccenda di vita o di morte.
Mia madre smette immediatamente di considerarlo e, sbrigativa, torna subito da me.
«Va a prendere le tue cose!» ordina arrabbiata.
Io scappo in camera di James a recuperare il mio zaino, infilo i pantaloncini che mi aveva prestato per il pomeriggio e quando torno in salotto, la sento dire:
«E tu non mi rivolgere mai più la parola!»
«June è rimasta solo perché gliel'ho chiesto io»
Mi accorgo della voce di James e per poco non mi va la saliva di traverso. In tutta fretta indosso le scarpe, perché mia madre gli sta già urlando contro.
«Non m'interessa! Sarai pure alto e grosso, a me non fai paura.»
Sto trattenendo il fiato dall'agitazione.
«E sappi una cosa: la volta che mia figlia tornerà a casa piangendo per te, io verrò qui e ti strozzerò con le mie stesse mani. Hai capito?»
Da parte di James percepisco un momento di silenzio, ma ad un tratto sembra ritrovare le parole.
«L'hai mai visto quel vecchio film... Psycho?»
Oh no, meglio che io mi dia una mossa prima che mia madre lo sbrani.
Arrivo alla porta correndo, con il braccio destro nella giacca e il sinistro che cerca d'infilarsi nell'altra manica.
«Okay, noi andiamo! Ciao!» esordisco frettolosamente, pur di levarmi da quell'imbarazzo.
Finalmente mia madre esce di casa, si allontana nel viale dirigendosi alla macchina, mentre io sosto sull'uscio un po' più del dovuto.
Quando mi volto, lo sguardo di James sta ardendo nel mio.
La porta nasconde l'interezza del suo corpo, ma due zaffiri m'inchiodano nel buio. Con un lieve movimento del collo si sporge su me e curva il capo verso il basso, finché il suo respiro di menta e tabacco giunge a solleticarmi la punta delle labbra.
«June Madeline White!»
La voce perentoria di mia madre precede il tonfo della portiera dell'auto.
È ufficialmente arrivato il momento di levare il disturbo.
«Devo andare»
Mi mordo la lingua, James sorride con due fossette profonde ai lati delle guance.
«Non vorrei essere in te, White...»
Si lecca il labbro inferiore senza distogliere mai gli occhi, che restano ben piantati sulla mia bocca.
«Beh... La serata non è stata poi così male per me, perciò io non vorrei essere in te» lo stuzzico con un pizzico di sfacciataggine che lui sembra gradire.
Vedo l'impronta della sua lingua roteare all'interno della guancia.
«Attenta Madeline...»
Il blu dei suoi occhi si fa più intenso e una piccola scintilla di eccitazione vibra tra noi, mentre mi agguanta dal braccio, portandomi contro il suo corpo.
«Magari... la prossima volta te la faccio pagare. Due volte» sussurra dentro al mio orecchio, causandomi un forte brivido lungo la schiena.
«Magari... io non aspetto altro»
Distolgo immediatamente lo sguardo, imbarazzata dalle mie stesse parole, ma James m'inchioda sulla porta con un'occhiata languida.
«Cazzo.»
Lo sento ansimare, quando ormai siamo così vicini che sembriamo aver dimenticato entrambi la furia di April.
«Juneee!»
Mi allontano immediatamente per poi proseguire verso il viale che porta alla macchina. Se inizialmente stavo morendo per l'imbarazzo di vedere mia madre venirmi a prendere di persona, ormai è acqua passata. James mi ha già fatto dimenticare tutto.
«Io non ci posso credere» la sento sbraitare non appena mi siedo di fianco a lei.
«Cosa?»
«Perché fai così? Sei una brava ragazza! Perché?» si sbraccia al volante.
«Ma cosa c'entra...»
«Cosa? "Cosa c'entra"cosa? Non sei una brava ragazza?» mi fulmina con un'occhiataccia severa.
«Sì e quindi?»
«Lui non lo è, June»
«Cosa? Una brava ragazza?» provo a sdrammatizzare.
«Non fai ridere.»
«È tutta apparenza. Non sai niente di lui, mamma»
«So quello che mi ha detto suo padre. Mi è sufficiente»
«Certo, suo padre...»
Mi tappo la bocca prima che io possa dire qualcosa di sgradevole sul conto dei genitori di James. Jordan sarà anche una brava persona, ma non conosce suo figlio. Non l'ha cresciuto lui, non sa nulla.
Mia madre si strascina una mano tra le ciocche lisce che le ricadono sulle spalle, intanto prende un grosso respiro, come se cercasse disperatamente di calmarsi.
«Non dico che sia cattivo, June... ma non va bene per te, frequenta brutte compagnie. Ma lo saprai meglio di me, dato che sembri conoscerlo così bene. »
«Non sai niente» continuo a scrollare il capo.
«Sai cosa so, June?»
A quel punto mi accorgo di star tremando, la sua voce stridula e arrabbiata non promette nulla di buono.
«So che resterai in punizione per tutto il prossimo mese.»
Ero convinta dicesse "a vita", perciò in quell'istante sul mio volto spunta un'espressione di sollievo, accompagnata da un piccolo sorriso.
Pensavo peggio
«Niente gita» scandisce lapidaria, lasciandomi incredula.
Non credo di aver capito bene.
«Cosa?»
«Non transigo. Hai esagerato questa volta.»
«Non puoi. Hai già pagato» ribatto svelta.
«Mi restituiranno l'importo, non è affar tuo.»
«Ma non è vero!»
«Non m'importa! Posso anche perderli quei soldi! Sono troppo preoccupata per te.»
Il tono di mia madre sembra dispiaciuto, ma io sono ancora a bocca aperta per la decisione appena presa. E sono anche troppo arrabbiata per parlare.
Resto pietrificata a fissare il buio fuori dal finestrino, finché non arriviamo a casa.
Vorrei dirle che non può fare una cosa del genere, che mi dispiace di non averla avvisata, che non era mia intenzione farla preoccupare, ma preferisco chiudermi nel silenzio. Potrei finire solo per peggiorare le cose.
Così torniamo a casa e io m'infilo immediatamente sotto la doccia, dove per un attimo accantono il dramma e l'astio che si è creato con mia mamma. Sono ancora sotto l'acqua, quando con la punta delle dita mi sfioro le labbra, il lato del collo, la pancia. Tutto quello che lui ha baciato.
Non riesco a crederci...
Finisco di lavarmi, poi pettino i miei lunghi capelli bagnati allo specchio e non posso fare a meno di sorprendermi, nel vedere il mio riflesso: ho un grosso sorriso stampato in faccia.
Non è per quello che abbiamo fatto, o meglio, non solo. James era lì con me, era presente. Ogni volta che l'ho visto in compagnia di una ragazza ho sempre avuto l'impressione fosse fatto o ubriaco, ma non questa volta. Di sicuro mi ha fatta sentire strana, a mio agio. Stranamente a mio agio. E oserei dire... bella. Senza dirmelo a parole, solo con la sua premura. Con gesti attenti e delicati. Forse è questo che intendeva con "Fammelo capire con i fatti"?
E sì, lo immaginavo diverso. Forse più rude, meno attento.
È stato dolce, perfetto.
Per un attimo il mio buon senso mi suggerisce che mi sarei potuta tirare indietro... ma perché devo pentirmi di una cosa del genere? Anche volendo, sarebbe stato impossibile resistergli, il mio corpo aveva già deciso che si sarebbe arreso a lui.
Sono ancora in bagno quando mi infilo le mutande e afferro la maglia del pigiama, ad un tratto però, resto a fissare incredula lo schermo del cellulare poggiato sul lavandino. C'è una chiamata senza risposta e il mio cuore salta un battito.
James?
Corro in camera, prendo un lungo respiro e chiudo la porta.
«Mi hai chiamata?»
«Stavo andando a comprare i fiori per il tuo funerale.»
La sua voca roca e suadente mi scalda il petto e mi riporta alla mente gli attimi di qualche ora fa.
«Cretino.»
«Quindi sei viva... cretina.»
Sorrido, intanto finisco d'indossare i pantaloni del pigiama.
«Perché non accetti il video?» lo sento chiedere.
«Mi sto... ehm... vestendo»
C'è un attimo di silenzio da parte mia, lui invece ricomincia a parlare.
«Volevo solo controllare che fossi viva per davvero. Non voglio avere sulla coscienza una ragazzina impicciona»
«Ah, ecco... per questo hai chiamata.» sbuffo con tono ironico.
«Ovvio»
Attivo il viva voce, poi poso il cellulare sul comodino e la guancia sul cuscino. Il mio mio viso va a fuoco nell'udire il timbro graffiato e profondo di James.
Se ripenso a cosa mi ha detto..."Ti piacerà scoparmi."
Arrossisco inevitabilmente a quel ricordo.
«Ho fatto male a chiamarti?» domanda con un filo di voce.
«No.» ammetto tra i denti. «Mi piace sentire la tua voce prima di andare a dormire»
Si crea un altro piccolo attimo di silenzio, rotto solo dalla sua imprecazione.
«Cazzo...»
Mi mordo il labbro.
Forse ho esagerato come al mio solito.
«E così me lo dici?» chiede poi.
«Dimmi anche tu qualcosa» aggiungo con un pizzico di coraggio.
ora mi insulta
Lui sembra prendersi del tempo, prima di domandare «Vai già a dormire, White?»
«Domani c'è scuola» gli ricordo l'ovvio ma a lui non sembra importare, difatti mi sorprende con una frase inaspettata.
«Non ho preso niente»
«In che senso?» mi acciglio.
«Mi hai detto di dirti qualcosa e io te lo sto dicendo. Ci metterò una vita ad addormentarmi.»
«In che sens...?»
«E poi non abbiamo fatto cena»
«Vero, me n'ero completamente dimenticata» esclamo portandomi entrambe le mani sul viso.
«Fortuna che qualcuno mi ha preparato dei waffles questa mattina.»
Sorrido mordicchiandomi la punta dell'indice.
«Puoi restare, James?»
La richiesta mi esce di getto.
«Che vuoi dire?»
«Puoi, ehm... Finché non mi addormento»
Serro le palpebre, maledicendomi nuovamente per la mia impulsività nel dire le cose.
Ma non c'è esitazione nella sua voce.
«Sì»
E la sua affermazione è seguita da una breve pausa.
«C'è... qualcosa che ti fa paura?» sussurra debolmente.
«Non... no. Ma che stai facendo?» lo interrogo quando avverto lo scrocio dell'acqua in sottofondo.
«Siccome devo mangiare, mi lavo mani.»
Eccolo
«Sai White, non so se ti ricordi...»
Sto sprofondando con la faccia nel cuscino.
«Dai, smettila»
«È stato fottutamente eccitante, è inutile che fai l'imbarazzata adesso.»
«Ma...»
La sua voce si rompe appena, riportandomi ad un'espressione seria.
«Cosa c'è?»
«Non lo so...»
«Cosa non sai, James?»
«È stata una giornata pesante per me, non capisco perché io non mi sia ancora sfondato il cervello.»
«Per non pensare, intendi?»
«Già»
«Magari ora hai qualcosa di buono a cui pensare...» insinuo senza rifletterci troppo.
«Ma sentila... La modestia fatta a persona. Psycho April non te l'ha insegnata, vero?»
Le mie guance prendono a scottare dall'imbarazzo. Che figura
«No, cioè, non volevo dire... non parlavo di me!»
«E di cosa parlavi?»
«Shh... Stai zitto ora»
«Che cretina» lo sento dire con la bocca piena.
Sta mangiando.
Chiudo gli occhi con il sorriso e senza nemmeno accorgermene, mi addormento all'istante.
Maledetta batteria.
Non saprò mai se James ha riattaccato o ha tenuto la chiamata attiva per tutta la notte, ma una cosa la so di per certo.
I waffles gli sono piaciuti.
♠️ JAMES ♠️
FLASHBACK
3 anni prima
«Cos'è successo?»
Mia madre se ne sta lì, in piedi, a guardarmi come se non si rendesse conto di ciò che è appena accaduto davanti ai suoi occhi. L'ambulanza sta portando via il signor Hood e un gran via vai di gente si riversa nel palazzetto dello sport.
«Sta arrivando la polizia. Mi volete dire cosa diavolo avete fatto?»
J.J. Austin, il marito di mia madre, interroga prima me, poi William.
«Tua madre è in stato di shock.» aggiunge poi indicandola.
Io non apro bocca, così lui mi afferra dal braccio.
«C'è troppo sangue, non è stato un incidente vero?»
Ma tanto conosce già la risposta, perché Will l'ha chiamato subito dopo l'accaduto, così lui è arrivato prima di tutti e ha fatto sparire in auto quella chiave inglese, per evitare che qualcuno la trovasse.
William china il capo, io non rispondo.
«Sì è stato un incidente. Jamie non ha fatto niente.»
«Sta zitta» intimo a mia madre che, tra i singhiozzi, prova a difendermi. O forse, difendersi.
«Will non c'entra. L'ho ferito io.» confesso tra i denti.
Ma il mio patrigno mi ascolta a malapena, sa già che sono stato io, quello che non capisce, è come mai mia madre sia qui con noi.
«Tu cosa ci fai qui?» le domanda, causandole un'espressione spaventata.
«É appena arrivata. E venuta a prendere me e William ma non ha visto nulla, lasciala stare.»
«Brian dov'è?»
«Con suo padre, sono già in ambulanza.»
Solo a quel punto mi rendo conto che Will sta tremando.
«Parlerà» aggiunge lui, sottovoce, senza levarsi quell'aria impaurita.
«Me ne occupo io di quel bamboccio. Voi due dovete inventarvi una buona scusa per ciò che è accaduto, sennò sono cazzi vostri.»
Un senso di malessere mi attanaglia lo stomaco.
«Non vuoi nemmeno sapere il perché l'ho fatto?»
«Sei uguale a me, ti ho cresciuto io. Mai nessuno dovrebbe mettersi contro di te. Contro di noi.»
Provo una forte nausea nell'udire la sua voce sicura, come se trapelasse orgoglio dalle sue parole. Come se fosse fiero del mio gesto, ma non potesse darlo a vedere.
«Ho un'idea.» Gli occhi color cielo di William s'illuminano pericolosamente.
«Possiamo raccontare che voleva approfittare di noi.»
So che Will ha dei problemi e so anche perché trovi stimolante fare cazzate, le faccio anch'io, ma... non riesco a comprendere perché sia così eccitato ogni volta che ha l'occasione di fare cose sbagliate. Perché questa è una cosa troppo sbagliata.
«Sì, mi sembra un'ottima idea. Vi crederebbero ad occhi chiusi. È quello che direte. James?»
L'uomo mi guarda.
«Non mi sembra il caso. Io....»
«Bene, mettetevi d'accordo sulla stessa versione.» asserisce lui, ignorando qualsiasi remora che esce dalla mia bocca.
«C'era anche Brian, lo sa che non è andata così. Non possiamo dire una bugia del genere» bofonchio confuso.
«Brian Hood è un ragazzino. Me ne occupo io, te l'ho già detto.»
A quel punto però, ho solo una richiesta da fargli.
«Amelia. Lasciala fuori da questa storia.»
Dei rumori s'insinuano nel mio sonno frammentato, costringendomi a spalancare gli occhi di scatto.
Pensavo di averlo solo sognato, invece non è così. Lui è qui, sprofondato in una poltrona, davanti a me.
«Non lo so, a volte mi sembra di sopravvalutarti.»
Con inerzia strofino le palpebre e mi guardo intorno per realizzare che sono in salotto. Merda, ieri sera mi sono addormentato sul divano.
Il cellulare è situato sul cuscino, vicino al mio viso e la chiamata è ancora attiva. Sono le sei e trenta del mattino, di sicuro lei starà ancora dormendo, perciò attacco immediatamente, prima che il mio patrigno ricominci a parlare.
«Perché perdi tempo? Dovresti essere al locale. A lavorare. Per me.»
Mi tiro su con aria stralunata, mettendomi a sedere. Con i gomiti piantati nelle gambe, prendo a stropicciarmi il viso tra le mani.
Dormo spesso sul divano, soprattutto quando sono da solo in casa, forse proprio perché è vicino alla porta d'ingresso. Se necessario, scappare sarebbe più facile.
È come se mi tranquillizzasse l'idea di avere una via di fuga, qualora ce ne fosse la necessità.
«Da un lato ti capisco. Sei giovane. Hai gli amici, le ragazze, le feste, la scuola e tutte quelle altre cazzate sportive per cui è in fissa quel fallito di tuo padre. Ma non puoi sottovalutare gli affari. Non per una ragazzina...»
Mi irrigidisco.
Cosa cazzo ne sa lui?
«A me non frega un cazzo se frequenti maschi o femmine, lo sai.»
Lo fisso senza parlare. So già dove vuole arrivare. Si massaggia il mento senza un accenno di barba. All'apparenza non avrebbe nemmeno l'aria da gran cattivo: è il classico uomo sulla quarantina che prova a celare, tramite abiti firmati e orologi costosi, l'uomo di merda che è in realtà.
«Però c'è un problema, caro Jamie.»
«Che cazzo di problema c'è?» è tutto ciò che riesco a chiedere.
«Tu immagina questa situazione. I miei figli tornano a casa dicendomi che una ragazzina delle superiori li prende a calci nelle palle... Cosa faccio? Mi metto a ridere e dico che sono delle cazzo di femminucce, no?»
Rabbrividisco.
«Normalmente sì, ma se è una delle tue amichette a farlo... Se scopro che questa viene nel mio fottuto locale per fingersi ciò che non è, solo per ingannarci...»
Scrolla il capo poi si alza in piedi, prima di proseguire.
«Le cose non mi stanno più bene.»
Con l'indice lo vedo raccogliere l'elastico per capelli che June ha dimenticato sul tavolino. Se lo porta al viso annusandolo e un forte senso di rabbia mi pervade. Sento il collo irrigidirsi e senza nemmeno accorgermene, sto stringendo entrambi i pugni sulle ginocchia.
«Vedi, non c'è bisogno che io te lo dica, lo sai anche tu... I miei figli non hanno il senso degli affari. Sei tu il mio erede. Io conto solo su di te.»
«Perché?»
Seguo i movimenti della sua mano che gioca con l'elastico, infine mi guarda dritto in volto.
«Perché quello che sei disposto a fare tu, non lo farebbe mai nessuno. Sei senza scrupoli»
Il suo tono di voce è così sicuro nel sostenere quell'affermazione, che mi mangia lo stomaco. Le sue parole sono frecce ardenti e mi arrivano dritte al petto.
Lo guardo infilare l'elastico nella tasca della giacca, intanto un ghigno perfido gli si disegna in volto. E io vengo scosso dall'ennesimo brivido.
