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Harry Styles ha caricato un nuovo video. Guardalo adesso!
Louis entrò sul suo canale YouTube e cliccò sul nuovo video che aveva caricato Harry. Non parlavano da una settimana. Si vedevano a lezione, ogni tanto incrociavano i loro sguardi, ma tutto sembrava come congelato. Né un sorriso, né nient'altro.
Louis non faceva altro che pensarlo, pensare al semplice bacio che si erano scambiati, e gli mancava il tempo che passavano insieme, perché anche se dovevano studiare stavano bene, erano stranamente rilassati.
Sospirò a premette play. «Papà?» si affrettò a premere pausa e guardò la figlia entrare nel salone, dove si trovava lui. Abbassò un po' lo schermo del computer.
«Dimmi, tesoro»
«Mi ha chiamato mamma, mi ha detto che torna la prossima settimana. Passerà il Natale con noi», annunciò sorridente.
«Come mai non ha chiamato me?» inarcò un sopracciglio e controllò il suo telefono credendo di trovare delle chiamate.
«Ha provato a chiamarti», ruotò gli occhi al cielo, «ma non ti prendeva, così ha chiamato me!»
Annuì. «Va bene, allora dovremmo andare al più presto a fare la spesa», e risero.
Rebeckah fece per andarsene, poi però ci ripensò e si voltò di nuovo verso suo padre. «Papi?»
«Sì?»
La piccola tentennò qualche secondo. «C'è qualcosa che non va?»
Louis si morse la guancia, indeciso su cosa risponderle. «Perché mi chiedi questo?»
«Sei molto silenzioso in questi giorni», alzò le spalle, «e i tuoi sorrisi non sono veri». Louis non pensava che sua figlia potesse accorgersi di tutto quello. «Hai conosciuto una persona, ma non è andata bene?»
«No, tesoro. Niente di tutto questo. Ho solo alcuni pensieri per la testa, non ti preoccupare», accennò un sorriso, sperando che fosse convincente, «sai, l'università...»
Rebeckah annuì poco convinta e gli augurò la buonanotte.
Louis sospirò e premette nuovamente play al video. La nuova cover che proponeva Harry era The Chain dei Fleetwood Mac. Lui stava seduto davanti la sua scrivania con una maglietta nera, coperta da una camicia sbottonata del medesimo colore con tante stelle giganti colorate di giallo, i capelli lasciati liberi e lunghi sulle spalle -schiacciati in alto da una cuffia per sentire sicuramente la base della canzone- ed un'espressione parecchio seria. In lontananza, dietro di lui, poteva vedere Gus sonnecchiare tranquillo sul letto di Harry. Gli venne quasi da sorridere guardando quella scena, poi si perse totalmente a osservare il viso del riccio mentre la parte strumentale della canzone dava il via al video.
E poi «Listen to the wind blow, watch the sun rise» cantò Harry, portando le sue dita lunghe attorno al microfono e inondando le orecchie di Louis con la sua voce, provocando un brivido che percorse l'intero corpo di Louis.
«Running in the shadows, damn your love, damn your lies», Louis si chiese perché Harry fissasse così intensamente l'obiettivo della videocamera. Sembrava lo stesse guardando davvero, che si stesse rivolgendo a lui, e Louis si sentì quasi in soggezione. Poi si perse completamente in quel verde smeraldo, così lucido, così vivo. Pensò subito di non aver visto mai nella sua vita una sfumatura di verde come quella negli occhi di Harry. Non poteva assolutamente paragonarli, erano unici.
«And if you don't love me now
You will never love me again
I can still hear you saying
You would never break the chain»
Louis si stupì per l'ennesima volta dell'estensione vocale del ragazzo dall'altro lato dello schermo. Non capiva come Harry potesse vergognarsi della sua voce. Era bella, pulita, ipnotica. Louis doveva ammetterlo: poteva stare a sentir cantare Harry tutto il giorno e non si sarebbe mai stancato. Se avesse mai un giorno pubblicato un disco l'avrebbe comprato senza pensarci un attimo.
Lo guardò poi stringere gli occhi e allontanare il viso dal microfono per raggiungere la nota più alta, come un cantante con anni e anni di esperienza, le vene spuntare sul suo collo e poi ancora una volta le sue labbra poggiarsi delicate sul microfono. Le sue labbra. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le labbra di Harry poggiate alle proprie, sentirne la consistenza, il calore. Era stato decisamente uno stupido a rifiutarlo. Sospirò. Dopo le precedenti esperienze era difficile per lui lasciarsi andare ad una nuova relazione e seguiva più la mente che il cuore.
«Listen to the wind blow, down comes the night
Running in the shadows, damn your love, damn your lies
Break the silence, damn the dark, damn the light»
Chiuse gli occhi e ascoltò cantare con maestria Harry, fino alla fine.
«Papà?» la voce di sua figlia lo portò nel mondo reale. Era in uno stato di intorpidimento e... quando si era addormentato?, si chiese. «Papà, svegliati», gli scosse le spalle.
Louis mormorò qualcosa di indecifrabile ed aprì completamente gli occhi, guardandosi intorno confuso. Si trovava in salotto, quasi nella stessa posizione in cui stava la sera precedente. Aveva la coperta addosso, il computer ormai spento sulle sue gambe -ringraziò qualsiasi Dio per non essere caduto a terra- e le cuffiette ancora nelle orecchie. Aprì la bocca e sbadigliò.
Poi guardò sua figlia. «Ti sei addormentato qui ieri sera?» rise.
«A quanto pare...», tolse le cuffiette dalle orecchie e si stropicciò gli occhi. Scostò il computer e la coperta e poi si alzò, scompigliandosi i capelli e stiracchiandosi.
«Stai diventando vecchio», scherzò Rebeckah, abbracciandolo.
«Hey!» urlò indignato. «Vecchio a chi?!» e cominciò a fare il solletico sui fianchi di sua figlia. «Sono ancora un giovanotto!» La casa si riempì delle risate dei due e a Louis piaceva tanto quella quotidianità.
«Tregua! Tregua!» urlò ancora Rebeckah.
Louis la lasciò andare, ansante. «Solo perché è tardi e devi andare a scuola, se no non avresti avuto scampo!»
Rebeckah gli fece una linguaccia e andò al piano di sopra per prendere una felpa da indossare ed un cappello, mentre Louis si dirigeva in cucina per preparare almeno del caffè. Non ne beveva quasi mai, non aveva mai preso l'abitudine, ma per quella volta doveva fare un eccezione o non avrebbe retto sei ore in facoltà.
~
Harry si sentiva ancora mortificato, nonostante fosse passata una settimana. Si era maledetto più volte per non aver tenuto a bada la voglia di condividere la sua felicità con Louis. Non aveva detto nulla a Zayn nonostante questo gli avesse più volte chiesto il motivo dell'assenza di Louis -la realtà era che Zayn si fosse ormai abituato a quella presenza costante in casa sua e non vederlo più gli sembrava strano e lo aveva turbato. Harry gli rispondeva sempre che Louis fosse occupato e che non sapeva quando si sarebbero visti. Non sapeva fino a che punto fosse veritiero.
Il fatto è che Harry non sapeva davvero quando avrebbe rivisto Louis. Non sapeva quando avrebbero ripreso le lezioni private, né tanto meno se le avrebbero riprese. Ovvio, lo vedeva a lezione, ma non era la stessa cosa. E poi non riusciva a guardarlo negli occhi per la troppa vergogna.
Okay, aveva ventitré anni, sapeva quello che voleva, non doveva pentirsi di nulla. Ma con Louis... con Louis gli sembrava sempre di fare la cosa sbagliata: prima lo aveva cercato per messaggi anonimamente, poi gli aveva confessato di provare qualcosa per lui ed infine lo aveva baciato. Quale sarebbe stata la prossima mossa? Farsi trovare nudo per la disperazione nel suo ufficio? Harry scosse la testa per cacciare via quei pensieri e raggiunse il suo posto di lavoro.
«Alla buon'ora!» lo salutò Perrie da dietro il bancone con le mani sui fianchi ed un cipiglio in viso.
Harry accennò un sorriso di scuse e corse ad indossare il grembiule, pronto per servire i clienti messi in fila dietro la cassa.
Louis invece, nello stesso momento, irruppe nel bar di Liam. Era parecchio pensieroso, tanto che sbatté la propria spalla contro la spalla di una ragazza. Si scusò immediatamente e scosse la testa.
«Tommo! Tutto bene?» gli corse incontro Niall, circondandogli le spalle con un suo braccio.
«Sì sì» annuì il liscio, prendendo posto ad un tavolo vicino al bancone.
«Ti crederei se non ti conoscessi bene, sputa il rospo!» Liam nel frattempo si avvicinò con l'ordinazione prenotata precedentemente via telefono da Louis e lo salutò, prendendo posto accanto a lui.
«Probabilmente mi piace una persona» sputò, prendendo una patatina dal suo piatto e mangiucchiandola con occhi bassi. I suo due amici si guardarono negli occhi, sorpresi.
«Così, all'improvviso?» chiese Niall, per capirci di più.
Louis annuì, spiluccando con la forchetta l'insalata. «Non pensavo potesse essere possibile», sospirò. «Ma il fatto è che sento che mi manca, mi manca parlargli, vederlo ridere. Non pensavo potesse capitarmi di nuovo, alla mia età»
«Aspetta, aspetta, aspetta», Liam portò le mani avanti, aggrottando la fronte, «Parlargli? Vederlo ridere? Quindi vi frequentate? Co-»
«Liam, il nostro amico qui presente a quanto pare ci ha omesso qualcosa in questi giorni», disse Niall indignato mentre incrociava le braccia al petto.
«Non ve l'ho detto perché non pensavo potesse piacermi questa persona e no, non ci frequentiamo, gli ho solo dato lezioni di musica»
«Ma qual è il problema?» Liam non capiva. «Fatti avanti»
«E' più piccolo di me»
«Oh, ti prego! L'età è solo un numero» Niall fece un gesto della mano, «due, tre anni non sono nulla, di che ti preoccupi?»
«Ha ventitré anni», mormorò, portando in bocca un pezzetto di hamburger. Liam e Niall sgranarono gli occhi, rimanendo in silenzio, pensando bene alle parole da dire. Louis venendo soffocato da quel silenzio, interrotto ogni tanto da forchette che sbattevano sui piatti provenienti dagli altri tavoli, alzò lo sguardo e annuì. «Visto? Lo so cosa state pensando, è un problema. Ha poco più della metà dei miei anni, è troppo piccolo per me, non ha ancora la testa sulle spalle per poter portare avanti una relazione seria e potrebbe essere mio figlio», scosse la testa, affranto dai suoi stessi pensieri, e mangiò un'altra patatina.
«Okay», sospirò Liam, sopraffatto da tutte quelle informazioni, «andiamo con calma». Pensò a cosa dire e «Da quanto tempo lo conosci?»
«Da quando ho iniziato ad insegnare qui»
«E' un tuo studente, Louis?» chiese Niall, quasi spaventato. Louis annuì, intimorito dalla reazione dei suoi amici, e si morse il labbro. «Sei impazzito!» urlò allora Niall.
