Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

37. Bad bad boy, shiny toy




JUNE POV


Continuo a torturare l'unghia del pollice con gli incisivi.

Sono agitata da questa mattina e neanche leggere un libro serve a distrarmi. A scuola pensavo che James mi prendesse in giro per ciò che ci siamo detti ieri, invece quando mi ha vista non ha minimamente accennato al fatto che ci siamo addormentati insieme. Non capisco se fa le cose senza pensare o se si è già pentito.

Come mi sono pentita io, dopo il pomeriggio della mostra, insieme a Will e James.
Mi sono vergognata di me stessa per essermi comportata di nuovo in quel modo, vorrei rimuovere dalla testa la versione di me che prende il sopravvento quando sto con loro due. Ma non è facile, sopratutto perché mia madre che non fa altro che ricordarmi quanto lei sia ancora arrabbiata con me.

«Cioè fammi capire, da oggi sono sorvegliata a vista?»

Ah già, poi mi è proibito uscire di casa, se non per andare a scuola.

«Se ci tieni al tuo preziosissimo cellulare, voglio vederti studiare in cucina. Sotto ai miei occhi.»

Eccola. Psyco April, la ricattatrice seriale.

La notte che ho trascorso fuori non l'è andata a genio e mi andrebbe anche bene restare chiusa in casa, dato che a quanto pare, quando esco faccio solo danni... ma non è sufficiente per lei.
Vuole che la segua quando va a tenere i suoi stupidi corsi di pittura, ma d'altronde...come darle torto? Quale migliore punizione di assistere alle sue lezioni?

«Mettiti qualcosa addosso che andiamo.» incalza indicando il mio pigiama.

«Sono le otto e mezza di sera... perché devi farmi questo, mamma?»

«Perché sì.»

Ma che risposta è?!

«Ma poi perché lavori pure di sera?»

«Perché la tua scuola non si paga da sola.»

Sbuffa davanti allo specchio del corridoio, avvicinandosi al viso un paio di orecchini, per vedere come le stanno.

Sei diventata così vanitosa...vorrei rimproverarla, ma vista la mia situazione precaria, decido di tenere il commento per me.

«E poi cara signorina, non ti lascio da sola a casa!»

«E cosa potrei fare? A parte dare fuoco a tutti i tuoi fantastici quadri...»

«June! Finisci di mangiare e andiamo.»

«Finirei di mangiare se ci fosse del cibo su questa tavola, invece che insalata scondita e pollo ai ferri. Siamo in una caserma militare?»

«Da oggi si inizia a mangiare sano. Mi sono iscritta in palestra.»

No vabbè datemi fuoco

«Jordan Hunter ti ha dato alla testa!» sbraito addentando l'ultimo avanzo di insalata amara e insipida.

«Guarda che non è tenendoti in forma e truccandoti in quel modo, che impedirai alle sue assistenti ventenni di sbavagli dietro.»

Lei mi perfora con un'occhiata lapidaria.

«Ma io dico... Tu, "June -di DICIOTTO anni- White", cosa diavolo ne sai?!» urla infervorata.

«Ci vedo ancora molto bene, cara "April -evito di ricordarti i tuoi anni- Lebowski".»

«Cos'avresti visto? Sentiamo.»

«Ho visto che alla mostra era pieno di ragazze che gli giravano intorno.» ribatto prontamente.

«E questo l'avresti visto prima o dopo esserti chiusa in camera con suo figlio?»

Ops.

«Dio mio, perché non lo scarichi?» mi lascio andare ad un lamento.

«Non sei nella posizione per immischiarti nelle mie relazioni.»

«Da "non c'è più niente tra di noi" ora è diventata una relazione... bene. Ora si che la fame mi è passata.»

«Vestiti o ti giuro che...»

«Va bene.» bofonchio controvoglia, prima di chiudermi in camera per cambiarmi.


Mi faccio una doccia, indosso della biancheria pulita, poi lego i capelli in una coda alta ed infilo una t-shirt sportiva. Prima di indossare i miei jeans però, porto la mano vicino all'inguine dove ad accogliere i miei polpastrelli c'è una bolla piena di liquido.
Non lo farò più, è stata l'ultima volta mi dico distogliendo lo sguardo dalla vescica appena formatasi sulla pelle.

E proprio in quell'istante compio un balzo, perché qualcuno bussa alla porta.
Sono ancora in mutande, perciò mi tuffo nell'armadio.

«Arrivo, mamma!»

Prendo la prima cosa che trovo e la indosso.

«June, c'è...aspetta, com'è che ti chiami?»

Una pausa.

«C'è Tiffany!» la sento cinguettare dal corridoio.

Tiffany?

Poi mia madre fa capolino dalla porta.
«É una tua amica?»

«Ehm... Sì.»

«Mi raccomando a casa prima di mezzanotte.» aggiunge, lasciandomi completamente interdetta.

«Ma... in che sens...»

Resto a bocca aperta quando Tiffany entra in camera mia. E non solo per la sua bellezza, ma perché mia madre sembrava totalmente un'altra persona rispetto a cinque minuti fa.

«Non ringraziarmi.» mi prende in giro lei con un sorrisetto compiaciuto.

«Sbaglio o... l'hai appena convinta a farmi uscire?»

Tiffany annuisce, poi mi si avvicina quanto basta ad avvolgermi con il suo buon profumo.

«È una tua amica?» domanda lei imitando la voce stridula di mia madre.

Scoppiamo entrambe a ridere, ma dura poco perché io torno immediatamente seria.

«Sì ma adesso mi dici come hai fatto a convincerla. Che arte sconosciuta hai usato?»

Lei comincia a girovagare per la mia stanza, curiosando qui e là.

«Le ho detto che volevo portarti a prendere un gelato.»

Mi acciglio perché sappiamo tutti che con mia madre ci vuole ben altro.

«Come scusa? È bastato questo?»

«Lei ha risposto di no perché sei in punizione. E io le ho detto che volevo sdebitarmi per tutto quello che fai per me, dato che sei la migliore della classe, che mi aiuti sempre con i compiti, bla bla bla.»

«E basta?»

«Sì. Poi le ho detto che mi spiace per tuo fratello... Ma su questo ero sincera.»

Restiamo a fissarci per qualche istante senza sapere bene cosa dire, finché non rompo il silenzio con una domanda ovvia.

«Ma tu come lo sai?»

Tiffany stringe le spalle nella giacca di pelle, poi sospira.

«Ti ricordi la sera in cui sono venuta qui, con Will e James?»