«Non fare altre cazzate.»
Deglutisco.
«Non spreco tempo a dirti di non metterti contro di me, lo sai anche tu di cosa sono capace.»
«Perché entri in casa mia in questo modo?»
La mia domanda lo porta a ridere in modo sguaiato, come se per un attimo si dimenticasse di atteggiarsi da uomo rispettabile, quale non è.
«Questa sarebbe casa tua?» scoppia a ridere.
«Stare troppo tempo con tuo padre ti dà alla testa. Ti sei chiesto dov'è? Perché ogni tanto vola a New York? Perché sono sempre io a pagare per le cure di tuo fratello?»
«Ha avuto qualche problema finanziario, quindi?» ribatto nervoso.
«Questo è quello che racconta a te. Svegliati ragazzo. È nella merda fino al collo. Rivendere quelle opere d'arte da quattro soldi non gli permette nemmeno di mantenere i suoi figli, quindi...pensaci bene prima di agire.»
Dopo aver detto quelle parole, esce di casa lasciandomi a fissare il vuoto.
Punto il pacchetto di sigarette dall'altro lato del divano e mi ci avvento come se lì dentro fosse racchiuso tutto il mio ossigeno vitale. La mattina è iniziata davvero di merda. Fortuna che ho avanzato dei waffles.
«Che c'è?» chiede Marvin con la sua solita aria divertita.
Io sono sempre di malumore, soprattutto appena sveglio, perciò non capisco cosa cazzo ci sia da ridere alle otto del mattino.
Sto seduto svogliatamente all'ultimo banco, con le nocche prendo a strofinare il mio labbro inferiore quando sento la voce squillante di Poppy che saluta June. La vedo entrare in classe in quell'istante, perciò incrocio le braccia al petto e mi stravacco contro lo schienale della sedia per godermi la sua camminata.
Indossa la divisa della scuola, i capelli raccolti in una coda alta e le labbra rosse come una ciliegia.
Non stasera, dopo, o fra qualche istante. Ora. Vorrei leccargliele, ora.
«Quindi?» mi sprona Marvin ridacchiando.
«Quindi un cazzo. Finiscila.»
Trattengo tra i denti un pensiero che non direi mai ad alta voce.
É più bella del solito oggi
«James?»
Il prof non è ancora arrivato, i miei amici stanno parlando tra di loro e io non li sto nemmeno ascoltando.
Sì, sto proprio pensando con il cazzo in questo momento
«Devo fumare.» sputo infastidito persino da me stesso.
Così mi dirigo vicino alla finestra che spalanco del tutto, causando qualche lamentela da parte delle ragazze sedute ai primi banchi.
L'aria gelida e autunnale mi solletica il viso, mentre fumo l'ultima sigaretta del pacchetto. Ho persino dimenticato di comprarle ieri. I miei occhi scorrono rapidi tra le figure femminili nascoste dalle divise, sedute composte dietro ai banchi. Sono tutte uguali. Lei porta una ciocca ribelle dietro all'orecchio, flette il collo massaggiandoselo con le dita, poi chiude gli occhi, come se ad un tratto, venisse colta da un ricordo piacevole.
Mi allento quella fottuta cravatta che mi soffoca la gola, poi mordo il sorriso che fa capolino al lato della mia bocca e a quel punto, il mio sguardo casca dritto sotto al suo banco.
Non se ne accorge nemmeno che la sto osservando. Accavalla le cosce e io sono costretto a voltarmi per incamerare un grosso respiro.
È meglio se la smetto di lanciarle occhiatine languide, prima di attirare l'attenzione di qualcuno.
Ma qualcuno sembra essersene già accorto. Avverto degli occhi puntati addosso.
Amelia mi sta fissando.
«Noi andiamo. La prendiamo. Torniamo a casa. Tra qualche giorno partiamo per la gita, nessuno ci verrà a rompere le palle.»
È impossibile non udire i deliri di William, li sento da qui. Jackson scuote la testa contrariato.
«Certo... perché io me ne rimango in Messico, vero?» ironizzo tornando al banco.
«Secondo te Austin perde la sua fottuta memoria, grazie ad una settimana di gita?»
«La pistola sappiamo dove la tiene.»
Will non si preoccupa nemmeno di moderare i toni, chiunque potrebbe sentirlo. Fortuna che il chiacchiericcio che precede l'arrivo del prof, copre i suoi discorsi.
Jax è seduto al banco di fianco al mio, sta a braccia conserte e fissa Will di sottecchi. Quest'ultimo è davanti a noi, appollaiato vicino a Marvin, che se ne frega altamente delle nostre discussioni.
«É un'ottima idea, James. Lo sai»
«Abbassa la voce.» sono costretto ad intimargli quando June ci passa di fianco per andare a recuperare qualcosa nelle tasche della sua giacca, che guarda caso è appesa proprio vicino a noi.
Bella mossa, ragazzina impicciona
«William hai sempre delle grandissime idee del cazzo.» ringhio torturandomi il labbro inferiore con i denti.
«Possiamo non discuterne a scuola?» Jackson si porta un dito davanti alla bocca traforata dal piercing e fa cenno a Will di tacere.
June in quell'esatto istante ci guarda.
«Ne parliamo dopo.» taglio corto con fare nervoso.
«Sì ma non potete dire che sia un'idea del cazzo» insiste Will fregandosene del fatto che è mattina presto, siamo in classe e chiunque potrebbe sentirlo. É troppo eccitato.
«Lo è. Jax diglielo tu»
«Ha ragione James.» spiega il biondo con voce piatta, come recitasse qualcosa imparato a memoria.
«Ci risiamo.» William allarga le braccia, incredulo.
Con la coda dell'occhio la vedo frugare nelle tasche, ma ci sta mettendo più del dovuto a tornare al suo banco.
«Non possiamo aspettare troppo però» biascica Marvin svogliatamente, è più interessato al suo pacco di crackers che alla questione.
«Taylor ci va ora dalla polizia. Ha detto che vuole denunciare me. È per questo che volete fare finta di niente?» salta su Will, infastidito dal nostro menefreghismo.
«William chiudi quella fottuta bocca.»
Questa volta il mio tono adirato lo fa infuriare.
«Certo! Ora devo chiudere la bocca, vero? Bastava solo che ti scopassi Taylor ancora un po'!»
«Ma ti senti?» esclama Jackson, faticando a tenere bassi i toni.
William però pianta i suoi occhi cerulei ben saldi nei miei.
«Perché? Non era per questo che lo facevi?»
Jackson mi trattiene prontamente dal braccio, prima che io possa spingermi in avanti e compiere un gesto di cui mi pentirei a breve. Non soffro di scatti d'ira, ma la rabbia repressa è tanta e Will mi conosce perfettamente, come altrettanto bene sa quali tasti toccare per mandarmi fuori di testa. Anche Marvin si mette in mezzo, dicendo a Will di tranquillizzarsi.
E June ci sta guardando spaventata.
«Dillo se hai il coraggio, dillo quello che pensi di me.» lo aggredisco.
«Io dico solo come stanno i fatti...»
La calma di Will mi manda, come sempre, su tutte le furie, ma ci ricomponiamo all'istante quando lei ci passa nuovamente a fianco.
«Ciao June.»
Will cambia faccia alla velocità della luce. Jackson è ancora preoccupato e io ho i lineamenti induriti dalla rabbia.
«Tutto bene?»
Ci osserva stranita. Si vede lontano un miglio stiamo architettando qualcosa.
«Sì, certo» Marvin è l'unico che parla.
Jax annuisce con un sorriso di circostanza.
Io ho la bocca cucita.
Ma ovviamente è Will a sparare la cazzata.
«Può venire anche June, no?»
Che grandissimo stronzo
«Will, e dai!» Si solleva un coro di dissensi da parte dei miei amici.
«Dove? Dove dovete andare?»
E lei si fa subito curiosa. Incrocia le braccia al petto e io devo distogliere lo sguardo, nel momento esatto in cui gli avambracci sollevano la curva del seno sodo, che si modella sotto alla camicetta bianca.
«Che ho detto di male? Verrà anche Ari» si discolpa lui, con la sua solita faccia d'angelo.
Fantastico, ci mancava questa. Ora che mette in mezzo pure Ari, Amelia sarà la prima a sapere tutto.
«Dove?» chiede June.
«Beh...»
Will non risponde, ma è un ricatto silenzioso perché mi fissa negli occhi.
Della serie "Facciamo come dico io o glielo racconto."
«Tutto bene?» A quel punto la voce di Amelia s'intromette nei nostri discorsi, facendomi rollare gli occhi al soffitto.
La mora sfila di fianco a noi per appendere la sua giacca agli attaccapanni posti al fondo della classe.
«Sì, certo»
Jackson annuisce controvoglia quando si accorge che io non sto spiaccicando parola.
Ci manca solo che s'impicci pure lei. Sta diventando di dominio pubblico la questione io mi sto innervosendo. Perciò mi alzo in piedi. Saranno anche passati cinque minuti, ma ho di nuovo voglia di fumare.
Amelia mi segue e afferra bruscamente la manica della mia camicia.
«Che stai combinando?»
Chino il capo e mi avvicino alla sua guancia per sussurrarle «Non sono cazzi tuoi»
La mora sbuffa lanciandomi un'occhiata delusa, ma quando mi volto verso June, mi accorgo che sta guardando il pavimento. Poi però solleva testa in un moto d'orgoglio.
«Sono d'accordo con Will. Vengo anch'io.»
Inarco un sopracciglio e ovviamente la mia impulsività ha la meglio.
«No. Tu non sei d'accordo con Will»
Lei non mi degna nemmeno di una risposta, la vedo andare al suo banco ma prima che lo raggiunga, la blocco contro la parete.
«E non verrai con noi. Hai capito?»
«Vado dove di pare.»
Solleva il mento, vorrebbe risultare spavalda, ma in realtà i suoi occhi color cielo sembrano spaventati.
«Non comandi tu, White.»
«Nemmeno tu, pensa un po'» prova ad eludere il mio sguardo.
Tutta questa situazione mi sta dando sui nervi. Con Austin non possiamo esagerare e fargli un altro torto, le ripercussioni non sarebbero piacevoli, soprattutto perché sa di June, perché paga le cure a mio fratello e perché la sua famiglia mi renderebbe la vita un inferno.
«È la mia macchina, sono i miei amici la mia vita»
E se non ti voglio con me, è solo per proteggerti. Perché se ti metto in mezzo a tutta questa merda, non ci esci più.
«Fottiti James»
Subito dopo aver pronunciato quella frase, lei resta a qualche centimetro dalla mia bocca per un istante. Così insinuo le dita tra i suoi capelli e le strattono la coda che le scivola sulla schiena, causandole un lamento.
«Lo sappiamo tutti che sarai tu a farlo, Biancaneve.» mormoro al suo orecchio.
Non so perché accade, ma June lancia un'occhiata di sfuggita ad Amelia, poi torna su di me.
«Non parlarmi in questo modo, James.»
Merda
Sembra restarci male e solo quando leggo del dispiacere nei suoi specchi limpidi, mi rendo conto che non volevo questo. Non era mia intenzione ferirla. Ma ora non so cosa cazzo dire. Sono abituato a comportarmi così con le persone, è difficile non mettere in atto il solito copione. E poi ho i nervi a fior di pelle. Dopo la discussione con Austin non posso permettermi che lei s'infili nei casini.
«James vuoi venire a fumare?»
Estraggo dalle tasche un pacchetto vuoto, fortuna che arriva Bonnie.
«Ho finito le sigarette.» sputo irritato.
Lei mi porta una sigaretta alla bocca, obbligandomi a schiudere le labbra per accogliere il filtro. Mi fa cenno di seguirla insieme ad sua amica, perciò esco con loro in cortile.
Abbandono la schiena al muro, mentre una ragazza che non ho mai visto mi accende la sigaretta che stringo tra le labbra.
«Chi cazzo sei?»
Questa tizia con la crocchia spettinata non risponde, parla Bonnie al posto suo.
«Sta da me per lo scambio interculturale. È francese.»
«Non ti conoscevo» dice l'altra con un forte accento straniero.
«Oh, lo conoscerai sicuramente.» ridacchia Bonnie, facendo scoppiare a ridere Stacy che non mi ero nemmeno accorto si fosse unita a noi.
Sono uguale a mia madre. Che senso ha illudermi che non sia così? Lo sanno anche loro.
La francese dice qualcosa nella sua lingua incomprensibile e Bonnie traduce.
«Ha detto che ti ha già visto provarci con due ragazze diverse in soli cinque minuti, perciò non sei il suo tipo. Preferisce quello biondo.»
«Chi? Jax?»
Sollevo il mento e individuo immediatamente la finestra della mia classe, si trova al primo piano e dà sul cortile.
«Ultimamente Jackson non sta mai con nessuno...» sento dire a Bonnie «Vero Stacy?»
Riporto la mia attenzione all'aula e noto subito la sagoma alta di Jackson, sta parlando con June, nei pressi della finestra spalancata.
«Non è che sta già con lei?»
Il fumo mi va di traverso, obbligandomi a tossire con vigore. Sarà anche francese, ma non capisce un cazzo questa.
«No che non sta con lei.»
Bonnie e Stacy ridacchiano tra loro per qualcosa di cui non sono a conoscenza e non appena finisco la sigaretta in un paio di avide boccate, torno dentro.
Durante l'intervallo tutti si alzano, io e Jackson sostiamo un po' di più ai banchi, anche perché lui sembra abbia qualcosa di importante da dirmi.
«Chi è quella che sta con Bonnie?»
«Boh, so solo che è francese e vuole scopare con te.»
Jackson corruccia le sopracciglia bionde, poi si passa una mano tra i capelli scompigliati.
«Senti, ascolta... non te ne rendi nemmeno conto?»
«Cosa? Che cazzo dici Jax? Ti posso leggere nella mente? Parla, mi sto già spazientendo.»
«Stavi parlando con June e l'hai mollata lì per andartene con quelle.»
E quindi?
«E...?»
«Inizia a dare valore a...»
Si ferma, come se non trovasse le parole giuste da dirmi. Chino il capo e mi fisso il petto dove Jackson punta il dito, come ad indicarmi.
«A te e al tuo tempo, James. Alle persone con cui passi questo tempo. Alle tue priorità»
«Tu e tua nonna avete cambiato genere di film? Ora vi siete dati alla spiritualità? "Mangia, prega, ama?"»
«Ma finiscila. Piuttosto... che hai fatto alla tua festa?» s'incuriosisce infittendo lo sguardo nel mio.
«Un cazzo»
«Non hai scopato con nessuno?»
Di nuovo?
«Senti, non devo dimostrare niente a nessuno.»
Pensavo di sapere dove volesse arrivare, ma lui mi sorprende con un'altra affermazione.
«Appunto, lo so. Ammettilo allora.»
«Non c'è niente da ammettere.» sbuffo a quel punto.
«E dai... Ti piace.»
«Fammi capire... Siamo all'asilo, Jax?»
Lui scoppia a ridere nel vedermi tendere la mascella e irrigidire la schiena.
«Ti conosco, James. Stai avendo troppa pazienza, non è da te.»
Scrollo il capo contrariato. «Dici cazzate. Non è che due persone devono per forza... scopare.»
Jackson inaspettatamente sgrana gli occhi.
«Oh, cazzo. Stai messo molto peggio di quanto credessi.»
Mi sa che mi sono appena messo nella merda da solo.
«Senti, basta parlare di me.» asserisco deciso e in un attimo Jackson perde la parola.
Strofino le nocche contro il suo addome fasciato dalla camicia.
«Vuole conoscerti quella»
«Quella chi?»
Jackson sembra trattenere il fiato. Abbassa lo sguardo e scruta le mie dita che strisciano tra i solchi duri che copongono il suo addome.
«Quella francese, non so come cazzo si chiama. Comunque ti sta facendo bene questo periodo di astinenza»
«Eh? Come?»
«Dall'alcol, Jax. Senti qui...»
Il mio palmo lambisce il suo torace duro come la roccia.
Non capisco perché Jackson debba essere sempre così trattenuto. Di sicuro, a differenza degli altri miei amici, è quello che sopporta meno il mio essere libero.
E allora perché mi ha baciato in quel modo...?
«Cazzo, James! E dai...» s'infuria quando per gioco lascio scorrere la mano fino al bordo dei pantaloni, racchiusi dalla cintura.
«Che c'è?»
«Smettila.»
Caccia via la mia mano con un gesto brusco e frettoloso.
«Comunque fattela.» ribadisco in conclusione.
«Non lo so...»
Vedo i suoi occhi slittare verso June che sta sorridendo con Blaze, a qualche banco dal nostro.
«Perché non lo sai?»
Il mio tono assume una curva sospettosa.
«Non è che ti piace un'altra?»
Lui non risponde, sembra distratto e io mi contengo a fatica.
«Che cazzo stai guardando?»
Jackson a quel punto scrolla la testa.
«Niente, ho altri cazzi per la testa. Dai, finiscila.»
Mi stringo nelle spalle, ma quando a June e Blaze, vedo unirsi anche William, improvvisamente la sedia mi sembra parecchio scomoda, così mi sporgo in avanti.
«Chi ti ha messa in punizione?» domanda quest'ultimo.
«Will, ma secondo te? Mia madre. Sono stata via tropo tempo da casa e...»
Lei si volta verso di me e scopre che la sto fissando senza pudore.
«Vabbè vado a prendere qualcosa alle macchinette, sto morendo di fame.» taglia corto, quasi infastidita dalle mie attenzioni.
Blaze l'accompagna in corridoio, mentre Will si avvicina a noi con un sorrisetto sulle labbra.
«Ha di nuovo dormito da te?»
Non gli rispondo, perché dovrei?
«Andiamo fuori? Ho fame.» si lamenta Marvin, incurante del fatto che gli altri due stiano sogghignando.
«Finitela.»
«Ho solo detto che ho fame» s'intromette Marvin.
«No, parlo con loro» indico Jax e Will. «Lo so già cosa state pensando.»
«Che non te la sei ancora scopata, capirai che ce ne frega. Andiamo»
Marvin ha troppa fame, perciò diventa più menefreghista del solito. Io mi alzo per seguirlo, ma Will si ferma davanti a me bloccandomi il passaggio.
«Oh beh qualcosa avranno fatto, sicuro.»
I suoi occhi azzurri penetrano le mie iridi.
«Perché ne sei così sicuro?» domando serrando lo sguardo.
Will abbozza un'occhiata enigmatica e io sento immediatamente la mandibola diventare d'acciaio.
«L'ha fatto con me.»
Il mio cervello schizza rapido tra immagini che non vorrei avere nella mente.