«Niall, abbassa la voce!» lo rimproverò Louis, dandogli un colpo sul braccio e guardandosi intorno.
«Louis...» sussurrò Liam, «come è potuto succedere?»
«Non lo so, okay?» sbottò allora il liscio. «E' successo e basta, c'è qualcosa che mi attira verso questo ragazzo ed io non so cosa fare». Parlarono per un bel po', Louis confessò loro anche delle cover che vedeva su internet e del bacio rubato, poi stilarono una lista immaginaria di pro e contro, ma alla fine arrivarono alla stessa conclusione: avrebbe dovuto decidere Louis se provarci o interrompere definitivamente i rapporti con questo ragazzo. Poi Niall dovette tornare in cucina per preparare le ultime ordinazioni della giornata, salutando Louis con "Poi voglio essere informato sugli sviluppi!"
«Conosciamo questo ragazzo?» chiese Liam, dopo aver seguito con lo sguardo Niall sparire dentro la cucina.
Louis annuì. «Siamo venuti insieme qui, qualche settimana fa»
Liam ci pensò su un attimo e poi sgranò gli occhi. «E' Harry?» Louis confermò e ricevette una manata sul braccio. Louis lo guardò come per dire "E questa per che cos'è?" «Cazzo, lo sapevo! Tu non avresti mai offerto il pranzo a un tuo studente, ma ad Harry...» portò le mani fra i capelli, «ti avevo detto anche che non ci sarebbe stato nulla di male nel frequentarlo, ma tu mi hai detto che non c'erano secondi fini», ricordò quel giorno. «Io ci vedo lungo amico mio», gli diede una pacca sulla spalla. Louis sospirò pesantemente. Liam lo fissò ancora un po', vedendolo davvero combattuto e poi, prima di tornare a lavorare: «Louis, se ti fa stare bene, se-», scosse la testa con un sorriso genuino e consapevole, «-se ti fa sentire le farfalle nello stomaco come una quattordicenne, se senti tutto questo dopo tanti anni, allora vuol dire che una possibilità devi dargliela. Ci sei troppo dentro ormai», consigliò. «Magari non porterà a nulla di buono o magari sarà la volta buona per te, l'occasione che aspetti da sempre», gli diede un'altra pacca sulla spalla e poi si alzò per raggiungere Niall in cucina, lasciando Louis ad ultimare il suo pranzo, pensieroso.
Harry sciolse il nodo del grembiule, lo ripose al suo posto, prese poi il cappotto e il cappello e li indossò. Si avvicinò a Perrie e le diede un bacio sulla guancia. «Io vado, ci vediamo dopo le vacanze»
«Va bene, riccio. Buone vacanze e non mangiare tanto!» rise, lasciandolo andare. Harry le fece un cenno con la mano e uscì definitivamente dalla caffetteria.
Finalmente per Harry le vacanze erano arrivate e la caffetteria, così come l'università, avrebbe chiuso per tre settimane. Gli avrebbe fatto bene stare lontano da quel luogo, lontano da certe persone, certi sguardi, certe sensazioni. Voleva solo rilassarsi, riposare la mente e, certo, anche studiare. Sbuffò al solo pensiero: non aveva più toccato la chitarra da quando... beh, da quel momento.
Prese un bel respiro e si incamminò verso casa, mentre il cielo diventava più scuro ed il freddo si insinuava fin dentro le ossa. L'inverno a Londra era piuttosto arduo da affrontare per uno come Harry che soffriva il freddo. Sistemò meglio il suo berretto sulla testa e a pochi metri da casa tirò fuori dalla tasca le chiavi per poter entrare.
Appena entrò nel vialetto sussultò, vedendo una persona accucciata su se stessa, seduta sugli scalini all'ingresso.
«Louis...» sussurrò riconoscendolo, avvicinandosi cauto.
Il più grande alzò lo sguardo dalle sue scarpe e incontrò gli occhi di Harry, lucidi per il freddo. «Ciao Harry, io-»
«Che ci fai qui?» domandò davvero sorpreso di trovare lì davanti casa sua il suo professore.
«Ero passato un'oretta fa, pensando di trovarti a casa, ma Zayn mi ha detto che non c'eri», indicò la porta alle sue spalle, «e quindi ho preferito aspettarti qui»
Il cuore di Harry sussultò appena e iniziò a battere velocemente. «Sei rimasto qui fuori?» chiese incredulo.
«In realtà nemmeno mi sono accorto del tempo che passava, semplicemente sono rimasto seduto lì. Devo parlarti», si alzò.
«Dimmi»
«Quando-», prese un respiro profondo e poi lasciò andare fuori l'aria, provocando una nuvoletta. «Quando mi hai baciato», Harry si morse un labbro e annuì per farlo proseguire, «pensavi davvero fosse un errore?» chiese, quasi col fiatone.
Harry, sorpreso da quella domanda, inizialmente boccheggiò. «Beh, ti ho detto così-»
«Ma lo pensavi davvero? È stato un errore baciarmi?»
Harry ci rifletté. Dove vuoi arrivare Louis? «Io-», poi scosse la testa, «certo che no, no, non è stato affatto un errore», ammise sincero, «magari è stato un gesto dettato dall'euforia, ma volevo farlo sul serio»
La cosa che colpì Louis fu la sincerità nella sua voce e nei suoi occhi. Lo aveva guardato per tutto il tempo, senza mai distogliere lo sguardo e Louis, questa cosa, la apprezzava molto nelle persone.
Harry gli si avvicinò ancora di più. «Sono giorni che penso a quel bacio», ammise a sua volta Louis, ricambiandolo con la stessa moneta. Doveva pur sempre fare l'uomo. «Sono giorni che penso a che cosa sarebbe potuto succedere se non mi fossi scansato, se non mi fossi allontanato da te», si torturò le dita dal nervosismo. «Sono giorni che-», sospirò guardando per qualche secondo le sue scarpe e rialzando poi lo sguardo su Harry che in quel momento sembrava un cucciolo infreddolito. «Il fatto è che quel bacio lo volevo anche io». Il cuore di Harry si fece sentire con infinite capriole. L'aveva detto sul serio? Gli si fece ancora più vicino, ritrovandosi alla sua stessa altezza, dato che Louis stava in piedi sul primo gradino. Gli venne da sorridere e non riuscì a trattenersi. «Perché sorridi?» chiese confuso, ma allo stesso tempo un sorriso aleggiava sul suo viso perché quello di Harry era davvero contagioso.
Harry scosse la testa. «Sei più grande di me, ma sei più basso»
Louis sbuffò. «Dopo quello che ti ho detto, mi sai dire solo questo?» chiese indignato.
«Posso baciarla professor Tomlinson?» e Louis, dopo qualche breve attimo di esitazione, non poté far altro che annuire. Perché voleva risentire le labbra di Harry sulle proprie, lo voleva davvero.
E così si baciarono.
Delicatamente, come se l'uno e l'altro fossero due fiori rari e fragili.
Lentamente, per imprimere per bene nelle loro menti la bellezza di un bacio, come se fossero i protagonisti di un sogno e avessero paura di svegliarsi all'improvviso e non ricordare più nulla.
Ininterrottamente, come se avessero trovato la loro oasi personale dopo aver camminato per giorni e giorni in mezzo al deserto sotto al sole cocente.
Le grandi mani di Harry raggiunsero il viso gelido di Louis e il calore emanato invogliò quest'ultimo ad approfondire ancora di più il bacio. Come se non ne avesse abbastanza. Era possibile una cosa del genere? Volevano non staccarsi più. Trattenne le labbra di Harry tra i denti per qualche secondo, prima di essere interrotti. Louis sussultò e guardò verso l'alto. Un fiocco di neve gli si era poggiato sul naso.
Stava iniziando a nevicare.
Ma a lui non importava in quel momento perché aveva Harry quasi appiccicato al suo corpo, mentre guardava verso l'alto, ammirando i fiocchi di neve, e una fossetta bucava entrambe le guance. Lo fissò incantato e L'ho appena baciato, realizzò, ci siamo appena baciati! Harry, evidentemente sentendosi osservato, abbassò di nuovo lo sguardo verso Louis, non smettendo un secondo di sorridere, e con i pollici sfiorò la pelle di Louis quasi incredulo di trovarsi in quella situazione.
Louis non resistette più e lo baciò di nuovo, ancorando le mani sui fianchi di Harry. Provò un'emozione indescrivibile, una di quelle che ti lasciano senza fiato, con un nodo alla gola, ma che fanno stare maledettamente bene.
Staccarono le loro labbra solo per riprendere fiato, ma unirono le loro fronti. Harry guardò Louis e non lo vide totalmente felice, come invece si sentiva lui -perché avrebbe toccato il cielo con un dito. «Lou, c'è qualcosa che non va? Sei... sei pentito di quello che è successo?» domandò insicuro. Harry non avrebbe retto un altro rifiuto.
«No, no. Io- io ho solo paura», confessò. Harry sorrise consapevole. «Sai, la differenza d'età fra noi non mi è indifferente e ho paura di soffrire come in passato, magari sto facendo la cosa sbagliata, non lo s-»
«Proviamoci», mormorò Harry, cercando di convincerlo. «Se poi non va, potrai dire almeno di averci provato anziché tormentarti con i se e i ma, mh?»
Louis allora annuì, «Va bene», sfiorando il naso di Harry.
«E fammelo un sorriso», si morse il labbro, pizzicandogli i fianchi, «lei è sempre così serio professor Tomlinson», e lo fece semplicemente ridere. Poi lo abbracciò forte, portando le braccia attorno al collo, mentre lo vedeva tremare per il freddo. «Scusami», sussurrò divertito, «non ti ho fatto nemmeno entrare in casa, stai congelando»
«Non importa», e risero insieme.
«Vieni dentro, ti preparo qualcosa di caldo», lo prese per mano, intrecciò le loro dita e lo trascinò in casa.
~
Louis e Rebeckah andarono a prendere Eleanor in aeroporto due giorni prima di Natale e poi, di comune accordo, si fermarono a pranzare da Nando's, nei pressi di Soho. Ordinarono un Wing Platter che erano soliti condividere e rimasero per un po' di tempo lì, a godersi l'aria natalizia, le risate della gente.
«Oh, c'è una mia compagna seduta là», Rebeckah indicò una ragazza, seduta poco lontano da loro, sventolò una mano per salutarla e poi si alzò, «vado a salutarla, torno subito!»
«Sta crescendo così in fretta», commentò malinconica Eleanor, vedendo sua figlia allontanarsi da loro. «Vorrei tornasse piccola piccola piccola», piagnucolò e Louis sorrise.
«Hai ragione, il tempo sta passando così in fretta», sospirò, scuotendo la testa.
Eleanor lo fissò attentamente. «Che mi racconti? Hai conosciuto qualcuno in questo periodo?» Louis si morse l'interno della guancia, abbassò lo sguardo e annuì. Eleanor saltò sul posto, sgranando gli occhi. «Finalmente! Come si chiama? Lo conosco?»
Louis rise. «Si chiama Harry e lo conosci indirettamente. Ti ricordi quel ragazzo con cui mi hai visto l'ultima volta che sei stata qui?»