Sì vi siete strusciati davanti ai miei occhi per cinque minuti buoni. E non facevate che sussurrarvi battutine all'orecchio, guardandomi.

«Come dimenticarlo.» ribadisco seccata per via dei sentimenti negativi che mi rievoca quella serata.

«Avevo notato la foto appesa in salotto, perciò tornando a casa ho fatto apprezzamenti su tuo fratello, ma James si era incazzato. Mi aveva minacciata di non dire delle cose del genere in tua presenza.»

Resto di ghiaccio a fissarla.

«Perché sì, insomma... mi ha detto che lui non c'è più.» conclude Tiffany, spostando a lato gli occhi color caffè.

A me però importa poco di questa questione, ce n'è un'altra che mi preme di più.

«Quindi... l'hai riferito tu a Taylor.»

«Beh... un giorno sparava a zero su di te, così le detto che a me non sembravi poi così male... anche se che le uniche cose che sapevo di te erano che ti era morto un fratello e che non ti fai mettere i piedi di in testa.»

Comincio a massaggiarmi l'avambraccio nervosamente.

«E mentre parlavo con tua madre, ho rivisto la foto appesa in salotto e mi sono sentita in colpa per aver fatto quei commenti stupidi. Perciò le ho detto che mi dispiaceva. Lei si è sciolta, June.»

Già.

«È il suo punto debole. A volte sembra quasi lei avesse preferito che...»

«Cosa?» domanda Tiffany con aria seria.

«Niente.»

Tutte quelle emozioni negative che provo a rigettare fuori da tanto, si accavallano dentro di me senza darmi il tempo di reagire come vorrei.
Ma Tiffany sembra accorgersi del mio disagio. Resto immobile come una statua quando lei si avvicina e mi abbraccia.
La tensione però, non accenna a voler abbandonare il mio corpo, anzi, quella sensazione di groppo in gola cresce a dismisura quando mi rendo conto che Tiffany mi sta accarezzando i capelli.
Ricaccio giù un singulto in gola, mentre le sue dita cullano la mia fronte.

«Se vuoi sfogarti, io sono qui.»

Non piango da troppo tempo, non mi ricordo neanche più come si fa. Riesco sempre a controllarle quelle acque agitate che precedono la tempesta.
Lascio che Tiffany mi sfiori la guancia con la punta del naso e quando le sue labbra morbide si avvicinano ancora, resto ferma ad accogliere quel bacio a stampo che sigilla dolcemente le nostre bocche.

«Quindi, dove...?»

Mi schiarisco la voce prima di buttare lo sguardo al pavimento.

«C'è una festa a casa di Connell.»

Ah già.

«Non so però se...»

«Sempre che ti vada di andarci.» aggiunge lei.

«Ho l'aria di una che ha voglia di andarci?» drammatizzo indicando la mia espressione poco allegra.

«No, ma hai l'aria di una che ha bisogno di svagarsi. Andiamoci, poi sei già pronta!»

«Ma no devo ancora cambiarmi..» contesto indicandomi la gonna presa completamente a caso dall'armadio.

Tiffany però non sembra darmi retta, anzi, si china per abbassare la zip degli stivali che le arrivano al ginocchio.

«Mi è un po' stretta, è di due anni fa...» provo ad addurre scuse.

«Ma che dici? Stai benissimo. Guarda...Mettici questi.» esclama poi,  proponendomi i suoi stivali.

«Che numero hai?» domando squadrandoli.

«Trentotto. Posso prendere queste?»

La vedo agguantare un paio di scarpe da ginnastica.

«Sì certo, anche perché non è che trovi di meglio.» borbotto sottovoce infilandomi gli stivali.
«Ma...mi fanno più alta?»

La mia domanda le causa una risata.
Tiffany mi sbircia attraverso allo specchio a figura intera.

«Ma no, non hanno il tacco come fanno a...»

Poi si blocca. La vedo puntare i suoi occhi scuri nei miei.

«Che c'è?» domando imbarazzata.

«Niente.»

«Dimmi...» mormoro voltandomi verso di lei.

«Che non ti guardavo così prima...»

«Così come?»

Tiffany fa scivolare il labbro inferiore sotto ai denti, mentre con il pollice lambisce la pelle della mia guancia, regalandole una carezza leggera.
Le sue ciglia lunghe e folte sono l'ultima cosa che vedo, prima di chiudere gli occhi per arrendermi al suo bacio.

Sento i respiri intrecciarsi, mentre le nostre lingue si confondono in un gioco lento e cadenzato.
Mi ritraggo dopo poco, Tiffany è ancora ad occhi chiusi, ma ben presto torna a guardarmi con un sorrisetto soddisfatto.

«Che dici? Ti basta come risposta?» mi provoca senza abbandonare mai quella curva magnetica che le si disegna sulla bocca.

«Ehm... dobbiamo andare, prima che mia madre ci trascini con lei al suo corso di pittura da bendati.»

La guardo sorridere ancora, finché non si ferma sul ciglio della porta a guardarmi con aria confusa.

«June aspetta, stai dimenticando qualcosa.»

Oh no

«Il costume, non l'hai preso.» spiega lei, come se ce ne fosse il bisogno.

«No.»

Un ulteriore sorrisetto malizioso modella le sue labbra piene.

«No, nel senso che non ti serve perché non lo usi...?»

Sento le guance bruciare dall'imbarazzo.

«No, ma che dici! Non mi va di fare il bagno!»

La smorfia sul suo volto si fa ancora più stranita.

«Di sera.» aggiungo poi, sperando che serva a giustificare il mio atteggiamento strambo.

«Okay, come vuoi.»


Arriviamo a casa di Connell quando è ormai stracolma di gente. Non lo so, magari sarò troppo paranoica... ma quando io e Tiffany varchiamo la soglia della villa, sento tutti gli occhi addosso a noi. Forse per lei e normalità perché è bella e popolare, mentre io non sono abituata a tutte queste attenzioni.

E ovviamente, se lei conosce tutti, io mi ritrovo leggermente a disagio in mezzo a persone che non ho mai visto. Tiffany comincia a parlare con un gruppo di ragazzi, io mi distraggo a scrutarmi intorno, finché il mio sguardo non incontra William attraverso la vetrata che dà sul giardino. Sta seduto da solo, con il capo ricurvo. Non riesco a decifrarne l'espressione, ma questo già basta a smuovere la mia curiosità.

«Ehm...esco un attimo.» sussurro a Tiffany che in tutta risposta mi fa un cenno d'assenso con la testa.

«Will, ehi.»

«Ciao.» lo sento bofonchiare senza sollevare il capo.