«Avanti parla Will» lo incito duramente.
«Oh, all'improvviso ho fame anch'io» Jax prova a trascinarmi via, ma è del tutto inutile.
«Cos'ha fatto con te?» insisto senza smuovermi di un millimetro.
La classe si è svuotata, ci siamo solamente noi quattro.
«Niente.»
«Will...» Lo rimprovera Jackson, facendogli cenno di lasciar perdere.
«No, voglio sentire cos'ha da dire»
«Gli avrà fatto una sega. Possiamo andare a mangiare adesso?»
Marvin si dirige alla porta, ignaro del casino che sta per succedere.
«Che cazzo dici, non è vero.»
Pronuncio quelle parole, poi mi massaggio il labbro inferiore con il dorso della mano, come per placare il nervoso, come per ignorare il fatto che William sta trattenendo un ghigno tra le labbra sottili.
«L'ha detto Marvin, non io»
«Ehi, io ho sparato a caso eh!» si discolpa quest'ultimo.
«Marvin però non sa che è successo due volte.»
William lancia quella frase accompagnandola da una scrollata di spalle, come se non mi avesse appena pugnalato nel petto.
«Sei proprio stronzo Will» bisbiglia Jax.
Resto a fissare William che non ha nessuna paura di reggere il mio sguardo.
Lo conosco da quando siamo piccoli, lo conosco troppo bene. So perché diventa così provocatorio, vuole toccare continuamente i punti deboli altrui. Testa se stesso e gli altri, come se la vita fosse un gioco. E, di sicuro, quando è così irrequieto, vuole qualcosa.
«Cosa c'è?» domando a quel punto, come ad ammettere la mia sconfitta.
«Andiamoci stasera, James. »
A quel punto annuisco, poi esco dalla classe. Non posso avercela con Will, alla fine non ha tutti i torti. Forse lei non si sente a suo agio con me e probabilmente io dovrei levarmela dalla testa perché non sono il genere di ragazzo più adatto a lei.
O forse, questa è solo una scusa che racconto a me stesso, perché, in fondo, ho solo una paura fottuta.
🦋JUNE🦋
«Brian, va tutto bene?»
«June, sai se Jackson è arrabbiato con me?»
In corridoio incontro Brian, mi rivolge quella domanda ed è così inaspettata che mi fa dimenticare tutte le stranezze della mattinata. Perché non saprei come altro chiamarle, dato che fatico a comprendere il comportamento di James.
Ieri sera mi chiama, stamattina mi dice che la sua vita non mi riguarda, mi molla come una cretina nel bel mezzo della classe mentre esce a fumare non con una, ma con tre ragazze e poi, come se non bastasse, lo becco a fissarmi da lontano.
«Non saprei... però di sicuro quella battuta potevi risparmiartela.» sottolineo quando incontro il suo sguardo, più scuro del solito.
«Avevo bevuto un po' e...»
Distratto, senza nemmeno terminare la frase, si volta verso sua sorella. «Dove vai stasera?»
«Da nessuna parte, perché?» risponde Amelia con finta aria innocente, prima di scambiarsi un'occhiata complice con Ari, mentre entrambe sostano davanti ai loro armadietti.
«"Da nessuna parte" è un nuovo modo per chiamare casa di Taylor?»
Lo sguardo enigmatico di Amelia induce Brian a diventare ancora più malfidato.
«Guarda che andiamo solo da Taylor, organizza una serata di studio prima della verifica.»
«Sì, immagino. Chissà che gran serata istruttiva. Non fa mai niente a casa sua, avrà di sicuro in mente qualcosa.»
Le ragazze fanno labbruccio e da quel poco che le conosco, entrambe stanno nascondendo qualcosa a Brian.
«Vabbè resterò a studiare da solo» si lamenta lui sbattendo l'anta dell'armadietto con forza.
Mi acciglio e proprio in quel momento, Brian mi rivolge un'occhiata fulminea. «Vieni da me?»
La domanda è così inaspettata che mi volto per vedere se per caso stia parlando con qualcuno alle mie spalle.
«Dici a me?»
Guardo Ari che non sembra curarsi d'altro che lucidarsi le labbra e applicare il mascara, rimirandosi allo specchietto appeso nell'anta dell'armadietto.
«Bhe... ehm...»
Sei in punizione June, ricordatelo
«White.»
«Che vuoi?» contrattacco acida, solo al sentire la voce di James tuonare per i corridoi.
Sfila con i suoi amici e mi fissa con il mento rivolto verso l'alto, dandomi sui nervi.
«Stasera ti passiamo a prendere alle nove. Fatti trovare pronta»
Non può averlo detto sul serio. Non davanti a Brian.
Ma soprattutto, non davanti ad Ari e Amelia. Le due hanno sentito perché restano di ghiaccio. Immobili.
Tutti ci stanno guardando, ma a James non sembra fregare nulla. Dovrei mandarlo al diavolo visto come mi ha trattata in classe e invece arriccio le labbra per nascondere un inevitabile sorriso.
June in cosa ti stai trasformando?
«Fai pace col cervello.» bofonchio irritata rivolgendomi a James, incerta sul fatto che mi abbia sentita o meno, dato che si trova già al fondo del corridoio.
Brian mi fissa.
«Dovresti farlo anche tu, June.»
Il suo tono di rimprovero mi lascia senza parole.
♦️JACKSON♦️
«Dove vai Jax?»
«Sto andando da Bonnie.»
Rispondo alla domanda di James con una bugia. Non sono uno che sa mentire bene, ma siamo al telefono e lui non può studiare la mia espressione facciale.
«A fare cosa?»
E ora che m'invento?
«Secondo te?»
«Allora fai sul serio con la francese»
Il tono canzonatorio di James mi causa un grosso sbuffo, tant'è che ruoto anche gli occhi al cielo.
«Che ti frega...»
«Detto da te, che vuoi saper anche quante volte vado a pisciare...» mi canzona lui.
«A tal proposito, James... Hanno rimandato il test antidroga.»
Gli ricordo le parole che ci ha detto il coach, dopo gli allenamenti.
«Come mai?» lo sento chiedere.
«Non lo so. L'allenatore ha detto così oggi. Magari è una trappola»
James smette di parlare. Lo so che gli dispiace saltare le partite, ma l'odio che nutre verso il nostro coach supera di gran lunga la mancanza del football.
«Mi posso comunque fidare di te... vero, Jax?»
E di nuovo quella vena di sospetto nella sua voce. Forse dovrei parlargli. Sul serio. Eppure noi non discutiamo di queste cose, James non è mai venuto da me a dirmi "Sai Jax, ogni tanto mi stufo di farmi le mie compagne di scuola e passo ai compagni".
Per lui è sempre stato naturale comportarsi in quel modo e nessuno ha mai avuto niente da recriminargli.
Ma io non sono lui. Nella mia famiglia c'è solo un'idea di normalità e di certo non è quella che combacia con i miei desideri.
«Ci vediamo stasera, ora sono arrivato da Bonnie.» taglio corto quando giungo davanti a casa di Blaze.
Mi chiedo se James si ricordi ancora delle insinuazioni che ha mosso Brian, alla sua festa di compleanno. E, con mia grande sorpresa, è proprio Brian a venire ad aprire la porta di casa.
«Cosa cazzo ci fai qui?» m'inasprisco nel vederlo apparire sull'uscio.
Lui però assottiglia le iridi color smeraldo e mi fulmina all'istante.
«È il mio migliore amico. E tu? Che scusa hai?»
«Devo... ehm... chiedergli una cosa per un compito»
«Jackson forse non lo sai, ma c'è un solo momento in cui non mi stai sulle palle ed è quando giochiamo in squadra insieme»
Brian si avvicina e mi costringe ad abbassare lievemente il mento per osservarlo dall'alto.
«Ma nella vita non siamo nella stessa squadra.» aggiunge a labbra strette.
«Senti, se pensi di aver visto qualcosa...»
«Non è che penso di aver visto... io so»
Inarco un sopracciglio, ma lui non sembra intimorito da niente, continua.
«E tu puoi fare qualcosa per non farmi parlare.»
Lo fisso incredulo. Brian non mi sta lasciando entrare in casa di Blaze e mi sta...ricattando?
«Tu e Amelia siete così meschini...»
Mi lascio scappare quella confessione, che lo rende solo più nervoso.
«Perché parli di mia sorella?»
«Perché mi sta sul cazzo. Perché fa tanto la parte di quella che è in grado di capire James, che farebbe qualsiasi cosa per lui e poi l'ha tradito alla prima occasione, dicendoti quella cazzata.»
«Quale cazzata?»
Lo vedo accostare la porta alle sue spalle, come se la discussione dovesse restare solo tra di noi.
«Non ha mai provato a farsela, lei è una bugiarda. E tu sei peggio di lei perché sapevi che James non avrebbe mai approfittato di Amelia»
«Jackson tu pensi davvero di essere la persona che lo conosce meglio di tutti?»
«Sì. Sai perché? Tu eri il suo migliore amico, ci sei cresciuto insieme, eppure hai creduto alla palla di Amelia.»
«Non ci ho mai creduto. Lo so che James non l'avrebbe mai toccata. Svegliati Jackson, Amelia è innamorata di lui da quando ha dieci anni.»
Lo guardo massaggiarsi nervosamente il bicipite rigonfio, attraversato da tatuaggi.
«Lui però non l'ha mai considerata in quel modo.»
«Lo sapevi? Sapevi che James non aveva fatto niente con Amelia...?» realizzo quasi scioccato.
«Certo che lo sapevo. La stessa sera della festa di Tiffany mio padre è tornato a casa disperato. Il consiglio studentesco ha preferito allontanarlo perché da più di un anno avevano iniziato a circolare voci non vere sul suo conto.»
Oh no, William
«Era una bugia anche quella. Lo sai, Jackson? Mio padre non ha mai toccato William, eppure, per paura che uscisse qualcosa ed esplodesse uno scandalo in una scuola prestigiosa come la nostra, hanno preferito licenziarlo.»
Abbassa lo sguardo per una frazione di secondo, come a nascondere una piccola debolezza, ma poi torna più spietato di prima.
«Ormai la sua carriera era finita. Non avrebbe più trovato un lavoro in tutta la sua vita»
«La tua è stata una vendetta quindi...»
«Gli ho solo fatto un occhio nero Jax, non farne un dramma. È stato James a mandarmi in ospedale il giorno seguente. Questo te lo sei dimenticato? Finiscila di difenderlo a spada tratta per ogni cosa. Ti ricordi che mi ha rotto due costole? Perché non apri gli occhi?»
Brian compie una piccola pausa, si guarda intorno, poi ricomincia a parlare con un tono più sommesso.
«O forse è proprio lui a doverli aprire gli occhi. Immagina cosa farebbe se scoprisse che il caro Jackson sbava sul suo culo da anni e glielo ha tenuto nascosto. Non te lo perdonerebbe mai.»
James non ha mai voluto confidarci le vere ragioni per cui ha aggredito Brian, ma inizio a credere che ne avesse parecchie e anche di valide.
«Sono sicuro che non appena scoprirà la verità, comincerà a vederti per quello che sei. Sei come tutti gli altri, Jackson. Lo vuoi e basta.»
Un groppo amaro mi serra la gola.
«Non è così.»
Lo afferro dalle spalle, ma in quel momento Blaze fa capolino davanti alla porta.
«Blaze.»
«È meglio se te ne vai.» mi dice quando si accorge che sono in procinto di mettere le mani addosso a Brian.
Mollo subito la presa per immergermi nei suoi specchi grigi. «Volevo parlarti»
«Vedo che state già parlando. Di cosa poi?»
Blaze è visibilmente stupito nel vederci bisbigliare tra noi.
«Di James, perché?» controbatte Brian con aria strafottente e seria allo stesso tempo.
Ha la faccia di uno che sa perfettamente come rompere gli equilibri.
«Ovvio, di cosa mi stupisco. È il tuo argomento preferito, Jax»
Blaze sparisce alle spalle di Brian, se ne va sotto al mio sguardo deluso, senza nemmeno darmi l'opportunità di spiegare.
«Non voglio James in squadra. Ricordatelo. Perciò i tutti vostri intrighi sul test antidroga, non dovranno andare a buon fine.»
«Stai scherzando, vero? Vuoi che lo faccia espellere dalla squadra?»
«La scelta è tua Jax.»
Brian mi ha appena messo alle strette.
Capisco che Amelia odi James, suo padre è sparito da un anno e gli ultimi a vederlo siamo stati noi. Ma Brian... lui era d'accordo.
Perché ora si comporta in questo modo?
«Perché sei così?» domando in un moto di rabbia.
«Perché io e James abbiamo lo stesso obiettivo, la borsa di studio. Ma purtroppo abbiamo anche stesso problema. Io sono stato espulso, lui è stato in riformatorio. Senza borsa di studio per lo sport, io non verrò accettato da nessuna parte. Se James rimane in squadra, questa opportunità andrà sicuramente a lui.»
«Pensi che stando in squadra, il coach lo avvantaggi? Si odiano quei due. Non è detto che...»
«Jackson ascolta, non è difficile. James non passa il test antidroga, io torno capitano e lui non viene riammesso in squadra. Così finirà solo per odiare me e il mondo del football. Ma se scoprisse tutti i tuoi segreti, le tue bugie...odierebbe solo te.»
Resto interdetto a fissare la porta che Brian mi ha appena sbattuto in faccia.
Un'angoscia soffocante mi perfora il petto.
Ho bisogno di parlare con qualcuno.
Odio l'indifferenza di Blaze, in questo momento.
Forse questo è stato il mio errore più grande: non sono mai stato sincero con lui.
E sì, me ne dispiaccio, ma lo sforzo che dovrò fare per riconquistare la sua fiducia, adesso non mi spaventa affatto.
🦋JUNE🦋
«Quante volte te lo devo ripetere, White?»
«Che diavolo vuoi James?» sbotto spazientita dopo aver accettato la chiamata.
«La coerenza è sopravvalutata» lo sento ridacchiare.
Che cretino
«Perché ora mi chiami...?»
Se invece a scuola mi tratti da schifo?
«Sai che ti dico? Hai ragione. Ho sbagliato numero. Ciao.»
«No James, aspetta...»
Lui continua a sogghignare come un bambino piccolo.
«Mi vieni a prendere davvero?» domando con una punta di diffidenza.
«Mmmm.... Non lo so.»
Ti odio penso tra me e me, toccandomi nervosamente la crocchia spettinata. Sono le nove e già ho il pigiama addosso, devo solo scegliere il libro che mi terrà compagnia per la serata.
Con l'indice sfioro i volumi ordinati all'interno della mia libreria, mi prendo il tempo per scegliere quale rilettura farò.
«Quindi oggi l'hai detto tanto per?»
«Può darsi»
Che vada a quel paese James.
La mia attenzione si arresta su tre libri in particolare, devo solo capire con chi vorrei stare ora.
Rhysand?
Atlas Corrigan?
Aaron Warner?
Di sicuro non con James Hunter.
«Sei proprio stronzo. Comunque sono in punizione e non posso...»
«White?»
Stavolta però la voce di James arriva più vicina del solito.
Sono ancora dinanzi alla libreria, quando mi giro in direzione della finestra e... rimango letteralmente senza parole.
La sua sagoma massiccia appare dietro al vetro con un ghigno stampato sul viso.
«Porca miseria!» Lancio un urlo.
Appena scavalca il davanzale della finestra, il suo buon profumo invade in modo prepotente tutta camera mia. Penso subito a mia madre, se mai dovesse entrare, se ne accorgerebbe subito.
James ride sguaiato e io so che dovrei tirargli uno schiaffo, invece ora che ho le sue labbra gonfie davanti, vorrei solo baciarle.
«Cosa fai?» balbetto indietreggiando davanti alla sua figura che si avvicina pericolosamente.
Sotto alla giacca di pelle, indossa una felpa grigia e i pantaloni della tuta, nulla di elegante, eppure fatico a trovare le parole in questo momento. In un attimo mi sovrasta e nel mio stomaco comincia uno sfarfallio strano. Sotto alle ciocche spettinate, solo i suoi occhi lucidi che mi fissano intensamente.
«Ho solo voglia di fare una cosa, quindi la faccio.»
M'intrappola alla parete con un braccio poggiato al muro, ma è la mano che si scontra sul mio fianco, a farmi sussultare. La maglia del pigiama si solleva un po' sul lato, sotto al tocco delicato delle sue dita fredde.
Lui china la testa verso di me e io, con uno scatto di riflessi pronti, discosto il viso per non lasciarmi baciare.
Accetto le farfalle nello stomaco quando i nostri sguardi si s'incrociano nei corridoi, accetto il suo profumo così buono da farmi tremare le ginocchia, ma non posso accettare come mi ha trattata oggi, a scuola.
«Chi è che fa la stronza ora?» ansima roco contro il mio orecchio, quando gli porgo la guancia invece che la bocca.
Provo a mantenere un po' di autocontrollo, ma James si lecca le labbra con il suo solito modo di fare irresistibile. Non appena il suo respiro di sigaretta e gomma da masticare vibra sulla mia pelle, uno strano calore prende a scendere pericolosamente tra le mie gambe.
Siamo troppo vicini. Se roteassi il viso, finirei per lasciar scontrare le nostre labbra, perciò decido di affondare la mano nei suoi capelli morbidi e strattonandoglieli. Lo allontano appena, causandogli un gemito profondo.
«Cosa c'è?» domando col fiato corto.
Lui però sembra gradire particolarmente il mio gesto.
«Quando fai così...»
I suoi occhi spenti e assottigliati percorrono le mie labbra socchiuse, fino a scendere sulla maglietta del pigiama.
Oh no, sono senza reggiseno.
Scivolo via dalla sua morsa e, una volta dall'altra parte della camera, mi ricompongo improvvisamente.
Non mi tratti in quel modo davanti ai tuoi amici e poi vieni qui a fare finta di niente.
Incrocio le braccia al petto, poi lo punto con decisione.
«Dove dovete andare?»
«Devo restituire pistola a Taylor.»
È la facilità con la quale pronuncia una frase così oscura, a far oscillare ogni mia sicurezza.
«Cosa? E quando?»
«Boh prima o poi.»
«E guarda caso Taylor organizza serata di studio proprio oggi?»
C'è qualcosa sotto.
«Detective Madeline all'azione...» lo sento ridacchiare mentre gironzola per la mia camera.
«Cos'è sta roba?» chiede indicando il mio computer aperto sulla scrivania.
«"Sta roba" lo dici a qualcun altro. Sono appunti, lascia perdere.»
«Non di scuola però. Cosa scrivi?»
Mi affretto a chiudere il portatile e per poco non gli pizzico le dita in mezzo.