«Quel tuo studente?» chiese scioccata. E Louis annuì. «Cavolo! Certo, è molto carino, ma-»
«Lo so cosa stai per dire. Lo so, lo so. Ma ci voglio provare», alzò le spalle.
«Reb lo sa?» chiese piano.
«No, certo che no. Non voglio lo conosca se poi tra me ed Harry non va bene e... Harry non sa di Reb», si grattò la nuca in imbarazzo.
«Vuoi che scappi?» chiese sbalordita Eleanor.
«E' proprio questo che voglio evitare. Non voglio fare sempre lo stesso errore e- mh- magari glielo dirò, ma non ora»
«Io però voglio conoscerlo!»
«Oh, non stressare» risero, mentre Rebeckah tornava al suo posto.
~
Harry e Louis si frequentavano ormai da poco più di due settimane e sembrava strano per entrambi. Adesso avevano qualcuno a cui mandare il buongiorno e la buonanotte, qualcuno da rendere felice, qualcuno di cui prendersi cura.
Zayn non aveva preso bene la notizia, ma solo perché pensava che Louis non fosse il ragazzo, l'uomo, giusto per Harry: pensava che l'avrebbe fatto soffrire, che quella di Harry fosse solo una sbandata e che se ne sarebbe accorto presto. Ma comunque non faceva storie quando Louis si presentava davanti la porta di casa loro e chiedeva se Harry fosse pronto per uscire, o quando trovava Harry e Louis seduti sul divano a guardare un film, o quando Harry invitava Louis ad andare con loro in discoteca.
Contrariamente, Niall e Liam erano felici di vedere il loro amico sereno come mai prima di allora. In più, erano stati felici di non averlo avuto intorno in quei giorni perché avevano potuto così organizzare una festa per i suoi trentasette anni.
Louis si sentiva davvero bene con Harry: si sentiva ringiovanito di dieci anni. In quei pochi giorni avevano fatto così tante cose che Louis non pensava di poter più fare, come andare a ballare e ritirarsi a notte fonda, passeggiare tranquillamente fra le vie illuminate di Londra mano nella mano con qualcuno per cui sentiva qualcosa, ordinare una pizza e mangiarla seduto a terra con le gambe incrociate. Cose semplicemente normali che Louis aveva perso l'abitudine di fare. Ma più di tutto, Louis non pensava di poter più essere coccolato, sentire quel calore poco familiare diffondersi nel petto e fargli provare una gioia immensa. Con Harry invece era capitato, quando stavano seduti sul divano a guardare qualche stupido show o film random e allora per averlo più vicino lo tirava dal braccio e gli faceva poggiare la testa sul petto, cingendogli le spalle con le braccia.
Harry era felice tanto quanto Louis. Era a conoscenza del pensiero di Zayn e non poteva che starci male, ma alla fine gli era grato della libertà concessa nel frequentare Louis. C'erano due cose però, in mezzo a tutta quella gioia, che facevano storcere la bocca ad Harry: la prima era che Louis non lo aveva ancora invitato ad uscire con i suoi amici ufficialmente -anche se si conoscevano già- e poi non gli aveva ancora fatto vedere casa sua.
Che fosse presto? Che si vergognasse? Che non fosse abbastanza? Nascondeva qualcosa?
Avevano comunque passato le festività separati, anche se Harry avrebbe voluto festeggiare insieme a Louis almeno il suo compleanno. Quando il riccio si era presentato al bar con un sorriso timido e un pacchetto incartato e si era rivolto a Niall e Liam dicendogli «Potreste dare questo a Louis da parte mia? E' un regalo per il suo compleanno», si erano pentiti di aver ascoltato Eleanor - "Reb non sa di Harry, e Louis non è ancora sicuro di dirglielo quindi, per quanto mi dispiaccia, per favore, non invitate Harry" .
Louis, d'altro canto, aveva sentito la mancanza di Harry al suo compleanno e la sua mente formulava sempre lo stesso pensiero: perché non parlare di Harry a Rebeckah?
Il fatto era che due settimane fossero ancora troppo poche, due settimane potevano essere illusorie. Ma c'è davvero un tempo prestabilito per portare ad un livello superiore una relazione, per dire a tua figlia che frequenti una persona e per dire a questa persona che hai una figlia? Insomma, avrebbe dovuto dirglielo subito così da troncare questa cosa prima che nascesse. A quel punto Harry sarebbe scappato a gambe levate e Louis non avrebbe raccolto i cocci del suo cuore per l'ennesima volta.
«Lou?» Harry richiamò la sua attenzione mentre carezzava i capelli di Louis. Quest'ultimo, che aveva la testa poggiata sulle gambe di Harry, alzò lo sguardo.
«Dimmi»
«Come mai non mi hai ancora fatto vedere casa tua?» chiese di getto. Louis, colto di sorpresa, boccheggiò qualche secondo, non sapendo davvero cosa rispondere. «Per le ripetizioni venivi sempre tu qua e questi giorni insieme li abbiamo passati o fuori o sempre qui in casa mia», spiegò. «C'è qualcosa che non mi hai detto?»
Era forse quella l'occasione giusta per confessare ad Harry di avere una figlia?
Contò fino a dieci e poi, prendendosi di coraggio sospirò e annuì. «Sì, c'è una cosa che non ti ho detto», Harry si spostò leggermente per mettersi più comodo e Louis alzò il busto, poggiando la schiena al divano, sentendo già la mancanza delle dita di Harry tra i suoi capelli. «Non sai quanta paura io abbia a dirtelo Harry», scosse la testa e prese un bel respiro. «Vedi io... ho una figlia»
Harry sgranò gli occhi e «Cosa?»
«Sì. Quando ti dicevo che dovevo tornare a casa da una persona o che avessi da fare a casa era perché c'era mia figlia che mi aspettava»
Harry rimase in religioso silenzio. Probabilmente se fosse stato un personaggio dei cartoni animati si sarebbe sentito il rumore degli ingranaggi del suo cervello lavorare ininterrottamente. Louis invece continuò a fissarlo, in attesa che lo cacciasse via di casa.
Ma Harry lo sorprese. «Quanti... Quanti anni ha tua figlia?»
Louis si morse il labbro e trattenne quell'accenno di un sorriso. «Sedici, li ha compiuti quest'estate»
«E come si chiama?»
«Rebeckah»
«Rebeckah», ripeté lentamente, «è un bel nome», sorrise contagiando anche Louis. «Ma come- Come è possibile? Tu sei gay»
«Ho scoperto solo a ventisei anni di essere gay, ma comunque non c'entra questo. Da ragazzini, io e la mia migliore amica ci siamo ubriacati ed eravamo sul letto a farfugliare cose senza senso e siamo finiti per fare l'amore. Qualche settimana dopo si è presentata a casa mia dicendomi che fosse incinta e poi è nata Rebby». Arrivato a quel punto Louis sentì il cuore scoppiare di gioia perché aveva realizzato che Harry fosse diverso dagli altri ragazzi che aveva frequentato in precedenza. Innanzitutto non lo aveva cacciato urlandogli contro e poi gli aveva appena chiesto spiegazioni. Magari, stavolta, Louis aveva fatto la scelta giusta. Chissà.
«Cavolo! Che notizia...», Harry era ancora incredulo. «E la tua migliore amica è...»
«E' quella ragazza che è venuta a prendermi all'università tempo fa, si chiama Eleanor. Differentemente da quello che si può pensare, è presente nella vita di Reb anche se lavora in America; nostra figlia sa che siamo i suoi genitori ma che non ci amiamo e che io sono gay, ovviamente», si lasciò scappare un risolino.
Harry allungò una mano per intrecciare le sue dita con quelle di Louis, sorprendendolo ancora una volta. Si guardarono negli occhi e «Lou, tu mi piaci sul serio», chiarì il riccio con un'espressione seria. «Non mi importa se sei più grande di me, se hai una figlia già così grande o se hai un cane a tre teste», risero. «Certo, è stato scioccante saperlo e devo metabolizzare la notizia, ma... ciò di cui mi importa davvero sei tu»
Louis, non sapendo cosa rispondere e commosso, si avvicinò ad Harry e gli stampò un bacio sulle labbra. E lo ringraziò silenziosamente per essere così meraviglioso.
L'occasione per parlare con Rebeckah si presentò soltanto una settimana dopo, all'improvviso, quando la piccola sentì di sfuggita il nome "Harry" uscire dalla bocca di Eleanor mentre parlava con Louis.
«Chi è Harry?» si intromise, entrando in cucina e sedendosi su una sedia. Eleanor e Louis si guardarono con espressioni spaventate e cercarono un modo per sviare il discorso... non riuscendoci. «Allora?» chiese ancora Rebeckah.
Louis la guardò e «È il nome del ragazzo con cui mi sto frequentando», sganciò la bomba.
«Oh», Rebeckah sussultò dalla sorpresa e «Da quanto?»
«Tre settimane circa»
«Si comporta bene?» indagò.
«Sì, è un bravo ragazzo», sorrise.
«Stavo giusto dicendo a tuo padre che vorrei conoscerlo al più presto», disse Eleanor, poggiata sul piano della cucina, con le braccia conserte.
«A questo punto pure io!» esclamò eccitata Rebeckah.
«Quindi per te non è un problema se io lo invitassi una sera qui a cena?» si rivolse alla figlia.
«Certo che no! Non vedo l'ora di conoscerlo», batté le mani, si alzò e schioccò un bacio sulla guancia a Louis.
Speriamo bene, pensò Louis.
Louis:
Venerdì sera ti passo a prendere. Sei ufficialmente invitato in casa Tomlinson per conoscere mia figlia, Eleanor ed anche la mia casa 😏
Harry:
Mi metti più ansia tu che l'esame che sto preparando.
Louis:
Non era mia intenzione 🤐
Cosa stai studiando?
Harry:
Storia della musica moderna e contemporanea.
Louis:
Stai ripassando nel frattempo anche le scale che ti ho assegnato?
Harry:
Certo! Basta che la prossima volta mi stai a debita distanza perché potrei saltarti addosso 😊
Louis:
Harry!!
Harry:
Okay okay, torno a studiare.
A venerdì! x
Harry sghignazzò e scorse con il dito verso il basso per rileggere gli ultimi messaggi con un sorriso. Poi, improvvisamente, realizzò e sgranò gli occhi: avrebbe conosciuto la figlia di Louis!
~
Harry era agitato. Tanto agitato. Si trovava fuori casa Tomlinson, tenendo in mano due rose rosse, mentre aspettava che Louis aprisse la porta. Sperava con tutto il cuore di fare una buona impressione sia su Eleanor che su Rebeckah.
«Har,» lo richiamò Louis con un sorriso, mentre gli accarezzava la mano, «stai tranquillo, andrà tutto bene. Piacerai sicuramente!» Harry si morse il labbro e annuì, cercando di convincere se stesso.
Quindi, dopo essersi scambiati un veloce bacio a stampo, entrarono in casa. Louis annunciò il loro ingresso e subito vennero accolti da Eleanor, mentre slegava il suo grembiule. Raggiunse i due ragazzi con un sorriso e si concentrò sul ricciolino.