Vedo i capelli color grano luccicare, mentre la maglietta bianca brilla nell'oscurità, dandogli l'aspetto di un angelo costretto in un angolo buio di paradiso.

«Come mai tutto solo?»

Indico in lontananza, dove in un gruppetto starnazzante, riconosco subito la testa bionda di Jackson.

«Il solito, le feste in piscina. Dovevo restare a casa.»

Ah, già. E mi sa che siamo in due oggi

«Stai bene?»

Lui annuisce senza guardarmi.

«Che fai, ti dai all'alcol adesso?» lo prendo in giro accennando un sorriso non contraccambiato.

«Will... è successo qualcosa?»

Il mio tono si fa improvvisamente serio e lui sembra accorgersi di me solamente adesso.

Solleva il capo lanciando gli occhi cristallini dentro ai miei.

«No. È successo che sono una merda.»

Sento la fronte incresparsi.

«Will ma che dici?»

E mi agito all'improvviso. Il pensiero che sia successo qualcosa tra lui e James mi fa attanagliare lo stomaco.

«Lascia perdere.»

Lo vedo fumare nervosamente, concedendosi una pausa troppo breve tra un tiro e l'altro.

«No dai, voglio sapere ora.» provo a convincerlo, sedendomi sul muretto a fianco a lui.

«Ma niente... Mi dispiace solo d'aver fatto lo stronzo con la ragazza sbagliata.»

Non so perché, ma emetto un lieve sospiro di sollievo.

«Non avrei dovuto trattarti così, June.»

Comincio a tormentarmi il labbro inferiore con le dita.

Perché qualcosa mi dice che ha parlato con James?

«Ho iniziato cacciandoti da casa mia davanti a tutti, senza darti una spiegazione.»

«É acqua passata...» mi affretto a minimizzare.

«Poi ti ho abbandonata durante le gare mettendoti in pericolo... Dagli Austin ti ho fatto fare da esca...»

«Sì ma io volevo comunque aiutarvi.»

«Non avrei dovuto baciare Ari e... altre cose che non sai.»

Già, ti sei dato da fare a rovinare tutto tra di noi

«Altre cose che non so, tipo?»

La mia domanda non riceve risposta, perciò passo a quella successiva, più specifica.

«É tipo una scommessa, vero? Tra te e James.»

Con un movimento rapido William volta la testa verso di me, quasi stupito del fatto che io abbia capito tutto.

«No. Cioè... più o meno.»

La sua confessione mi impedisce di deglutire in modo fluido.

«Scusa.» aggiunge poi, confermando tutte le mie paure.

Lo sapevo, non posso fidarmi di James

«Ma su una cosa non ho mai mentito June.»

Lancia la sigaretta in una bottiglia vuota, poi prende a guardarmi in volto. Continua a fissarmi e probabilmente starà pensando che sia sufficiente quella frase a farmi capire tutto, ma non è così. Ho capito sì, ma la realtà è molto diversa da quella che sta nella sua testa.

«Su cosa non avresti mentito? Sul fatto che ti piaccio, ma sono comunque un ripiego perché non sono Ari?»

La mia sincerità lo colpisce dritto in pieno volto, eppure la sua espressione triste non accenna a cambiare. Sembra non sia poi così importante quello che accade intorno a lui. Non è la parola di conforto, né quella di scontro, ad essere in grado di fargli cambiare umore. È come se nulla potesse smuoverlo dall'esterno, forse perché è proprio all'interno il suo malessere.

«A me andava bene così. Restare amici mi sembrava la cosa migliore, ma se dovete mettermi in mezzo ai vostri giochetti... questo no. Non lo accetto, Will.»

«Nessuno ti avrebbe obbligata a fare niente.»

Resto in silenzio, William intanto mi rivolge una smorfia, corrucciando le labbra imbronciate.

«E poi... Hai ricambiato il mio bacio.» commenta ricordandomi quell'errore imperdonabile. Sento un pizzicore familiare nell'interno coscia.

«Già e ho sbagliato.» ammetto senza battere ciglio. «Ma ora non ha senso ripensarci. Solo... smettila di bere.»

Provo ad allungare una mano verso il suo ginocchio in attesa che mi consegni la bottiglia, ma lui non accoglie la mia richiesta. L'azzurro oceano dei suoi occhi, in questo istante così lucido, mi rende inspiegabilmente agitata. Non voglio che stia male. E anche se si ostina a dire che è tutto okay, lo vedo che qualcosa non va.

«Will, ci sono io.» provo a dire con un filo di voce.

Lui sembra aver puntato qualcosa di indefinito avanti a sé, perché continua a fissarlo con insistenza. E invece che rispondermi, si lascia andare ad un piccolo sbuffo.

«Ho visto l'orsacchiotto, quello di James... sul tuo letto.»

Oh no, e che dico ora?

«Ah! Eh... ahhh...»

È troppo lunga da spiegare.

E proprio mentre scavo nella mia testa in cerca di una motivazione valida ai gesti che fa James nei miei confronti, avverto dei passi avvicinarsi nel buio. La sagoma si fa subito più nitida: è Tiffany, che esce in giardino guardandoci con i suoi occhi sottili e la bocca increspata.

«Ehi.»

La vedo salutare Will, mentre resta con le mani nascoste nel giubbotto di pelle.

«Ciao Tiff.»

«Che fate?»

La sua domanda è accompagnata da uno sguardo vagamente giudicante.

«Io chiacchiero. June si finge interessata.»

E la risposta di William non mi piace affatto. Abbozzo un'altra occhiata apprensiva verso la bottiglia dalla quale continua ad attingere. Non so che superalcolico sia, ma mi sembra sufficientemente brillo ora.

«Come stai Will?» domanda lei.

«Bene.»

Sembra che le parole abbiano assunto un significato del tutto nuovo per lui.
Non c'è niente di buono in quel "bene".

Tiffany mi prende la mano e se la infila nella tasca della giacca, stringendomela con la sua. Se non la conoscessi, potrei giurare che vi sia una chiara nota possessiva in quel gesto.

«Allora è vero...» bisbiglia Will timidamente.

«Cosa?» chiede Tiffany a testa alta.

«Che state insieme.»

«Non... no.» mi affretto a dire. La mia bocca parla prima che il mio cervello decida se lasciare uscire quell'affermazione o meno.

Will sorride imbarazzato, sotto allo sguardo serio di Tiffany.

«Va beh, prendo da bere.» biascica lui agitando la bottiglia di vetro, ormai vuota.

«No, Will...» provo a fermarlo ma non lui non sembra volermi dare ascolto.