«Quindi volete andare da Taylor a studiare?»
«Beh, fosse per me...»
I suoi occhi sottili sfrecciano con sfrontatezza verso il mio letto, si morde il labbro inferiore e in quell'istante il suono di un clacson mi fa sobbalzare.
«Oddio ma chi è? Mia madre starà dormendo!» sbraito impaurita.
«Jax, cazzo» ringhia James affacciandosi alla finestra.
«Ma secondo te sono stato io?» Sento le lamentale del biondo da qui.
«Marvin!»
«Perché mi date sempre la colpa di tutto?»
James poi si volta verso di me.
«Vestiti.» dice indicando il mio pigiama composto da pantaloncini e maglietta larga.
A quel punto mi metto a valutare rapidamente la mia situazione: "Non ho il permesso di uscire, ma..."
Nessun "ma" June, smettila di guardargli le labbra.
"...ma mia madre sta dormendo e si tratterebbe solo di qualche ora..."
«Fammi vedere l'armadio di June White.»
O no, mi metterò nei pasticci già lo so.
«No.» Mi muro davanti alle ante del mio armadio per impedirgli di aprirlo.
«Otre alle mie felpe, hai anche roba tua?» sogghigna lui.
«Tipo? Vuoi provarti i miei vestiti?» lo prendo in giro.
Non potendo raggiungere il mio armadio, James apre l'anta di una porzione di guardaroba che non uso mai. Ci tengo solo abiti che metto di rado, ma è proprio da lì, che afferra una gonna nera.
«Non mi va quella» scrollo il capo.
Lui strofina la punta della lingua nell'angolo della bocca, prima di rivolgermi un sorrisetto sfacciato.
«Fidati, non te ne pentirai.»
Il suo sguardo è malizioso ma io non credo di aver capito.
«Mettila» Mi porge la gonna, io l'accolgo tra le mani con riluttanza.
«Sì e poi?»
«E poi questa.»
Fruga tra gli indumenti, finendo per estrarre una maglia bianca con una profonda scollatura. Non so nemmeno perché si trova nel mio armadio, probabilmente me l'avrà regalata zia May.
«Tu sei tutto pazzo» esclamo quando mi accorgo dell'outfit un po' troppo audace.
James però sembra non capire.
«Perché?»
«Pensi che andrei mai in giro così?»
«Perché non dovresti?»
«Boh» sollevo le spalle.
«Una risposta più intelligente, White?»
«Perché... Tutti mi guarderebbero.»
E riderebbero di me
«Se ti guardano è perché c'è qualcosa di bello da guardare. Non ci hai mai pensato?»
«Non sono una che ama essere guardata.» bisbiglio timidamente.
Ma forse per lui questa cosa non è concepibile.
«Okay. Preferisci felpa e pantaloncini?» domanda serio.
Corruccio le sopracciglia dinnanzi alla sua richiesta.
«Voglio dire... A me non cambia un cazzo, puoi vestirti come ti pare, ma... Ti piace davvero vestirti sempre così?»
«Sì.» Credo.
«Allora non abbiamo bisogno di questi.» replica riponendo gonna e maglietta nell'armadio.
Poi però mi vede aprire bocca.
«Ma...»
«Cosa?»
«Cioè a me piace vestirmi comoda, ma.... pensandoci mi sembra stupido parlare di questo, James. È un argomento così superficiale.»
«Lo dici ad uno che, se potesse, i vestiti, nemmeno li metterebbe.»
Scoppio a ridere.
«Non lo so, è che ogni tanto...»
Le invidio quelle ragazze che, a loro agio nei vestiti corti, si sentono belle.
«Vorrei provare quella sensazione. Di fregarmene del tutto.» confesso alla fine, messa alle strette dal suo sguardo serio.
James però non mi prende in giro, anzi, mi fissa incuriosito.
«Quindi se la gente non ti guardasse...»
«Se tipo la gente non mi guardasse in modo strano, magari sì... qualche volta mi vestirei anche così.»
Indico la gonna e la maglia che lui riacciuffa prontamente dall'armadio.
«Allora facciamo così: tu ora ti vesti come ti pare.»
«No, io...»
«Sì e se qualcuno prova a dirti qualcosa, o a darti fastidio...»
Mi affibbia gli indumenti e nel farlo, si avvicina un po' troppo al mio volto.
«Ci sono io.»
Sento le guance colorarsi all'improvviso.
«Uno: mi sono difendere da sola e due: tu non eri quello che mi prendeva in giro quando Amelia o Tiff mi prestavano i vestiti?»
«A parte che li hai distrutti entrambi.»
«Ti ricordi solo quella parte, vero?»
«Ovvio» ridacchia divertito. «Provare non ti costa un cazzo. Se non ti piace, ti cambi»
Lo fisso incredula. È così dannatamente convincente... Voglio dire, sono sempre l'unica a nascondersi dietro a strati di vestiti, se per una volta mi vesto in modo un po' più audace, cosa mai potrà accadere?
Così m'infilo in bagno, dove decido di cambiarmi. Il lembo di stoffa che fascia il mio busto mi copre a malapena, se lo abbasso per nascondere la ciccia, la parte superiore resta troppo scoperta; se invece lo tiro su, mi ritrovo con la pancia di fuori. Perciò opto per una via di mezzo, sciolgo i capelli sulle spalle, poi fisso la mia sagoma allo specchio. Non c'è trucco o colore sul mio viso, eccetto al rossore delle mie guance.
«Non fumare qui dentro, per favore.» mi lagno quando vedo James prepararsi una sigaretta.
Se ne sta con la spalla poggiata allo stipite della porta, e quando gli passo davanti, comincia a puntare lingua nell'interno guancia, guardandomi in modo così seducente, da provocarmi un lungo brivido.
«E non puoi guardarmi in modo strano, ricordalo» lo rimprovero senza voltarmi.
Lui però mi ferma dal braccio e mi attira a sé, portandomi contro il suo petto, avvolto dalla felpa che emana un profumo intenso.
«Cazzo... Un po' difficile, non trovi?»
Con gli occhi rimango incastrata nelle sue labbra che si avvicinano al mio viso, facendomi saltare un battito.
«Ti da fastidio se ...»
Senza aggiungere altro, James mi afferra dai fianchi e con un movimento rude, mi tiene più vicina, stretta contro il suo bacino.
Il mio seno rimbalza sul suo torace duro, mentre la gonna si solleva appena nell'impatto con le sue gambe.
«Non ti guardo, ma...»
Con le labbra soffici lambisce la pelle del mio collo, lasciandomi una scia di fremiti voluttuosi che mi accarezzano lo stomaco.
Sento il suo corpo, ormai familiare, premere contro il mio basso ventre.
Il clacson suona di nuovo.
«James! Mia madre sta dormendo»
In quel momento lui riceve una notifica, estrae il cellulare dalle tasche dei pantaloni della tuta, mentre la sua mano resta ben salda sul mio fianco.
Scegli sempre momenti del cazzo per metterla incinta. Muoviti
Lo vedo sbuffare rumorosamente, per poi lanciare la testa all'indietro.
«Andiamo» lo sprono causandogli un sopracciglio inarcato.
Mi dirigo alla finestra, quando lo sento dire alle mie spalle «Riesci a scavalcare?»
Sì, se non fosse che con questa gonna tutti mi vedranno la signorina Gina
Salire e scendere da casa mia è abbastanza facile. L'altezza è minima, non come da James, dove stavo davvero per cadere e morire rovinosamente.
«Certo che riesco, muoviti.»
«Finalmente!» sentiamo un coretto innalzarsi dall'auto parcheggiata davanti al viale.
Sollevo una gamba per scavalcare il cornicione, ma James mi prende alla sprovvista.
«Aspetta, aspetta.»
Si toglie la giacca di pelle e la posiziona davanti al mio corpo, probabilmente per coprirmi e impedire che io mostri le mutande a tutto il vicinato.
A quel punto la risatina di Marvin si fa più insistente.
«Che cazzo ridi? Giuro che vengo lì...» lo minaccia James.
«È apposto James, puoi levarmi la giacca da davanti ora»
Compio un salto e in un attimo siamo in macchina.
Jackson è al volante, Marvin continua a ridacchiare mentre Will è completamente assorto nei suoi pensieri, ma basta che quest'ultimo si scambi un'occhiata d'intesa con James, che capisco immediatamente. Stanno pianificando qualcosa. E io devo solo scoprire cosa.
Taylor è troppo impegnata a risistemare in modo ordinato il sushi che ha ordinato d'asporto, tant'è che non mi degna nemmeno di un saluto quando giungo a casa sua.
E mi è sufficiente varcare la soglia della villa, per sentirmi subito come un piccolo pesce fuor d'acqua.
Questa non è la scuola, ma una grossa casa di lusso dalle dimensioni holliwoodiane e l'ambiente sarà anche diverso, ma la solfa non è cambiata: quando entro con i ragazzi, tutti si girano a fissarmi.
Non posso negare che la cosa mi provochi un leggero disagio, sopratutto perché non sono nascosta da una delle mie solite felpone. James nemmeno se ne accorge, probabilmente loro saranno abituati ad avere tutte le attenzioni addosso, quando entrano in un luogo. Non io però. Mi faccio piccola dietro alla schiena di Jackson, ma dopo poco ci dividiamo a macchia d'olio.
«June.»
Tiffany mi vede da lontano e mi rivolge un cenno con la mano.
«Hei Tiff.»
Non so cosa fare quando mi si avvicina, fortuna che ci pensa lei a stemperare l'imbarazzo. Imbarazzo che c'è solo da parte mia, dato che lei mi abbraccia, poi comincia subito a scusarsi.
«Scusa ero così ubriaca l'altra sera»
«Non devi scusarti.»
«Beh... vallo a dire a Jamie, era davvero incazzato»
«Con me non devi farti problemi, ero un po' brilla anch'io» ammetto candidamente.
«Sai June, sono contenta che ad un certo punto sia arrivato lui»
«Perché?»
«Perché non voglio rovinare la nostra amicizia. Non lo so, forse in quel momento sembrava giusto, ma poi a mente lucida... non lo era. E probabilmente te ne saresti pentita.»
Annuisco, perché in fondo, so che è proprio così che sarebbero andate le cose.
«Con Taylor con va?» domando cercando la bionda con lo sguardo.
«Lasciamo perdere, non le si può stare vicino oggi» si lamenta lei, piantando gli occhi color caffè in un punto ben preciso del salone.
Mi accorgo solo allora che Taylor sta litigando con Connell. E basta che quest'ultimo vada addosso alla bionda per bloccarle il polso, che per Tiffany smetto di esistere.
«Scusa June, devo andare.»
Ruoto su me stessa seguendo la traiettoria della testa mossa di Tiffany, finchè qualcuno mi strattona la manica della maglia.
«Juuuune! Ma allora sei tu!»
«Sì Poppy, sono io»
«Allora, senti... A parte che sei molto bella.»
«Okay.» sorrido per la sua schiettezza.
«Devo dirti che... Ma aspetta un attimo. Hai cambiato qualcosa ai capelli?» domanda strizzando gli occhi, visibilmente pensierosa.
Si vede lontano un miglio che per una volta non sono uscita in pigiama, come fa a non accorgersene?
«Sto scherzando!» esclama lei nel notare la mia espressione confusa. «Sto provando ad esercitare un po' di ironia o sarcasmo...aspetta, non ricordo la differenza. Comunque così facendo, potrei...»
«Poppy.» blocco le sue farneticazioni sul nascere.
«Sì?»
Ti voglio bene ma arriva al dunque
«Cosa volevi dirmi?»
«Ah sì...»
Con un cenno della mano, mi invita ad avvicinarmi a lei, prima di cominciare a sussurrare.
«Le acque tra Amelia e Ari si sono tranquillizzate. Cioè, Brian si è ripreso del tutto e ha chiesto ad Amelia di non litigare con Ari per causa sua.»
«Beh... è stato carino da parte di Brian. Ma la causa del litigio non era lui, bensì Ari»
«Hai ragione June, ma al momento c'è un altro problema.»
«Quale?»
«Io.» confessa allargando gli occhi chiari.
Mi s'increspa la fronte.
«Tu? Tu saresti un problema per Amelia adesso?»
«Amelia ce l'ha con me.»
«Perché Poppy?»
Vedo la testa bionda di Poppy voltarsi in direzione di Marvin che sta seduto sul divano, in compagnia di alcuni ragazzi.
«Stai scherzando?» Non riesco a nascondere il mio tono scettico.
«No. Ci siamo baciati alla festa di James.»
«Uh... davvero?»
«Sì. Sei l'unica a non saperlo perché sei stata un po' impegnata ultimamente...» mi punzecchia lei.
Le parole di Poppy cominciano a sfumare nel nulla, quando i miei occhi s'impigliano nella figura di James, che si trova dall'altra parte della stanza. Non riesco a smettere di guardare quelle labbra carnose, mi mancano come l'ossigeno. Non posso credere che non ci siamo nemmeno baciati a casa mia.
Sei tu che ti sei tirata indietro, June mi dico, ancora ipnotizzata dalla curva delle sue labbra piene.
E lui non fa che mordicchiarsele e metterle in mostra, in quel modo così accattivante. Non lo fa apposta, sembra essere nato per questo.
Lo vedo parlare con diverse persone, ma di certo non voglio stare tutta la sera a fissarlo.
E solo a quel punto mi ricordo nuovamente di Poppy.
«Ehm... scusa, dicevi?»
«Tranquilla June. Ci siamo passate tutte. Sono l'ultima persona che può giudicarti.»
«Detta così... non è proprio confortante»
«Non posso dire lo stesso di Amelia.»
«Mi stai confondendo, Poppy. Lo sai vero?»
A volte mi chiedo se si comporti così apposta, ma poi il suo sguardo sincero mi ricorda che Poppy è proprio fatta così.
«Voglio dire...se tra te e James ci fosse qualcosa, io non ti criticherei mai. Ma Amelia...»
«Cosa? Amelia cosa?»
E senza nemmeno rendermene conto, sollevo di poco la voce. Mi sto alterando.
Che diritto ha di mettere sempre il becco negli affari altrui?
E proprio in quel momento, una figura snella mi si schianta addosso.
In un attimo la mia t-shirt è chiazzata ovunque. Di marrone. Lo sento persino sul collo.
«Ops. Scusami June.»
Sollevo lo sguardo dai jeans attillati della ragazza che mi ha appena sporcata e incontro i suoi occhi freddi.
Amelia.
Tiene tra le mani la fetta di pane e Nutella che mi ha appena spiaccicato sulla maglietta bianca.
«Non l'ho fatto apposta.» spiega con un'espressione di ghiaccio.
Non so cosa dire, sono in evidente imbarazzo, alcune ragazze mi osservano ridacchiando. Se a Taylor riesco a rispondere a tono, ad Amelia no.
Mi guardo intorno confusa e la sento chiedere. «Vuoi un cambio?»
«Grazie, non preoccuparti io...»
Quando però pronuncio quelle parole, lei si è già voltata. Non sembra interessata alla mia risposta.
Osservo la reazione di Poppy che mi fissa impensierita.
«Poppy, perché ora Amelia fa così?»
«Credo che...mhm...»
La reazione di Poppy non mi piace affatto.
Perché ho come l'impressione che c'entri James?
«Cosa Poppy, parla per favore»
«Si è arrabbiata con me quando ha scoperto di Marvin.»
«Non sono affari suoi.»
Nè tantomeno quello che faccio io con James...
«Lo so, ma è iperprotettiva. Lei e Brian sono così. Hanno paura che le persone che amano, soffrano. Ha detto che Marvin è uguale a loro e mi farà soffrire.»
«Ma come si permette? Perché ti lasci dire queste cose? Capisco il suo astio verso Ari, ma tu non le hai fatto niente... Mi sembra solo mania di controllo la sua. Vuole sempre dire alle persone cosa fare.»
«Beh in passato sono stata con James alcune volte, senza dirglielo.» ammette ingenuamente.
«E quindi? Non è affar suo, Poppy.»
«Marvin non lo sapeva e Amelia gliel'ha detto. Non l'ha fatto con cattiveria, voleva solo metterlo in guardia e dirgli di non farmi stare male come ha fatto James. Ma gliel'ha riferito come se io e James ci vedessimo ancora. Tra me e lui non c'è niente, June. É dalla festa da Will che non c'è più stato niente. Perché oltre al fatto che ci sono stati i casini con Ari, insomma...ho visto che voi due vi siete avvicinati. Non mi sembrava corretto.»
Poppy parla troppo, questo è vero, ma su una cosa non ho dubbi.
«Poppy, senti... Tu e Ari non dovete farvi mettere i piedi in testa da lei. Lo so che ha i suoi problemi in famiglia e tutto il resto, ma... questo non le dà il diritto di atteggiarsi così. La vita è tua.»
«Grazie June. É che qui appena fai una mossa di troppo, sembri ferire qualcuno. Ti abbraccerei ma sei tutta sporca» sibila lei strizzando entrambi gli occhi.
«Davvero tra te e James non c'è più nulla?»
«Non gli sono mai piaciuta, June. Credo non gli sia mai piaciuta nessuna. O nessuno»
Poi si avvicina al mio orecchio con una mano a conca per sussurrare «...Fino ad ora.»
Mi ritrovo a sorridere come una sciocca, ma l'idillio finisce in fretta.
Le amiche di Taylor mi stanno ancora prendendo in giro per la mia maglietta sporca.
«Poverina, per una volta che si era vestita decentemente.» le sento cinguettare.
«Vado a combinare qualcosa per questo disastro...»
«Mi devi un abbraccio, June!» esclama Poppy facendomi ridere.
Così mi allontano da lei e m'infilo in un corridoio sconosciuto.
Questa villa è enorme, c'è il rischio di perdermi e se Taylor mi vedesse vagare come una disperata, di sicuro inizierebbe ad insultarmi. Devo solo trovare un bagno e rimediare al casino al più presto.
James sta parlando con dei ragazzi e io non posso fare a meno di notare che nel suo gruppetto, c'è pure Scott.
Non me ne va una giusta questa sera, dovevo restare a casa a leggere. Senza contare che se mia madre mi beccherà, resterò in punizione fino al resto dei miei giorni.
«Che succede?»
Una voce graffiata e cupa m'intercetta.
Non c'è nemmeno bisogno che io mi giri, riconosco immediatamente i passi di James alle mie spalle.
«Perché Amelia si comporta così?»
«Che vuoi dire...»
«Lascia perdere.»
La cosa sembra lo incuriosisca a sufficienza, perché decide di seguirmi, mentre io continuo ad allontanarmi dal casino.
Mi ha detto che è una sorella per lui, eppure ho la sensazione Amelia ce l'abbia con me
«È successo qualcosa?»