«Finalmente ti conosco!» si rivolse ad Harry, stringendogli la mano. «Io sono Eleanor, è un piacere»
«Il piacere è mio», rispose l'altro con un sorriso imbarazzato, «io sono Harry»
«Oh, lo so. Louis mi ha parlato tanto di te», gli fece un occhiolino.
«Spero solo cose belle», e tutti risero. «Comunque questa è per te» e le porse una delle due rose.
«Ma sei un tesoro! Grazie mille, non ricevo fiori dalla nascita di Rebeckah» disse quasi con risentimento.
«A proposito di Rebeckah... dov'è?» chiese Louis, mentre faceva togliere il cappotto ad Harry e lo faceva accomodare in salotto.
«Sono qui!» disse una voce proveniente dalle scale. Tutti si voltarono, in attesa che la ragazza comparisse in salotto. Il nervosismo di Harry era tornato. «Eccomi, eccomi»
«Non è bello far aspettare gli ospiti, tesoro», la riprese Eleanor.
Allora Harry vide davanti a sé la copia esatta di Louis, con i capelli leggermente più scuri. Si alzò dalla poltrona su cui stava seduto e andò a presentarsi, con un bel sorriso stampato sulla faccia. «Ciao, io sono Harry!» disse porgendole la mano.
Rebeckah lo guardò, il suo sorriso scomparve ed i suoi lineamenti si indurirono. Poi guardò suo padre. «E' lui il ragazzo che stai frequentando?»
La poca sicurezza che Harry aveva acquistato vacillò nel momento esatto in cui la ragazza lo guardò con durezza e rifiutò di stringere la sua mano. Louis annuì, stranito dal comportamento di sua figlia.
«Seriamente? Oh, ti prego! Non puoi frequentare uno come lui. Lo conosco già, siamo quasi coetanei» disse con disprezzo, evidentemente le proprie aspettative non erano state soddisfatte.
«Rebeckah!» Eleanor la rimbeccò, davvero mortificata. Non aveva di certo cresciuto sua figlia in quel modo. Poi guardò Harry che aveva lo sguardo ferito ed assente, Louis invece guardava sua figlia con incredulità.
«Rebeckah un bel niente!» rispose a tono la piccola. «Che pagliacciata è questa? E' un ragazzino, papà. Tu meriti molto di più» si rivolse a suo padre. «Sono stanca!»
Il comportamento di Rebeckah poteva sembrare fuori luogo, insensato, ma Harry era stato semplicemente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Aveva conosciuto tutti i fidanzati di suo padre. Non erano stati tanti, ma tutti avevano una cosa in comune: erano più piccoli di Louis di un paio di anni e lo avevano abbandonato nel momento in cui Louis aveva provato a portare la relazione ad un livello più alto. Rebeckah li aveva odiati, li aveva odiati così tanto. Ricordava vividamente le lacrime di suo padre, i singhiozzi, i sospiri pesanti che cercava di nascondere -senza riuscirci- da sua figlia. Ricordava le sue giornate no, quando aveva le guance leggermente incavate e delle occhiaie spaventose. Ricordava quando si dimenticava di prepararle la merenda perché aveva la mente altrove. Senza chiedere mai spiegazioni, era stata lei insieme all'aiuto di mamma Eleanor a raccogliere i cocci del suo cuore e si era ripromessa, all'età di undici anni, che non avrebbe più permesso a nessuno di trattare male suo padre, di farlo sentire perso, illuso. Perché per una bambina, vedere il proprio genitore stare male, significa essere quasi senza forze, sentirsi impotente.
E Rebeckah non voleva più vedere suo padre stare male.
Pensava che prima o poi avrebbe trovato il compagno giusto, magari un uomo della sua stessa età o più grande, maturo abbastanza per poter capire cosa vuol dire amare, amare Louis e di conseguenza amare Rebeckah.
Non un... ragazzino.
Rebeckah voleva davvero tanto bene a suo padre, per questo aveva espresso la sua opinione perché voleva solo il meglio per lui e, secondo lei, Harry non lo era.
Louis davvero sorpreso dalle parole della figlia le si avvicinò e «Non ti permetto di parlare in questo modo Rebeckah!» alzò il tono di voce, furente.
«Papà, per favore, quanto potrà durare?» rise, senza alcun divertimento. «Qualche altra settimana? E poi?»
«Adesso basta!» sbottò Louis. Stava per tirarle una sberla, profondamente ferito dalle parole di sua figlia, ma Harry lo bloccò appena in tempo.
«Louis, no». Non avrebbe mai voluto essere d'intralcio fra Louis e Rebeckah, fra padre e figlia. «Sarà meglio che io torni a casa, qui n-non sono il benvenuto», disse guardandolo negli occhi, «questa comunque l'avevo presa per te», si rivolse a Rebeckah per porgerle la rosa.
«Una rosa», sbuffò, «sei così scontato». Non la prese nemmeno, ma, anzi, incrociò le braccia al petto, portando tutto il peso su una gamba.
Harry la scrutò senza dire una parola, poi annuì e sparì nel corridoio per prendere il suo cappotto. «E' stato un piacere conoscerti», disse ad Eleanor, «mi dispiace per il cibo, sicuramente delizioso, che hai preparato. Sarà per un'altra volta, si spera», alzò le spalle, sconsolato.
«Dispiace più a me», rispose la donna, sconvolta ancora dall'accaduto, mentre gli si avvicinava per lasciargli un bacio sulla guancia.
«Lou, io vado-»
«Ti accompagno!»
«No, no», lo bloccò, «preferisco fare due passi a piedi, sai, prendere un po' d'aria fresca» cercò di non far tremare la voce, respirando molto lentamente. Sentiva gli occhi pizzicare, ma non sarebbe crollato di fronte a tutti, specialmente di fronte a Rebeckah. Louis allora non poté che accettare quella scelta e lo accompagnò alla porta. «Ci vediamo lunedì» a lezione, avrebbe aggiunto, ma probabilmente avrebbe solo peggiorato la situazione.
Louis annuì e poi lo vide sparire dietro la porta dell'ingresso di casa sua. Sospirò pesantemente, abbassò lo sguardo per pochi attimi prima di posare i suoi occhi sulla figura di sua figlia. Uno sguardo freddo, carico di delusione, uno sguardo che avrebbe certamente incenerito.
Ma non disse nulla. Semplicemente la ignorò, salendo le scale e chiudendosi nella sua camera.
~
Il giorno dopo, Louis suonò al campanello dell'appartamento Styles-Malik.
Ad accoglierlo alla porta fu Harry, il quale gli accennò un sorriso e «Che ci fai qui?»
Louis alzò in aria le due buste che teneva nelle mani. «Sai, ieri è avanzato un bel po' di cibo ed Eleanor mi ha detto che avrei dovuto portartene un po' dato che l'aveva cucinato per te», iniziò a spiegare, «così ho pensato che potessimo mangiare insieme»
Harry sorrise ancora di più e si spostò per farlo entrare in casa. Si sistemarono in cucina, dove Harry stava precedentemente studiando. Quindi tolse tutti i libri dal tavolo, li ripose uno sull'altro e li portò in camera sua mentre Louis disponeva i piatti ed i bicchieri.
«Zayn non c'è?» chiese Louis quando Harry rientrò in cucina.
«No, è ancora a lavoro» rispose il riccio, mentre prendeva posto di fronte a Louis.
Iniziarono a mangiare in silenzio, ma Louis sapeva che doveva dire qualcosa. E infatti «Mi dispiace per come sia finita ieri, non potevo immaginare che sarebbe finita in quel modo»
Harry pulì le labbra sporche di sugo e «Non ti preoccupare, Lou. Credo sia normale, no?»
«No, Harry! Pensavo che, okay, poteva rimanere un attimo sorpresa, ma non che potesse reagire in quel modo»
«Ammetto di esserci rimasto male», confessò, «ma è tua figlia...» e poi si alzò per riporre i piatti dentro al lavabo, pronti per essere lavati.
«Ciò non le permette di decidere sulla mia vita», Louis prese poi i due bicchieri e raggiunse Harry accanto al lavabo, riponendoli all'interno. «Stavo pensando che non importa cosa pensi Rebeckah, io non voglio perdere l'occasione di conoscerti, stare con te, solo perché non piaci a mia figlia. Ci stiamo frequentando? Bene, allora lei deve accettarlo, farsene una ragione, accoglierti in casa nostra e abituarsi alla tua presenza. Sono io l'adulto, non lei»
«Lou, ma io non voglio essere la causa di un vostro litigio», mormorò, accarezzandogli le guance e guardandolo attentamente negli occhi.
«Non importa», sussurrò, «non devi preoccuparti di questo» ed Harry lo baciò, portandolo verso di sé e stringendo i suoi fianchi con le sue grandi mani. L'attrazione tra i due cresceva di giorno in giorno ed era palpabile, ma, anche volendo, non erano mai andati oltre le carezze sul collo o sotto la maglietta. Entrambi avevano paura di correre e rovinare tutto.
Ma non quella volta.
«Ti va di andare in camera mia?» sussurrò Harry tra i baci.
Louis annuì.
Si diressero quindi al piano superiore e si chiusero in stanza. Travolti dal desiderio, cominciarono a spogliarsi e a lasciarsi baci infuocati su tutto il petto. Si sdraiarono poi sul letto ed il corpo di Harry venne sovrastato -per quanto possibile- da quello di Louis, che circondò i suoi fianchi con le gambe.
Gli prese i polsi e li portò sopra la testa riccioluta di Harry, bloccando qualsiasi suo movimento. Cominciò a torturargli la pelle del collo, mordendo e succhiando, lasciando il suo marchio violaceo. Stava pensando a quanto gli piacesse sentire il profumo inebriante di Harry, quando quest'ultimo strinse la presa sulla sua schiena. Fu allora che Louis aprì gli occhi per vedere e realizzare che Harry fosse lì, proprio sotto di lui, meraviglioso, con i capelli arruffati e le pupille dilatate dal piacere. Così spinse il suo viso verso quello dell'altro e le loro labbra si incontrarono nuovamente, smaniose di toccarsi ancora.
«Quanto mi fai eccitare», si lasciò scappare Harry, in preda a un brivido. Louis sorrise, non aspettandosi per niente quella confessione e, considerando quella il via libera per continuare, si spostò poco più sotto per poter torturare i capezzoli, già turgidi, mordicchiare la pelle dei pettorali e degli addominali appena pronunciati, passando la lingua sui contorni della farfalla disegnata su di essi.
«Questo tatuaggio è così virile», mormorò divertito Louis, per poi soffermarsi sull'ombelico. Harry inarcò la schiena per riflesso e aprì la bocca per far uscire leggeri sibili. Poi sospirò di piacere quando sentì la mano di Louis abbassare i boxer e sfiorare delicatamente la sua erezione già ben pronunciata. Strinse le dita attorno ad essa e cominciò a masturbarlo lentamente, provocando gemiti imbarazzanti.