«Sì, grazie...anche per noi eh.» sento dire a Tiffany.

Tiffany non è Miss sensibilità, però non mi aspettavo tanta freddezza nei confronti di William.

«Che c'è June?»

Mi stringo nelle spalle. «Mi dispiace vederlo così.» dichiaro sottovoce.

«Tu sai che cosa gli sia preso?» domanda lei.

Scrollo la testa. «No.»

«Sai, June...mi sono fermata un attimo, prima di venire qui. Vi ho guardati da lontano.»

«Che vuoi dire?»

«Siete belli da fuori. Anche quando vi vedevo a scuola, lo pensavo. Ma poi quando ti guardo negli occhi... Non è quello che vuoi.»

La mia attenzione casca sulle labbra di Tiffany, poi sulla schiena di William che si allontana. Non so proprio cosa voglio, è questo il problema.

«Vorrei solo non si sentisse così per causa mia...»

È ufficiale. Sono confusa. Un casino micidiale alberga nella mia povera testa e il caos si materializza intorno a noi, quando nel giardino arriva James insieme ad altri ragazzi.

E se non fosse per il rumore che fanno, gli altri non si noterebbero neanche. Macchie grigie, mentre lui è l'unica cosa che spicca. Forse i capelli arruffati, o forse il suo metro e ottantasette di fisico perfetto.

Indossa un paio di pantaloni della tuta. Nient'altro. É a petto nudo, mastica un chewing-gum con aria infastidita e tiene una mazza baseball sulla spalla.

Guarda Tiffany, poi la sua bocca si incurva in un sorrisetto sfacciato, prima ancora che i suoi occhi affilati come quelli di un felino, si posino di me. Non la sopporto quell'aria arrogante con cui mi guarda. Forse per questo lo aggredisco sempre prima che possa farlo lui, è una forma di autodifesa.

«Stai andando a sfasciare vetrine per rubarti i vestiti, dato che ne sei continuamente sprovvisto?»

«Sfasciare vetrine? Sempre la solita violenta, White... Guarda che ho anche la palla, oltre alla mazza.»

La velocità con cui replica alla mia battuta mi fa presagire che si aspettasse la mia frecciatina.

«Fai schifo, Hunter.»

«Nel senso che abbiamo fatto due tiri. Che signorine maliziose...» allude indicando la palla da baseball che tiene in mano il ragazzo di fianco a lui.

«Sì certo, noi...» lo rimbecca Tiffany, facendogli un cenno con gli occhi.

Gli sta dicendo di levarsi di torno. Lui però non accenna a muoversi, solleva la bocca a lato e la modella lentamente in un sorrisetto ricurvo, affondandomi con un'occhiata da capo a piedi che mi fa tremare. La sua mascella si contrae duramente ogni volta che schiaccia la gomma sotto ai denti bianchi, mentre quegli occhi color notte mi restano piantati addosso come un marchio indelebile.

«Jamie! Siamo qui!»

Basta quel richiamo a distrarlo. Si volta di profilo e in un attimo nella mia mente vengono impressi i suoi lineamenti perfetti: il collo affusolato che si snoda intorno al pomo ben visibile e quelle labbra carnose e sporgenti che regnano indisturbate tra due zigomi accentuati, mentre il naso leggermente all'insù sembra sia stato messo lì apposta per abbellire quel quadro.

C'è qualcosa di elegante nel suo viso, che però viene reso selvaggio dai capelli scompigliati e da qualche taglio sparso qua e là sulla sua pelle liscia.

Riconosco subito la voce di Stacy, la ragazza bionda con cui abbiamo guardato il film a casa di William. È a bordo piscina attorniata da un numero indefinito di ragazze che sembrano uscite da un'agenzia di modelle.
Non provo invidia per quei fisici perfetti, ma quando James si avvicina a loro e il mio sguardo viene deliziato dalla sua schiena tesa e muscolosa, mi rendo conto di quanto sia tutto inutile. È quello il suo posto.
Cosa mi sono messa in testa?

«Non è il loro aspetto. È solo l'atteggiamento.»

Tiffany, con la sua voce vellutata, mi riporta alla realtà.

«Che vuoi dire?»

«Essere sicuri di sé è il primo passo per piacere agli altri. Quando piacerai a te stessa, quando ti sentirai davvero speciale, allora anche gli altri saranno calamitati a te, come se lo fossi davvero. Ma fino ad allora... solo chi è capace di vedere oltre alla superficie, riuscirà a guardarti per davvero.»

Si massaggia il labbro inferiore con il filtro della sigaretta spenta, continuando a fissare quelle ragazze con aria assorta.

«Quindi..»

«Quindi non hai niente che non va. E se gli altri lo pensano, è un problema loro, June. Perché non ti conoscono.»

Già ed è lo stesso errore che ho fatto io con Tiffany. Prima ancora di conoscerla, l'ho giudicata considerandola vuota e poco interessante.

«È per questo che non ti senti a tuo agio a metterti in costume, no?» dice lei, credendo di aver risolto l'enigma.

Gli schiamazzi in lontananza distraggono entrambe.

«Chi è quello?» domando quando un ragazzo alto, moro e tatuato si accosta all'orecchio di James per parlargli come se fossero molto intimi.

«Il nuovo ragazzo di Stacy.»

«Ah.»

Mi chiedo perché io me ne stia ancora lì, a guardarlo flirtare con un ragazzo.
Non ha senso, non c'entriamo niente l'uno con l'altro.

Io sono quella che ascolta Taylor Swift, a cui piacciono i cani e che beve la cioccolata calda anche in estate. Ecco il massimo della trasgressione per June White.

«Posso chiederti una cosa, June?»

Annuisco a Tiffany che sembra perplessa.

«Avete dormito insieme tu e James?»

«Sì.»

Lei solleva un sopracciglio, ora appare stupita.

«Oh... Ehm... com'è stato?»

«Ma cosa? No, che hai capito...»

«Avete...?»

Tiffany non compie alcun gesto ma mi è facile intuire di cosa stia parlando. Glielo si legge in volto.

«Cosa? Oddio, no! Perché pensi una cavolata del genere? Non ci siamo neanche mai baciati.» bofonchio in preda all'imbarazzo.

«Ma stai scherzando? Avete dormito insieme e non...»

«No, ti giuro... te lo direi.»

Io sono sincera, ma lei è incredula.

«Non ti ha neanche...?»

«Niente.» rivelo a bassa voce.

Tiffany corruccia le sopracciglia scure.

«Un po' sospetta questa cosa...»