«No.» taglio corto curiosando tra le stanze.
Apro alcune porte, finché non vengo rapita da un'enorme camera da letto.
È sontuosa e a al suo interno troneggia un letto king dalle dimensioni mastodontiche, insieme ad un'ampia finestra che regala una bella vista sulla città.
«Poveri mi dicevano. Solo questa stanza è grande come casa mia.» commento sostando sull'uscio, senza ovviamente avere l'intenzione di entrarci.
«Hmmmm....Il letto è meno comodo di quanto sembri.» puntualizza James, che sembra conoscere bene la casa.
Mi volto con il solo intento di lanciargli un'occhiataccia torva.
Lui indossa la stessa felpa grigia di poco fa e i capelli gli ricascano sulla fronte, lievemente spettinati. Le labbra rosse e invitanti contrastano con il blu acceso dei suoi occhi lucidi.
Mi sono appena pentita di averlo guardato.
Ho dimenticato persino dove mi trovo in questo momento.
«Di chi è questa stanza?» Proseguo con la prima cosa che mi viene in mente.
«Dei genitori di Taylor.»
«Wow.»
«Già...Wow.» lo sento dire.
Il suo sguardo però, non è rivolto alla camera, sembra rapito da qualcos'altro.
Sta fissando la mia scollatura impiastricciata di Nutella.
«James.» lo rimprovero con voce seria.
«June?» Mi fa il verso lui. «Ti sei buttata la Nutella addosso come una bambina piccola?»
«Veramente è stata la tua amichetta del cuore a farlo»
O porca miseria, mi è appena scappata una battutaccia
«Guarda che io non mi sto lamentando... Anche se....»
Si lecca il labbro inferiore, poi muove un passo verso di me, obbligandomi ad indietreggiare dentro a quella camera sconosciuta.
«Dovesti cambiarti»
«Era quello che volevo fare. Girati.» Gli ordino prontamente.
«Stai scherzando?»
Vedo James chiudere la porta e la visione della sua sagoma alta che torna pericolosamente davanti a me, mi ruba il respiro.
«Non sto scherzando»
James trattiene un ghigno ricurvo tra i denti, ma alla fine si volta, lasciandomi il tempo di sfilare la maglia tutta imbrattata di cioccolata.
Mi giro anch'io, dandogli le spalle, poi dico «Ora dammi la tua felpa.»
Lo sento sorridere dietro di me.
«Non penso proprio, White...»
«James e dai...»
Avverto un clic familiare. Sembra una chiave che gira nella serratura.
Ha appena chiuso la porta a chiave?
«Per me puoi restare così.» sussurra James, ritornando vicino alla mia figura.
Curvo di poco il collo per notare che si è già voltato nella mia direzione e mi sta fissando. Con la punta dell'indice traccia distrattamente la traiettoria che dalla mia nuca, scende fino al gancetto del reggiseno. Non faccio in tempo a rispondergli a tono, che lui mi afferra dalla vita in modo rude facendomi sbattere il sedere contro i suoi pantaloni.
Quel gesto sfacciato mi porta ad arrossire, sento il calore sprigionarsi nelle mie guance e la sensazione si trasforma presto in un incendio dritto nel petto, quando James posa lentamente le labbra morbide sulla mia spalla nuda.
Le sue dita affondano avide nei miei fianchi, dove il metallo freddo dei suoi anelli scava la mia pelle scoperta, provocandomi una miriade di brividi.
E se un attimo prima era dietro di me, ora comincia a muoversi per sopraggiungere al mio fianco. La sua bocca segna la mia spalla di piccoli baci, fino ad arrivare alla parte anteriore, dove lo sento succhiare un lembo di pelle sensibile, sotto alla clavicola.
«Pensavo non ti piacesse la nutella...»
Ma a quel punto la sua lingua mi dà una stoccata sul collo ed così calda e piacevole, che comincio a percepire uno strano vuoto nello stomaco.
«Pensavi male. Addosso a te è ancora più dolce.» mormora languido, prima di compiere un giro completo davanti a me.
I suoi occhi diventano lame sottili che non si staccano dalle mie pupille, e restano tali anche quando lo vedo scendere con il viso sul mio reggiseno.
«Non ti sto guardando»
Vengo scossa da un brivido inaspettato quando con le labbra, intrappola un'ampia porzione di pelle macchiata di cioccolato.
La succhia avidamente, poi fa scorrere la punta della lingua calda lungo il bordo del mio reggiseno, obbligandomi a chiudere gli occhi, per via di quel contatto così divino.
Qui lecca un'altra piccola chiazza di nutella e fa lo stesso scendendo oltre l'ombelico.
Ma io a quel punto mi allarmo.
Oh no, mi sono dimenticata di trattenere il respiro
A lui però non sembra importare che la mia pancia sia morbida. James è molto alto più alto rispetto alla mia figura, perciò è costretto a piegarsi con un ginocchio sul pavimento per raggiungere il mio ventre.
Con le mani si aggrappa alle mie cosce, sollevandomi di poco la gonna. Le sue labbra continuano a baciarmi la pelle con l'intento di assaporarla e ripulirla, accedendo a posti non necessari, come sotto l'ombelico o in prossimità dell'orlo della gonna. S'insinua anche dove non c'è nutella, ma solo pelle sensibile.
Non so perché lui lo stia facendo, nè so perché io glielo stia lasciando fare, ma vorrei non smettesse, non ho mai sentito niente di cosi piacevole in vita mia.
Mi accorgo che sto trattenendo il labbro inferiore sotto ai denti, solo quando James si rimette in piedi e si accosta con il viso alla mia bocca. La sua lingua è dolce e picchietta il lato del mio sorriso come se volesse insinuarvisi in mezzo, ma non sta chiedendo l'accesso, mi sta solo provocando sfacciatamente.
Con una slittata di lingua, James assapora il mio labbro inferiore, poi lo risucchia tra i denti, porgendomi a gemere con lascivia.
«Sai Biancaneve, tutta questa cioccolata...»
A quel punto striscia la punta del naso su e giù per la mia guancia e io stringo involontariamente le cosce tra loro.
«Mi sta mettendo una gran voglia di scoparti.»
Resto letteralmente a bocca aperta e per poco non mi cedono le gambe. Abbasso lo sguardo, ma in quel momento James indietreggia. Forse per via della mia reazione bloccata o forse perché si è reso conto di aver detto una sciocchezza.
Si porta il dorso della mano davanti alla bocca, infine si schiarisce gola.
«Ti lascio da sola, così finisci di pulirti»
Sono febbricitante, lui ha le guance rosse e le labbra più gonfie ed invitanti del solito.
Perché ora si tira indietro?
«Ehm... va bene»
Sul comodino di mogano posizionato a lato del letto, noto subito un box dal quale fuoriescono dei fazzolettini. Ne afferro un paio, poi li sfrego sul seno per togliermi gli ultimi rimasugli di Nutella. Do uno sguardo all'indietro e mi accorgo che intanto James si sta preparando una sigaretta.
I nostri sguardi s'incrociano fulminei quando, con un'occhiata furtiva, lecca la cartina.
«Che facevi prima con Scott?»
«Non è che se una volta mi ha...»
«James»
«Ci parlo anche con le persone, io» dice quasi risentito.
«Lo so, ma... vi ho visti scambiare una confezione di pastiglie.»
Chino la testa per controllare le mie condizioni: ora la mia pelle è pulita, ma la maglietta ormai è andata.
Dovrei metterla sotto l'acqua, ma non cambierebbe tanto, probabilmente l'unica soluzione è lanciarla in lavatrice.
«Lo so che non vuoi sentirtelo dire, ma tutte quelle pillole che assumi...»
«Non sono cazzi tuoi. Ma dirlo ad una come te non serve a un cazzo» lo sento mormorare alle mie spalle.
«Una come me?!»
«Fai sempre quella che si preoccupa per gli altri.»
A quel punto mi volto, indispettita e incurante d'indossare solo il reggiseno.
«Faccio finta secondo te? Guarda che io mi preoccupo davvero per gli altri.» esclamo a gran voce, quasi indignata.
James mi fissa negli occhi, come se si fosse dimenticato che siamo da soli, in una camera da letto sconosciuta e io sono mezza svestita davanti a lui.
«Ti preoccupi per me?»
Il suo tono è canzonatorio, forse incredulo.
«James quella roba ti rovinerà la vita.»
Abbassa lo sguardo e scrolla il capo, mentre la sua bocca si stringe in una linea dura.
«Non immischiarti. Lo faccio tutti i giorni.»
«Ma ieri hai detto che non avevi preso niente...»
«Ho detto cazzate.» mi fulmina con un'occhiataccia.
A quel punto vengo colta da un pensiero dal sapore amaro.
«Non ne puoi fare a meno... »
«Non è questo il punto.»
Mi avvicino dimenticandomi di dovermi coprire, la mia maglietta è ancora nella mia mano destra, stretta a pugno.
«Dimmi qual è il punto, allora. Voglio saperlo.»
«Di tutto il resto posso anche farne a meno...» indica la canna appena fatta, che regge tra indice e medio.
«Ma sono stato in riformatorio, non posso permettermi un altro sbaglio, tantomeno di prendere sottogamba il football e la scuola.»
«Cosa c'entra questo?»
La testa mi gira, sono confusa perciò mi siedo sul bordo del letto e mi copro il petto con la maglietta.
«Ho bisogno di qualcosa che aumenti le mie attenzioni e le mie energie. Di qualcosa che mi permetta di dormire solo poche ore per notte e non svegliarmi distrutto. E poi le prendo da quando sono piccolo.»
Ripenso ad Austin, le gare, il football, persino Will...
«Perché devi farti carico di tutte queste cose?»
«Non posso fermarmi.» ammette con un filo di voce.
«Dovresti però.»
«No.»
«Perché James? Ci hai mai pensato?»
Lui si siede accanto a me, lo vedo flettere il capo verso il pavimento, in segno di sconfitta.
«Perché se mi fermo...»
«Cosa?»
Ti prego dimmelo
«Torno di nuovo lì.»
Non riesco più a parlare perché la sua voce sfuma in un suono più tremolante.
«Da solo, in una stanza buia. Per tutta la sera. Senza sapere dove lei sia andata.»
«Ti lasciava spesso da solo?»
«Immagina di avere cinque anni. Aspetti solo che arrivi qualcuno a metterti a letto, a raccontarti una storia, no?»
Sento il mio cuore frantumarsi in mille pezzi.
«Invece sto lì, fermo, immobile, al buio.»
«James...»
«E io non ci voglio tornare lì, June.»
Siamo seduti l'uno di fianco all'altro e io vorrei solo stringergli la mano. Sono un'imbranata colossale, possibile che non riesca nemmeno a mostrargli un briciolo d'affetto?
Lui però non pare voler nascondere il suo bisogno di contatto, la sua mano calda scivola sicura sul mio ginocchio.
«Sai perché quello con te è stato il mio miglior compleanno?»
Con il pollice compie dei movimenti circolari sulla mia pelle sensibile.
«Non lo so. Puoi dirmelo?»
Lo vedo scrollare il capo in segno di negazione. James non ha alcun problema nell'atteggiarsi nel modo più sfacciato possibile, ma poi sembra in difficoltà quando si tratta di mostrare la sua parte più vulnerabile.
«È troppo una cazzata, per poterla dire a voce alta.»
«Ti prego. Dimmelo ugualmente.» insisto io con voce flebile.
«Prima che io mi addormentassi... tu mi hai raccontato una storia.»
Non ne capisco il motivo, ma quella confessione mi scalda le guance portandomi a mostrare un forte imbarazzo.
Chino la testa sorridendo, non curandomi dei lunghi capelli che mi cascano sul viso.
«Non vergognarti adesso. Hai fatto cose ben peggiori, ieri » mi prende in giro lui.
Le fossette che accompagnano il suo sorriso debole spariscono in fretta.
«È che...»
La mia pelle subisce una forte ondata di calore, quando la sua mano si sgancia dal mio ginocchio e prende a salire più in alto.
«Voglio farle ancora...»
Stringe la mia coscia lasciandomi senza fiato.
«E ancora... » sussurra infine, con il viso ormai prossimo al mio.
Inevitabilmente chiudo gli occhi, questa volta non ho intenzione di tirarmi indietro.
Stiamo per baciarci, ma prima che le nostre labbra si sfiorino, James si alza in piedi.
Sono ancora in reggiseno e sì, tutto questo parlare di quando era piccolo mi ha distratta dalle mie insicurezze, ridimensionandole, ma ora che lui è davanti a me... non so più cosa pensare.
«Ehm... la felpa che dicevi...» farfuglio imbarazzata con le braccia premute al petto.
Lui se la toglie con un gesto rapido e nello sfilarla, gli si solleva t-shirt bianca che lascia intravedere il suo addome perfetto. Ma invece che concedermela, lancia la felpa sul letto, poi si abbassa alla mia altezza, per mormorare nel mio orecchio.
«Sei bella.»
Una scarica di emozioni fluisce rapida nelle mie vene, facendomi quasi perdere il contatto con la realtà.
«Co... cosa?»
«E il fatto che tu non lo sappia, ti rende ancora più bella.»
E se l'attimo prima sto a rimirarlo con il mento verso l'alto, l'attimo dopo, sorprendo James inginocchiarsi davanti a me.
Con le dita sfiora la mia caviglia e solo quel tocco, è capace di darmi i brividi.
«Mi è caduto questo.»
Mostra l'accendino che si trovava sotto al letto, mentre un sorrisetto audace fa capolino sulle sue labbra carnose.
Lo guardo accendersi la sigaretta e dopo una lunga pausa in cui introduce il fumo nei polmoni, me lo riversa tutto in faccia.
«Sai, White...Tutte le persone con cui sono stato, mi hanno sempre detto che sono bravo. Molto bravo.»
«Quindi?»
Okay che sei perfetto, ma anche meno tesoro
Giocherello con le mani stringendole tra loro, poi le pizzico tra le mie ginocchia, lui intanto resta accovacciato a terra, davanti a me.
«Chissà quante volte sei stato qui...»
Sono ancora seduta sul materasso, quando tasto quel copriletto dall'aria costosa.
«Molte meno di quanto credi.»
«Già, avrai di sicuro una conoscenza migliore del letto di Taylor...» lo istigo.
James intanto lascia scorrere lo sguardo dalle mie gambe al mio reggiseno.
«Il letto di Taylor non lo ricordo più di tanto.»
Potrebbe essere anche una battuta, ma risulta così triste.
«Dicevo... tutti mi hanno sempre detto che sono bravo. Ma voglio lasciarti l'onore di smentirli, June.»
Inarco un sopracciglio, fissandolo dall'alto. Ora ha tutta la mia attenzione.
«Con te voglio fare una cosa che non ho mai fatto.»
Continua a guardarmi intensamente e per un attimo i suoi occhi, solitamente assottigliati, sembrano farsi grandi come quelli di un bambino. Vorrei accarezzargli i capelli, il viso, ma alla fine finisco per sfiorargli le labbra con il pollice. Ne traccio appena la forma, mentre lui le socchiude sotto al mio tocco delicato.
Sei perfetto
E dietro a questa appagante confessione, dietro a quella gioia per gli occhi, si cela l'altra parte della medaglia. Sono solo abbagliata dalle sembianze di un angelo, che in realtà è tutt'altro?
Lo vedo spegnere la sigaretta nel posacenere di vetro lasciato sul pavimento e il mio stomaco comincia a fare le capriole nel momento esatto in cui James abbandona le labbra sul mio ginocchio, lasciato esposto dalla gonna.
«Che stai...»
Lì sopra mi concede una piccola traccia di baci, io intanto inspiro a pieni polmoni come a volermi rilassare, ma vengo presto invasa dal suo buon profumo maschile.
James sembra accorgersi del mio stato d'agitazione, perciò solleva il mento e mi osserva.
E nel suo sguardo sembra esserci racchiuso proprio un "Stai bene?"
Gli restituisco l'occhiata con uno strano senso di costrizione al petto. Forse paura.
Tu sei perfetto. Qua ci sono solo cicatrici. Smagliature. Carne di troppo.
Ma a lui non sembra leggere le mie insicurezze, perché con le mani mi afferra entrambe le cosce, divaricandole appena.
«La regola è sempre quella, no?»
«Quale... » Mi muoiono le parole in gola.
«Io non ti guardo, se non vuoi»
Annuisco senza parlare.
«Magari però...»
Chiudo gli occhi e in quell'istante, la sua testa di capelli scarmigliati s'insinua tra le mie gambe.
Trattengo il fiato quando avverto il suo respiro che scorre come una carezza calda e piacevole, proprio sulla mia pelle.
«Ti bacio solo...»
Riconosco il punto esatto in cui si posano le sue labbra umide: sopra la piccola cicatrice che segna il mio interno coscia sinistro.
«Qui.»
L'impatto è così dolce e morbido, da farmi rabbrividire di piacere.
Poi, come di riflesso, le sue attenzioni finiscono sulla gamba opposta.
«E... qui.»
II solco che scava la parte alta della mia coscia destra, ormai lo riconosco anche ad occhi chiusi. È da troppo tempo che lo faccio, sempre nello stesso punto. È minuscolo, ma la pelle non tornerà mai più come prima.
«Non sai da quanto desideravo farlo.»
Lo dice con voce sussurrata, come se lo raccontasse a sé stesso, invece che a me.
Io sembro aver perso le parole, ma James solleva gli occhi: due fari sottili e luminosi mi colpiscono in pieno viso.
«Cosa vuoi da me?» chiede a quel punto, col suo modo sfacciato.
Hai la faccia tra le mie gambe, cosa dovrei volere?
E la mia risposta arriva veloce, senza nemmeno rifletterci confesso «Che tu non ti metta nei guai, tu?»
«Che tu sia al sicuro e basta.» lo sento sussurrare.
Lo scambio di battute è così rapido che mi fa palpitare il petto. E il battito del mio cuore prende a scalpitare come imbizzarrito, quando la sua testa sparisce sotto alla gonna, completamente.
Mi porto una mano sulla bocca, mi sto zittendo da sola perché James si spinge più in profondità e con la punta lingua aggancia il tessuto delle mie mutande e le sposta a lato, lasciandomi esposta alle sue labbra. La presa delle sue mani sulle mie cosce non si allenta, anzi, diventa più possessiva, quasi disperata.
Dimentico qualsiasi cosa, affondo le dita nei suoi capelli per indurlo contro di me, con più forza.
Sento le sue labbra modellarsi in un sorriso, mentre non smettono di baciare e venerare la mia carne sensibile e reattiva, al gioco della sua bocca e della sua lingua.