Louis ammirò per qualche secondo Harry inumidire le sue labbra con la lingua e il suo addome ben disteso, poi poggiò le labbra sulla punta del suo membro, cominciando a leccare le vene sporgenti, fino ad inglobarlo completamente dentro la sua bocca.
Harry pensò di trovarsi in Paradiso perché non aveva mai provato tutte quelle bellissime sensazioni prima di quel momento e perché pensava non fosse possibile provarle davvero.
Allora, per accertarsi che tutto quello fosse reale, portò una mano fra i capelli di Louis, tirò qualche ciocca e poi, soffermandosi sul collo, cominciò a dettare il ritmo delle spinte.
«Lou io-» iniziò Harry con occhi spalancati, per avvertirlo del suo imminente orgasmo, ma Louis, capendo le sue intenzioni, interruppe qualsiasi movimento lasciando andare il membro del più piccolo -non prima di averlo percorso un'ultima volta con la lingua. Fu in quel momento che, inaspettatamente, Harry portò due dita dentro la sua bocca per inumidirle con la saliva.
Louis rimase incantato di fronte a quella visione così peccaminosa, perdendosi quasi dentro quel verde smeraldo così lucido che lo fissava. Deglutì e si morse le labbra quando Harry prese una sua mano per farsi guidare verso la propria apertura per violarla con le dita ancora umide. Il silenzio del momento quindi venne improvvisamente interrotto da versi strozzati e gemiti.
«Lou, vorrei che-», sospirò ancora, sforbiciando con le dita. Louis era rimasto senza fiato, colpito dalla scena che era stato piacevolmente costretto a vedere. «Io sono pronto», mormorò.
«Sei sicuro, Harry?» chiese l'altro con il cuore a tremila.
«Mai stato così sicuro, Lou», riuscì a rispondere malgrado gli mancasse il fiato.
Allora Louis non se lo fece ripetere due volte. Cercò ancora una volta le sue labbra per lasciargli un bacio prima di allontanarsi per cercare i suoi pantaloni. Frugò nelle tasche per prendere il portafoglio ed estrarre dall'interno un preservativo. In realtà non ricorda quando ne ha conservato uno lì, probabilmente dall'ultima volta che ha fatto sesso con il suo ultimo amante.
Tornò su Harry, posizionò il suo membro contro la sua entrata e lentamente si spinse dentro di lui, rimanendo in quella posizione per qualche secondo. Louis si premurò di prendersi cura di Harry, accertarsi che stesse bene e che non gli stesse facendo male. Gli accarezzò la pancia e poi le cosce. Una volta che Harry strinse le mani di Louis, come per dargli il permesso di proseguire, il più grande cominciò a spingersi dolcemente. Gemettero all'unisono, sorridendosi a vicenda, mentre le spinte si intensificavano. «Dio, Lou-», portò la testa all'indietro, «più veloce».
Louis ubbidì dettando un ritmo più serrato, mentre Harry urlava di piacere e si perdeva ad osservare ogni singolo dettaglio di quell'angelo sopra di lui: dalla frangetta scompigliata per i movimenti veloci alla pelle lucida per il sudore, dagli occhi azzurrissimi che non smettevano di accarezzare il proprio corpo alle sue labbra strette fra i denti.
Vissero quell'atto d'amore intensamente ed instancabilmente, fino a quando Harry non si lasciò andare per primo, urlando il nome di Louis e venendo sul petto dello stesso, mentre il liscio sentì il proprio membro pulsare all'inverosimile e seguì il riccio, venendo dentro al preservativo e baciando poi intensamente le labbra di Harry, respirando affannosamente come se avesse corso per chilometri senza mai fermarsi. Ma Harry lo faceva sentire sempre così vivo.
Ci vollero minuti interi per riprendersi, forse ore. Poi Harry voltò lo sguardo verso Louis che teneva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta da cui ancora fuoriuscivano piccoli sbuffi. Gli si avvicinò e cominciò ad accarezzargli una guancia. «Te l'ho già detto che sei stupendo?» sussurrò.
Louis sorrise, arrossendo, e aprì i suoi occhi per poter guardare la meraviglia accanto a sé. «Tu lo sei di più», rispose, «Harry Styles, quale incantesimo mi hai fatto?»
Harry ridacchiò e si sporse per lasciargli un bacio sulle labbra. «Non lo so, ma sono così felice»
Louis non poté che concordare e stringerlo fra le sue braccia, addormentandosi con il cuore un po' più pieno l'uno dell'altro.
Da quell'episodio erano passati tre mesi. Le giornate cominciavano a farsi più calde, nonostante fosse solo aprile ed Harry e Louis stavano ancora insieme. Anzi, addirittura Harry aveva cominciato a frequentare casa di Louis nonostante l'evidente disappunto di Rebeckah.
Quando Louis finiva le lezioni ed Harry non doveva rimanere a lavorare in caffetteria mangiavano tutti insieme. Per il riccio era difficile far finta di niente, far finta che tutto stesse andando bene e che Rebeckah lo avesse accettato. Lui cercava sempre di farsi piacere, di starle simpatico, ma di certo non gli sfuggivano le occhiate torve, le risposte acide e tutti i modi possibili ed immaginabili che la ragazzina usava per ferirlo. Come quella volta che Harry si era dilettato in cucina, mentre Louis faceva una doccia.
Rebeckah era appena rientrata a casa e aveva sentito un dolcissimo profumo proveniente dalla cucina. Aveva visto tutti quei muffin al cioccolato e subito i suoi occhi le si erano illuminati. Si era avvicinata al piatto per prenderne uno e sedersi al tavolo sotto gli occhi attenti di Harry e Louis.
«Papà, da quando hai imparato a fare i muffin?»
Stava per addentarlo quando Louis: «In realtà non li ho fatti io, ma Harry»
Rebeckah aveva fermato qualsiasi movimento e fissato i suoi occhi su Harry, che aveva un sorriso accennato sicuro di aver reso la ragazzina felice. Invece lei aveva lasciato andare il dolce sul tavolo ed irrigidito lo sguardo. «Adesso ti sei appropriato anche della nostra cucina? La prossima cosa quale sarà? Eh? Il conto in banca di mio padre?» era scattata in piedi ed era salita al piano di sopra per chiudersi in camera sua.
I due ragazzi, allora, avevano rilasciato un lungo sospiro di rassegnazione. «Non le va mai bene niente di quello che faccio...» aveva mormorato Harry sconsolato. Poi si era alzato dalla sua sedia ed aveva ripulito il tavolo dalle briciole lasciate da Rebeckah.
O quella volta in cui Louis aveva detto a Rebeckah di prepararsi perché l'avrebbe portata al centro commerciale. Erano usciti ed avevano trovato Harry poggiato alla macchina di Louis.
«E lui che ci fa qui?» aveva chiesto con astio la piccola.
«Verrà con noi, è stata sua l'idea pensando che ti avrebbe fatto piacere»
Rebeckah aveva sbattuto un piede a terra, innervosita, e aveva guardato male il riccio. «Non hai degli amici della tua età con cui passare il tempo? Sei sempre in mezzo ai piedi ed io non ti sopporto più», aveva urlato. «Mi è passata la voglia!» aveva girato i tacchi ed era rientrata in casa.
Davvero. Harry ci aveva provato in tutti i modi, ma nulla sembrava far piacere a Rebeckah. Era ferma sulle sue idee e nulla le avrebbe fatte cambiare.
~
Quella sera erano entrambi a cena a casa Tomlinson. Rebeckah era a dormire da una sua compagna, così aveva detto a suo padre, e Louis stava cercando di impressionare Harry con le sue doti in cucina. Il riccio ormai conosceva ovviamente le sue capacità per nulla promettenti e quindi stava lì, affianco al liscio per aiutarlo a dosare il sale, il pepe e persino le fiamme dei fornelli.
«Haz, dovrei avere una bottiglia di vino in garage. Potresti andarla a prendere?»
«Basta che non bruci la nostra cena», rise.
«Mi sottovaluti, piccolo impertinente»
Harry sparì dalla cucina, con ancora le risate incastrate in gola, e si diresse verso la porta interna del garage che si trovava alla fine del corridoio. La aprì e accese la luce, soffocando poi un urlo non appena i suoi occhi videro quello che stava succedendo all'interno.
«Rebeckah...» mormorò ancora in stato di shock. Insieme a lei c'era un'altra persona. Entrambe le figure erano nude eccetto per l'intimo ed avvinghiate l'una all'altra e cercarono in tutti i modi di coprirsi con il piumone che ricopriva un vecchio materasso buttato lì per terra. «Cosa sta succedendo qui?»
La ragazza sgranò gli occhi alla vista di Harry, cercando un modo per spiegarsi.
«Harry noi- giuro che non stavamo facendo nulla, non è come sembra»
«Hai detto a tuo padre che saresti andata a dormire da una tua amica e invece sei qui con un ragazzo con cui hai fatto evidentemente sesso. Gli hai mentito, Rebeckah...» scosse la testa.
«Non sapevo nemmeno che voi foste in casa», sbuffò, «e comunque tu non sei nessuno per farmi la predica», cercò di mantenere un tono di voce molto freddo e tagliente.
Harry non si fece intimorire e «Lui si fida ciecamente di te, ti ama così tanto e tu non fai altro che deluderlo»
Rebeckah si morse il labbro inferiore. «Ti prego Harry, non dirgli nulla», lo supplicò, allora, congiungendo le mani.
«Io non dirò nulla, stai tranquilla», annuì.
«Oh, graz-»
«Perché sarai tu a dirglielo», incrociò le braccia al petto.
«Cosa?» sgranò gli occhi. «Non puoi farmi questo»
«Non posso farti questo?» rise senza divertimento. «Da quando frequento tuo padre non hai fatto altro che farmi sentire una merda. Quello che dovrai fare è semplicemente la conseguenza alle tue azioni», si spostò e andò a prendere la bottiglia di vino richiesta da Louis. «Adesso, se non ti dispiace, vado da tuo padre che mi sta aspettando», fece per andarsene, poi però si voltò verso il ragazzino, «e in quanto a te, sarà meglio che tu te ne vada», indicò la porta principale del garage e poi tornò da Louis.
Da quel momento Rebeckah stava sempre attenta che Harry non dicesse nulla a Louis mentre stavano insieme; Harry invece aspettava proprio il momento in cui Rebeckah avrebbe confessato a suo padre che avesse fatto sesso con un ragazzo. Ma non avrebbe potuto mai immaginare che le cose sarebbero degenerate poche settimane dopo.
Eleanor tornò a casa verso la fine aprile. Era felice di sapere che Louis stesse ancora con Harry e che fossero sereni, stranamente anche Rebeckah lo sembrava. Ma ad Eleanor non erano di certo sfuggite le occhiate severe che Harry rivolgeva a sua figlia, come se le stessero dicendo qualcosa, come se stessero aspettando qualcosa.
Così Eleanor entrò nella stanza di Rebeckah per parlare con lei.
«Tesoro, è successo qualcosa con Harry?» si sedette sul letto, mentre sua figlia toglieva i suoi vestiti per indossare il pigiama.
«Perché me lo chiedi?»