«Che vuoi dire?»

Prima che possa rispondermi però, la vedo seguire con lo sguardo qualcosa all'interno della casa.

«Vieni, entriamo.» suggerisce poi prendendomi per mano.

Dei presenti a questa festa non conosco quasi nessuno, c'è poca gente della mia classe e non c'è l'ombra di Amelia, Brian, Ari, Blaze o Poppy.

Tiffany mi fa strada verso l'interno, dove un muro di gente ci impedisce di seguitare oltre. La musica è alta ma non posso fare a meno di notare il gruppetto di James che si sposta proprio nel salotto.

«Chi è quella?» domando indicando una ragazza seduta sulle gambe di James.

«Oh no! È la sorella di Connell... Porca miseria, perché deve sempre mettersi nei guai?» la sento dire preoccupata.

«E tu perché sei amica di uno così?»

Tiffany solleva il mento, sembra abbia visto qualcuno tra la folla e abbia perso nuovamente l'interesse per le mie parole.

«Tiff?» la richiamo.

«È affidabile, è sincero e ha un buon profumo.» ribatte lei in modo distratto.

Ma presto mi accorgo cos'ha rubato l'attenzione di Tiffany senza più restituirmela: è l'immagine di una Taylor più bionda del solito che ci passa a fianco con una ragazza. Vedo Tiffany seguirla con lo sguardo, sembra quasi confusa alla vista della sua amica, che invece non la considera neanche.

«Vado a fare pipì, va.»

La mora si allontana e io resto lì impalata per qualche secondo, finché non sento altri schiamazzi.

«Jamie no!»

La tizia che dovrebbe essere la sorella di Connell, sta seduta sulle ginocchia di James con un asciugamano che le copre a malapena il fondoschiena, mentre lui sta parlando con Stacy. E lo sta facendo in quel modo intimo e ambiguo, stesso modo in cui stava parlando poco fa con il ragazzo tatuato.

Ad un certo punto si alza in piedi e afferra Stacy per mettersela sulle spalle senza alcuno sforzo. Lei strilla come una gallina, finché lui non la lancia di peso in piscina.
James sorride soddisfatto, poi si volta e proprio in quell'istante i nostri sguardi si scontrano come biglie impazzite.

Oh no, beccata.

Mi giro di scatto per interrompere quel legame proibito.
Cosa sto cercando?
Perché non la smetto?
Voglio provare qualcosa a me stessa?

«Sai cosa dicono delle ragazzine curiose?»

Ecco, appunto

Incrocio le braccia al petto quando James mi appare davanti.

«E tu sai cosa dicono dei deficienti?»

Lo vedo intensificare lo sguardo nel mio, per poi farlo slittare indisturbato sulla mia t-shirt, lo fa scorrere lungo la gonna che mi cinge i fianchi, finendo sugli stivali.

«Farò finta di non aver sentito, se mi dici... Perché non sei in costume?»

«Finiscila con le cavolate.»

«Tu rispondi.»

«É pieno di ragazze.» mi difendo come posso.

«Ah, cazzo. Davvero? Non me n'ero accorto.» sogghigna sarcasticamente.

«Va' da loro.»

E affogati in piscina, grazie

«Toglimi una curiosità, White. Perché quando mi parli sembra sempre tu voglia tirarmi un calcio nei coglioni?»

«Perché a quanto pare so esternare bene le mie emozioni.»

La mia esclamazione lo fa scoppiare a ridere con due fossette pronunciate vicino alla bocca.

«Hei June, ci sei anche tu.» mi saluta Marvin.

«Sì eccola qui, anche con una bella coda oggi.»

James mi strattona i capelli mandandomi su tutte le furie.
D'istinto gli sferro un piccolo pugno sul petto.
Leggero, troppo.
Devo avergli fatto una carezza, perché lui si guarda divertito il torace ancora umido di goccioline.

«Avanti, puoi fare di meglio Biancaneve.»

«Tu lo sai bene, dato che ti ho quasi spaccato il naso.»

«Sempre la solita aggressiva...»

Muove un passo, gli basta quello per sovrastarmi con tutta la sua altezza.

«Te lo richiedo, White. Perché non sei in costume?»

Oh no, di nuovo.
Di nuovo quella sensazione intima, come se tutto sparisse intorno a noi.
L'ho sentita anche quando ha provato a infilarmi le mani sotto alla gonna. Se prova a rifarlo gli arriva una gomitata in bocca. Eppure da come muoveva lentamente le dita, sembrava cercasse qualcosa. A meno che...

No, June... sei paranoica

«Sei qui perché hai finito le ragazze da tormentare, James?»

O i ragazzi, chissà...penso guardando quel tipo alto e tatuato.

James si avvicina in quella maniera pericolosa, che invece che spaventarmi me ne fa desiderare ancora.

«Magari sei la mia preda preferita, non ci hai mai pensato?»

E non ha nessun problema a dirmelo così, con naturalezza, schiudendo quelle labbra perfettamente disegnate ad un soffio dalle mie. Mi chiedo dove abbia imparato a sedurre le persone in questo modo. E mentre io mi sto ancora scervellando sul perché io mi sia cacciata in questa situazione, lui mi volta le spalle lasciandomi come una cretina a guardarlo andare via.

Come fanno le altre ragazze, ad essere così spigliate e disinteressate quando si tratta di lui?
A nessuna sembra importare se James bacia prima una, poi subito dopo un'altra. Ma forse sanno già che con uno come lui, l'errore più grande è proprio quello di sentirsi importanti... perché è dannatamente bravo a fartelo credere. Non con l'inganno o la menzogna, ma solleticando la parte più segreta e vanagloriosa che ognuno ha. Adula le persone e lo fa di riflesso, concedendo in modo calibrato le sue preziose attenzioni, che alla fine sono tutto ciò che gli altri desiderano. Perché tutti, in fondo, vorrebbero sentirsi speciali.

Mi faccio strada all'interno di quella casa sconosciuta, dove le luci hanno cominciato ad essere soffuse e i fiumi di alcol non hanno mai smesso di scorrere tra i bicchieri degli invitati. Metto piede nella grossa cucina con l'intento di cercare Tiffany, ma invece mi imbatto nell'orco cattivo.

«Guarda chi c'è, tutta sola...»

Tradotto: quell'idiota di Connell.

Che poi è anche un bel ragazzo: ha un fisico atletico e sportivo, mascella squadrata e occhi profondi. Eppure quando apre bocca, è capace di farmi rivoltare lo stomaco.

«Ti ricordi di me?»

Ah già, poi mi parla come se io fossi stupida.