«Scusa.» sussurro quando mi rendo conto di avergli appena conficcato le unghie nella spalla.
I miei occhi scorrono sulla porta: l'ho sentito chiudere a chiave, sì, ma non siamo a casa mia. Forse dovrei fermarlo.
«James...»
«Ti do tutto quello che vuoi, ragazzina» ansima prima di far vibrare le labbra calde contro la mia apertura bagnata. Le lascia strusciare lentamente su e giù, facendomi girare la testa.
«Mi dici anche tutto quello che voglio?»
Mi mordo il labbro quando la sua lingua scorre dentro di me causandomi un'ulteriore accelerata del battito cardiaco.
«No, quello no.» sogghigna maliziosamente.
Lo sento mugolare un piccolo gemito d'approvazione che sembra incastrarglisi al fondo della gola, mentre non smette di far slittare la lingua calda tra le mie pieghe sensibili. Il movimento della sua bocca diventa estenuante, piacevole, totalizzante.
Mi sfianca e mi delizia così tanto, da mandarmi in paradiso dopo pochi minuti.
Serro gli occhi all'improvviso, esplodendo in un orgasmo silenzioso. E quando li riapro, mi accorgo che ho una mano aggrappata alla coperta e l'altra affondata nel lato del collo di James.
«Vuoi soffocarmi White?» mi prende in giro sollevando gli occhi nella mia direzione.
«Scusa.» balbetto impacciata, quando mi rendo conto di avergli lasciato dei segni rosati sulla gola, probabilmente con le unghie.
«Oddio»
Lui fa slittare la lingua sul suo labbro inferiore già umido, causandomi un ulteriore sussulto piacevole.
«Sono due graffi, sono sicuro che sapresti fare di molto meglio»
C'è una cosa che non riesco a capire di James. È in grado di farmi un effetto devastante, di creare questa intimità così preziosa, ma poi sfugge senza rivelarmi le sue vere intenzioni. Quelle resteranno sempre un mistero per me.
«Perché vuoi tenermi alla oscuro di tutto?» chiedo con tono sommesso.
«Perché è meglio così» ribatte lui.
Sbuffo esausta. Il mio corpo è morbido come burro in questo momento, sono così rilassata che potrei addormentarmi su questo letto.
«Guarda il lato positivo, se andate da Austin... Lo fai davvero per Will questa volta.»
Lo prendo in giro, James però non sembra aver voglia di ridere adesso.
«Dopo ti accompagno a casa» asserisce serio.
«Ho paura ti facciano del male. Voglio venire anch'io, James.»
«Sei appena venuta.» sussurra baciando nuovamente la piccola cicatrice nel mio interno coscia.
«Che stupido che sei...» sospiro, ricominciando a sentire le mie membra prendere vita.
«Tornerai sano e salvo? Promettilo.»
«June...»
La sua bocca calda e rigonfia continua a strisciare dolcemente sulla pelle della mia gamba, dandomi i brividi.
«Promettilo.» insisto come una bambina.
«Non posso prometterti niente.»
A quel punto sento le sue dita appropriarsi del bordo della gonna per trascinarmelo verso il basso, me la rimette a posto, infine si alza in piedi.
«Cosa vuoi fare, James?»
Con sguardo eccitato e senza fiatare, m'intrappola prima un polso, poi l'altro. Questi finiscono dentro alle sua mani e con il peso del suo corpo, m'induce a sdraiarmi sul materasso, sotto di lui.
Solleva entrambe le mie braccia sopra alla testa, immobilizzandomi, senza però mai distogliere lo sguardo, che rimane fermo nel mio. Solo allora mi accorgo che la sua bocca va a cercare il bordo del mio reggiseno. Lo addenta per poi farlo scivolare verso il basso, lasciando rimbalzare fuori il mio seno sinistro. Penso di aver sgranato gli occhi per l'imbarazzo, ma James prende a soffiare il suo respiro caldo sul mio capezzolo, ne circonda l'aureola con una passata di lingua, per poi succhiarlo dolcemente.
«Non ti sto guardando.» asserisce continuando a mantenere il contatto visivo e una presa ben salda intorno ai miei polsi.
Ma quando vi appoggia il viso sopra, chiudendo gli occhi, un forte senso di vertigini mi sfiora la pancia. Con il suo profilo perfetto carezza il mio seno scoperto e io cado improvvisamente in una dolce confusione. Ad un tratto scioglie la morsa stretta intorno ai miei polsi e con una mano risistema la coppa al suo posto, coprendomi nuovamente.
«Chiedimelo ancora» lo sento mormorare tra i miei capelli sciolti sul materasso.
«Cosa vuoi fare, James?» ripeto, questa volta tentando di regolarizzare il mio respiro impazzito.
«Levarmi tutta questa roba di dosso...» bisbiglia esplorando la mia figura con sguardo languido.
«E poi?»
Preme il suo bacino contro il mio, obbligandomi a serrare gli occhi e a boccheggiare per quel contatto così rude e indecente.
«Vorrei farti sentire l'effetto che mi fai»
Le sue dita fredde perlustrano la mia coscia e s'insinuano sotto alla gonna, dove vanno a solleticare la mia apertura ancora fremente. L'avverto forzare l'ingresso, ma la pressione che James applica dura un soffio, perché la mia intimità si fa subito cedevole e pronta ad accogliere le sue dita affusolate.
«Vorrei lo sentissi qui»
Ansima pesante nel mio orecchio quando le fa scivolare a fondo, dentro di me. Mi aggrappo al copriletto, come per lenire quella tensione crescente. Lui però continua quel movimento estenuante, le estrae per poi affondarle ancora più in profondità.
«Proprio qui, cazzo»
Una cascata di fremiti mi elettrizza la pelle, per un attimo resto in balia del silenzio, cullato solo dal suo respiro accelerato, che seguita a deliziare il mio orecchio.
«Siamo da Taylor...» è l'unica cosa che riesco a dire, con il fiato ormai spezzato.
Entrambi guardiamo la porta e lui a quel punto sembra rinsavire all'improvviso.
«Per una volta hai fottutamente ragione. Stai bene?»
«Sì tu?»
«Insomma...» mugola accaldato.
«Cosa c'è James?»
«Non lo so... secondo te?»
In quel momento si solleva dalla posizione che lo vedeva sopra di me e strofina i capelli scompigliati con la mano, pare quasi indeciso sul da farsi. È allora che ne approfitto per spingerlo con la schiena sul letto e invertire le posizioni.
È chiaramente pensieroso, perciò non posso trattenermi oltre, voglio sapere.
«Perché non vuoi dirmi cosa c'è?» incalzo, godendomi la sua espressione smarrita nel vedermi fare la prima mossa.
«Non lo senti da sola? Vuoi torturarmi ancora per tanto?» ribatte scontroso, quando mi ritrovo sopra di lui.
«È divertente però...»
Il suo sguardo spietato viaggia indisturbato sul mio corpo.
«A che pensi?» gli chiedo quando lo vedo trattenere il labbro inferiore sotto ai denti.
«Penso che... dovevamo rimanere in camera tua.»
I suoi occhi sembrano non poter fare a meno di lambire le mie cosce allacciate al suo bacino.
Mi avvicino al suo viso, lui si protende nella mia direzione, ma all'ultimo spingo la testa all'indietro per evitare di baciarlo.
E tutto il suo corpo risponde immediatamente. Questo sembra attraversato da una dura scossa, l'avverto proprio sotto di me, mentre si propaga una forte tensione contro le mie mutande.
Sto ovviamente morendo dalla voglia di baciarlo, ma nello stesso tempo desidero fargli un piccolo dispetto, dato che mi ha appena risposto in modo acido. James però non la prende poi così male, sembra che il gioco di rimandare questo dannato bacio, lo faccia solo eccitare di più.
«Che stronza.»
Le sue mani tornano sulle mie cosce, ma la sua espressione giocosa si è fatta troppo seria per non notarla.
«June»
«Cosa?»
«...Hmmm... Niente.»
Mi acciglio all'istante.
«Non sono cazzi miei» aggiunge poi, incuriosendomi ancora di più.
«Non importa, chiedimelo lo stesso.»
«Con Will...»
Lo vedo sollevarsi sugli avambracci, ma non appena sentiamo dei rumori nel corridoio, James afferra la sua felpa abbandonata sul copriletto.
«Perché con lui non ti sei fatta problemi?»
«È diverso.»
«Okay. Ho capito.»
Distoglie lo sguardo dal mio, come se la cosa non gli importasse.
«È meglio se andiamo» dice poi, indicandomi la porta con un cenno.
Io mi alzo in piedi, ho ancora le gambe tremolanti, lui intanto si dirige verso l'uscita ma io lo trattengo con una domanda.
«Cos'hai capito James?»
«Ho capito che per te è una questione di fiducia»
«Cioè pensi davvero che mi fidassi più di Will che di te?»
Non è solo questione di fiducia, la realtà è che sei troppo perfetto per una come me
«James, lui non mi ha mai sfiorata. Non l'ho mai lasciato fare a nessuno. Perciò...»
Ma stavolta James abbandona la presa sulla maniglia della porta e torna indietro per afferrarmi dalla vita. Prima che io possa dire altro, lui mi zittisce con un soffice bacio a stampo. Quel gesto è così dolce da mandare al diavolo tutto il mio buon senso.
«Non mi devi spiegazioni» sussurra lasciando che la sua lingua vellutata slitti calda tra le mie labbra.
In quell'istante, quando ormai avevo deciso di unirmi a lui e perdermi in lungo bacio, c'è qualcuno bussa alla porta.
Sobbalziamo all'unisono.
«Non ci credo. Te l'ho messa ovunque, ma non sono ancora riuscito ad infilartela in bocca come si deve.»
Scoppiamo a ridere per il doppio senso, intanto le nostre labbra sembrano non volerne sapere di scollarsi.
«Dimmi una cosa... Com'è stato?» chiede sulla mia bocca.
«Vuoi che ti riempia di complimenti?»
«Era la mia prima volta.»
La visione perfetta delle sue labbra gonfie mi manda in confusione.
Perché mi sento ancora più in paradiso, ora?
«James!» Sentiamo chiamare oltre la porta.
«Cazzo, dobbiamo andare. Non puoi stare così, mettiti questa.»
Infilo la sua felpa, James si avvicina per liberarmi il viso dal cappuccio e far fuoriuscire i miei lunghi capelli biondi.
«Lo sai che se torno dagli altri indossando la tua felpa, tutti se ne accorgeranno James?»
«Lo sai che è proprio quello che voglio, June?»
Stordita dalla miriade di sensazioni, me ne sto a fissare l'ampia schiena di James che spalanca la porta e oltre a Marvin, ad aspettarci, c'è anche Will che gli ha appena detto qualcosa nell'orecchio.
Sono troppo presi a confabulare tra loro per notarmi, ma quando io e James torniamo in salotto, non siamo poi così invisibili come speravo.
Lui è prefetto, ha capelli spettinati, le guance più rosee del solito e le labbra umide.
E sembra che Bonnie e un'altra ragazza non possano farne a meno di accorgersene. Tant'è che la mora mi ferma.
«Hai presente la definizione di sesso, June?»
«Scusami?»
«Ce l'avevi vicino fino a cinque secondi fa» ridacchia lei insieme alle sue amiche.
«Non fa ridere.»
«Dovresti essere un po' meno acida ora che Jamie può farti felice tutte le volte che vuoi.»
«Non è carino parliate di lui in questo modo»
Le ragazze però, devono aver bevuto qualche bicchiere alcolico di troppo perché continuano a ridere e starnazzare, obbligandomi ad allontanarmi.
«Che succede?» mi riprende James quando si accorge che mi sono fermata a qualche passo dietro di lui.
«La gente è cattiva»
«Qualcuno ti ha detto qualcosa?»
«No, non su di me»
«Allora qual è il problema? Andiamo ti porto a casa.»
Seguo James fuori dalla casa senza fare troppe domande e quando giungiamo alla sua macchina, improvvisamente sembrano tutti più nervosi del solito.
«Perché siete così agitati?»
Mi siedo nel sedile posteriore ed è William a parlare.
«Dobbiamo andare da Austin»
«Chiudi quella cazzo di bocca Will.» sputa James che è rimasto fuori dall'auto, poggiato alla carrozzeria a fumare.
«Quindi è vero? Dovete andarci adesso?»
Mi volto e trovo Will seduto vicino a me, con in braccio Ari.
«E tu cosa ci fai qui?» chiedo alla mora.
«Vado anch'io.»
«Secondo Will è una buona idea farlo oggi.» spiega Marvin accomodandosi davanti.
«Perché?»
«Perché quando Austin se ne accorgerà, noi saremo già in gita»
«Io non verrò» confesso di getto.
«Che cazzo dici?»
James smette di fumare nervosamente e si curva con il capo verso la portiera lasciata aperta, in quel modo i nostri occhi s'incontrano nel buio.
«Quello che ho appena detto.»
Ci fissiamo per qualche istante, finché non riconosco una voce familiare.
«Che state combinando?»
Amelia.
«Niente. Vattene»
Lei non dà retta a James, ma guarda all'interno dell'abitacolo.
«Ari? Ma che ci fai qui?»
Quest'ultima si stringe nelle spalle.
«Eccomi.»
Marvin è già seduto davanti, Will e Ari sono di fianco a me, quando arriva anche Jackson.
Si aggiusta il ciuffo scompigliato, James lo punta immediatamente.
«Dove cazzo eri?»
«Dentro. Ti stavo cercando.»
Lo fissa occhi con stretti, mentre Jackson sfrega la mano sul petto fasciato da una maglia scura e lievemente stropicciata.
«Guido io» asserisce James facendogli cenno di sedersi nel sedile posteriore, accanto a me.
Mi faccio piccola per far spazio alla stazza considerevole di Jackson, quando Amelia se ne esce con un «Vengo anch'io.»
«No» taglia corto James entrando in macchina, ma Amelia non demorde, anzi, adocchia il biondo e gli ordina di spostarsi.
«Fammi spazio.» suggerisce con tono saccente.
«Ma non ci stiamo!» si lamenta Jackson indicando la mia sagoma, stretta come una sardina tra lui e Will.
«Se succede qualcosa, Amelia può sempre chiamare Brian. È meglio avere un piano B» suggerisce William.
«Ma se non abbiamo nemmeno piano A.»
Il tono di James è sarcastico e fa indispettire l'amico.
«Sì che l'abbiamo.» insiste Will.
«Muoviti Jackson, prendi in braccio June.»
Amelia è molto più tenace di quanto credessi.
«Ehm...»
A quel punto il biondo ruota gli occhi al soffitto, sbuffa, poi mi fa cenno di sedermi sulle sue gambe per far spazio ad Amelia. E quando quest'ultima finalmente entra e chiude la portiera, James mette in moto. Non prima però di essersi voltato per lanciare a Jackson un'occhiata fulminea.
Durante il tragitto stiamo tutti in silenzio, a parlare è solo William, che ci espone il piano.
«Ricordatemi perché stiamo andando proprio questo sera» annuncia Jackson, ad un certo punto.
«Perché oggi è Lunedì, giorno di chiusura del club. Ed è l'ultimo Lunedì prima della nostra partenza. Prossima settimana saremo già via. James conosce alla perfezione la routine di Austin. Ogni Lunedì sera si chiude nella saletta di ballo a contare i soldi. Non c'è nessun altro, è da solo.» spiega Will con minuzia.
«Ti peso?» chiedo a Jackson sottovoce, per non interrompere il discorso di William.
Gli occhi di James saettano dalla strada allo specchietto, luogo in cui cerca lo sguardo del biondo.
«Stai scherzando? Non sei affatto, pesante. Appoggia il peso, June. Sono grande e grosso.»
Jackson si accorge troppo tardi del doppio senso e si schiarisce la gola immediatamente dopo.
«Jax quando hai finito di farti i cazzi tuoi...» lo redarguisce James ticchettando le dita sul volante.
«Ogni sera, alle undici, Austin ordina il suo cibo d'asporto. Per le unici e trenta solitamente questo è già arrivato.»
Will intanto continua con il racconto.
«Aspetta, ma stiamo parlando di Austin padre?» domanda Amelia quasi riluttante.
«Sì, certo. Lasciatemi finire. Raggiungiamo il club prima che arrivi l'uomo della consegna. Ci facciamo trovare davanti alla porta, così saremo noi a prenderlo e a darlo ad Austin. Ma solo dopo aver messo delle gocce di sonnifero dentro alla coca-cola... Di solito prende McDonald's giusto?»
«No, quella merda di Burger King.» replica James.
«Che differenza fa? Comunque è Ari che a quel punto entra e glielo consegna, presentandosi come un'amica di Ethan. Lei dirà che era fuori insieme a Ethan nel momento in cui, casualmente, è arrivato il cibo. Suo figlio era troppo impegnato a fare una telefonata, non poteva entrare, perciò va lei, glielo lascia e torna dal suo ragazzo.»
William s'interrompe.
«Che sarei io.» aggiunge poi, causando un'espressione allibita sul viso di Amelia.
«Ari ritorna da noi, così una volta che Austin avrà bevuto la Coca Cola, crollerà in un sonno profondo. E a quel punto... noi la prendiamo.»
«Cosa prendete?»
La domanda di Amelia non riceve risposta, provoca solo un'occhiataccia da parte di James.
«La prendiamo sì, sempre se la troviamo.» specifica Marvin.
«La tiene sempre in tasca» sento dire a Will.
«Ci stiamo davvero mettendo nelle mani di William?» chiede Jackson cercando lo sguardo di James nello specchietto retrovisore.
«Hai altre alternative Jackson?» Lo canzona lo stesso Will.
«No» sentenzia James buttando il fumo fuori dal finestrino. «Non abbiamo alternative.»
«Ho un brutto presentimento...»
Jackson sembra preoccupato.
«Poi qual è il problema? Se non ce l'ha addosso, facciamo saltare per aria la cassaforte.»
Incurante dell'agitazione altrui, William scatena il panico con quelle parole.
«Come hai detto?» strilla Amelia.
Pare essere l'unica scandalizzata dalla situazione, perché Ari non sembra avere paura, anzi, stringe la mano di William con fierezza.
«Ho portato ciò che ci serve per farla esplodere.» sorride quest'ultimo.
Ad un tratto però, James cambia idea.
«Allora porto prima White a casa» tuona lui, senza che nessuno gliel'abbia chiesto
«Cosa? No, voglio venire con voi.»
«Non se ne parla. Non ho mai detto che potevi venire con noi.»
«Non sei tu a deciderlo»
«Tu torni a casa.»
«Tu portami a casa e io non scendo da questa macchina.»