«Ho notato che ti guardava severamente»
Rebeckah pensò immediatamente a cosa dire. Era sua madre e si sarebbe potuta mettere in una brutta posizione se avesse raccontato la verità, per filo e per segno. Così un'idea -secondo lei geniale- le balenò in mente e annuì, sicura delle sue parole. «In realtà sì», si ammutolì un secondo e poi riprese a parlare. «Ha beccato me insieme ad un ragazzo giorni fa»
Eleanor sgranò gli occhi e «Cosa? Rebeckah! Avete fatto... sesso?»
La piccola annuì. «E' arrivato lui. All'inizio era stranito, dopo ci ha dato dei consigli sul sesso ed un preservativo, dicendoci che sarebbe stato bello e così...»
Eleanor portò una mano davanti la bocca, davvero scioccata. Non sapeva cosa dire. Non poteva credere che Harry avesse consigliato a sua figlia di fare sesso sicuro. Era una ragazzina! Ma la cosa a cui non poteva assolutamente credere era che Harry non avesse detto niente a Louis. «Io devo dirlo a tuo padre, come ti è saltato in mente di cedere ai consigli di Harry?» si alzò davvero indignata.
«Ti prego, non dire nulla a papà»
«No signorina, Harry-»
«Cosa non dovrei sapere? E cosa c'entra Harry?» Louis fece capolino nella stanza e guardò entrambe le ragazze con espressione interrogativa e le braccia conserte. «Allora?»
Rebeckah avrebbe ricevuto una strigliata da Louis, ma almeno non avrebbe più rivisto Harry a casa sua con suo padre.
~
«Che stai dicendo?» Eleanor aveva appena finito di raccontare a Louis l'accaduto. «Harry non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, soprattutto alle mie spalle. Sa quanto tengo a mia figlia!» disse.
Sospirò. «Senti Louis, fino a qualche ora fa ero felice di voi due insieme, ma con quello che ha fatto ha solo confermato quel che è... un ragazzino!»
Louis non stava più ascoltando. Dopo aver lanciato uno sguardo torvo a sua figlia, girò i tacchi e raggiunse Harry nel salotto, che nel frattempo lo stava aspettando.
Louis si scagliò contro di lui, prendendolo dal colletto della camicia. «Che ti è saltato in mente, razza di idiota?»
Harry, preso alla sprovvista, rimase senza parole. «Louis mettimi giù! Che stai fac-», era letteralmente spaventato dall'improvvisa reazione di Louis.
«Spingere mia figlia a fare sesso!» rise dal nervosismo, dandogli uno strattone.
«Io non ho fatto nulla», si difese. Rebeckah scese proprio in quel momento dalle scale e si morse le labbra nel sentire le urla.
«Rebeckah, è vero quello che hai detto a tua madre?»
La ragazzina annuì ed Harry sgranò gli occhi. «Come puoi dire questo? Non ci posso credere...» scosse la testa. «Louis, devi credermi io non ho fatto niente. Il massimo che ho fatto è stato dirle che avrebbe dovuto dirtelo lei»
«Quindi è vero che li hai beccati insieme e non mi hai detto nulla»
«Sì, ma-»
«Come hai potuto, Harry? E' mia figlia!» alzò il tono di voce, sgridandolo. «Esci da casa mia», mormorò dopo attimi di silenzio in cui si sentivano solo i loro respiri, lasciando andare il colletto della camicia.
«Cosa?» chiese incredulo il riccio.
«Hai capito bene, esci di qui e non cercarmi»
Davvero. Harry era senza parole. Guardò scioccato Louis e poi Rebeckah. Vide il suo sorrisino e l'aveva capito, certo che l'aveva capito: voleva incastrarlo per farli litigare. Questa volta non avrebbe potuto mettersi in mezzo al rapporto tra padre e figlia. Lui ci aveva creduto. Aveva creduto che sarebbe riuscito a convincere la ragazza dei suoi sinceri sentimenti verso Louis. Così non era stato.
Si arrese, aveva vinto Rebeckah.
Si alzò dal divano su cui stava seduto, guardò Louis un'ultima volta sperando che gli dicesse che stesse scherzando, che credesse a lui piuttosto che a sua figlia, che lo bloccasse e che gli dicesse che lo perdonava nonostante non avesse fatto nulla. Perché lui davvero non aveva fatto nulla.
Sospirò, infilò il suo cappotto ed uscì definitivamente da casa Tomlinson con il cuore a pezzi.
Louis sentì la porta sbattere e abbassò lo sguardo. Cercò di non pensare agli occhi tristi e feriti di Harry e trattenne la rabbia, stringendo i pugni.
«Visto? Te lo avevo detto che sarebbe stata l'ennesima delusione», disse spavalda Rebeckah.
Louis sentì quelle parole ed alzò lo sguardo verso sua figlia. «Sei in punizione, Rebeckah Tomlinson», disse con tono freddo. Poi si alzò e senza dare la buonanotte a nessuno salì nella sua camera pensando a cosa avesse sbagliato, al perché del comportamento di Harry e di Rebeckah che lo avevano profondamente deluso.
Erano così tornati tutti alle proprie vite. O almeno era quello che stavano cercando di fare Harry e Louis.
Harry passava più tempo a casa sua a studiare per gli esami finali. Zayn si era stranito nel vederlo sempre a casa dopo tutto quel tempo passato con Louis. Allora gli aveva chiesto cosa non andasse e, saputo l'accaduto, si era trattenuto dal dirgli 'te lo avevo detto' . Harry cercava di non pensarci, di non pensare a Louis, ma come superarlo quando avevano passato dei momenti bellissimi nonostante tutto? A lezione non andava quasi più, avrebbe comunque studiato dai libri. Quindi andava all'università solo per la caffetteria e a volte per fare compagnia a Zayn in biblioteca.
E poi c'era Louis che non aveva più avuto notizie di Harry da quel maledettissimo giorno. Era da stupidi pensare e dire che non gli mancasse. Non sentiva più la sua risata fra le mura della sua cucina, i suoi respiri lenti e cadenzati quando si fermava a dormire nel suo letto. Gli mancava mentre ripeteva qualche argomento o semplicemente un bacio, un abbraccio, un messaggio.
Ci era finito troppo dentro, come avrebbe potuto superarla... superarlo? Come avrebbe potuto semplicemente conoscere qualcun altro dopo essere stato con Harry? Non esistevano assolutamente termini di paragone. Harry era Harry.
Le sue dita pizzicavano, avrebbe voluto cercarlo per parlare, ma si era comportato davvero male e sarebbe stato difficile per lui trattenersi dall'urlargli contro. A proposito, era ancora arrabbiato con Rebeckah. La ragazzina aveva certamente notato che Louis non fosse più lo stesso. Eleanor le aveva detto che gli sarebbe passata in fretta, come tutte le altre volte, ma quella volta non era stato così. Non la abbracciava più, non le sorrideva più, non passavano più del tempo insieme, le sue parole erano sempre così fredde...
Era certa che il suo malumore non fosse dettato solamente dalla sua bugia, ma anche dalla mancanza di Harry. Anche se non voleva ammetterlo, si era abituata pure lei a vedere Harry in casa sua, a gironzolare da una stanza all'altra, a sentire le sue risate sguaiate insieme a quelle timide di Louis, non aveva nemmeno più visto un suo video da quando era entrato a far parte della quotidianità di casa Tomlinson semplicemente perché ad Harry piaceva cantare sotto la doccia, mentre cucinava, quando passavano una canzone alla radio mentre lui e Louis la accompagnavano a scuola.
Non trovava più i pancakes a colazione, nemmeno un tulipano ogni giorno di un colore diverso sopra la scrivania -perché Harry aveva scoperto che le piacessero i tulipani e non le rose.
Casa sua, da quando aveva mandato via Harry per conto di Louis, era diventata ancora più vuota. Odiava, odiava ammetterlo. E aveva pensato che fosse proprio vero che si apprezzano le cose solo quando non si hanno più.
Sbuffò e si rigirò sul suo letto. Si sentiva davvero in colpa. Lei non era una persona cattiva, per nulla. Era cresciuta con l'amore di entrambi i genitori, le avevano insegnato il rispetto verso la propria persona e verso gli altri. Ma quando aveva visto Harry... qualcosa era scattato in lei, che fosse la gelosia, la preoccupazione di vedere per l'ennesima volta suo padre ferito e con il cuore a pezzi.
Non aveva però previsto che comportandosi male di proposito sarebbe stata proprio lei la persona che avrebbe ferito suo padre. Non Harry. Né qualcun altro.
Allora le tornarono in mente le parole di Harry: "Lui si fida ciecamente di te, ti ama così tanto e tu non fai altro che deluderlo"
«Non faccio altro che deluderlo», sussurrò a se stessa. L'amore che provava verso suo padre era così immenso che pensare di deluderlo la faceva stare male.
Scese dal letto e si diresse verso la cucina per parlare proprio con Louis, magari sarebbe riuscita a farsi perdonare in qualche modo. Appena arrivata davanti la porta -semichiusa- si bloccò perché dentro la stanza c'era Louis che stava parlando al telefono, sicuramente con Eleanor e quello che sentì confermò solo i suoi pensieri.
«Io non ci posso far nulla, okay?» sospirò Louis, dando a sua insaputa le spalle a Rebeckah, poggiando una mano sul mobile. «Ci provo, ci sto provando a farmela passare. Ma mi sono innamorato di quel ragazzino e non so come è stato possibile», si prese un attimo per formulare i suoi pensieri, mentre ascoltava Eleanor parlare dall'altro capo del telefono. «No, non si più fatto sentire ed io non l'ho più visto a lezione. Tu cosa faresti al mio posto?», stette lì ad ascoltare e poi parlò di nuovo. «Io l'avrei perdonato, El. Ma quello che ha fatto è imperdonabile e, mettiamo caso che non avesse fatto nulla, Rebeckah non lo vuole proprio vedere. Nutre questo odio verso Harry per non so quale motivo ed io-» si prese un attimo per prendere fiato e scuotere la testa, «-semplicemente vorrei vivere serenamente. Forse non è ancora il mio momento per essere felice?»
Rebeckah sentì il suo cuore fare letteralmente crack. Certo che suo padre meritava di essere felice, ma poteva essere Harry la sua felicità?
Aveva letto da qualche parte che gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano, era il caso di Harry e Louis?
Facendo finta di nulla e con quella domanda in testa tornò sui suoi stessi passi e si chiuse in camera.
~
Quella situazione durò per un mese, poi semplicemente tutto è cambiato.
Harry stava tornando a casa insieme a Zayn dopo una giornata estenuante all'università e in caffetteria. I due stavano decidendo cosa mangiare per cena quando vennero interrotti improvvisamente dalle urla preoccupanti di un'anziana signora.
I due ragazzi si guardarono straniti e seguirono le urla.
Qualche metro più in là videro una macchina capovolta. Harry, quindi, seguito da Zayn, corse velocemente verso la macchina per accertarsi dello stato di salute del conducente. Il suo cuore batteva all'impazzata. Gli sembrava di trovarsi dentro ad una scena di un film d'azione o drammatico.