«Che vuoi Corbell?»

«Sentirti dire il mio nome per bene, ecco cosa voglio.»

«Oh. Okay...Corbell.»

La mia espressione è seriosa in questo istante, ma dentro di me sto ridacchiando. Lo so, mi diverto con poco. C'è però chi non si sta divertendo affatto. Intercetto lo sguardo di Will che ne se rimane appoggiato con la spalla contro lo stipite della porta, sembra mi stia tenendo d'occhio.

«Vuoi bere qualcosa? Ti mostro la casa?»

Connell sta provando ad essere gentile, lo sento dal tono di falsa cortesia che utilizza nel rivolgersi a me, crede forse di farmi cadere nel suo tranello.

«No.» rispondo poi, questa volta meno decisa perché i miei occhi vengono catturati dalla sagoma di William che non accenna a distrarsi da noi.

Forse è meglio che mi levi da questa situazione all'istante, prima che succeda un macello.

«Vado a prendere da bere anche per te biondina.» insiste Connell aggirandosi nella sua cucina con fare da gradasso.

Sarebbe bello continuare ad essere invisibile come accadeva i primi giorni di scuola, sopratutto se mi riduco ad attirare le attenzioni di un troglodita del genere, ma ormai per qualche sconosciuta ragione sono entrata nel suo radar e l'unico modo per uscirne, è fuggire a gambe levate.
Giro i tacchi, intenzionata ad andarmene da lì, quando noto Will e James parlottare sulla porta.
Okay, ignorali.

Ma quando passo di fianco a loro, una presa serrata mi blocca dal braccio.

«Senti, non ho tempo per starti dietro.- mugugna James con occhi assottigliati.

Il suo petto emana un profumo così intenso e maschile che mi è impossibile da ignorare. Distolgo subito gli occhi che si erano già posati sul suo torace scolpito, ma la presa che applica sul mio avambraccio si fa più decisa, proprio quando si accorge che il mio sguardo prova ad evadere da quella situazione.

«Riesci a stare lontana da Connell sì o no?»

«E tu riesci a lasciarmi in pace?» sbraito sottraendomi alla sua presa.

«Stagli lontana ti ho detto.»

«Non perché me lo dici tu.» ribatto a testa alta.

«June...» sento la voce pacata di William provare ad inserirsi tra di noi.

«E invece sì ragazzina, proprio perché lo dico io.» asserisce James.

Non spreco tempo a ricordargli che non ho bisogno di loro due, ma mi avventuro nel salotto pieno di gente, dove la speranza di respirare un po' d'aria fresca svanisce, schiacciata da quei corpi sudaticci e ammassati.

«Non ho ancora capito con chi dei due te la fai però.»

Connell mi porge un bicchiere di carta, di quelli rossi e giganti che erano abbandonati in cucina, probabilmente gli stessi che sono già stati usati per giocare a beer pong.
Lo guardo riluttante.

«Che schifo. No grazie.» arriccio il naso disgustata dall'odore fortemente alcolico che arriva da quei bicchieri.

«Chiunque dei due sia... se vuoi farlo ingelosire, conosco una maniera.»

«Non mi interessa, non faccio questi giochetti. Ora, se puoi gentilmente lasciarmi stare...»

Lui mi blocca il passaggio.
«Vieni su con me?»

Mi indica un punto indefinito del piano superiore della casa e io spero vivamente non si riferisca alla sua stanza.

«Sì certo e poi vuoi anche centomila dollari e un calcio in culo?»

Mi divincolo dalla sua presenza massiccia, frustrata dagli innumerevoli "no" che gli ho dovuto rifilare negli ultimi dieci minuti.

«Cazzo se sei strana. È proprio vero quello che dicono di te...» lo sento ridere alle mie spalle.

«Non mi importa di ciò che dicono di me.» contrattacco continuando a camminare il più lontano possibile da lui.

«Sappi che conta solo quello. Quello che dicono.»

Sollevo gli occhi al soffitto con rapidità. So che dovrei ignorarlo, ma è più forte di me. Mi volto per lanciargli uno sguardo di sfida.

«Chi? Chi lo dice? I tuoi amici? Quei futuri astrofisici, nonché premi Nobel? Parli di loro?»

Indico un gruppo di giocatori di football, questi ridono sguaiati per ogni centro che mettono a segno con una pallina, dentro al reggiseno di una ragazza.

«Non importa chi sia a crearli. I pettegolezzi possono essere più convincenti di una noiosa verità.» ribadisce convinto.«Allora?»

«Fa conto che mi sia appena messa due dita in gola per vomitare.» rispondo voltandogli le spalle.

Il mio gesto però non sembra sufficiente.

«Forse non hai capito. Se domani torno a scuola e dico di essere aver scopato con te...»

Inorridisco. Lui invece sogghigna in modo inquietante.

«...Quella per tutti sarebbe la verità.»

«Perché dovresti dire una cosa del genere?» chiedo spaventata.

«E tu perché dovresti rifiutare?»

Nel tentativo di distanziarmi da lui mi sono allontanata troppo dal resto delle persone. Mi guardo in giro: siamo nei pressi delle scale che portano al secondo piano e non c'è nessuno vicino a noi.
Aveva ragione James, maledizione. Non dovevo dargli corda.

«Okay... ehm...forse non avrei dovuto giudicare male i tuoi amici, ma non puoi dire una cosa del genere.»

«Posso eccome.»

Deglutisco un boccone amaro, ormai schiacciata contro il muro.

«No, senti...»

«No non sento niente...» ridacchia lui indicando le casse dalle quali esce una musica assillante.
«..aspetta che ti vengo più vicino.»

Mi sorprendo a tremare davanti a quelle parole e rabbrividisco ulteriormente quando con l'accenno di barba che gli contorna il mento, sfiora la mia guancia liscia.

«Connell?»

Poi una risatina conosciuta.

«Allora che dici, posso scoparmi tua sorella nel tuo letto?»

La voce divertita e leggermente ubriaca di James mi arriva dritta nelle orecchie.
Quel suono famigliare mi riporta subito alla realtà, facendomi sentire nuovamente al sicuro.
Connell cambia faccia all'improvviso, non appena si accorge che James è insieme a sua sorella.

«È uno scherzo del cazzo?» sputa questo con tono adirato, verso la ragazza che sta avvinghiata al collo di James come una piovra.

«Ma quale scherzo...» ridacchia lei, visibilmente brilla.