Iniziamo a battibeccare, ma alla fine io ho la meglio, grazie anche alla tesi di William. Sostiene che tornare indietro e passare da casa mia, li farebbe tardare troppo nella loro tabella di marcia.
«Voi due restate qui. In macchina.» ordina James quando giungiamo a destinazione, indicando me e Amelia.
Ma ovviamente lei non dà retta a nessuno, appena l'auto si ferma infatti, scende per unirsi ad Ari.
«Sono dei pazzi. Li hai sentiti? Tu non dici niente?» le bisbiglia all'orecchio.
«Cosa devo dire? Non è eccitante?» sorride la sua amica.
Amelia a quel punto indirizza lo sguardo verso James, che esce dalla macchina infilandosi in bocca l'ennesima sigaretta della giornata.
«Cosa c'è di così importante che dovete rubare a quell'uomo?»
«Non sono cazzi tuoi Amelia.» la zittisce lui.
«Pretendo di saperlo»
Siamo appena arrivati nel parcheggio buio e desolato del club, che gli animi prendono già a scaldarsi.
«Perché cazzo sei venuta?»
«James calmati» sussurra la mora.
Lui però si scansa nervoso quando Amelia prova a sfiorargli la spalla.
La tensione tra Amelia e James è palpabile da qui e io m'indispettisco. Lo so che siamo venuti fin quaggiù per una cosa molto più importante, ma non posso fare a meno di pensarci.
Può fare così con Will, con Jackson, con Blaze, ma con lei... non ce la faccio.
Sono sicura ci sia solo un legame di amicizia d'infanzia tra loro, eppure la mia parte irrazionale non lo vuole concepire.
Possibile che io sia gelosa di James?
«Che lo show abbia inizio» prorompe Will a gran voce, richiamando l'attenzione di tutti noi.
Porge ad Ari la busta del cibo d'asporto, in quell'istante vedo Amelia avvicinarsi all'amica per dirle qualcosa, ma non me ne curo più di tanto.
«Entro già ora?» domanda Ari.
«No. Aspetta cinque minuti qui, il tempo che loro che facciano il giro per intrufolarsi dal retro. Io rimango qua, non ti lascio da sola.» la rassicura William.
Lo devo ammettere, non l'ho mai visto così premuroso con una ragazza. Di sicuro non lo era con me.
«Marvin tu resta vicino alla macchina, se dovesse arrivare qualcuno, ci chiami subito.»
E dopo aver dato alcune disposizioni ai suoi amici, James ci fa cenno di stare in silenzio e comincia a far strada a me, Amelia e Jackson, dentro al locale. Imbocchiamo presto in un corridoio buio che porta ad un piccolo soppalco, qui ci appostiamo dietro ad un tendone nero che riconosco immediatamente: è lo stesso luogo in cui si erano nascosti Will e James, quella volta che siamo venuti fin qui per abbindolare Ethan Austin.
Io sono però stata dall'altra parte. Solo ora mi accorgo che la tenda serve a separare le due zone e a nascondere un piccolo ripostiglio con una cassaforte e altri oggetti di valore.
Ci ammassiamo nei pressi della tenda, James ci ribadisce di stare in silenzio e poco dopo si sentono dei rintocchi.
Ari sta bussando alla porta.
James sposta la tenda di qualche millimetro, io sono dietro di lui e attraverso lo spiraglio riesco a vedere un tizio vestito in giacca e cravatta muoversi per lo spazio circostante.
Questo dapprima impreca, poi brontola un "Avanti".
«Chi cazzo sei?» domanda ad un tratto, con voce scortese.
Non posso vedere l'espressione di Ari, ma la sua voce tremolante è chiaro segno di quanto sia impaurita.
«Sono un'amica di Ethan, eravamo qui fuori quando è arrivato il tuo hamburger. Mi ha detto di portartelo.»
Wow, Ari è così convincente
«Perché non è entrato?» L'uomo si fa subito sospettoso.
«Stava parlando al telefono, ora vado perché dobbiamo uscire.»
Sono realmente impressionata dalle doti recitative di Ari.
«Va bene, ciao.»
L'uomo lo dice con voce distratta, causando in James un sospiro sollievo.
Ma, inaspettatamente, ad un certo punto la richiama.
«Mmm, ferma.»
Io e Amelia incrociamo gli sguardi.
«Ti ho già vista da qualche parte...»
«Oh no. Alla cena di Ari, quella con i genitori, c'era anche lui.» bisbiglia Jackson alle nostre spalle.
Restiamo tutti di sasso. C'è una tensione palpabile nell'aria e questa cresce alle stelle quando Austin dice: «Non c'è fretta, aspetta un attimo.»
Apre la sua busta contenente cheeseburger e patatine, controlla che sia tutto okay, poi però smette di parlare.
In quel momento a James arriva una notifica. Allungo il collo per leggere sullo schermo del suo telefono.
fai entrare June, tanto lo stronzo sta per bere.... si distrae e siamo a posto.
È William.
perché cazzo non ci entri tu Will?
Austin non lascia uscire Ari dalla stanza e James sta cominciando a farsi più nervoso, affonda una mano nella tasca dei pantaloni della tuta ed estrae una bustina.
Senza pensarci due volte, afferro immediatamente il suo braccio e lo stringo a me.
Lui si stranisce all'istante, non si aspettava quell'impatto, infatti mi guarda confuso. Ma è sufficiente a permettergli di ricacciare in tasca quello che aveva in mano.
Lascio che le nostre braccia restino intrecciate, fin quando, lentamente, la sua mano cerca la mia nel buio.
E qualcuno se ne accorge.
«Amelia. Cazzo!» Lo sento dire sottovoce.
«Ma dove sta andando?»
Spaventata, mi porto una mano sulla bocca quando la vedo schizzare via.
«Mi staranno aspettando... Devo tornare fuori»
La voce di Ari si fa più insicura e cattura immediatamente a nostra attenzione.
«Tanto c'è Will davanti alla porta. Non lascerà passare Amelia, se questa vorrà entrare, vero?» ipotizzo io.
«Ne siamo poi così sicuri? È pur sempre Will. » Interviene Jackson.
Ma in quell'istante James comincia ad aprire la tenda, concedendoci la visione completa dell'uomo che inizia a tossire e a prendere grossi respiri, tastandosi il petto.
Sgrano gli occhi. Sembra stia soffocando e la cosa mi turba parecchio.
Ari si spiaccica con le spalle contro la porta, è spaventata anche lei.
Deve aver bevuto la bevanda con i sonniferi proprio quando io e James ci siamo distratti.
Lo vediamo accasciarsi a terra, per poi svenire lentamente. Mi volto subito dalla parte opposta, non riesco a guardare.
«Andiamo»
James balza insieme a Jackson giù dal soppalco.
È però troppo preso dalla situazione per accorgersi che io non sono dotata delle loro gambe lunghe e se salto da quassù, mi spacco le ginocchia.
«Salta. Ti afferro io.» mormora Jackson allungando entrambe le braccia nella mia direzione.
Senza nemmeno pensarci mi getto su di lui, che mi agguanta con una presa decisa dai fianchi.
«Jackson sto solo aspettando te.» mugugna James indicando il corpo di Austin steso a terra.
Gli controlla il polso con un po' di apprensione, Jackson intanto lo aiuta a stendergli le gambe.
«Non è una cosa pericolosa addormentare un uomo con dei sonniferi?» domando dall'alto nella mia ignoranza.«Voglio dire, non sappiamo che farmaci assume, nè se ha bevuto alcol.»
«Macché... è abituato a farsi di ogni cosa, non gli accadrà niente» spiega Will che è appena entrato nella sala.
«Se non fosse che è fottutamente svenuto, Will. Quanto cazzo gliene hai messo?»
«Paura lo faccia schiattare?» ridacchia l'amico senza comprendere bene la gravità della situazione.
«Sinceramente? Sì. L'idea non mi piace per un cazzo»
James trema nel dire quelle parole, ma quando Will trova la pistola nelle tasche della giacca che indossa l'uomo steso a terra, i suoi occhi putano James in cagnesco.
«Ma non dire stronzate, tu lo odi»
«Will, non farmi incazzare. Dammi quella fottuta pistola.»
A quel punto arriva Amelia e, nel vedere la pistola in mano a Will, il suo volto si raggela.
«Sta calmo. Non gliene ho messo così tanto da fargli perdere i sensi! Perché ti agiti?»
L'atmosfera comincia a farsi tesa. Il nervosismo prende a scorrere, è invisibile, ma decisamente palpabile.
«Will dagli la pistola» lo incita Jackson in tono serioso.
«Perché non vi fidate mai di me?»
Trattengo il respiro e probabilmente non sono l'unica a farlo, ma alla fine, grazie al cielo, William allunga il ferro verso James, che lo intasca prontamente nei pantaloni della tuta.
Lui tiene gli occhi bassi, li solleva solo per una frazione di secondo.
Per valutare la reazione Amelia.
Lei lo sta fissando con aria quasi disgustata. Se prima aveva domande su cosa dovessimo recuperare, ora che ha visto la pistola con i suoi occhi, di certo non avrà più dubbi.
«Ti giuro che ne ho messo pochissimo, non so perché adesso è svenuto» continua a discolparsi Will.
«L'ho fatto io»
Il timbro di voce sicuro fa voltare tutti all'unisono.
Amelia.
«Dimmi che stai scherzando.»
Una scintilla carica d'ira fa scurire gli occhi di James, che a grandi falcate le arriva sul volto.
«Mentre eravate distratti, ho preso la confezione di Will e ho aggiunto qualche goccia di sonnifero in più.»
«Per quale cazzo di motivo l'hai fatto?»
«Dente per dente, Jamie. È come fosse tuo padre, no?»
«O cazzo...»
In quell'attimo James sembra andare nel panico, ma forse la sua paura è solamente di facciata, perché si spinge contro Amelia e la pressa verso una parete.
«Cosa cazzo hai fatto?»
«James...» Jackson prova a richiamarlo, ma è del tutto inutile. La sta incenerendo con lo sguardo.
Amelia però, ormai con le spalle al muro, non sembra avere timore.
«Non pensavo gli volessi così bene. Guarda che se ci resta secco, non finisci nei guai. Sembrerà un infarto.»
«Sei impazzita? Perché dovresti fare una cosa del genere? Mi rovineresti la vita.»
«Ma finiscila di fare sempre la vittima.» lo provoca Amelia con una punta di cattiveria.
James comincia a girovagare per la stanza con fare nervoso.
«Pensi che i suoi figli crederanno alla storia dell'infarto? Se gli capita qualcosa, non hai idea in che merda finisco...»
«James cos'hai fatto con la pistola?» Domanda lei, approfittando del suo momento di debolezza.
«Senti, me ne voglio andare..»
«Bravo, scappa. Come fai sempre» Lo rimprovera Amelia.
Sembrano litigare come una coppietta consumata e io, forse peccherò di egoismo, ma vorrei solo la smettessero.
«June, esci fuori.» ringhia lui ad un tratto, senza nemmeno guardarmi in faccia.
Lo fisso, restando immobile nella mia posizione. Non ci penso neanche
A quel punto James si volta verso di me, i suoi occhi mi stanno supplicando, perciò, mossa da uno sprazzo di rabbia, decido di andarmene.
Nell'uscire dal locale, percorro il corridoio a ritroso e passo davanti ad Ari e Will che nemmeno mi notano, impegnati come sono a baciarsi appassionatamente.
Esco nell'aria fredda del parcheggio e lì trovo Marvin, sta fumando una sigaretta e mi chiede se va tutto bene. Dopo pochi minuti e qualche sbuffo da parte mia, finalmente arriva anche James.
«Non volevo mandarti via in quel modo.»
Sono le prime parole che abbandonano le sue labbra. Lo vedo tremare nel buio. È l'unico ad indossare solo una misera t-shirt e ci saranno si e no una decina di gradi.
«Perché lo hai fatto allora?»
Mi stringo nella sua felpa, godendone del torpore.
«Lo capisci che se partecipi, sei complice di qualsiasi cosa?»
Il suo sguardo spietato e duro si ammorbidisce nel momento in cui si scontra con il mio.
Mi solleva l'ampio cappuccio sul viso, poi accerchia entrambe le mie guance con le sue mani gelide.
«Fa freddo. Andiamo a casa.»
Con gli occhi scandaglio rapidamente la sua figura, assorbendo ogni piccolo particolare. Abbasso lo sguardo e noto la sagoma della pistola svettare dentro alle tasche, sotto alla maglietta bianca il suo torace si stringe per poi allargarsi come una V, all'altezza del petto scolpito. Salgo lentamente fino a giungere al suo viso. La sua pelle perfetta è leggermente intaccata da un piccolo livido sulla tempia, nascosto dai capelli arruffati.
Ero un po' indispettita dal suo atteggiamento, ma ora che la sua fronte scende fino a cercare la mia, sembra tutto passato. Sembra tutto avere senso. Anche il suo atteggiamento.
Chiudo gli occhi, in quell'attimo a James arriva una spallata così violenta che lo obbliga ad indietreggiare e staccarsi da me.
Amelia ci passa a fianco, s'infila in macchina e chiude la portiera poco prima che entri anch'io.
«Ah, scusa non ti avevo vista.» sbotta senza rivolgermi lo sguardo.
«Due volte in una sola sera. Un po' sospetto.»
Lei si volta verso il finestrino e comincia ad ignorarmi palesemente.
«Che cazzo avete fatto?»
Ci rimettiamo tutti in macchina, dove Will fa un breve riassunto a Marvin, James invece non ha voglia di aprire bocca.
«È morto?»
«Ma va! Si stava svegliando» spiega Will con fare ottimista.
«Ho chiamato un'ambulanza» ammette James a denti stretti.
Amelia a quel punto scrolla il capo.
«Che stronzo» la sento mormorare.
Non so perché ce l'abbia così tanto con James e Austin, ma sono sicura che c'entri suo padre.
«James, stavo pensando... forse è meglio se andiamo a parlare con Ethan e Tom.»
«Non dire cazzate Will.»
«Ha visto Ari... non vorrei che gli venga la malsana idea di rintracciarla. In più lei non verrà in gita, resterà qui a Los Angeles.»
Mi volto in direzione di Ari che mi risponde con una scrollata di spalle.
«Ho due insufficienze»
«Perché devi creare dei fottuti casini che poi io devo aggiustare?»
«James dici sempre faccio stronzo ma chi è che lo sta facendo ora? Hai la pistola o no?»
«Sì»
«E allora...Dammi retta, andiamo»
Il tono di Will si fa più convincente, mentre strattona la manica della t-shirt dell'amico.
«Magari prima porto June a casa...» abbozza quest'ultimo.
«Non ce n'é bisogno. Facciamo una deviazione veloce» Insiste William.
Nell'auto cala il silenzio, con la coda dell'occhio noto l'espressione imbronciata di Amelia. Sicuramente si sono detti qualcosa che io non ho potuto sentire, qualcosa che di per certo ha a che fare con il signor Hood.
Dopo una ventina di minuti, James ferma l'auto nel parcheggio dell'Arcade e a quel punto si volta.
«A una condizione. White e Marvin aspettano in macchina.»
«No, io non ci sto in macchina. Ho appuntamento con Poppy.»
Marvin esce dall'auto senza nemmeno vedere l'occhiataccia che gli lancia James.
Anche Will, Ari e Amelia scendono dalla macchina, ma quando arriva il turno mio e di Jackson, James ci fulmina sul posto.
«Tu resti qui con Jax.»
«Cosa? No.» ribatto subito, visibilmente scontenta della proposta di James.
«Sì invece»
«Voglio venire con voi»
«James lasciala decidere.»
Jackson prova a venire dalla mia parte, ma questo causa solo più nervosismo tra di noi.
«Sai che ti dico White? Tu ora torni a casa.»
«Hai la faccia preoccupata per essere uno che vuole solo liberarsi di me, James.»
«Sono fottutamente preoccupato. Non puoi venire con noi, non saresti al sicuro.»
«E pensi davvero che a casa sarei al sicuro? Ti ricordo che Austin è venuto a casa mia ben due volte.»
James sembra pensarci un po' su e io mi pento immediatamente di ciò che ho detto. Ho appena usato una sua debolezza per ferirlo. E lui lo sa. Glielo leggo negli occhi.
«Ti chiedo solo una cosa.» erompe con sguardo sottile. «Non trattarmi come tutti gli altri.»
E dopo aver detto quelle parole, davanti alla faccia di un Jackson esterrefatto, James esce dall'auto.
Io provo subito ad aprire la portiera, ma questa è bloccata.
«Ci ha chiusi dentro?» salto su incredula.
«Ho l'altro paio di chiavi...» borbotta il biondo.
«Secondo te che voleva dire con quella frase?»
«Beh, sei stata un po'... subdola?»
«Non era mia intenzione.» farfuglio ancora sopraffatta dalla troppe emozioni della serata.
«Anche a me capita, non di proposito però. Lui non lo fa mai, nemmeno con Will. Piuttosto che ferirti sul serio, preferisce stare zitto.»
«Non voglio che pensi questo di me Jackson. Non volevo ferire James»
«Non ho mai pensato male di te. Il punto è che non mi fido di Amelia.»
«Già» mi ritrovo ad annuire in modo un po' troppo convinto.
«C'è solo una cosa di cui m'importa Jax. Non voglio che a James capiti niente»
Jackson a quel punto comincia a torturare il piercing al labbro con un movimento nervoso.
«Nemmeno io June, fidati.»
«Entriamo allora» propongo facendogli cenno verso il finestrino che dà sul parcheggio.
«Non... non è il caso. C'è già Will con lui.»
«Ti fidi di Will o di te stesso?»
Jackson sta per cedere e me ne accorgo nel momento in cui si strofina la fronte ripetutamente.
«Cazzo, James mi uccide se ti porto lì dentro»
♠️ JAMES ♠️
Tu sei perfetta. Qui c'è solo senso di vuoto. Solitudine. Debolezza.
Ecco cos'avrei vouto dirle quando eravamo io e lei, da soli, in camera dei genitori di Taylor.
«Voi siete fuori» sputo entrando nel locale.
Mi sto rivolgendo ad Ari e William, che appena compiono qualcosa di proibito, si eccitano così tanto da non riuscire a più a staccarsi le mani di dosso.
Marvin l'ho perso, William non è più reperibile, perciò mi metto a cercare quei due coglioni da solo.
«Che cazzo fai?»
«Vattene. Torno con Brian» mi aggredisce Amelia poggiata al bancone del bar.
Sta bevendo qualcosa e dal tono di voce oscillante, sembra già ubriaca.
«Che fottuti problemi avete tutti quanto questa sera? Cinque secondi che resto fuori e ti trovo così? Brian mi ammazza se scopre dove ti ho portata, è questo che vuoi?» le sto urlando contro.