Le ruote giravano ancora, la macchina era contornata da pezzi di vetro rotto ed usciva del fumo dal motore. Zayn si avvicinò alla signora e le chiese cosa fosse successo. A quanto pareva, un furgoncino aveva travolto la macchina ed aveva continuato per la sua strada, senza curarsi di ciò che aveva combinato.
"Chiamate un'ambulanza"
"Aiuto!"
Harry cercò di aprire lo sportello della macchina e quando vide chi c'era all'interno congelò sul posto.
Improvvisamente sembrava che non ci fosse più alcun rumore, che le macchine avessero smesso di suonare i clacson, la gente parlottare. Niente. Solo il rumore sordo del suo cuore che batteva contro la sua cassa toracica.
«Rebeckah?» sussurrò, come se non avesse più voce. Si voltò di scatto verso l'anziana signora e preso dal panico «Quando è successo tutto questo?» chiese.
«Non lo so, ho trovato già così la situazione»
«Dannazione», digrignò. Potevano essere passati minuti, addirittura ore. Si sporse verso la ragazzina e delicatamente la prese dalle ascelle per tirarla fuori dall'auto. «Rebeckah mi senti? Rebeckah», ma non rispose. Harry si accorse che qualcosa le si era conficcata nel fianco e che da lì continuava ad uscire sangue. Prese un respiro profondo, strinse gli occhi e cercò con tutte le sue forze di far stendere Rebeckah dritta sull'asfalto per poterle bloccare il flusso di sangue.
«Harry, qui c'è un altro ragazzo» urlò Zayn, dall'altro lato della macchina. Il riccio lo osservò e si accorse che fosse lo stesso ragazzo che aveva trovato insieme a Rebeckah quella sera nel garage.
Ma in quel momento voleva e doveva pensare a Rebeckah che sembrava essere in condizioni più gravi. Quindi in un gesto frenetico si tolse la giacca cosicché potesse togliere la camicia. Alzò la maglietta colorata ormai di rosso della ragazzina e le circondò i fianchi per tamponare la ferita. Sperava, sperava, che quel suo gesto potesse servire a qualcosa. Poggiò due dita sul suo collo per ascoltare i battiti e notò che fossero molto lenti. «Cazzo cazzo cazzo», mormorò a se stesso.
Nel frattempo arrivò l'ambulanza da cui scesero tre volontari e un medico. C'era così tanto caos in quel momento che Harry si estraniò dal suo corpo, incapace di muovere un arto. Cosa stava succedendo?
Ritornò in sé solo quando vide i volontari posizionare i due ragazzi sulle barelle. Li seguì.
«Harry!» lo richiamò Zayn. «Vado ad avvertire Louis»
Harry annuì e si voltò verso Rebeckah, mentre l'ambulanza partiva verso l'ospedale più vicino.
«Non fare brutti scherzi Reb», disse accarezzandole i capelli. «Sai quanto si preoccuperà tuo padre quando verrà a saperlo?»
~
«Devo sapere come sta mia figlia. Dov'è?» le urla di Louis si sentirono a metri di distanza. Harry si alzò immediatamente dalla sedia posta lì a muro e si avvicinò al ragazzo più grande che stava inveendo contro la povera infermiera seduta dietro alla scrivania della reception.
«Louis», richiamò la sua attenzione. Era la prima volta che lo vedeva dopo un mese. Era sempre bellissimo, pensò, e il liscio era sicuramente della stessa idea. Ma quello non era il momento di pensarci.
«Dov'è mia figlia?» gli urlò contro, prendendolo dalle spalle.
«Louis, stai calmo, ades-»
«No che non mi calmo! Come faccio a stare calmo? Mia figlia ha avuto un incidente ed io lo vengo a sapere solo adesso. Perché non mi hai chiamato subito?» disse tutto in una volta senza prendere fiato. Harry sgranò gli occhi, boccheggiò e non ebbe nemmeno il tempo di rispondere perché un dottore fermò i due.
«Tomlinson?» Louis si voltò verso l'uomo lasciando perdere Harry, che nel frattempo si era allontanato. «Ho appena finito di visitare sua figlia, è uscita dalla sala operatoria dieci minuti minuti fa»
«Sala operatoria? Che è successo?»
«Ha perso molto sangue, i battiti del cuore erano molto rallentati e dovevamo intervenire immediatamente, stava rischiando di non farcela» spiegò.
«E adesso come sta? Posso vederla?»
«È stabile e in questo momento sta riposando nella sua stanza», indicò una porta alle sue spalle. «Può vederla, certamente»
«Grazie dottore!» gli strinse una mano.
«Non è me che deve ringraziare. Se non fosse stato per quel ragazzo lì», indicò Harry che era voltato di spalle, «che ha cercato nel modo più efficace possibile di fermare la fuoriuscita di sangue, sua figlia starebbe ancora lottando tra la vita e la morte. Buona giornata signor Tomlinson»
Louis rimase imbambolato, con gli occhi fissi su Harry, mentre la sua mente assimilava tutte quelle informazioni.
Harry aveva aiutato sua figlia.
Harry aveva salvato Rebeckah.
Sospirò ed entrò all'interno della stanza per stare vicino a sua figlia. Le si sedette accanto, su una sedia, e le strinse la mano, in attesa che l'effetto dell'anestesia passasse.
Poi pianse, pianse in silenzio perché per un attimo aveva temuto di averla persa, il suo più grande amore, la sua gemma preziosa.
Aveva avuto paura di perderla, di rimanere col rimorso di non averle rivolto più la parola ed essersi comportato in maniera fredda nei suoi confronti. Come avrebbe potuto vivere in quel modo?
«Papà», la voce rauca di Rebeckah interruppe il suo pianto e Louis le si avvicinò ancora di più per abbracciarla forte.
«Tesoro mio», le sussurrò accarezzandole i capelli.
«Perché piangi?»
«Nulla tesoro mio», si asciugò il viso umido, «nulla, non ti preoccupare. Sono felice che ti sia svegliata», sorrise per non farla preoccupare.
«Che è successo? Io- Io non ricordo molto»
«Hai avuto un incidente con la macchina, ma adesso va tutto bene»
«Mi tira un po' il fianco», disse con una smorfia di dolore, toccandosi l'enorme cerotto.
«Hai dei punti lì, non lo sforzare»
Rebeckah annuì e poi «Daniel? Daniel come sta?»
«Chi è Daniel?»
«È il mio... amico», non era ancora pronta per dirgli del suo ragazzo.
«Non lo so, non mi hanno detto nulla», alzò le spalle pensieroso.
Con la coda dell'occhio, attraverso l'enorme vetrata che dava sul corridoio, vide passare Harry. Si voltò e Rebeckah seguì il suo sguardo, notando anche lei la presenza del riccio.
«Che ci fa Harry qui?»
Louis fissava il riccio fare avanti e indietro, mentre mordeva nervoso il bordo del bicchiere di plastica, contenente una volta del caffè. Era evidentemente preoccupato perché nessuno lo aveva informato riguardo Rebeckah.
«Ti ha salvato la vita» rispose sovrappensiero.
Quelle parole colpirono la ragazza. In che senso le aveva salvato la vita?, si chiese. Nonostante tutto quello che gli aveva fatto, lui era sempre lì, presente, ancora. Un moto di affetto le riempì il petto e sentì i suoi occhi pizzicare. Doveva assolutamente dire a suo padre la verità. Doveva rimediare ai suoi sbagli e farsi perdonare.
«Papà?» richiamò la sua attenzione. Louis la guardò e subito si preoccupò vedendola con le lacrime agli occhi.
«Perché stai piangendo? Non ti senti bene? Chiamo il dottore?»
«No papà», scosse la testa, «devo dirti una cosa». Louis annuì per farla parlare e le si avvicinò di più con la sedia. «Devo chiederti scusa perché ti ho detto una bugia, ti ho mentito», singhiozzò. «Non è vero che Daniel è un mio amico. E' il mio ragazzo, ci frequentiamo da tempo e stiamo davvero bene insieme, ci amiamo. Quella sera che io e lui abbiamo- insomma- che Harry ci ha scoperti, non è vero che ci ha dato consigli sessuali... perché è arrivato tardi. L'ho pregato di mantenere il segreto e allora lui ha accetto a patto che io avessi detto a te quello che avevo fatto, se no l'avrebbe fatto lui», spiegò con il viso bagnato dalle lacrime e dalla vergogna, mentre Louis la guardava incredulo. «Ho raccontato una bugia perché ho pensato che tu lo avresti cacciato di casa e non lo avrei più visto...», disse giocando con le sue dita e un lembo del lenzuolo. «Però poi tu hai iniziato a non parlarmi più», si fermò un attimo per non scoppiare a piangere, «e vedevo che senza Harry eri totalmente un'altra persona. Allora mi sono chiesta se Harry fosse davvero la persona giusta per te, se fosse la tua felicità, se-», a quel punto non ce la fece e scoppiò a piangere, coprendosi il viso con le mani. Singhiozzò e scosse la testa: si vergognò troppo per quello che aveva fatto a suo padre. «Non avercela con Harry, ti prego»
Louis non seppe cosa fare se non prendere pian piano il busto di sua figlia e portarlo al suo petto per abbracciarla. «Shh, è tutto a posto Reb, non piangere ti prego»
Rebeckah scosse la testa. «Sono un disastro, papà, non dovevo intromettermi»
«Tesoro, io ho capito perché ti sei comportata in questo modo... l'hai fatto perché volevi il mio bene»
«Ma in questo modo ti ho fatto solo del male e se all'inizio pensavo che sarebbe stato Harry a farti del male, beh-», singhiozzò ancora.
«Hey no, calmati adesso. Fai un bel respiro profondo. Non mi hai fatto del male, va bene? E' stato solo un piccolo incidente di percorso, può capitare», si prese un attimo e poi continuò a parlare. «All'inizio pensavo anche io che Harry fosse sbagliato per me, un po' per l'età, un po' perché è un mio studente... Poi però ho cambiato idea nel momento esatto in cui gli ho parlato di te», le raccontò.
«Di me?»
«Sì. Devi sapere che tutti i miei ex mi hanno lasciato quando sono venuti a sapere che ero un ragazzo padre. Nessuno di loro voleva qualcosa di serio. Ma Harry...», sorrise ricordando quel giorno, «Harry semplicemente è rimasto lì, chiedendomi di te, il tuo nome, la tua età... e poi mi ha spiazzato dicendomi che non gli importava se avevo una figlia, semplicemente gli piacevo»
«Gli piaci» lo corresse sua figlia, adesso più calma e con il cuore più caldo.
Louis sorrise e annuì. «Da quel momento ha sempre pensato a te, mi chiedeva come stessi, cosa ti piacesse mangiare, il tuo fiore preferito e poi- sembra esser stato il tuo angelo perché ti ha trovata appena in tempo per tamponarti la ferita e salvarti la vita»
Rebeckah non avrebbe mai pensato che Harry fosse quel tipo di persona. «Gli devi piacere molto allora. Adesso l'ho capito e mi dispiace tanto papà, spero tu possa perdonarmi»
«Ma certo che sei perdonata, tesoro mio», e la strinse forte al suo petto, lasciandole infiniti baci sulla fronte. «Però la prossima volta non giudicare subito una persona, okay? Prova a conoscerla, capirla e poi forse, solo dopo, puoi trarre le tue conclusioni»
«Va bene papà», e stettero lì per minuti interi, perché si erano mancati a vicenda, erano mancati quei baci e quegli abbracci.