James sembra parecchio compiaciuto della reazione di Connell e per metterci il dito nella piaga, attira la ragazza dai fianchi portandosela addosso e comincia a baciarla con un'irruenza tale da costringerla ad arcuare il collo, per sopportare quel bacio impetuoso.

Uno spettacolo che non avevo richiesto, grazie tante.
Se un attimo fa ero sollevata per la sua presenza, ora mi sento come mi avessero infilato una miriadi di aghi nella bocca dello stomaco. E la sensazione spiacevole si acutizza quando lei gli infila una mano tra i capelli arruffati, dandomi letteralmente la nausea.

Per un attimo spero che Connell li prenda entrambi a schiaffi, ma poi rinsavisco all'istante dal pensiero così crudele.

«Questa me la paghi, stronzo!»

Connell pronuncia quella frase, mentre nell'aria si libera un rumore sordo. Non è il pugno che prova a sferrare a James, perché quest'ultimo lo schiva prontamente, ma è il fragore del vetro si infrange a terra, dividendosi in una miriade di pezzettini.
James indietreggia andando a sbattere contro un tavolino. Il suo viso è intatto.
E io sono stupidamente sollevata.

Che delusione che sei June mi rimprovero.

«Ma sei fuori!? Perché non mi lasci mai divertire?» urla la ragazza contro il fratello.

Lui li punta con aria minacciosa, ma alla fine se la prende con sua sorella, che in tutta risposta fugge via mandandolo a quel paese.
Assistere a Connell che la rincorre mi fa tirare un sospiro di sollievo, se non altro il siparietto mi ha levato di torno quell'insopportabile rompiscatole.

Con la coda dell'occhio vedo James infilarsi in una stanza, che presumo sia un bagno.

«Stai bene?» provo a chiedere, stando a debita distanza da lui.

«Ti sembra che stia bene, cazzo?»

Resto sulla soglia, ma sono abbastanza vicina da accorgermi che è ferito. Il sangue sparso a chiazze sul lavandino mi fa rabbrividire.

«Fammi vedere.»

Gli arrivo davanti con decisione, controllo prima il viso, poi il collo.

«Non è niente.» insiste con il suo fare scorbutico.

«Fammi vedere, ti ho detto.»

Uso il tono più arrabbiato possibile e sebbene non sia credibile, almeno lui si decide a lasciarsi ispezionare.

«O mio Dio! Guarda quanto sangue.»

Con entrambe le mani provo ad abbassargli i pantaloni della tuta sul fianco, ma James si ritrae quasi irritato dal mio gesto.

«Oh ma le buone maniere e che cazzo! Se vuoi spogliarmi chiedimelo almeno.»

«Voglio solo vedere meglio la ferita, James. Hai preso uno spigolo e se fossero rimasti dei pezzi di vetro?»

«E quindi? Finiscila di rompere il cazzo.»

Le sue parole mi scivolano addosso, apro l'anta del piccolo mobile appeso alla parete, in cerca del materiale utile per medicarlo.

«Siediti, ora trovo qualcosa.» gli indico il bordo della vasca, ma James sbuffa poi si siede a terra, tirando la testa all'indietro contro il muro di piastrelle bianche.

«Oh merda.» lo sento imprecare quando torna a sfiorarsi il fianco.

Ho evitato il contatto visivo finora, ma adesso sono costretta a guardarlo negli occhi.

«Che c'è? Ti fa male?»

«No.» ringhia serrando la mascella.

«È meglio se vai al pronto soccorso.»

James in tutta risposta tira fuori una sigaretta per piantarsela tra le labbra, mentre mi fissa dal basso.

«No ti ho detto.» insiste poi, causandomi una scrollata di capo.

«Dio, se sei testardo...»

«Io? Detto da quella che insiste da una fottuta mezz'ora per medicarmi un taglietto...»

Lo vedo infilarsi una mano nella tasca della tuta in cerca dell'accendino, che però non sembra trovare.

«Non ti lascio così, James.»

A quel punto solleva rapidamente la testa, le sue iridi scure mi folgorano con un'occhiata intensa.

«Muoviti allora.» mi fredda con tono sbrigativo, indicandosi il taglio sulla pelle.

Non sarà la gentilezza fatta a persona, ma perlomeno ho vinto io questa volta.
Così prendo del cotone dal mobile del bagno e lo inzuppo con del disinfettante.

«Non capisco perché ti diverti a metterti in queste situazioni...» borbotto a bassa voce prima di chinarmi su di lui.

James solleva le spalle con disinteresse.

«Non dirmi che preferivi startene con Connell ancora un po'...»

Sto tamponando la sua pelle quando sollevo lo sguardo per incontrare il suo.
Cosa diavolo sta dicendo?

«Vuoi farmi credere che l'hai istigato per levarmelo di dosso? Guarda che non ho bisogno di essere difesa da te.»

«Ah no, eh?» curva le labbra in un ghigno sfacciato.

«No. E poi quella te la stavi facendo già da prima.»

«Incredibile. Non ti sfugge mai nulla di ciò che faccio...o di chi mi faccio...vero detective Madeline?»

Tengo lo sguardo saldo sulla mia mano intenta a ripulire la sua ferita, ma con la coda dell'occhio lo sento sorridere, compiaciuto della stupida presa in giro.
Io però non riesco a ridere, perché il suo profumo comincia a gravitare inevitabilmente nel mio spazio vitale, rendendomi più tesa che mai.

«Stronzo.» borbotto imbarazzata, continuando a medicargli il fianco.

Non è la prima volta che lo faccio, è vero, ma non sono una grande esperta di primo soccorso: non so dire quanto sia profonda una ferita, né riesco a riconoscerne il livello di gravità.
Quando però il sangue sembra arrestarsi e mi accorgo che non vi è presenza di corpi estranei né di vetri al suo interno, esalo un sospiro di sollievo.

«Sta smettendo di sanguinare. Forse il problema è risolto.»

Mi rialzo in piedi e rimetto tutto l'occorrente al suo posto, ma per poco non perdo un battito quando James mi sfiora il polso. Il contatto con la sua mano calda mi fa sussultare, con un movimento deciso mi induce a cascare a cavalcioni sopra di lui.

I nostri corpi si scontrano in una collisione inevitabile, quasi violenta, che finisce per provocargli un gemito lascivo.
James si leva la sigaretta dalle labbra carnose e mi guarda.

«Sei proprio sicura che il problema sia risolto?» mi provoca con voce profonda.

Resto imbambolata sotto al suo sguardo martellante, il blu delle sue iridi si fa più sottile quando il nero della pupilla si dilata all'inverosimile. Mi inumidisco le labbra secche, tentando di mantenere la mente fredda, cosa che non mi si addice affatto. E questa apparente tranquillità vacilla pericolosamente quando James comincia a lambire ogni parte del mio viso con il calore dei suoi occhi.