«Vuoi proprio saperlo? Sì.»
Poi però sembra cambiare idea. Mi afferra dal braccio con violenza.
«Anzi, no. Vieni.»
«Cosa...?»
«Devo fare pipì.»
«E io cosa...»
«Almeno non mi stuprano durante il tragitto.»
«Ah certo, ora ti servo a qualcosa...» mi lamento contrariato.
La seguo nel bagno e dopo aver chiuso la porta, lei si volta di scatto.
«Non osare paragonarmi alla gente di cui ti circondi.»
«No hai ragione, tu sei molto peggio» la sfido assottigliando lo sguardo.
Non lo dimenticherò mai come mi hai accusato davanti a Brian.
«Volevo solo proteggere Ari. Lo sai!»
«Quindi per parare il culo ad una che conosci da un paio d'anni, punisci me, che mi conosci da una cazzo di vita?»
Lei a quel punto abbassa lo sguardo.
«James...»
«Sei bugiarda. E poi tu e Ari siete diventate amiche da quando si è messa con Brian, nemmeno vi sopportavate prima»
«Certo che non ci sopportavamo prima, ci provava con te in continuazione!»
«Ma per favore...» sputo acido, cercando una confezione di cartine dalla tasca.
«Non te lo ricordi? Più la rifiutavi, più ti stava addosso»
«Piaceva a Will» mi trovo a dover ammettere.
«Ma alla fine te la sei fatta lo stesso.»
«Che cazzo dovevo fare?»
«Guardare chi a te ci teneva per davvero!»
Eh?
«Ma apparecchio e occhiali non ti piacevano abbastanza... Meglio ciglia finte e reggiseni imbottiti.»
«Ti sei fatta di qualcosa? Cosa cazzo stai dicendo?»
I suoi occhi felini si fanno più serrati e la mia domanda cambia repentinamente in «Cosa cazzo stai facendo?»
E questo perché lei si volta e abbassa i jeans, restando con una brasiliana che la copre a stento.
Mi volto subito dall'altra parte.
«Ti sei girato davvero?»
«Perché? Dovrei guardarti il culo?»
«Ma certo, ovvio. Tanto tu ti fai anche i muri, ma poi sei schifato da me»
Ma che cazzo?!
«Devo fare pipì esci.» mi spintona con vigore contro la porta.
Mi ritrovo nella zona dei lavandini del bagno e mi guardo allo specchio confuso.
Dio mio. Che serata del cazzo
Dovrei andarmene, ma Amelia sembra troppo scossa, non posso abbandonarla qui.
C'è solo una parte della serata che non cancellerei
Sento il rumore dello sciacquone, Amelia esce dal bagno, poi va a lavarsi le mani e proprio in quel momento, mi fulmina allo specchio.
«A cosa ti serve la pistola?»
«È di Taylor. Devo restituirgliela.»
«Cosa ci ha fatto James?»
«Senti...»
«Non sento proprio un bel niente. Con me hai chiuso. Io non mi fido più di te, il cellulare che avevi alla festa di Halloween era di mio padre. E ora ti ritrovo a fare questa cosa...»
Le sue iridi smeraldine si lucidano improvvisamente.
«Mi sento così tradita»
«Non piangere, per favore.»
Resto a debita distanza, mentre lei prende a singhiozzare. E ovviamente la mia freddezza nei suoi confronti non passa inosservata.
«Perché sei così con June?»
Ma che cazzo sta succedendo?
«Così come?»
Che qualcuno me lo faccia capire
«Non sei così...come con le altre. Con gli altri»
«Come sarei? »
Il broncio che le contorna il viso scoppia in una maschera di rabbia.
«Come lo eri con me, tanto tempo fa!»
«Cosa stai... Non sono mai stato così con te.»
«Sì invece, sei sempre stato protettivo e dolce.»
«Avevamo dieci anni e se sentivamo i tuoi genitori litigare, ti tenevo la mano sotto alle coperte. A questo ti riferisci?»
«Me l'hai promesso.»
«Ma porca di quella... Tu mi hai sempre fatto sentire sbagliato!»
«June invece no, vero?»
Ho sempre sentito il bisogno di darmi agli altri e di sentirmi utile, per stare meglio. E questa, forse, è l'unica volta in cui mi basta la presenza di qualcuno, per stare bene. Per sentirmi un po' meno perso. Potrà sembrare egoismo e probabilmente lo è, ma non mi era mai capitato prima.
«Vaffanculo» la sento imprecare, quando si rende conto che non ho la risposta che lei vorrebbe.
«Ma che cazzo ho detto adesso?»
«Tu nemmeno te ne accorgi del male che fai agli altri, James!»
«Ma se... non eri tu quella che mi odiava? Ti sei rotta il cazzo di scopare con quel vecchio e adesso torni da me?»
Merda, forse così è un po' troppo
Nell'udire quelle parole, lei esce sconvolta dal bagno.
«Me ne vado. Non mi venire dietro!» urla prima di sparire tra la folla.
«Non ci tengo» sputo trascinandomi una mano tra i capelli, come per allentare la tensione.
Quando però la porta rimane spalancata, sorprendo due sagome familiari a fissarmi.
June e Jackson.
Cazzo
Lei non parla.
Perché sono entrati se ho detto a Jax di restare in macchina?
Mi scava il petto, la paura di averla qui.
«Ti avevo detto di restare fuori!» l'afferro dal braccio trascinandomela in bagno, lontano dal casino del locale.
«Mi hai anche detto che eravate solo amici...» mi pungola June, sempre con la battutina pronta.
«È meglio se io vado...»
Jackson mi un cenno con la testa e poco dopo si allontana da noi.
Lei sembra scossa, forse non è abituata a tutte queste emozioni in una sola sera.
Mi avvicino alla sua sagoma minuta, June indietreggia, quasi spaventata e al contempo delusa.
«Non pensavo che le cose con Amelia fossero così complicate.» la sento sussurrare con un filo di voce.
«June, non me ne frega un cazzo di Amelia. Questa sera volevo solo prendere quella fottuta pistola e poi tornarmene a casa. Con te.»
Lei però non si fa abbindolare dalle mie parole, scrolla il capo. Non le basta.
«Non sono le cose con lei ad essere complicate...» ammetto senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. «È quello che sento a...»
«Cosa senti?» domanda lei, sollevando timidamente lo sguardo limpido nel mio, sporco e senza fondo.
Sembra fare un'immensa fatica a sostenere la mia occhiata insistente. Raccolgo la sua mano e me la posiziono sul petto. Tremo a quel contatto, probabile è il freddo. La mano di June è piccola, ma scalda il mio corpo in un secondo.
Con il pollice le sfioro il labbro inferiore, obbligandola a sollevare il mento nella mia direzione.
«Basta, ho aspettato troppo. Andiamo a casa»
Mi lascio sfuggire quella confessione, lei però si chiude a riccio, sembra ripensare ad Amelia e all'improvviso, tutto quello che ha tenuto dentro durante la serata, esce fuori. Non in modo aggressivo, ma dolce, quasi sussurrato.
«Vuoi stare con lei? Per questo non mi vuoi con te?»
Scaravento le mie labbra sulla sua gota rosea, facendola sussultare.
«Tu non hai capito. Io non mi schiodo dal tuo fottuto letto stanotte.»
Le manca il fiato.
E cazzo, manca anche a me.
Devo baciarla e sentire il suo corpo sotto alle mie mani.
È l'unico modo per ritrovare l'ossigeno.
Ma poco prima che le nostre labbra si uniscano, il suo viso si deforma in un espressione di terrore.
«Cosa...»
Mi volto e in quel momento nel bagno stanno entrando Will e Ari, insieme a Ethan e due suoi amici. Lo stronzo è al telefono.
«Eccolo, papà. L'ho trovato.»
🦋JUNE🦋
Lo stomaco mi si chiude e la bocca smette di salivare. Sento un peso nel petto ed è causato dalla visione di Ethan Austin, ogni volta mi riporta alla mente brutte sensazioni.
James mi si protrae davanti, facendomi scudo con il suo corpo.
«Jamie è qui.» prosegue Austin, che sta parlando al telefono con suo padre. «Lo vuoi morto, vero?»
Scoppia a ridere in modo sinistro.
«Sì...» poi si ferma e mi lancia un'occhiata raccapricciante, da capo a piedi, facendomi rabbrividire.
«È qui con la biondina che mi piace tanto...»
Vedo James portare la mano sulla tasca. Sgrano gli occhi improvvisamente.
«Sai papà... fosse per me, mi porterei solo lei a casa.»
James affonda la mano nella tasca a cercare la pistola, ma io gli stringo il braccio immediatamente.
«No.» sussurro sottovoce.
I due tizi insieme ad Austin sembrano tutto fuorché raccomandabili, fanno davvero paura, fortuna che se ne vanno in seguito ad un suo cenno, ma questo non basta a stemperare la tensione.
L'aria si fa così pericolosa che dimentico anche di respirare.
Ari non sta più sorridendo come qualche ora fa, le tremano le mani, lo vedo da qui. Will invece è nervoso, continua a fissare James e non riesco a comprendere il loro linguaggio silenzioso. Chi sta dicendo a chi di stare calmo? La tensione sfiora le stelle, ma tanto sappiamo tutti che se qualcuno esploderà, quello non sarà James.
Ethan si volta verso Will, ma non è lui che sta guardando: viene rapito immediatamente dal corpo di Ari stretto nell'abitino attillato.
«Gli stronzi hanno pure buon gusto. C'è anche una mora con un fisico da urlo. Me la sbatterei volentieri in questo momento.»
A Will, a quel punto, basta solo allungare una mano verso l'alto. Afferra Austin dalla chioma ramata e con un forza sovrumana gli fa schiantare la testa contro il lavandino.
Il rumore che crea quell'impatto, è agghiacciante.
«Oh merda» esclama James.
Mi giro all'istante per non subire la vista del sangue, il rosso comincia a spargersi a macchia d'olio sul bianco della ceramica.
Avverto il parlottio che comincia ad imperversare alle mie spalle, ma presto le voci si fanno confuse.
«Devo portare via June.» sento dire a James, quando si accorge di quanto io sia scossa.
Lui e Will discutono tra di loro, finché James non si rivolge a me.
«Vai in macchina con Ari e Will.»
«No, non ti lascio qui»
«June, ti prego»
«Perché non torni anche tu?» gli domando con voce rotta.
«Non posso lasciare Jackson qui e devo risolvere questo casino.»
Un peso angosciante prende a soffocarmi il petto, non voglio lasciarlo qui.
«Ascoltami, devi chiuderti in casa e serrare tutte le finestre.» mormora dolcemente spostandomi una ciocca dietro all'orecchio.
«Quella di camera mia no, non la chiudo.»
«June, tutte. Andate» tuona indispettito dalla mia testardaggine.
James a quel punto esce dal bagno, ma poi qualcosa gli fa cambiare idea.
«Cazzo. Vieni qui»
Torna indietro e senza darmi nemmeno un attimo per prendere respiro, preme sulle mie labbra con un dolce bacio. Le nostre lingue si sfiorano per un soffio, troppo veloce.
Non so come e quando la rivedrò.
E già mi manca.
Sono confusa, agitata, spaventata. Ma mi sono appena resa conto di una cosa. Mi ha appena baciata davanti ai suoi amici?
Sono le quattro e dovrei dormire dato che domani c'è scuola, ma... non ci riesco. Dopo ore passate con l'ansia a guardare il cellulare, i miei occhi stanchi cominciano ad abbandonarsi al sonno, complice anche il ticchettio della pioggia che nella notte prende a scrosciare sulle finestre.
«Sei testarda»
Per poco non mi viene un infarto quando sento dei passi nel buio.
Cerco immediatamente l'interruttore della lampada.
«Ti avevo detto di chiudere tutte le finestre»
La luce rischiara la sagoma imponente di James, è zuppo da capo a piedi.
«Come vedi, sei il solito incoerente. Avevi anche detto che non saresti venuto»
La mia provocazione lo porta a trattenere le labbra sotto ai denti, prima che queste si curvino in un piccolo sorriso.
«Ha cominciato a piovere» mormora poi, come se fosse una spiegazione valida alla sua presenza in camera mia, in piena notte.
«Sono tutto...»
Si indica la maglia fradicia e sembra rendersi conto solo ora del casino che ha fatto sul pavimento, a causa delle scarpe bagnate di pioggia.
«Non m'importa, spogliati e vieni qui James»
Lo vedo sollevare un sopracciglio e io mi nascondo immediatamente sotto al piumone per la vergogna.
«Non è la prima volta che me lo dicono, sai» ridacchia sfilandosi la t-shirt.
«Smettila»
Mi rintano più a fondo sotto le coperte per reprimere l'imbarazzo, ma questo non m'impedisce di sbirciare il suo corpo, che sembra modellato da uno scultore con forti manie di perfezionismo.
«Però mi sa che è la prima volta che mi piace sentirlo dire per davvero»
James resta con un paio di boxer neri e io distolgo subito lo sguardo.
Quando si avvicina sollevo il piumone per invitarlo a sdraiarsi accanto a me, ma lui non ci pensa due volte: aggancia la mia coscia con la mano e la distanzia dall'altra, per farsi spazio tra di esse.
Vorrei chiedergli che cosa sia successo, ma non appena si posiziona sopra di me e le sue mani gelide vengono a contatto con il mio corpo caldo, mi rendo conto di quanto stia tremando.
«Tremi. Hai freddo?»
«Sta zitta.»
Mi ritrovo a fremere di piacere, grazie al suo sussurro rauco e suadente. Una scarica bollente mi attraversa il petto, forse perchè il mio corpo riconosce che quello è il momento. Momento in cui nessun gioco ha più senso, perché entrambi abbiamo un bisogno disperato l'uno delle labbra dell'altro.
James chiude gli occhi prima di me e lascia che le nostre bocche si uniscano dolcemente.
Il tocco delle sue mani fredde mi fa rabbrividire, ma a poco a poco queste cominciano a scaldarsi, grazie al contatto con i miei fianchi. Mi tiene ferma, immobile, come se potessi anche solo lontanamente sfuggire, quando in realtà sono inerme, sotto al peso del suo corpo possente.
La sua lingua ha un sapore divino quando s'intreccia alla mia e la coinvolge in una danza lenta e lussuriosa.
«Cos'è successo? Sicuro di stare bene?»
James però non ha intenzione di parlare, infatti torna a zittirmi con le sue labbra che, soffici, premono sulle mie, soffocando ogni mio desiderio di discutere.
E più continuiamo a baciarci, più i nostri respiri si fanno impazienti e le nostre zone intime cominciano a cercarsi istintivamente. Tra le mie gambe un calore inizia a pulsare violentemente, ogni volta che lui succhia e morde le mie labbra, per poi leccarle con maestria.
Sembra impossibile, eppure tutto il mio corpo si rivela estremamente sensibile a quel bacio e il corpo di James non sembra da meno.
«Ero così preoccupata che ti succedesse qualcosa... E se dormivo era solo perché...»
«Sto bene. Ma è stata una serata intensa e sono contento che partiremo a breve»
«Io non vengo in gita, te l'ho detto» bisbiglio nel buio.
«Sì tu ci vieni, cazzo. Non resti senza di me»
«Ma...»
«Non sei al sicuro qui» ribadisce serio, prima di proseguire.
«L'abbiamo fatta grossa. La pistola, il sonnifero, Will che aggredisce Austin in quel modo. L'hanno portato all'ospedale, gli hanno dovuto mettere dei punti»
«Amelia?» domando causandogli una piccola increspatura sulla fronte.
«Non l'ho più vista, penso si sia fatta venire a prendere da Brian»
Un forte sbuffo, poi torna sulle mie labbra.
«Ora basta non voglio più pensare a questo casino, almeno fino a domani»
«Allora te lo chiedo ancora una volta, James... Cosa vuoi fare?»
«Stare qui. Al caldo. Sotto le coperte. Con te.»
La sua bocca tiepida stuzzica il mio collo, provocandomi una scossa decisa al basso ventre. Il suo respiro sembra farsi bollente a contatto con la mia pelle.
«Più precisamente... in mezzo alle tue gambe.»
Un'ondata di fuoco mi pervade, mi sento ubriaca di emozioni quando mi sta così vicino, non posso negarlo. Ed è una sensazione bellissima. Il tutto si amplifica non appena James torna a giocare con le mie labbra, regalandomi un altro bacio da togliere il fiato.
Questo dura così tanto che ad un certo punto le nostre lingue si fanno stanche, poi lente, poi di nuovo impazienti e passionali.
Mugolo un lamento quando James comincia a premere la sua erezione tra le mie cosce, con violenza, come se non riuscisse più a farne a meno.
«Cazzo, scusa» si ritrae a quel punto.
Ma non faccio in tempo a dirgli di non scusarsi, che il suo cellulare abbandonato sul comodino comincia a vibrare.
«No.»
Gli lancia un'occhiata rapida prima di dire «È solo Will. Lo richiamo domani.»
Con le mani torna sul miei fianchi, ma lo schermo riprende ad illuminarsi.
«James, se continua potrebbe essere...Voglio dire, sono le quattro di notte. Se ti chiama, ci sarà un perché.»
James a quel punto si convince e decide di rispondere.
«William fottuto Cooper, spero per te che sia qualcosa d'importante.»
La sua aria quasi divertita muta all'improvviso.
Non riesco ad udire la voce di Will, ma la faccia di James s'inasprisce in un'espressione di terrore.
È successo qualcosa di orribile.
EH! CHI SE LO SAREBBE MAI ASPETTATO 🤌🏻
Chissà cos'è accaduto 👀
Innanzitutto,
se siete arrivate fino a qui
e siete ancora vive,
meritate una statua d'oro
🖤
🦋 Ovviamente non sono soddisfattissima del capitolo.
Il pov di James necessitava un approfondimento psicologico, lo so, però (al di là del fatto che le parole erano già troppe) penso questo sia il modo migliore per mantenere una via di mezzo adeguata: abbiamo i suoi pensieri, ma nello stesso tempo non togliamo quell'aurea di mistero che dovrebbe caratterizzarlo.
🦋 Cosa ne dite di Amelia? 🔪🩸
🦋 Il suo rapporto con James è alquanto tossico e ambiguo, ma - come già alcune di voi avevano capito nei cap precedenti- la sua amicizia non è del tutto disinteressata.
Il prossimo capitolo si concentrerà su James+Jasper e Jackson+Blaze. Inoltre accadranno ✨cose importanti✨ che smuoveranno un po' la situazione.
Poi la gita🦋
Ci vediamo su insta per commentare insieme: stefaniasbooks 🖤
alla prossima e fate le brave ✨
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