Poi Louis si ricordò che là fuori c'era ancora Harry e doveva parlargli. «Adesso vado fuori perché, insomma, Harry sta aspettando e-»
«Vai e digli che voglio parlargli», gli sorrise e poi tornò a stendersi sul letto.
Louis annuì e poi uscì dalla stanza. Si guardò a destra e a sinistra, poi vide Harry appoggiato con le braccia sul davanzale di una finestra. Gli si avvicinò, posizionandosi esattamente come lui. «Sta bene, è fuori pericolo»
Harry si voltò verso di lui scontrandosi col suo profilo. «Menomale! Non sai che bella notizia che mi hai dato»
Louis accennò un sorriso e si voltò anche lui. «Grazie Harry!» Quest'ultimo lo guardò interrogativo e «Per aver salvato mia figlia. Se non ci fossi stato tu a quest'ora... lei non ci sarebbe stata più», mormorò.
«Non so nemmeno come abbia potuto fare una cosa del genere. Non ho mai partecipato ad un corso di pronto soccorso. È stata una cosa istintiva»
«Rebeckah mi ha detto la verità, mi ha raccontato come sono andate davvero le cose. Mi sento uno stupido», scosse la testa ridendo, «dico a mia figlia di non giudicare le persone e poi sono io il primo a fare il contrario». Harry sfiorò le dita di Louis e i due ragazzi si guardarono. «Dovevo chiederti la tua versione dei fatti anziché aggredirti, mi dispiace Harry», strinse la presa.
«Non importa adesso. L'importante è che la verità è saltata fuori, ma soprattutto che Rebeckah sta bene»
«Hai ragione», Louis sorrise. «A proposito, ti sta aspettando dentro la stanza»
~
Harry bussò e, quando la ragazza dall'interno gli diede il permesso, entrò e si chiuse la porta alle spalle. Vide Rebeckah alzare la schiena, per mettersi più comoda, con fatica. «Aspetta, ti aiuto io», Harry si precipitò a sistemare il cuscino dietro le spalle di Rebeckah, a tenerle il busto e a tirarla su.
«Grazie», arrossì lei.
«Sono felice di vederti sveglia, non sai che colpo che mi hai fatto prendere», si azzardò ad accarezzarle la mano e, quando vide che lei non rifiutò quel tocco, le sfiorò il dorso con i polpastrelli. «Tuo padre mi ha detto che volevi vedermi»
Rebeckah annuì, beandosi di quel tocco rilassante. «Ami davvero papà?»
Harry si morse il labbro e non nascose un sorriso. «Lo amo davvero tanto», rispose sinceramente, per nulla toccato da quella domanda a bruciapelo.
«E lo ameresti anche se ha una figlia come me?»
«Lo amo anche perché ha una figlia bellissima come te»
Lo sguardo di Rebeckah si addolcì e lo abbassò per un attimo. «Ti chiedo scusa per il comportamento che ho avuto nei tuoi confronti, non succederà più»
«Scuse accettate!»
«Puoi darmi un abbraccio?»
Harry non se lo fece ripetere un'altra volta. Allargò le braccia e circondò il corpicino di Rebeckah. Mentre Louis commosso li guardava fuori dalla vetrata.
«Dai Harry, cantaci qualcosa!» urlò Zayn dall'altro lato del giardino. Il riccio lo guardò come per dire 'non l'hai detto sul serio, lo sai che non lo farò mai'.
«Sì, ti prego», si aggiunse Rebeckah, che stava seduta sul divanetto abbracciata a Daniel.
«Non ti vergognerai mica», sorrise Louis, «dopo l'esame brillante che hai fatto ieri poi!» Quindi tutti cominciarono a incitarlo.
Allora Harry sbuffò imbarazzato e «Okay okay, vado!» Impugnò la chitarra che fino a pochi minuti prima Niall stava strimpellando e si sedette su una sedia davanti a tutti i presenti. Abbassò lo sguardo e si concentrò sulla canzone da suonare e cantare, mentre gli altri stettero in silenzio, in attesa.
Poi alzò lo sguardo verso Louis, incatenò i suoi occhi a quelli del più grande e seppe subito che la canzone che doveva cantare fosse quella scritta pochi giorni prima. Solo per lui. Per loro.
«If I could fly, I'd be coming right back home to you
I think I might give up everything, just ask me to
Pay attention, I hope that you listen 'cause I let my guard down
Right now I'm completely defenseless»
Si schiarì la voce mentre lasciava scorrere le sue dita su quelle corde. Quella canzone, quelle parole erano troppo importanti per lui e voleva che Louis lo capisse. Si morse il labbro e continuò a guardare l'unica persona che lo faceva sentire completamente indifeso.
«For your eyes only, I'll show you my heart
For when you're lonely and forget who you are
I'm missing half of me when we're apart
Now you know me, for your eyes only
For your eyes only»
Perché Louis per Harry era quello: la sua metà. E quando non erano insieme gli mancava. In quei mesi erano diventati una cosa sola, erano entrati in simbiosi, e tutto sembrava così perfetto.
Si zittì per qualche secondo, godendosi il timido applauso degli altri. Louis lo guardò con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, quel sorriso che solo una persona orgogliosa della persona che ama può avere. Louis aveva notato tanti miglioramenti in Harry e ringraziò qualsiasi Dio, qualsiasi forza naturale, o qualsiasi altra cosa, per aver fatto incrociare le loro strade quella mattina d'autunno.
«I've got scars even though they can't always be seen
And pain gets hard, but now you're here and I don't feel a thing
Pay attention, I hope that you listen 'cause I let my guard down
Right now I'm completely defenseless»
Louis lo guardò chiudere gli occhi e metterci tutta la passione possibile. Harry era pura arte, la dimostrazione evidente di come un Artista con la A maiuscola deve essere, dedito alla scrittura, alla composizione della melodia, al coinvolgimento emotivo. Harry era uno di quegli artisti, secondo Louis, che colpiva con le sue parole, come un pugno dritto nello stomaco.
Cantò nuovamente il ritornello mentre Harry fissava solo ed esclusivamente lui. Louis l'aveva di certo capito che quella canzone fosse dedicata a lui, a loro due. E la strofa successiva gli diede la conferma.
«I can feel your heart inside of mine,
I've been going out of my mind,
Know that I'm just wasting time
And I hope that you don't run from me»
Era successo solo due volte, in quei mesi di puro amore, che Harry gli era crollato fra le braccia in lacrime, per la paura di essere lasciato da Louis per la differenza d'età, paura di essere preso in giro, paura che Louis prima o poi si potesse pentire di averlo scelto. Il più grande aveva notato quanta determinazione avesse Harry nello stargli accanto nonostante tutto, ma in quei momenti di sconforto doveva essere Louis a dimostrargli quanto fosse fortunato a stargli accanto. Amami se hai il coraggio, si ripetevano a vicenda. E loro di coraggio ne avevano a sufficienza.
«For your eyes only, I'll show you my heart
For when you're lonely and forget who you are
I'm missing half for me when we're apart
Now you know me, for your eyes only»
Louis chiuse gli occhi per un secondo, beandosi della voce graffiante e allo stesso tempo delicata di Harry, e poi li riaprì per guardarsi intorno e notare i sorrisi sui volti di tutti. Erano cambiate così tante cose in quei mesi.
In primis Rebeckah. Il suo comportamento era cambiato nei confronti di Harry: adesso lo accoglieva in casa con un sorriso, accettava qualsiasi cosa le cucinasse, quando le chiedeva se volesse vedere un film con lui e Louis, lei annuiva e si sedeva addirittura accanto ad Harry, accoccolandosi sulla sua spalla (seguita da un puntuale "Hey, sono geloso!" di Louis imbronciato), chiedeva aiuto ad Harry quando si trattava di compiti e spesso si alleavano contro di Louis. Il più grande non poteva che esserne felice, comunque.
In secundis Louis. Si era lasciato completamente andare a quello che era Harry, era più sicuro nel mostrare i suoi sentimenti senza avere timore di essere lasciato all'improvviso da Harry per futili motivi. Aveva così presentato il suo nuovo ragazzo alla sua famiglia: all'inizio erano rimasti tutti un po' turbati dalla giovane età di Harry, ma quest'ultimo si era fatto amare grazie ai suoi sorrisi, alla sua simpatia, alla sua gentilezza, al suo essere così Harry. Louis aveva deciso di presentarlo per bene anche a Niall e Liam, che morivano dalla voglia di sapere di più sul ragazzo che aveva fatto perdere la testa al loro amico. Harry aveva proposto di invitare anche Zayn e farli conoscere tutti quanti - "Zayn è parte integrante della mia vita e quindi, se vogliono conoscermi bene, devono conoscere anche lui!" -. Inoltre Louis aveva conosciuto anche Daniel, il ragazzo di sua figlia. Era più grande di lei di tre anni e si erano conosciuti fuori da scuola - lui era lì per accompagnare sua sorella. Non era stato affatto semplice vedere sua figlia accanto ad un ragazzo: lo aveva tenuto d'occhio quando stava in camera insieme a Rebeckah - "La porta deve rimanere aperta, capito?" - o quando stavano andavano a mangiare fuori - "Giovanotto, ricordati che Rebeckah ha il coprifuoco!", mentre Harry se la rideva dall'altro lato della stanza. Poi semplicemente si era abituato, accogliendo Daniel in famiglia. A volte si punzecchiavano, ma Rebeckah sapeva che lo facevano per scherzare e che alla fine si stimavano a vicenda.
Harry invece aveva superato tutti gli esami con ottimi voti, si era guadagnato la fiducia di Rebeckah - che gli aveva spiegato tutti i motivi per il quale non volesse inizialmente Harry insieme a suo padre davanti ad un'enorme tazza di cioccolata calda - e l'amore sconfinato di un uomo meraviglioso. Non lo aveva ancora presentato per bene ai suoi genitori, ma aveva accennato loro di aver conosciuto la sua persona bellissima e che presto sarebbe andato a trovarli durante le vacanze estive portandosi con sé Louis.
In quanto ad Eleanor, la ragazza si era scusata con Harry per averlo giudicato pur non conoscendo i fatti reali e il riccio l'aveva perdonata con un abbraccio e "A patto che, ogni volta che torni qui, cucini quella lasagna che mi piace tanto": e chi era Eleanor per dirgli di no?
Così erano diventati una grande e bellissima famiglia.
Louis riportò il suo sguardo su Harry.
For your eyes only, I'll show you my heart
For when you're lonely and forget who you are
I'm missing half for me when we're apart
Now you know me, for your eyes only
For your eyes only
For your eyes only»
Quando Harry concluse la canzone con gli occhi lucidi ed incrociò lo sguardo pieno d'amore del suo uomo, mentre tutti lo applaudivano, entrambi capirono che per amarsi, di coraggio ne avevano fin troppo.
FINE.
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