Sta calma June

Il batuffolo di cotone che tenevo in mano è ormai scivolato a terra. Curvo lentamente il collo quando con la punta delle dita prende a sfiorarmi la guancia, in un attimo mi sento pervasa da una strana scossa elettrica che mi si irradia in tutto il corpo. E sentirlo vicino, così tanto, riaccende in me sensazioni strane, non controllabili e non classificabili. Lui mi sta fissando e io probabilmente vorrei fare mille cose, ma non so da dove cominciare.

«Non so di che problema parli, James.»

Con il cervello completamente annebbiato abbozzo le prime parole che mi vengono in mente.
Mi sento stordita e non posso farci niente, la confusione dilaga dentro di me, quando lo vedo sollevare il lato della bocca per sorridermi in quel modo svenevole.

«Vuoi dirmi che non senti che qui c'è ancora un problema, ragazzina?»

Dio mio, non ci siamo neanche mai baciati, perché deve indurmi a fare questi pensieri?

Mentre una mano solletica la mia guancia, l'altra precipita sulla mia gamba scoperta.

«Con chi credi di parlare?» lo sfido poi, fingendo un controllo apparente.

Come se il freddo metallo dei suoi anelli a contatto con il calore della mia pelle, non mi facesse rabbrividire piacevolmente.

«Magari voglio dimostrarti che non sei diversa dalle altre...»

«Sei proprio stronzo.»

James però non sembra arrabbiarsi per l'insulto, forse istigarmi di continuo lo fa divertire troppo. Si assapora il labbro inferiore con la punta della lingua, lentamente, incatenando i miei occhi alla visione proibita ma eccitante, delle sue labbra gonfie e arrossate.

No June, non pensarci neanche

Perché è ovvio pensarci.

Ci sto pensando così tanto che se non mi bacia adesso, potrei quasi impazzire.

Non so perchè lo faccio, ma lascio aderire entrambi i palmi delle mani sul suo petto, lui sorride soddisfatto per quel mio gesto, come se sapesse che desideravo farlo da tempo.
Il respiro racchiuso nel suo petto si muove lento e cadenzato, sotto alle mie mani indecise. James segue con lo sguardo la traiettoria delle mie dita che si muovono lente sulla sua pelle liscia e
perfetta, come se stessi cominciando a prendere confidenza con una creatura misteriosa.

Mi basta sollevare gli occhi per incontrare le sue guance arrossate dall'alcol e i capelli scompigliati da chissà quante ragazze, per non capire più dove mi trovo.

Le mie mani esplorano il suo torace, poi scendono ad scolpire l'addome duro e compatto. Le faccio slittare lungo le vene in rilievo e i muscoli tesi, fino a fermarmi sul bordo dei pantaloni della tuta.

«Come siamo coraggiose...» mi prende in giro, causandomi delle palpitazioni furiose nello stomaco.

lo vedi... ti sta solo prendendo in giro

Me lo ripeto un paio di volte, prima di decidermi a sfuggire a quella situazione pericolosa.

Ma è quando provo a sollevarmi, che James mi trattiene. Lo fa posando entrambe le mani sui miei fianchi obbligandomi a stare lì sopra, dove vuole lui. Un gemito sfugge al mio controllo, ma i miei tentativi di smuovermi sono fallimentari, finisco solo per strofinarmi ancora di più sul suo corpo.
E se il mio respiro vacilla, James non sembra minimamente imbarazzato da come la sua erezione si stia forzando tra le mie cosce, premendo proprio in quel punto preciso.

Chiudo gli occhi.

«Dio mio, sei ubriaco James.»

Provo a recuperare un po' d'aria ma ormai è talmente ovvio quello che sto sentendo sotto di me, che le mie guance cominciano a pulsare d'imbarazzo.

«E tu sei bella.»

La sua frase mi arriva lontana, sussurrata con voce così calda e profonda che mi domando se me la sia immaginata o se l'abbia detta per davvero. James si prende del tempo, come se aspettasse un segnale da parte mia e in un attimo le sue dita stringono la mia maglia sollevandola appena sui fianchi, dove con i pollici comincia lentamente a creare dei piccoli cerchi sulla mia pelle sensibile.

I suoi occhi saettano rapidi tra le mie gambe e io ripenso a questa mattina, quando il suo tocco non sembrava fine a sé stesso, sembrava cercasse qualcosa.
Ma come l'ha capito?

Io non ci credo, non può essere così.
Abbasso lo sguardo, ma James mi solleva il mento per far scontrare nuovamente i nostri occhi.

«Cos'hai da nascondere Biancaneve?»

Sono nella mia bolla incantata e non mi accorgo che la musica di sottofondo si è appena interrotta. Il vociferare anomalo però, lo stiamo avvertendo entrambi, perché sia io che James ci voltiamo all'unisono verso la porta del bagno prima che vi entri Jackson.
Quest'ultimo ha il viso bianco come un lenzuolo quando fa la sua apparizione.

«Che c'è?»

Stavolta James non ci prova neanche a fingere che non stavamo facendo niente, anzi, sembra piuttosto spazientito per l'intrusione dell'amico.

«William.»

È l'unica cosa che riesce a dire il biondo.

«Che succede?» domanda James sollevandomi di peso per farmi alzare in piedi insieme a lui.

Jackson è sotto shock, non sembra grado di parlare.

«Will...»

Non dice altro, ma James corre via da quel bagno così velocemente che resto senza fiato.

Finché delle voci in lontananza si fanno più chiare e sento esclamare «Chiamate un ambulanza.»



eeeeehhhhh lo so.

🧸io lo so che odiate quel povero william

🧸e lo so che volevate il bacio (da 30 capitoli ) ma non mi sembrava il momento giusto, ovviamente

🧸per farmi perdonare vi anticipo qualcosina dei prossimi capitoli (che a differenza di questo, saranno piuttosto lunghi)

nel capitolo 38 ci sarà un pov misto June + James

i capitoli 39 e 40 saranno abbastanza importanti, non solo perché tornano Amelia, Jackson e Blaze, ma anche perché ricopriranno le vicende che si terranno alla festa di Halloween dove succedono un po' di cose

e niente, poi sto ancora pensando a quanto spingermi con il capitolo 40 😌🔥

ma basta spoiler

ah, ho usato le virgolette basse, ditemi se le preferite <3

ci vediamo settimana prossima ♥️

✨✨✨

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro